Padre John Hogan ha evitato di dare la Comunione a Robert Troy, esponente del Fianna Fáil che ha votato per l’abrogazione dell’Ottavo emendamento, la norma costituzionale che proteggeva i nascituri. Intanto, mentre i fedeli e qualche vescovo chiedono la scomunica di Andrew Cuomo, prosegue il silenzio dei vertici del Vaticano sulla legge dello Stato di New York che consente l’aborto fino alla nascita.
Pare che in Irlanda ci sia ancora qualche sacerdote capace di trarre le conseguenze dagli atti. In particolare per quello che riguarda l’aborto. Un uomo politico irlandese del Fianna Fáil, Robert Troy, si è visto di recente rifiutare la Comunione nel corso di una Messa di requiem. Troy aveva ammesso di aver votato a favore della cancellazione dell’Ottavo emendamento della Costituzione irlandese, una mossa che ha aperto la strada alla legalizzazione dell’aborto in Irlanda.
Padre John Hogan, parroco della chiesa di Saint Nicholas, a Multyfarnham (nella contea di Westmeath), ha evitato di dare l’ostia a Troy qualche settimana fa, per l’esattezza il 4 gennaio. L’1 gennaio è diventato legale l’aborto in Irlanda nel corso delle prime 12 settimane di gestazione, e anche più avanti nel caso di pericolo per la vita o la salute della donna o di possibili malformazioni del feto.
Né padre Hogan né Troy hanno voluto commentare questa notizia. Alcune fonti dicono che il vescovo Thomas Deenihan, della diocesi di Meath, dove si è svolto l’evento, ha parlato con Hogan, ma dei contenuti della conversazione non si sa nulla. Troy dice di essere cattolico. Fino a qualche tempo fa era noto per le sue posizioni pro life. Nel 2013 aveva votato contro un provvedimento che avrebbe aperto la strada all’aborto. Ma da allora ha tenuto un comportamento a dir poco ondivago, passando da dichiarazioni in senso anti-abortista alla sua posizione più recente, il voto per la cancellazione dell’Ottavo emendamento. E, a dispetto della sua dichiarata appartenenza al cattolicesimo, Troy ha fatto campagna per il cosiddetto “matrimonio omosessuale”.
Certamente l’appoggio all’aborto ha fatto sì che padre Hogan prendesse la decisione di non dare la Comunione all’esponente politico. E, d’altronde, tre giorni prima di questo fatto il vescovo Kevin Doran della diocesi di Elphin ha criticato i cattolici in politica che avevano fatto campagna contro l’Ottavo emendamento per “ragioni politiche” o “per il proprio vantaggio personale”, aggiungendo che dovrebbero pentirsi per aver promosso “la soppressione di vite innocenti”. E aveva detto inoltre che questi politici “hanno scelto una posizione che è chiaramente fuori dalla comunione con la Chiesa. Inutile fingere altrimenti”.
Il gesto di padre Hogan assume un valore emblematico in questi giorni, in cui è ancora viva la polemica negli Stati Uniti per l’approvazione da parte dello Stato di New York di una legge che in pratica ammette l’aborto fino al parto. Una legge promossa dal governatore Andrew Cuomo, che si dice cattolico, e per cui è stata chiesta da molti cattolici - compreso qualche vescovo - la scomunica.
La risposta del cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York, è parsa a molti commentatori debole e insoddisfacente. Nel 2004 il prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, Joseph Ratzinger, scriveva in una nota all’allora cardinale Theodore McCarrick che “per quanto riguarda il grave peccato dell’aborto o dell’eutanasia, quando diventa manifesta la cooperazione formale di una persona [evidentemente cattolica, che fa campagna e vota a favore, ndr], il suo Pastore dovrebbe incontrarlo, istruirlo sull’insegnamento della Chiesa, informarlo che è bene che non si presenti a ricevere l’Eucarestia fino a quando non pone termine a una oggettiva situazione di peccato, e avvisarlo che se si comporta altrimenti gli sarà negata la Comunione”.
Si ignora se l’arcivescovo Dolan abbia nel frattempo parlato privatamente con Cuomo e se gli abbia fatto presente tutto questo. Certo è che il governatore democratico ha assunto in questi giorni un atteggiamento molto aggressivo verso la Chiesa cattolica, provocando una risposta molto decisa da parte di Bill Donahue, presidente della Catholic League, poiché Cuomo ha tentato di sfruttare il Pontefice per i propri fini politici, dicendo di “stare con il Papa” e che “i vescovi possono avere una posizione diversa da quella del Papa”. Il che, come scrive Donahue, non è vero, perché Cuomo non è per esempio con il Papa “sul matrimonio o sui diritti del nascituro”. E aggiunge: “Se Cuomo vuole continuare a ostentare il dito medio in faccia ai cattolici, può almeno smetterla di tirare fuori le sue supposte credenziali cattoliche? I miei amici ebrei pro life, che si oppongono alla discriminazione religiosa, sono molto più cattolici di quanto quest’uomo sia mai stato”.
Ma, ancora una volta, il silenzio - straordinario - dei vertici del Vaticano su questa legge dello Stato di New York che spazza via gli ultimi limiti dell’infanticidio, promossa da un sedicente cattolico, aiuta l’ambiguità. Un silenzio straordinario: così come quello dei giornalisti sul volo papale, che non hanno pensato di porre in merito una domanda precisa al Pontefice. Eppure, la polemica sulla scomunica era bollente, in quei giorni… E ci sembra strano che nessuno nell’attenta e numerosa coorte dell’informazione pontificia non ne abbia fatto parola a Bergoglio. Uno dei tanti silenzi strani.
Marco Tosatti
http://www.lanuovabq.it/it/un-prete-nega-leucaristia-a-un-politico-pro-aborto
Sia lodato Gesù Cristo! L’importanza di un saluto dimenticato
Dico le verità: per me un prete dovrebbe sempre – e sottolineo sempre – salutare usando la formula “Sia lodato Gesù Cristo”, e l’interlocutore dovrebbe obbligatoriamente rispondere “Sempre sia lodato”. Lo trovo un saluto bellissimo, che in modo semplice e immediato rende lode a Gesù mettendolo al primo posto rispetto a tutto. Dico di più: per me anche i laici cattolici dovrebbero salutarsi così.
E invece…
Invece la formula è passata nel dimenticatoio, e i preti non la usano nemmeno più nelle omelie. Magari esordiscono con un “buongiorno” e concludono in modo anonimo. E alla fine della celebrazione? Magari dicono “buona domenica” e “buona settimana”.
D’altra parte come stupirsi dal momento che il prete è stato trasformato quasi in un conduttore televisivo munito di microfono? Come stupirsi dal momento che al posto del celebrante abbiamo ormai il prete intrattenitore? Come stupirsi dal momento che al posto del culto di Dio abbiamo messo il culto dell’uomo?
Leggo che alla domanda di un lettore circa il fatto che i preti prima e dopo l’omelia non salutano più con “Sia lodato Gesù Cristo”, un religioso ha risposto: “Ma il messale non prevede più questo saluto. Non lo proibisce, ma non lo ritiene opportuno perché desunto dalla predicazione fuori della Messa. L’omelia è parte della Messa; i fedeli sono già salutati fin dall’inizio”.
Ma che razza di risposta è? A parte che mi pare che la formula non fosse prevista neanche prima (ma non ne sono certo), qui stiamo parlando di buona educazione liturgica e spirituale. Siamo, per così dire, all’abc del rapporto con il nostro Gesù. Non è che il modo di salutare il mio Gesù deve essere desunto dai codici! E che significa che i fedeli sono già salutati? Se Gesù è al primo posto, non è forse meglio salutarlo una volta di più che una volta di meno? Allora, secondo la stessa logica, quando la mamma insegna al figlio che bisogna sempre usare le parole “per favore” e “grazie” il bambino potrebbe rispondere: “Ma l’ho già detto ieri! E comunque non è scritto in nessuna legge!”.
Che bello quando Giovanni Paolo II, con il suo vocione, la sera del 16 ottobre 1978 si presentò alla folla con “Sia lodato Gesù Cristo!”. Lì c’era già il programma del pontificato.
Dire “buongiorno” o “buonasera” o usare altre formule mondane all’inizio e alla fine dell’omelia contribuisce a eliminare ogni discrimine tra lo spazio e il tempo del sacro, riservato a Dio, e lo spazio e il tempo profani. È un modo efficace per omogeneizzare e mescolare tutto, ma così non si rende la Chiesa più vicina agli uomini. Così semplicemente ci si allontana da Dio e non si rispetta più il sacro.
Fosse per me, userei addirittura la formula latina “Laudetur Jesus Christus!”. Alla quale bisogna rispondere “Nunc et semper!”.
Ora abbiamo bambini delle elementari che il parroco lo chiamano “don”. E quando lo salutano dicono “ciao don”. Poveri bambini. Intrappolati dal democraticismo. Resi incapaci di riconoscere e dunque rispettare l’autorità. Nessuno dirà mai loro che il prete è alter Christus.
Ora qualcuno mi darà del tradizionalista, ma non me ne importa niente.
La forma è sostanza e chi dice il contrario è un imbroglione.
Quelli che non dicono più “Sia lodato Gesù Cristo” e permettono che al prete ci si rivolga dicendo “ciao don” sono gli stessi secondo i quali non è importante inginocchiarsi o tenere le mani giunte, perché “l’importante è ciò che abbiamo nel cuore” e tutto il resto è ipocrisia. Ma l’uomo non è solo spirito. L’uomo è spirito e corpo, e l’atteggiamento del corpo influenza, eccome, ciò che abbiamo nel cuore.
Nel suo Le lettere di Berlicche, Clives Staples Lewis è molto chiaro in proposito. Il diavolo esperto Berlicche consiglia al giovane diavolo apprendista Malacoda, suo nipote, di fare di tutto per “spiritualizzare” la fede della persona che è stata affidata alle “cure” di Malacoda. Insegnagli a non piegare le ginocchia, raccomanda Berlicche, e vedrai che lo avrai presto in pugno. Convinci i cristiani “che la posizione del corpo non ha influenza alcuna sulle loro preghiere”! Fai in modo, aggiunge Berlicche, che essi dimentichino “costantemente ciò che tu devi sempre ricordare”, e cioè “che sono animali e che qualunque cosa i loro corpi facciano incide sulle loro anime”!
Penso che oggi Berlicche possa essere soddisfatto. Infatti dice: “Uno dei nostri grandi alleati, al presente, è la stessa Chiesa”.
Come dargli torto?
Sia lodato Gesù Cristo! .
Aldo Maria Valli
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