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domenica 10 febbraio 2019

Abbatteranno quel muro di omertà?

Müller: il "Manifesto della Fede" non è contro il Papa

La pubblicazione del "Manifesto della Fede" ha fatto gridare all'offensiva dell'ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede contro papa Francesco, ma è soprattutto un invito a vescovi e sacerdoti a restare fedeli alla dottrina perenne della Chiesa in un momento drammatico di grave confusione e disorientamento nella Chiesa.



Nell’intervista pubblicata da La Nuova Bussola Quotidiana domenica scorsa, il cardinale Gerhard L. Müller affermava che il problema più grave per la Chiesa oggi è «la relativizzazione della fede», ovvero i «falsi compromessi» con il mondo nella illusoria speranza di essere accettati, ma rinunciando ad «annunciare la verità tutta intera». E ha deciso di non restare a guardare: ha reso pubblico un “Manifesto della Fede” (clicca qui): doveva essere pubblicato oggi ma un sito polacco ha rotto l’embargo e dunque da venerdì sera il testo circola in sette lingue. Nel Manifesto, partendo dalla drammatica situazione di «confusione» che regna nella Chiesa, Muller ripercorre i principali fondamenti della fede oggi messi in discussione, per arrivare a un appello finale in cui sprona anzitutto vescovi e preti a vivere la missione, nell’annuncio della verità così come Dio ce l’ha rivelata e come la Chiesa ci tramanda da Duemila anni.


Come era facilmente prevedibile, il Manifesto è stato salutato dalla stampa progressista come l’ennesimo attacco a papa Francesco, un’etichetta che lo stesso  Müller rifiuta, come ci conferma in un colloquio telefonico. «Allo stesso tempo – dice - è impossibile non vedere la situazione drammatica della Chiesa» e le conseguenze che sta portando.

Nel Manifesto il Papa non viene mai citato, proprio perché l’obiettivo è altro. Ridurre sempre tutto a una battaglia pro o contro il Papa rivela una concezione “politica” della Chiesa, soprattutto è funzionale alla lotta per il potere. E così si evita anche di interrogarsi su un dato drammatico: «Oggi – afferma il cardinale Müller - molti cristiani non conoscono più nemmeno i fondamenti della fede, con un pericolo crescente di non trovare più il cammino che porta alla vita eterna». Questo è il vero problema della Chiesa, e da “Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede 2012-2017” (così si definisce in calce alla lettera, una definizione da non sottovalutare) sente il dovere, nel Manifesto, di proporre alcuni punti fermi della nostra fede cattolica (con ampie citazioni del Catechismo) che contrastano con l’andazzo oggi dominante nella Chiesa. In questo modo l’iniziativa del cardinale Müller si colloca nel solco già tracciato dai cosiddetti cardinali dei Dubia (Caffarra, Meisner, Burke e Brandmüller) e potrebbe indurre altri porporati e vescovi a intervenire. Del resto il malessere nella Chiesa è abbastanza diffuso: «Con questo Manifesto – ci dice ancora il cardinale Müller - vorrei invitare vescovi e sacerdoti a trovare il coraggio di annunciare integralmente la Verità». È un richiamo pubblico per far sì che i pastori non vengano meno al loro compito di «guidare gli uomini loro affidati sulla via della salvezza, e ciò può avvenire solamente se tale via è conosciuta e se loro per primi la percorrono».
Ecco dunque i punti di confusione su cui Müller porta un chiarimento. Anzitutto il mistero del «Dio uno e trino, rivelato in Gesù Cristo»: «La differenza delle tre persone nell'unità divina segna una differenza fondamentale nella fede in Dio e nell’immagine dell'uomo rispetto alle altre religioni». Impossibile qui non andare subito col pensiero anche a certi equivoci sviluppatisi intorno al viaggio di papa Francesco negli Emirati Arabi e a quella frase oggettivamente erronea contenuta nel Documento sulla fratellanza universale firmato il 4 febbraio scorso, in cui si fa risalire il pluralismo delle religioni alla volontà di Dio (clicca qui). «È con chiara determinazione – scrive ancora Müller - che occorre affrontare la ricomparsa di «antiche eresie che in Gesù Cristo vedevano solo una brava persona, un fratello e un amico, un profeta e un esempio di vita morale».

Prosegue poi il cardinale tedesco con una vera e propria catechesi sulla Chiesa e sui sacramenti per arrivare al cuore della vicenda nata con l’esortazione apostolica Amoris Laetitia a proposito della comunione ai divorziati risposati: dopo aver fatto riferimento alle condizioni richieste per accostarsi alla comunione, Müller afferma che «dalla logica interna del sacramento si capisce che i divorziati risposati civilmente, il cui matrimonio sacramentale davanti a Dio è ancora valido, come anche tutti quei cristiani che non sono in piena comunione con la fede cattolica e pure tutti coloro che non sono debitamente disposti, non ricevano la santa Eucaristia fruttuosamente (1457), perché in tal modo essa non li conduce alla salvezza. Metterlo in evidenza corrisponde a un’opera di misericordia spirituale».

Un punto certamente decisivo, al centro anche delle domande al Papa fatte dai cardinali nei Dubia, è quello della legge morale la cui «osservanza è necessaria a tutte le persone di buona volontà per conseguire la salvezza eterna». La legge morale – dice il cardinale Müller - «non è un peso ma fa parte di quella verità liberatrice (cfr Gv 8,32) attraverso la quale il cristiano percorre la via della salvezza e non deve essere relativizzata».

Il Manifesto della fede tocca poi il tema della vita eterna, cruciale per ogni cattolico. «Tacere su queste e altre verità di fede – afferma Müller - oppure insegnare il contrario è il peggiore inganno contro cui il Catechismo ammonisce vigorosamente. Ciò rappresenta l'ultima prova della Chiesa, ovvero «una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia della verità» (675). È l’inganno dell’Anticristo».

L’appello finale poi, è drammatico e chiama vescovi e preti a una assunzione di responsabilità davanti alla situazione attuale già profetizzata da san Paolo nella lettera al suo collaboratore Timoteo: «Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero» (2Tm 4,1-5).

Visti i precedenti è assai probabile che anche in questo caso non arrivi alcuna reazione chiarificatrice da papa Francesco, ma sarà molto più importante vedere se e quanti vescovi si sentiranno di abbattere quel muro di omertà e prenderanno invece sul serio l’esempio del cardinale Müller.

Riccardo Cascioli

- IL MANIFESTO DELLA FEDE - Testo integrale

http://www.lanuovabq.it/it/mueller-il-manifesto-della-fede-non-e-contro-il-papa

«Non sia turbato il vostro cuore» [Gv 14,1]. Dai proclami sulla “Chiesa in uscita” al proclama del manifesto della fede del Cardinale Gerhard Ludwig Müller

Molti si chiedono oggi per quale motivo la Chiesa esista ancora se gli stessi vescovi preferiscono agire da politici piuttosto che da maestri della fede proclamare il Vangelo. Lo sguardo non deve soffermarsi su questioni secondarie, ma è più che mai necessario che la Chiesa si assuma il suo compito proprio. Ogni essere umano ha un’anima immortale, che alla sua morte si separa dal corpo, però con la speranza della risurrezione dei morti. La morte rende definitiva la decisione dell’uomo a favore o contro Dio. Tutti devono affrontare il giudizio personale subito dopo la morte.
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… un futuro lontano o molto vicino?
Più che una «Chiesa in uscita», a volte la nostra Santa Madre pare una «Chiesa in liquidazione» a saldi di fine stagione.
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I Padri de L’Isola di Patmos,accomunati dalla profonda stima che tutti nutrono verso il Cardinale Gerhard Ludwig Müller, sono rimasti anzitutto colpiti da un’espressione che per loro è un lamento scambiato da tempo e con sempre maggior frequenza tra confratelli che svolgono il sacro ministero sacerdotale, nell’adempimento del quale si sono più volte rammaricati scambiandosi proprio quella frase che spicca sin dalle prime righe del testo scritto dal Prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede: «Oggi molti cristiani non conoscono più nemmeno i fondamenti della fede».
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Coloro che nella cosiddetta «Chiesa ospedale da campo» ci vivono, svolgendo spesso servizio d’emergenza al pronto soccorso dove giungono i casi più disparati e spesso anche più gravi, devono fronteggiarsi tutti i giorni con un numero sempre più elevato di fedeli che non conoscono più i fondamenti della fede cattolica, che non hanno alcuna giusta percezione dei Sacramenti di grazia, che da anni non si confessano e che non sanno confessarsi, che non conoscono le preghiere. Ma soprattutto, ogni giorno, si devono confrontare con fedeli che in numero terribilmente elevato parlano e vivono il peggiore linguaggio di questo mondo con totale disinvoltura. Aborto: «Beh, una ragazzina di sedici anni che ha un incidente di percorso, può forse diventare mamma a quell’età?». Vita e malattia: «Perché non dare una dolce e dignitosa morte ad una persona che soffre per una malattia incurabile, serve forse a qualche cosa farla soffrire inutilmente?». Vita affettiva: «Siamo stati noi genitori, i primi a raccomandare ai nostri figli, prima di sposarsi, di andare a convivere per qualche anno, affinché sperimentassero se veramente stanno bene assieme, o forse il matrimonio deve essere un salto nel buio?».
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Questi, come tanti fedeli che ragionano così sui diversi aspetti morali e spirituali, sono persone che in genere non si confessano, perché affermano anzitutto di non avere peccati da confessare, però vanno a ricevere la Santa Comunione, senza avere la conoscenza e la chiara percezione di che cosa veramente e realmente sia la Santissima Eucaristia.
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Solo queste poche parole introduttive sono sufficienti per chiarire quanto i Padri de L’Isola di Patmos abbiano accolto e tanto apprezzato questo scritto contenente le parole che da tempo si vanno ripetendo tra di loro con grande pena e rammarico: oggi è necessario ripartire da una parte con le missioni per una nuova evangelizzazione delle nostre popolazioni, dall’altra con i fondamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica.
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il Cardinale Gerhard Ludwig Müller
Dinanzi a una sempre più diffusa confusionenell’insegnamento della fede,molti vescovi, sacerdoti, religiosi e laici della Chiesa cattolica mi hanno invitato a dare pubblica testimonianza verso la Verità della rivelazione. È compito proprio dei pastori guidare gli uomini loro affidati sulla via della salvezza, e ciò può avvenire solamente se tale via è conosciuta e se loro per primi la percorrono. A proposito ammoniva l’Apostolo:
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«A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto» (1 Cor 15,3).
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Oggi molti cristiani non conoscono più nemmeno i fondamenti della fede, con un pericolo crescente di non trovare più il cammino che porta alla vita eterna. Tuttavia, compito proprio della Chiesa rimane quello di condurre gli uomini verso Gesù Cristo, luce delle genti [vedi LG 1]. In questa situazione, ci si chiede come trovare il giusto orientamento. Secondo Giovanni Paolo II, il Catechismo della Chiesa Cattolica rappresenta una «norma sicura per l’insegnamento della fede» [Fidei Depositum IV]. Esso è stato scritto allo scopo di rafforzare i fratelli e le sorelle nella fede, una fede messa duramente alla prova dalla «dittatura del relativismo».
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I
DIO UNO E TRINO, RIVELATO IN GESÙ CRISTO
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L’epitome della fede di tutti i cristiani risiede nella confessione della Santissima Trinità. Siamo diventati discepoli di Gesù, figli e amici di Dio, attraverso il battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. La differenza delle tre persone nell’unità divina [254] segna una differenza fondamentale nella fede in Dio e nell’immagine dell’uomo rispetto alle altre religioni. Riconosciuto Gesù Cristo, i fantasmi scompaiono. Egli è vero Dio e vero uomo, incarnato nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Il Verbo fatto carne, il Figlio di Dio è l’unico Salvatore del mondo [679] e l’unico mediatore tra Dio e gli uomini [846]. Per questo, la prima lettera di Giovanni si riferisce a colui che nega la sua divinità come all’anticristo [1 Gv 2, 22], poiché Gesù Cristo, Figlio di Dio, dall’eternità è un unico essere con Dio, suo Padre [663]. È con chiara determinazione che occorre affrontare la ricomparsa di antiche eresie che in Gesù Cristo vedevano solo una brava persona, un fratello e un amico, un profeta e un esempio di vita morale. Egli è prima di tutto la Parola che era con Dio ed è Dio, il Figlio del Padre, che ha preso la nostra natura umana per redimerci e che verrà a giudicare i vivi e i morti. Lui solo adoriamo in unità con il Padre e lo Spirito Santo come unico e vero Dio [691].
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II
LA CHIESA
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Gesù Cristo ha fondato la Chiesa come segno visibile e strumento di salvezza, che sussiste nella Chiesa cattolica [816]. Diede alla sua Chiesa, che «è nata dal cuore trafitto di Cristo morto sulla croce»[766], una struttura sacramentale che rimarrà fino al pieno compimento del Regno [765]. Cristo, capo, e i credenti come membra del corpo sono una mistica persona [795], per questo motivo la chiesa è santa, poiché Cristo, unico mediatore, l’ha costituita sulla terra come organismo visibile e continuamente la sostiene [771]. Attraverso di essa l’opera redentrice di Cristo diventa presente nel tempo e nello spazio con la celebrazione dei Santissimi Sacramenti, soprattutto nel Sacrificio Eucaristico, la Santa Messa [1330]. La Chiesa trasmette con l’autorità di Cristo la divina rivelazione, «che si estende a tutti gli elementi di dottrina, ivi compresa la morale, senza i quali le verità salvifiche della fede non possono essere custodite, esposte o osservate» [2035].
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III
L’ORDINE SACRAMENTALE
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La Chiesa è in Gesù Cristo il sacramento universale della salvezza [776]. Essa non riflette sé stessa ma la luce di Cristo, che splende sul suo volto, e ciò può avvenire solo quando il punto di riferimento non è l’opinione della maggioranza né lo spirito dei tempi, ma piuttosto la Verità rivelata in Gesù Cristo, che ha affidato alla Chiesa cattolica la pienezza di grazia e di verità [819]: Egli stesso è presente nei sacramenti della Chiesa.
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La Chiesa non è un’associazione creata dall’uomo,la cui struttura può essere modificata dai suoi membri a proprio piacimento: essa è di origine divina. «È Cristo stesso l’origine del ministero nella Chiesa. Egli l’ha istituita, le ha dato autorità e missione, orientamento e fine» [874]. Ancora oggi è valido l’ammonimento dell’Apostolo secondo cui maledetto è chiunque proclami un altro Vangelo, «anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo» [Gal 1,8]. La mediazione della fede è inscindibilmente legata alla credibilità umana dei suoi annunziatori: essi, in alcuni casi, hanno abbandonato quanti erano stati loro affidati, turbandoli e danneggiando gravemente la loro fede. Per loro si realizza la parola della Scrittura: «Non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci» [2 Tim 4,3-4].
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Compito del Magistero della Chiesa nei riguardi del popolo di Dio è quello di «]salvaguardarlo dalle deviazioni e dai cedimenti» affinché possa «professare senza errore l’autentica fede» [890]. Questo è particolarmente vero per quanto riguarda i sette sacramenti. La Santissima Eucaristia è «fonte e culmine di tutta la vita cristiana» [1324]. Il sacrificio eucaristico, in cui Cristo ci coinvolge nel suo sacrificio della croce, è finalizzato alla più intima unione con Lui [1382]. Per questo la Sacra Scrittura ammonisce riguardo alle condizioni per ricevere la santa Comunione: «chiunque mangia il pane o beve il calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole del corpo e del sangue del Signore» [1Cor 11, 27], dunque «chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione» [1385]. Dalla logica interna del sacramento si capisce che i divorziati risposati civilmente, il cui matrimonio sacramentale davanti a Dio è ancora valido, come anche tutti quei cristiani che non sono in piena comunione con la fede cattolica e pure tutti coloro che non sono debitamente disposti, non ricevono la santa Eucaristia fruttuosamente [1457], perché in tal modo essa non li conduce alla salvezza. Metterlo in evidenza corrisponde a un’opera di misericordia spirituale.
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Il riconoscimento dei peccati nella santa confessione almeno una volta all’anno è uno dei precetti della Chiesa [2042]. Quando i credenti non confessano più i loro peccati ricevendone l’assoluzione, si rende vana la salvezza portata da Cristo, Egli infatti si è fatto uomo per redimerci dai nostri peccati. Il potere del perdono, che il Risorto ha conferito agli Apostoli e ai loro successori nell’Episcopato e nel Sacerdozio, rimette i peccati gravi e veniali commessi dopo il Battesimo. L’attuale pratica della confessione evidenzia come la coscienza dei credenti non sia oggi sufficientemente formata. La misericordia di Dio ci è data, affinché adempiamo i suoi comandamenti per conformaci alla sua santa volontà e non per evitare la chiamata alla conversione [1458].
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«È il sacerdote che continua l’opera di redenzione sulla terra» [1589]. L’ordinazione, che conferisce al sacerdote «un potere sacro» [1592], è insostituibile perché attraverso di essa Gesù diventa sacramentalmente presente nella sua azione salvifica. I sacerdoti scelgono volontariamente il celibato come «segno di questa vita nuova» [1579]. Si tratta della donazione di sé stesso al servizio di Cristo e del Suo Regno che viene. Al fine di conferire validamente l’ordinazione nei tre gradi di questo sacramento, la Chiesa si riconosce vincolata alla scelta compiuta dal Signore stesso, «per questo motivo l’ordinazione delle donne non è possibile» [1577]. A tale riguardo, parlare di una discriminazione della donna dimostra chiaramente una erronea comprensione di questo sacramento, che non riguarda un potere terreno ma la rappresentazione di Cristo, lo Sposo della Chiesa.
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IV
LA LEGGE MORALE
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Fede e vita sono inseparabili, poiché la fede senza le opere compiute nel Signore è morta [1815]. La legge morale è opera della sapienza divina e conduce l’uomo alla beatitudine promessa [1950]. Di conseguenza, la «Legge divina e naturale mostra all’uomo la via da seguire per compiere il bene e raggiungere il proprio fine» [1955]. La sua osservanza è necessaria a tutte le persone di buona volontà per conseguire la salvezza eterna. Infatti colui che muore in peccato mortale senza pentimento rimarrà per sempre separato da Dio [1033]. Ciò comporta delle conseguenze pratiche nella vita dei cristiani, tra le quali è opportuno richiamare quelle oggi più frequentemente trascurate: [cfr 2270-2283; 2350-2381]. La legge morale non è un peso ma fa parte di quella verità liberatrice [cfr Gv 8,32] attraverso la quale il cristiano percorre la via della salvezza e non deve essere relativizzata.
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V
LA VITA ETERNA
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Molti si chiedono oggi per quale motivo la Chiesa esista ancora se gli stessi vescovi preferiscono agire da politici piuttosto che da maestri della fede proclamare il Vangelo. Lo sguardo non deve soffermarsi su questioni secondarie, ma è più che mai necessario che la Chiesa si assuma il suo compito proprio. Ogni essere umano ha un’anima immortale, che alla sua morte si separa dal corpo, però con la speranza della risurrezione dei morti [366]. La morte rende definitiva la decisione dell’uomo a favore o contro Dio. Tutti devono affrontare il giudizio personale subito dopo la morte [1021]: o sarà necessaria ancora una purificazione oppure l’uomo andrà direttamente verso la beatitudine celeste e gli sarà permesso di contemplare Dio faccia a faccia. Esiste però anche la terribile possibilità che una persona, fino alla fine, resti in contraddizione con Dio: rifiutando definitivamente il Suo amore, essa «si dannerà immediatamente per sempre» [1022]. «Dio, che ci ha creati senza di noi, non ha voluto salvarci senza di noi» [1847]. L’eternità della punizione dell’inferno è una realtà terribile, che — secondo la testimonianza della Sacra Scrittura — riguarda tutti coloro che «muoiono in stato di peccato mortale» [1035]. Il cristiano attraversa la porta stretta, «perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano» [Mt 7,13].
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Tacere su queste e altre verità di fede oppure insegnare il contrario è il peggiore inganno contro cui il Catechismo ammonisce vigorosamente. Ciò rappresenta l’ultima prova della Chiesa, ovvero «una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia della verità» [675]. È l’inganno dell’Anticristo, che viene «con tutte le seduzioni dell’iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l’amore della verità per essere salvati» [2Ts 2,10].
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APPELLO
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Come lavoratori nella vigna del Signore, noi tutti abbiamo la responsabilità di ricordare queste verità fondamentali aggrappandoci a ciò che noi stessi abbiamo ricevuto. Vogliamo dare coraggio per percorrere la via di Gesù Cristo con determinazione, così da ottenere la vita eterna seguendo i Suoi comandamenti [2075].
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Chiediamo al Signore di farci conoscere quanto è grande il dono della fede cattolica, attraverso il quale si apre la porta alla vita eterna. «Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» [Mc 8,38]. Pertanto ci impegniamo a rafforzare la fede confessando la verità che è Gesù Cristo stesso.
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L’avvertimento che Paolo, l’apostolo di Gesù Cristo,da al suo collaboratore e successore Timoteo è rivolto in modo particolare a noi, vescovi e sacerdoti. Egli scriveva:
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 «Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero» [2 Tm 4,1-5].
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Possa Maria, Madre di Dio, implorarci la grazia di aggrapparci alla confessione della verità di Gesù Cristo senza vacillare. Uniti nella fede e nella preghiera,
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+Gerhard Cardinale Müller
Prefetto della Congregazione
per la dottrina della fede
dal 2012 al 2017
— gli ospiti illustri de L’Isola di Patmos —
«NON SIA TURBATO IL VOSTRO CUORE» [GV 14,1]. DAI PROCLAMI SULLA “CHIESA IN USCITA” AL PROCLAMA DEL MANIFESTO DELLA FEDE DEL CARDINALE GERHARD LUDWIG MÜLLER

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Autore
Redazione dell’Isola di Patmos
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  • REGGIO EMILIA

Finalmente un vescovo tuona contro le messe sacrileghe

Il parroco affida le parole della consacrazione ad un laico. E il vescovo interviene tuonando contro i sacrilegi a messa. Succede a Reggio Emilia dove Massimo Camisasca pubblica una lettera molto dura sugli abusi e il rispetto delle norme liturgiche: "Dovremo risponderne davanti a Dio". Una mossa impopolare, ma giusta. E che conferma il diritto-dovere del fedele di protestare.
“E’ gravemente illecito associare i fedeli alle parole del Canone e addirittura chiedere loro di pronunciarne qualche parte. La celebrazione diventerebbe invalida quando fossero i laici a pronunciare le parole della Consacrazione”.  
Un forte richiamo al corretto uso della liturgia durante la Santa Messa e un appello a cessare le liturgie creative fatte dai preti è quello che il vescovo di Reggio Emilia e Guastalla Massimo Camisasca ha recapitato a tutti i sacerdoti e ai fedeli nel settimanale diocesano La Libertà. 
Una lettera sulla liturgia, dunque, per fermare quei preti che intendono la messa come cosa loro, di cui poter disporre a piacimento. In questi anni ne abbiamo sentite di diversi colori, in Italia e nel mondo: preti che non dicono il Credo o lo inventano, parti della messa affidate a laici o a esponenti di altre confessioni religiose, show di ogni tipo durante la celebrazione. Il catalogo delle messe creative rappresenta una ferita nel cuore stresso della Chiesa, la celebrazione dell’Eucarestia e la campagna della Nuova BQ #salviamolamessa lo ha mostrato molto bene. Ma di fronte a questi episodi, spesso ostentatamente pubblicizzati dai sacerdoti, si è iniziato a fare finta di nulla. Questo ha provocato grave scandalo nei fedeli e il pullulare di messe sempre più creative e sempre più dissacranti. 
In questo senso la lettera di Camisasca ai suoi preti, una lettera di richiamo a tutti gli effetti, assume un valore importante di ristabilimento del diritto. Anzitutto, quello di Dio ad essere adorato come chiede e in secondo luogo il diritto dei fedeli a partecipare ad una sacra liturgia proficua per la propria salute spirituale. Diritto che le iniziative di preti creativi e sciatti calpestano bellamente a volte con l’arroganza dei potenti. La lettera dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che protestare con il vescovo quando si assiste ad abusi e violazioni gravi nella liturgia, serve ed è utile. Come confermava sulle nostre colonne anche il cardinal Muller a proposito del diritto di protestare con il sacerdote che abusa del suo ruolo fino addirittura ad andarsene se la celebrazione diventa palesemente invalida. 
La missiva pubblica infatti nasce a seguito di una serie di segnalazioni pervenute a Camisasca circa il comportamento di alcuni sacerdoti diocesani. Il riferimento infatti alle parole della consacrazione affidate ai laici è legato ad un episodio che è stato segnalato al vescovo da un fedele: un sacerdote, durante la messa del 1 gennaio, ha affidato la lettura del Canone a una fedele, donna!
Il motivo? Nella segnalazione si dice che il prete avrebbe accampato la scusa di essere stanco. Chissà, forse i festeggiamenti della notte precedente del Veglione di San Silvestro lo avevano costretto a fare le ore piccole? O forse ha voluto dare un segnale di una nuova forma di concelebrazione mista? Sia come sia, il fedele, che aveva sentito la cosa soltanto riferita, ha chiesto conferma prima di tutto al vescovo. E per sicurezza ha inoltrato la missiva anche alla Congregazione del Culto divino e poi alla Congregazione per la dottrina della fede. Non sappiamo se Camisasca abbia verificato la notizia, né se abbia ricevuto conferma di quell’episodio specifico. Ma dal monito nella missiva sulla consacrazione affidata ai laici pare proprio di sì. Anche a giudicare da quello che il vescovo dice successivamente: “Mi permetto di ricordare tutto ciò, che penso ovvio per la stragrande maggioranza di tutti noi, perché sento e vedo qua e là serpeggiare confusioni o manifestazioni erronee a riguardo di ciò di cui ho finora parlato”. 
Importante poi la chiusa finale: “Desidero che il popolo cristiano non sia mai confuso e disorientato nella sua fede. E’ una grave responsabilità che tutti abbiamo e di cui dovremo, io per primo, rispondere a Dio”. Parole certamente gravi, che arrivano a conclusione di un documento denso di riferimenti dottrinali sul significato, il valore e la sacralità della santa messa. Come ad esempio la Costituzione conciliare Sacrosantum Concilium della quale molti preti hanno letto probabilmente soltanto il cosiddetto spirito e non la sua lettera dato che in essa non vi si trova nessuna concessione alle arbitrarietà e agli abusi a cui poi nei successivi 50 anni abbiamo assistito e che - tanto per dirne una - venne firmata addirittura da monsignor Lefevbre.
Resta il fatto che di fronte a un sacrilegio vero e proprio come quello compiuto a Reggio Emilia, il vescovo abbia sentito il bisogno di alzare la voce per riparare un delitto così grave. Un atto di coraggio e per certi versi profetico, che indica qual è il bene principale che si gioca nella messa. Un bene del quale i preti non possono disporre arbitrariamente e del quale un giorno si dovrà rispondere di fronte a Dio.
Andrea Zambrano

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