ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 18 marzo 2019

Aspettando che passi ‘a nuttata?



In questo periodo ho ricevuto parecchie lettere che mi chiedono di essere più presente su Riscossa Cristiana, “specialmente”, dicono alcuni lettori, “con le Trenta righe settimanali”. Non sto a raccontare ancora una volta i fatti miei, ma devo confessare che ho deciso di riprendere subito la rubrica quando don Maurizio D. ha concluso la sua affettuosa richiesta dicendo quello che proprio non vorrei mai sentirmi dire da un sacerdote. “Torni a scrivere con più frequenza, caro dottor Gnocchi, perché sarete voi laici a salvare la Chiesa”.

Faccio salvi l’affetto e la stima di don Maurizio probabilmente mal riposti nei miei confronti, la buona fede con cui durante un naufragio ci si aggrappa anche a un bastoncino di legno, il dolore per le condizioni di una chiesa i cui pastori macellano quotidianamente le anime, lo sconcerto davanti a un “Vicario” che rappresenta tutto tranne Nostro Signore Gesù Cristo… Faccio salvo tutto questo e anche di più, ma mi sono stufato di curati, parroci, vescovi e cardinali i quali vengono a spiegarci senza alcuna remora che la chiesa la dobbiamo salvare noi laici.
E loro, curati, parroci, vescovi, cardinali, consacrati di ogni ordine e grado, uomini, donne e generi diversi che cosa fanno? Continuano a demolirla come hanno fatto da molto prima del fatidico Conciliovaticanosecondo? Oppure, nel caso in cui non vogliano cooperare attivamente al macello delle anime, se ne stanno prudentemente in disparte aspettando che passi ‘a nuttata? Perché, naturalmente, loro, curati, parroci, eccetera eccetera, spiegano subito che, nella loro posizione, non possono fare niente, non sono abbastanza liberi. Tanto, saremo noi laici a salvare la chiesa.
Il curato non può fare niente per non mettere a repentaglio il poco di bene che fa di nascosto all’oratorio. Il parroco non può fare niente per non mettere a repentaglio il poco di bene che fa di nascosto in consiglio pastorale. Il vescovo non può fare niente per non mettere a repentaglio il poco di bene che fa di nascosto nell’ultima cappellina della diocesi. Il Principe della Chiesa, che veste di rosso per ricordare il sangue del martirio, non può rischiare di martirizzare la carriera per non mettere a repentaglio il poco di bene che fa di nascosto in Congregazione. Eccetera eccetera.
Con questo metodo del “bene minore”, più si sale e più diventa cogente la cooperazione con il male insediato al vertice della gerarchia, che tollera senza alcun problema qualsiasi “poco di bene” poiché la sua vera richiesta è che gli venga riconosciuta l’autorità, il dominio su corpi, anime e volontà.
La convivenza con il potere, più o meno gradito, è un mestiere antico, praticato da tempo dalla casta sacerdotale. Alla fine dei conti, anche questa pusillanime desistenza nei confronti dei laici messa in atto dal cosiddetto “clero buono” non è altro che clericalismo. È il verso più inquietante di quella malapianta sorta nel momento in cui i sacerdoti hanno assunto volentieri compiti spirituali e temporali dei laici assoggettandoli al proprio volere. Ora, in palese difficoltà davanti al clericale di apparato, il clericale logorato dal potere che non ha restituisce con gli interessi ciò che aveva sottratto al laico: non solo gli chiede di tornare ad assolvere i compiti che gli spettano per la salvezza dell’anima e del corpo, ma lo carica anche dei propri: perché, ha stabilito motu proprio, tocca al laico salvare la chiesa.
Non so come la pensino gli altri laici, ma io, francamente, mi sono stufato. Mi spiace, caro don Maurizio, che ci sia andato di mezzo lei. So benissimo che i sacerdoti dei piani bassi sono quelli meno responsabili di questo modo di fare e di pensare. Ma mi può dire che cosa vi lega a un potere palesemente iniquo e anticristico quando siete sacerdoti di Colui che è venuto a farci liberi? Smettetela, una buona volta, di ripararvi dietro al “poco di bene” che vi concede di operare il Nemico a patto che non ne mettiate in discussione l’effettivo potere. Perché, con questa chimera del “poco di bene” siete diventati schiavi della teoria del “bene minore” che si si avvia rapidamente e irrimediabilmente verso lo zero, proprio come è nei disegni del demonio. Il “poco di bene”, mi creda don Maurizio, spiritualmente è roba da “poco di buono”.

 – Trenta righe di Alessandro Gnocchi



È IL MOMENTO DEI LAICI. SCUOLA DI DOTTRINA SOCIALE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA “LA POLITICA DEL BENE – IL BENE DELLA POLITICA” … partecipa anche Tu …


Yes
Sabato prossimo 23 marzo, alle ore 15,30, inizierà ad Udine, nella sala di Palazzo Belgrado, la Scuola di Dottrina sociale della Chiesa. Verrà introdotta dal Presidente del Consiglio Regionale, Piero Mauro Zanin, e dalle prime due lezioni in programma tenute dal direttore dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân, Stefano Fontana. Questa Scuola avrà alcune caratteristiche che meritano attenzione.
La prima è che è nata da una iniziativa, come si dice oggi, “dal basso” e di stampo laicale. Sei associazioni e circoli culturali cattolici di Trieste, Udine e Pordenone si sono collegati tra loro e hanno chiesto all’Osservatorio Cardinale Van Thuân di realizzare la Scuola, fornire il progetto formativo, tenere le lezioni tramite i suoi esperti. Questi fedeli laici sentivano il bisogno di avere una formazione di base chiara e dottrinalmente fondata. Non cercavano improvvisazioni, fughe in avanti, soluzioni “creative” pasticciate … essi volevano semplicemente riappropriarsi di una tradizione, in altre parole: apprendere ciò che la Chiesa ha sempre insegnato sulla evangelizzazione del sociale, quegli insegnamenti che sono per loro natura immutabili. Poi verranno anche le soluzioni pratiche, ma senza dottrina non si va da nessuna parte e, peggio ancora, si rischia di collaborare con chi lavora per la causa contraria.
Questa formula è già stata realizzata molte altre volte nella recente attività formativa alla Dottrina sociale della Chiesa dell’Osservatorio Non è mai stato quest’ultimo ad organizzare, ma sempre gruppi di laici impegnati sul territorio oppure comunità cattoliche, ai quali poi l’Osservatorio ha dato il proprio apporto. Anche la Scuola di Dottrina sociale della Chiesa dell’Emilia, che si è tenuta a San Martino in Rio (RE) nel 2018 aveva questa caratteristica, e pure le altre dieci Scuole realizzare negli ultimi anni in varie parti d’Italia.
Questo modo di procedere – dal basso e laicale – risponde ad una esigenza dei tempi. Ha scritto l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, Presidente dell’Osservatorio Van Thuân: “Credo che i tempi richiedano iniziative dal basso, che non abbiano però l’obiettivo di rimanere circoscritte e isolate, ma che assumano non prospettive di nicchia, ma aperte. Non sono più i tempi degli ordini dall’alto, ma questo non deve comportare la rinuncia ad un quadro completo di pastorale sociale. L’importante è che, pur partendo dal piccolo, ci sia fin da subito la vocazione ecclesiale, un ragionare nella Chiesa e per la Chiesa. Per essere ancora più preciso: penso che in questo momento un posto particolarissimo in questa ripresa dal basso l’abbiano i laici. L’iniziativa deve partire la loro, anche se mi auguro che trovino sacerdoti e Vescovi disposti a dare una mano”. (“La Chiesa e il futuro della pastorale sociale”, Cantagalli, Siena 2017, p. 103.). La Scuola del Friuli Venezia Giulia è in linea con queste osservazioni.
La seconda caratteristica riguarda l’organizzazione dei contenuti. L’intento è di fornire un quadro organico e coerente di principi e criteri di giudizio. Non si tratterà di una serie di conferenze isolate e sommate tra loro, ma di un percorso organico teso a formare un “quadro” di senso circa l’impegno del cattolico in politica. In altre parole viene insegnata la Dottrina sociale della Chiesa come “corpus dottrinale”. Il magistero, anche recente, la definisce così, ma spesso si trascura questa sua caratteristica e si organizzano serie di conferenze disparate e, nel tentativo di accontentare tutti i palati, non si accontenta nessuno.
Nel patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa ci sono molte nozioni che oggi vengono spesso dimenticate e che invece vanno riscoperte. Per esempio: si può ancora dire che l’autorità viene da Dio? Oppure che la politica ha dei doveri vero la religione vera? O che la democrazia non è un assoluto politico? O che i principi non negoziabili sono delle verità irrinunciabili per l’agire politico? O che non ci sono diritti che non nascano da doveri? O che il cattolico non può dare la propria adesione indifferentemente a tutti i partiti? Nelle Scuole dell’Osservatorio, e quindi anche in questa del Friuli Venezia Giulia che sta partendo, questi temi non vengono bypassati ma organicamente affrontati.
Vi invitiamo a partecipare alla Scuola di Dottrina sociale della Chiesa del Friuli Venezia Giulia. Qui sotto troverete tutte le indicazioni necessarie.
Stefano Fontana

COME PARTECIPARE
Sede: Sala di Palazzo Belgrado, piazza Patriarcato 3, Udine.
Date: 4 incontri, 8 lezioni nei sabati: 23 marzo, 13 aprile, 18 maggio, 8 giugno 2019.
Orari: dalle 15,30 alle 18,30 (due lezioni con discussione e pausa).
Quota di partecipazione: 60 Euro (75 di solidarietà) comprensive dell’abbonamento al “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa”.
È possibile partecipare anche solo a distanza, scaricando le video registrazioni.
L’accesso alle lezioni di sabato 23 marzo è libero.
Per iscrizioni scrivere a: info@vanthuanobservatory.org – o telefonare a: 333 664 2828.

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