Un falso ideologico si aggira attorno al tema dell’immigrazione, rectius invasione: un falso propalato dai media mainstream, dagli opinion leader liberal e di sinistra, cioè quasi tutti, dalla controchiesa bergogliana. Secondo costoro, in una modalità di pensiero che definire semplicistica è poco, chi è a favore dell’invasione è “buono” e chi è contro è “cattivo”. Purtroppo, poiché gli apologeti dell’invasione e della dissoluzione dominano tutte le agenzie che sono “datrici di senso” (televisioni, media, radio, scuole, università etc.) e sono quindi in grado di imporre le “idee comuni”, questo falso pregiudizio è diffuso nei media e nell’opinione pubblica.
Da parte degli opinion leader che dominano la scena mediatica dell’Italia e dell’Europa sono continui gli epiteti lanciati contro chi si oppone all’invasione: gli insulti a Salvini (“criminale”, “merita Norimberga”, tralasciando le azioni della magistratura), il papa che definisce “non cristiano” Donald Trump per via del muro contro gli immigrati, gli inediti insulti agli elettori dei partiti anti-immigrazionisti; “rozzi”, “barbarie che avanza”, provenienti anche da paludati e un tempo “moderati” media mainstream, gli attacchi delle istituzioni europee (il Consiglio d’Europa che bolla gli Italiani “razzisti e mafiosi”).
“Loro”, gli immigrazionisti, sono i “buoni” per definizione: “restiamo umani” è il loro slogan, tanto falso quanto ipocrita. Assistiamo a una serie di insulti, a un’ondata di odio antropologico, di disprezzo ontologico per quella parte d’Italia (che i sondaggi danno come maggioritaria) che vuole preservare la nostra identità etnica, religiosa, culturale e civile. Lo stesso fenomeno che è avvenuto in USA dove la “maggioranza silenziosa” ha eletto Trump o in Gran Bretagna, dove “l’Inghilterra profonda” ha votato per la Brexit. Le élite mondialiste hanno usato parole di disprezzo per il popolo, richiamando il sarcasmo che il comunista Bertolt Brecht usò sulla rivolta anticomunista di Berlino del ’53: “Il Comitato Centrale ha deciso: poiché il popolo non è d’accordo, bisogna nominare un nuovo popolo” (è la Grande Sostituzione?). Non è detto tuttavia che questa demonizzazione, con toni da pre-guerra civile, del sentire popolare sia una tattica vincente per le sinistre e per le élite: lo ha ben capito un intelligente sociologo di sinistra, Luca Ricolfi, che con due libri Perché siamo antipatici. La sinistra e il complesso dei migliori prima e dopo le elezioni del 2008 e Sinistra e popolo ha messo in guardia, inascoltato, i progressisti da questo loro “divorzio” dall’idem sentire della popolazione.
La propaganda immigrazionista da parte della stragrande maggioranza della carta stampata, di molte istituzioni, di parte della Chiesa è martellante, continua, minacciosa, ricattante (“se non vuoi “l’accoglienza” sei malvagio e ignorante”). Nei programmi televisivi, non sono soltanto gli spazi informativi a dedicarsi a questa propaganda pro-invasione, ma, in modo ben più subdolo, i film, i cosiddetti docufilm, le fiction: l’immigrato (anzi, il “migrante”, suona meglio ed è più poetico), è sempre buono, ingiustamente perseguitato, vittima di sporchi razzisti. Scrive acutamente Renato Cristin: “L’immigrato è l’adattamento scenico postmoderno del buon selvaggio”. Ancora più subdola e vile è la propaganda immigrazionista nelle scuole di ogni grado, persino negli asili, svolta quasi sempre senza l’autorizzazione dei genitori, spesso a loro insaputa. Una gigantesca, miserabile campagna di propaganda e di “rieducazione di massa” degna della Cina maoista. È il trionfo del “politicamente corretto”, che Ida Magli definì: “la forma più radicale di “lavaggio del cervello” che i governanti abbiano mai imposto ai propri sudditi”.
Da parte del papa e di parte della Chiesa, siamo giunti a una inquietante equiparazione dei “migranti” a Gesù Cristo, anzi a una vera e propria “sostituzione” di Gesù con i migranti, ormai santificati, quasi deificati, degni di culto. Alessandro Gnocchi ci ha fornito, su questo sito, un’ampia documentazione il 6 febbraio. È chiaramente un’idea blasfema, una “strana forma di idolatria”, come l’ha definita Alessandro Rico su LaVerità dello scorso 11 dicembre (“Bergoglio lo ripete però non è vero che anche Gesù fosse un migrante”), che si accompagna, appunto, a quella fake news falsaria e bugiarda secondo cui la Sacra Famiglia sarebbe da considerare “migrante”.
La prima accusa che viene rivolta agli anti-immigrazionisti è quella di irrazionalità: di negare cioè delle “verità auto-evidenti” dimostrate con dati inoppugnabili. Peccato che tali “verità” non siano per nulla “auto-evidenti” e che i dati su cui si fondano siano manipolati, incongrui o falsi. Ciò nonostante, si sono affermati dei “luoghi comuni” che vengono usati come armi polemiche contro chi vuole preservare la nostra identità. Numerosi sono le ricerche e le inchieste che smentiscono con dati inconfutabili queste pseudo-verità diffuse a scopo propagandistico come “armi di distrazione di massa”. Segnaliamo solo qualche titolo: Gilberto Oneto, Immigrazione e indipendenza, Il Cerchio, il cui primo capitolo è un’organica e documentata smentita di queste menzogne pro-immigrati; Antonio Socci, Traditi, sottomessi, invasi, Rizzoli; A. Bono e P. Bracalini, Immigrazione: tutte le bugie, il Giornale/Fuori dal coro. Per brevità, rimandiamo alla consultazione di questi testi per una estesa confutazione, limitandoci qui a brevi accenni, tratti da questi testi e da altri.
Il più abusato di questi luoghi comuni è quello che afferma che “gli immigrati ci pagano la pensione”. Tale affermazione, insistentemente ripetuta dal presidente dell’INPS Tito Boeri, le cui simpatie di sinistra sono ben note, è stata confutata da più parti, nel merito e per il limitato, demograficamente parlando, periodo di tempo preso in considerazione: le sue simulazioni, furbescamente, si fermano al 2040, quando cioè inizierà il pensionamento delle prime masse di immigrati. Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche itinerari previdenziali ci dice che le posizioni di Boeri “sembrano più ideologiche che basate sullo stato attuale dei fatti”. Inoltre precisa un fatto incontestabile: “La gran parte dei lavori che gli immigrati svolgono sono in nero”. Scrive Gilberto Oneto: “I numeri non tornano. […] Risulta perciò piuttosto evidente (e preoccupante) che l’attuale attivo del bilancio previdenziale degli stranieri sia rapidamente destinato ad esaurirsi. […] E’ del tutto falso che gli stranieri pagheranno le nostre pensioni”. Ed ecco il giudizio di Giancarlo Blanciardo, professore di Demografia all’Università Milano Bicocca: “Quelli di Boeri sono discorsi un po’ propagandistici”.
Un’altra fake news è quella secondo cui gli invasori “sono una risorsa economica e sociale”. Falso: solo per il 2017, era stato previsto per lo Stato un costo di 4,6 miliardi (quasi tre volte di più di quanto stanziato per le famiglie italiane più povere) per gli immigrati. Massimo Blasoni, presidente del Centro studi Impresa lavoro ha rilevato, in un bilancio complessivo delle entrate e delle uscite, un saldo negativo per lo Stato di 5 miliardi. Poi c’è il costo dei crimini compiuti da queste “risorse”: Maurizio Belpietro (LaVerità 12 gennaio 2017) documenta che, solo a Milano, il 90% dei borseggi, il 78% dei furti in abitazione e il 72% delle rapine sono compiuti da queste “risorse”.
Continuiamo: “gli immigrati fanno i lavori che i “nativi” non vogliono più fare”? Ancora un falso. Una manovalanza di immigrati disponibili a lavorare in nero e a basso prezzo è un dumping sociale che abbassa gli standard per tutti. Scrive Socci: “Se tornassero a dare stipendi decenti, con contratti veri, anche gli italiani farebbero quei lavori”. L’intento del supercapitalismo finanziario alleato con i progressisti è proprio questo: abbattere il welfare creando un “proletariato di riserva”.
Ancora: “gli immigrati sono un rimedio alla nostra denatalità”. E’ un argomento particolarmente miserabile e sinistro: allude al “Grand Remplacement” denunciato da Renauld Camus. Il problema della denatalità non si risolve, secondo gli apologeti dell’invasione, con provvedimenti a favore delle famiglie europee, ma sostituendo i popoli europei con masse allogene, estranee e spesso ostili alla nostra civiltà. Lo ben documenta un articolo di Patrizia Fermani su questo stesso sito il 25 gennaio: “La sostituzione di popolo serve al genocidio culturale. E viceversa”.
Anche per tutti questi motivi, appare sorprendente e incomprensibile la posizione immigrazionista della Chiesa o di parte di essa. Ci viene ripetuta, strumentalmente e fino alla nausea, la frase evangelica: “ero straniero e mi avete accolto”. Ma è del tutto evidente che questa frase si riferisce a singoli stranieri, e di passaggio. Nella dottrina cristiana, nulla giustifica la difesa degli invasori, in massa e illegali. Danilo Quinto, nel suo Eurislam, edito da Arcadia, dedica un bel capitolo, citando don Curzio Nitoglia, sulle strettissime condizioni a cui san Tommaso sottopone una pur limitata accoglienza. Ed è facile ricordare le parole di Benedetto XVI sul “diritto di non emigrare”. Chiarissimo il pensiero dell’indimenticato Monsignor Alessandro Maggiolini: “il dovere dell’ospitalità non va confuso con un presunto dovere di lasciar invadere la nostra terra”. E ancora: “Non esiste un diritto di invasione dell’Italia, né un dovere dell’Italia di lasciarsi invadere”. Il cattolico professor Paolo Pasqualucci, già docente di Filosofia del Diritto e di Storia delle Dottrine Politiche, autore di testi quali Unam Sanctam. Studio sulle deviazioni dottrinali nella Chiesa Cattolica del XXI secolo e Il Concilio parallelo. L’inizio anomalo del Vaticano II e molti altri di impeccabile dottrina cattolica, ci rammenta che: “L’accoglienza di elementi estranei, e in gran numero, non può essere certo un dovere per uno Stato, né in senso morale né giuridico. […] Infatti, il dovere elementare dello Stato è di provvedere in primo luogo al bene comune dei suoi cittadini, il che implica la difesa da ogni invasione, quali che siano le sue motivazioni”.
Il dovere della difesa della patria è previsto persino (sì, lasciatemi dire persino) dal modernista e post-conciliare Catechismo della Chiesa Cattolica agli articoli 2199, 2239, 2240, 2310, mentre le condizioni sull’accoglienza sono ben precisate dal 2241 (“nella misura del possibile“, “L’emigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita”). Questo finché il papa non lo modificherà, come ha fatto, contro ogni regola, ogni dottrina, ogni giustizia con quanto previsto sulla pena di morte.
Sbaglia la Chiesa, o parte di essa, a propagandare il “dovere dell’accoglienza” come “carità”. È un grave errore dottrinario (se non peggio): accogliere gli invasori non è affatto un atto di carità. Costoro non sono “invasori pacifici”, che è comunque un ossimoro. Non è “carità” accogliere indiscriminatamente chi viene, nella migliore delle ipotesi, per approfittare del nostro generoso welfare, talvolta per delinquere essendo noto il lassismo della nostra giustizia e, nella peggiore, per conquistarci: “con le vostre leggi democratiche vi invaderemo, con le nostre leggi islamiche vi domineremo”.
Questa posizione della Chiesa è una delle tante tristi conseguenze “di lungo periodo” del concilio, del suo ecumenismo, del suo buonismo. L’accoglienza indiscriminata è tutto: viltà, insipienza, malafede mondialista, speranza di alcuni in un “nuovo proletariato”. Ma non è carità. Compito dei pastori è quello di tener lontani i lupi dall’ovile, non quello di spalancarne le porte. Invece, è quello che sta avvenendo. Papa Leone I non “accolse” Attila, ma lo fermò. È invece l’accoglienza indiscriminata a essere un esercizio di anti-carità, perché mette in pericolo la convivenza civile, l’ordine pubblico e quello sociale, la sicurezza e i beni dei più deboli, il nostro futuro come nazione, l’identità etnica e culturale dei nostri popoli, i nostri stili di vita e le nostre tradizioni. Ancor di più, mette in serio pericolo la nostra identità cattolica, o quel che ne resta: scrive Stefano Fontana dell’Osservatorio internazionale cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa: “Un processo migratorio incontrollato ed avente come scopo una società multiculturale e multireligiosa da superare in una successiva fase con una religione universale sincretista sembra anche funzionale al progetto di secolarizzazione e di eliminazione della religione cattolica. In questa prospettiva essa dovrà perdere la pretesa di unicità e specificità e confluire in una religione dell’Onu o in una Onu delle religioni. Si è a conoscenza di progetti pensati appositamente a questo scopo e di dichiarazioni di intenti a ciò espressamente finalizzate”.
– di Antonio de Felip
Diego Fusaro: “Porti aperti!”, grida il padronato cosmopolitico
28/02/2019 11:22
La domanda che si presenta prepotentemente in questo periodo: “porti aperti o porti chiusi?” è in realtà posta in maniera tendenziosa. Diego Fusaro, con il rigore che caratterizza le sue argomentazioni, traccia i reali termini della questione.
Le cause della nuova grande emigrazione italiana
I giovani italiani emigrano sempre più ma non riescono ad individuare le cause del problema.
La migliore strategia di un potere oppressivo è quella di non mostrarsi e creare falsi nemici, è così che agisce il neoliberismo.
La visione del docufilm di Barbara Pavarotti è impressionante, alza il velo su un argomento che altri hanno appena sfiorato mostrandolo in tutta la sua drammaticità.
La cosa che più colpisce è che il fenomeno, giustamente messo a confronto con l’emigrazione tra fine Ottocento e inizio Novecento ma anche con quella del secondo dopoguerra, non viene percepito nella sua drammaticità o comunque in modo molto diverso, in parte perché oggi si tratta di esponenti della classe media che quindi vivono in condizioni non disagiate rispetto agli emigranti del secolo scorso, ma in parte anche perché la guerra economica che ha prodotto il fenomeno è del tutto ignorata al contrario della II Guerra mondiale che ha generato il fenomeno precedente.
L’effetto devastante è che quindi le vittime non hanno nessuna reazione di difesa verso le cause del problema né si pongono più di cercare e correggere tali cause.
Nel video ripreso da Pandora TV insieme a Guido Grossi parliamo di questo aspetto oscurato.
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