ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 28 marzo 2019

… E l’eresia si fece carne


C’erano una volta l’Eucaristia ed il Sacerdozio Cattolico, poi giunsero Kiko Argüello e Carmen Hernandez fondatori del Cammino Neocatecumenale … e l’eresia si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi
http://www.corrispondenzaromana.it/wp-content/uploads/2012/01/Carmen-e-Kiko-fondatori-dei-Neocatecumenali.jpg(immagine aggiunta)


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INDICEI. Eresia non è una parola indecente e dare dell’eretico a chi cade e permane in eresia sostanziale e formale non è un insulto, ma una semplice constatazione di fatto — II. Il primo equivoco da sfatare: se il Cammino Neocatecumenale si è sviluppato sotto i pontificati di due Sommi Pontefici Santi, questo lo rende per caso santo e dogma intangibile della fides catholica? — III.I Neocatecumenali prendono vita sulla crisi di autorità della Chiesa e si sviluppano sotto il pontificato di Giovanni Paolo II dopo avergli presentata la famiglia de Il Mulino Bianco —IV. Il Cammino Neocatecumenale ha resa nuovamente attuale la vecchia eresia degli albigesi, senza che l’autorità ecclesiastica ponesse freno al fatto che l’Eucaristia non è un bene privato di cui essi possano disporre a proprio piacimento — V.  Quando la Chiesa trova tutte le scuse per non ascoltare le vittime di vario genere, alla fine finisce col ritrovarsi con i cardinali alle sbarre dei tribunali penali, ma anche in tal caso seguita imperterrita a non ascoltare —VI. La grande menzogna dei dirigenti del Cammino Neucatecumenale: affermare che la Chiesa ha riconosciute e pienamente legittimate le loro stramberie liturgiche e catechetiche — VII. A rendere sano un movimento bastano le tante brave persone che lo formano? sono sufficienti le testimonianze di chi afferma: «Nel Cammino mi sono convertito», «Nel Cammino mi sono riavvicinato alla Chiesa»? VIII. Il Pontefice regnante non ha tardato a lanciare anch’esso precisi richiami ai kikos ed ai mega-catechisti del Cammino Neocatecumenale ottenendo l’effetto ottenuto dai suoi tre predecessori: orecchi da mercante — IX. I Neocatecumenali sono la negazione del sapiente spirito missionario della Chiesa, edanziché portare nuove genti al Cattolicesimo fanno nuovi adepti al Neocatecumenalesimo — X. Il Cammino Neocatecumenale è una psico-setta nella quale si annulla il senso critico dopo avere invasa la coscienza degli adepti e mutando la crassa ignoranza e la superbia in un dono di elezione dello Spirito Santo — XI. Al grave problema della errata percezione della Santissima Eucaristia si unisce la errata percezione del Sacerdozio, specie tra il sacerdozio comune dei battezzati ed il sacerdozio ministeriale di Cristo al quale partecipano solo i ministri in sacris dotati di unmunus triplice: docendi, regendi, sanctificandi — XII.Conclusione.

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.Prima di avviarci nel lungo discorso è necessario chiarire il significato della parola eresia. La necessità del chiarimento è dovuta al fatto che all’interno della Chiesa stessa si è insidiata da tempo una neolingua, com’ebbi modo di spiegare anni fa in uno dei primi articoli su questa nostra Isola di Patmos[2014, vedere QUI], ed a seguire poi in una mia cosiddetta lectio magistralis [vedere video, QUI]. Neolingua non vuol dire solo dar vita a nuove parole, o cosiddetti neologismi, ma compiere un’operazione persino peggiore: dare alle parole un significato diverso da quello ch’esse etimologicamente hanno. Lo svuotamento delle parole dal loro significato riempite di tutt’altri significati, è un fenomeno di grave pericolosità che prende sviluppo prima, durante e dopo la Rivoluzione Francese. Un esempio esaustivo è dato dai concetti di libertà, uguaglianza e fraternità, che sono dei suffissi fondanti del Cristianesimo, non un’invenzione della Rivoluzione Francese. Principi che però, sul finire del Settecento, ed appresso nel corso di tutto l’Ottocento, si muteranno in principi antitetici al Cristianesimo, per di più usati per colpire e per tentare d’affossare il Cristianesimo stesso.
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Più volte, nei miei numerosi scritti, ho espresso con profonda inquietudine in che modo alcune parole, all’interno della Chiesa, abbiamo assunta una connotazione negativa. Alcuni esempi: non è raro udire ecclesiastici affetti da crassa ignoranza e teologi resi più ignoranti ancóra dalla loro superbia, che usano termini quali per esempio “dogma” e “dogmatico”, “tridentino” o “tradizione”, addirittura per offendere i propri interlocutori: «… non prestargli ascolto, ha una vecchia mentalità tridentina», «Quanto sei dogmatico!», «Ah, tutti questi vecchi dogmatismi!». Segue poi lo sprezzo dell’interno impianto giuridico-canonico che regola — o perlomeno una volta regolava — la vita di quella societas che è la Chiesa, pertanto, se dinanzi a degli autentici abusi di vario genere si osa ricordare a certi soggetti ciò che le leggi ecclesiastiche dispongono o proibiscono, capita oggi con frequenza di sentirsi rispondere: «Basta, con questi legalismi. Non ti sei forse accorto che nella Chiesa c’è stato un Concilio?». E fu così che ad un sedicente storico della Chiesa che con strafottenza irridente mi domandò se avessi avuto notizia che c’era stato un concilio, risposi:
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«A parte il fatto che nella Chiesa di concilî ce ne sono stati in totale ventuno, se però ti riferisci all’ultimo, sappi ch’esso è stato convocato, si è svolto ed infine è stato chiuso nel pieno rispetto di tutte le leggi e le procedure canoniche. N’è prova che prima di convocare il Vaticano II il Sommo Pontefice Giovanni XXIII provvide con apposita bolla a chiudere il Concilio Vaticano I, che per varie ragioni di carattere storico-politico non era mai stato formalmente chiuso. Pertanto è presto detto che l’apertura del Vaticano II prende avvio proprio nel pieno rispetto di tutte le procedure canoniche».
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D’altronde è risaputo: solo preti e teologi riescono a giungere a simili perversioni del pensiero. O qualcuno conosce forse qualche giudice, qualche pubblico ministero, qualche avvocato, oppure dei giudici popolari di una corte d’assise che durante i dibattimenti processuali abbiano esordito affermando: «Basta, con questi legalismi!». E se ciò fosse — ma non risulta sia mai accaduto nella società civile — quell’eventuale imputato come pluri-omicida mosso da preterintenzionalità, sulla base di che cosa potrà essere giudicato? In base a quali criteri, se non tramite criteri di giudizio dettati in modo tassativo dalla legge, si potrà stabilire se merita un ergastolo o se invece non è da ritenersi colpevole perché affetto da comprovate turbe psichiche che malgrado il suo efferato delitto non lo rendono però capace di agire in modo intenzionale, facendo così venire meno dolo e colpa?
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I.
ERESIA NON È UNA PAROLA INDECENTE E DARE DELL’ERETICO A CHI CADE E PERMANE IN ERESIA SOSTANZIALE E FORMALE NON È UN INSULTO, MA UNA SEMPLICE CONSTATAZIONE DI FATTO
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Tutto questo per giungere in modo quanto più chiaro possibile a spiegare la parola eresia, usata in questo scritto per indicare i gravi errori dottrinali di un movimento laicale cattolico: il Cammino Neocatecumenale.
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Il termine eresia nasce dal greco αἵρεσις e deriva daαἱρέω, che alla lettera significa “afferrare”, “prendere”, ma che può anche significare “scegliere” o “eleggere”. Nel lessico cristiano questo lemma compare negli Atti degli Apostoli [cf. 5,17; 24,5; 24,14; 26,5; 28, 22] dove è assunto per indicare una persona che dopo avere ponderato compie una scelta animata da intenzionalità. Nelle Lettere Apostoliche questo lemma greco è assunto e mutato nel proprio etimo originario per assumere un’accezione del tutto negativa, legata ad una scelta deliberata di ciò che non è vero o di ciò che della divina rivelazione è stato preso e alterato [cf. I Cor 11, 19; Gal 5,20; II Pt 2, 1]. Pare che a fare uso del termine “eresia” per indicare e per combattere le correnti cristiane deviate dall’autentico e corretto insegnamento apostolico sia stato per primo il Padre della Chiesa Giustino alle soglie del II secolo.
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Indicare una corrente di pensiero teologica, uno stile pastorale, oppure come in questo nostro specifico caso un intero movimento laicale come affetto ed inficiato da eresie, non costituisce né un insulto né tanto meno un attentato di lesa maestà. Dire eretico, non è infatti sinonimo di immorale né sinonimo di delinquente. Anche in questo caso due esempi saranno sufficienti per chiarire: l’eresiarca Pelagio [Britannia 360 – Palestina 420] non era un immorale né un dissoluto. Tutt’altro: era un asceta, un uomo animato da spirito penitenziale e da grande volontà, al tutto si unisca poi anche una profonda cultura. Chi visse invece nel corso della propria vita varie forme di immoralità e di dissolutezza, chi mise al mondo un figlio senza assumersi i propri doveri di padre e di marito, questi fu Aurelio di Tagaste, che convertito e divenuto Agostino d’Ippona [Tagaste 354 – Ippona 430], oggi Santo vescovo e dottore della Chiesa, le eresie di Pelagio le confutò a una ad una; e per farlo ebbe pure un bel daffare, posto che questo eresiarca non era né sprovveduto, né privo di profonda fede — quantunque corrotta dall’errore —, né era privo di credito e di seguito da parte dei fedeli cristiani.
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Altro esempio: nel 1215 il IV Concilio Lateranense condannò l’Abate Gioacchino da Fiore [Celico 1130 – Pietrafitta 1202] per un pensiero ereticale noto comemillenarismo gioachimismo. Si noti che né il concilio che lo condannò né i Sommi Pontefici che si sono succeduti da Innocenzo III che convocò e che presiedette quell’assise, hanno mai messo in dubbio la sua santità di vita. Più volte si tentò persino di beatificarlo, seppure con insuccesso. Nel 2001, in occasione dell’VIII centenario dalla sua morte, l’Arcivescovo Metropolita di Cosenza aprì la fase diocesana del processo di beatificazione, gli esiti del quale — una volta giunto alla Congregazione delle cause dei Santi — ci auguriamo che rimangano perlomeno incerti.
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È ragionevole vergare queste pagine introduttivesolo per giungere a dire che nel movimento laicale cattolico noto come Cammino Neocatecumenale, fondato dagli spagnoli Kiko Argüello e dalla defunta Carmen Hernàndez [Ólvega 1930 – Madrid 2016], vi sono non pochi ed inquietanti elementi ereticali? Si, è ragionevole spiegare con cura il tutto, se all’interno della Chiesa stessa non si conosce purtroppo più il significato delle parole, compresa la parola eresia.
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Strutturalmente, questo Movimento, è una séttaper iniziati all’elezione infarcita di eresie cristologiche, pneumatologiche ed ecclesiologiche. E, malgrado lunghi anni di richiami e di direttive date più volte dai Sommi Pontefici in persone, prosegue a rivendicare il diritto ad avere proprie liturgie eucaristiche specifiche e mai approvate dalla Chiesa, anzi decisamente condannate dai documenti del Magistero, in particolare dalla dettagliata Istruzione Redemptionis Sacramentum del 2004, che pare quasi scritta per i membri di questo Movimento [testo integrale del documento, QUI]. A questo si unisce un catechismo che al di là dei testi concordati con la Santa Sede, ma di rigore non rispettati, diffonde dottrine contrarie a quelle contenute nel Catechismo della Chiesa Cattolica. Cosa poi non certo secondaria è la loro errata percezione del sacerdozio comune dei battezzati e del sacerdozio ministeriale dei ministri in sacris, con la conseguenza che all’interno di questo Movimento la figura sacramentale dei presbìteri è del tutto sovrastata da quella dei laici, i cosiddetti mega-catechisti. E proprio alla percezione del tutto errata di sacerdozio che permea e che permane questo Movimento, è dedicata la parte conclusiva di questa mia trattazione.
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Buona parte dei mega-catechisti di questo Movimento sono muniti di una preparazione dottrinale e teologica gravemente lacunosa, se non a volte inesistente. Tendenzialmente si mostrano sprezzanti verso chi, attraverso lunghi anni di studio e di ricerca, ha approfondito le varie branche delle scienze teologiche, poiché convinti di possedere una sapienza iniziatica che perviene loro direttamente dalla grazia dello Spirito Santo, o per meglio dire dalla loro idea del tutto eterodossa di Spirito Santo. È infatti cosa nota e comprovata in che modo questi mega-catechisti, quando sono stati richiamati da insigni teologi che hanno spiegato i gravi errori dottrinali contenuti in certe loro catechesi, per tutta risposta hanno reagito indicando questi insigni studiosi — spesso anche uomini di grande pietà sacerdotale e di provate virtù di vita cristiana — come dei soggetti «chiusi alle azioni dello Spirito».
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II
IL PRIMO EQUIVOCO DA SFATARE: SE IL CAMMINO NEOCATECUMENALE S’È SVILUPPATO SOTTO I PONTIFICATI DI DUE SOMMI PONTEFICI SANTI, QUESTO LO RENDE FORSE SANTO E DOGMA INTANGIBILE DELLAFIDES CATHOLICA ?
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La storia di questo Movimento prende vita mezzo secolo fa ed in questo lasso di tempo si sono susseguiti sulla Cattedra di Pietro cinque Sommi Pontefici che per ragioni a noi non conosciute hanno deciso di non agire in modo fermo ed all’occorrenza con autorità, il tutto mentre sotto i loro occhi due Signori Laici facevano letteralmente ciò che volevano della Santissima Eucaristia, dando al tempo stesso ai fedeli una visione molto errata della storia della Chiesa, della ecclesiologia e della sacramentaria. Alcuni dirigenti del Movimento Neocatecumenale sono soliti insegnare ai propri adepti — quindi ad obiettare alle critiche esterne —, rammentando che due di questi cinque Sommi Pontefici sono stati canonizzati: Paolo VI e Giovanni Paolo II. Ebbene, più che di un’obiezione si tratta in verità di una percezione davvero non cattolica della santità stessa, posto che la santità non richiede affatto l’esenzione da qualsiasi errore e quindi la perfezione.
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Ricordiamo infatti che il riconoscimento della eroicità delle virtù, non comporta che ogni atto, gesto, scelta e decisione compiuta nella propria vita da chi è stato elevato agli onori degli altari, implichi la assoluta perfezione e la totale esenzione da qualsiasi genere di errore di valutazione, di azione o di governo pastorale. Chi pensasse questo cadrebbe sì in grave e grossolana eresia, mutando in tal modo i Santi — o nel caso alcuni Santi Pontefici — nel Verbo di Dio incarnato, che in quanto Dio era perfetto come uomo e la sua natura umana fu totalmente esente da qualsiasi esperienza anche lieve di peccato. Solo Cristo Signore era però perfetto nella sua natura umana in quanto Dio fatto uomo, nonché generato per opera dello Spirito Santo da una Vergine preservata dalla macchia del peccato originale. I Santi, invece, oltre a essere nati ed essere stati lavati col Santo Battesimo dal peccato originale, proprio perché tesi verso la santità sono stati tentati dal Demonio che ha cercato spesso con ogni mezzo di indurli molto più di altri nel peccato e nell’errore. E forse, proprio peccando e commettendo errori, quindi lavandosi dal peccato e correggendosi dagli errori in virtù della grazia dello Spirito Santo da loro accolta e fatta fruttificare, sono divenuti Santi, quindi modelli di eroiche virtù per il Popolo di Dio tutto.
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Quanti sono i Santi divenuti tali dopo essere partiti da una condizione umana di vita spesso gravata anche per lungo tempo dai peggiori peccati? Le prime notizie storiche che si hanno del Beato Apostolo Paolo, sono per caso quelle del grande diffusore del Cristianesimo, o invece quelle legate a Saul di Tarso rammaricato di non avere l’età “canonica” richiesta per partecipare alla lapidazione del diacono protomartire Stefano? [cf. At 7, 54-60]. Sant’Agostino, al quale s’è accennato in precedenza, nasce forse come zelante cristiano e soprattutto come modello di caste virtù? Trovo pertanto inquietante che oggi, delle correnti di pensiero ecclesiale o dei movimenti laicali, facciano sfacciato abuso delle figure degli ultimi Santi Pontefici per poter di fatto canonizzare tutto ciò che in pensieri, parole e forme impositive sempre più aggressive costoro pretendono d’imporre alla Chiesa intera.
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Cerchiamo di essere estremamente chiari senza remore, ma soprattutto cercare di esserlo fino in fondo: la Santa Chiesa ha canonizzato il Beato Pontefice Giovanni Paolo II attraverso un pronunciamento definitivo che rientra nel cosiddetto secondo grado del magistero infallibile [cf. Ad tuendam fidem, § 2] esercitato in questo caso dal Sommo Pontefice Francesco I [cf. Lumen Gentium, n. 25]. Il pronunciamento definitivo riguarda però la eroicità delle virtù di questo Santo Pontefice, di cui la Chiesa non ha certo dogmatizzato con formula definitoria ogni singola scelta pastorale e di governo, inclusa la infelice accettazione del Cammino Neocatecumenale, da non confondere affatto in modo propagandistico e truffaldino con la sua piena approvazione, perché mai il Santo Pontefice Giovanni Paolo II la concesse; il massimo della sua concessione fu una prova ad experimentum concessa  il 28 giugno 2002, quando l’allora Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, Cardinale James Francis Stafford, consegnò ai Fondatori del Movimento il testo del decreto di approvazione ad experimentum del loro nuovo Statuto debitamente rivisto e corretto nel corso degli anni precedenti dai competenti dicasteri della Santa Sede. Mentre veniva concessa l’approvazione provvisoria ad experimentum dello Statuto, i dodici volumi del Direttorio catechetico del Movimento seguitavano invece a giaceresub judice [sotto l’esame del giudice] presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta all’epoca dal Cardinale Joseph Ratzinger. 
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Dunque accettazione e approvazione condizionata,non approvazione piena. Una accettazione avvenuta peraltro a denti molto stretti, nella speranza di poter correggere le deviazioni dottrinarie e liturgiche di questo Movimento tenendolo nel seno della Santa Chiesa. Pertanto, se sotto il pontificato del Santo Pontefice Giovanni Paolo II, pastoralmente responsabile di non essere intervenuto per tempo e con la necessaria e decisa autorità, il Cammino Neocatecumenale ha realizzato ogni peggiore forma di abuso liturgico e di deviazione dalla ortodossa dottrina cattolica, il tutto — che sia teologicamente chiaro — non è affatto suggellato da alcuna automatica formula dogmatica né definitiva definitoria a seguito della sopravvenuta canonizzazione del Beato Pontefice Giovanni Paolo II. Quindi, la canonizzazione del Beato Pontefice Giovanni Paolo II non implica ad alcun titolo e per alcun riflesso la canonizzazione del Cammino Neocatecumenale, né tanto meno possono assurgere a dogma di fede i loro abusi liturgici e egli immani strafalcioni dottrinari diffusi tutt’oggi dai loro mega-catechisti.
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Senza nulla togliere alla santità del Santo Pontefice Giovanni Paolo II, possiamo dire che alla prova postuma dei fatti concreti egli ha sbagliato a non fermare per tempo un Movimento del genere. Esattamente come in passato, diversi altri suoi predecessori, compresi i Santi Pontefici Gregorio e Leone Magno, hanno compiuto anch’essi i loro buoni errori in certe valutazioni ed in certe scelte pastorali, senza che ciò compromettesse né la loro santità né il meritorio titolo di magno che ad entrambi è stato conferito dalla Santa Chiesa.
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Seguitino pertanto i membri del Cammino Neocatecumenale ad affermare ai propri adepti o durante le loro azioni di proselitismo, di essere cresciuti e di essersi moltiplicati sotto i pontificati di due Santi Pontefici e di essere stati da essi, a loro dire, approvati in tutto e per tutto. E mentre essi seguitano ad affermare od a far credere queste colossali falsità ai propri adepti, io rimango dotato di tutta la riconosciuta libertà dei figli di Dio che unita al pizzico di poca scienza teologica che posseggo mi porta a dire, quindi a replicare, che simile pretesa non è semplicemente assurda, bensì proprio aberrante.
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III
I NEOCATECUMENALI PRENDONO VITA SULLA CRISI DI AUTORITÀ DELLA CHIESA E SI SVILUPPANO SOTTO IL PONTIFICATO DI GIOVANNI PAOLO II DOPO AVERGLI PRESENTATA LA FAMIGLIA DE IL MULINO BIANCO
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I Neocatecumenali si sono potuti sviluppare perché si collocano nel periodo di quel post-concilio nel corso del quale si è sviluppata all’interno della Chiesa una crisi di autorità senza precedenti storici, ed al tempo stesso, venendo meno l’autorità, si sono sviluppate forme di arbitrario autoritarismo come mai si erano conosciute in precedenza. Questo è il terreno ecclesiale ed ecclesiastico sul quale si sviluppa e prende vita nella completa impunità un movimento laicale infarcito di eresie, con una visione del tutto distorta e falsante del sacerdozio, unita ad una concezione della Santissima Eucaristia che più volte ha rasentato in molte loro celebrazioni — ampiamente e rigorosamente documentate —, il vero e proprio sacrilegio.
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Come può essere accaduto che il Santo Pontefice Giovanni Paolo II sia caduto nella trappola dei fondatori del Cammino Neocatecumenale? È un quesito al quale più volte ho risposto spiegando che ai Signori Kiko Argüello e Carmen Hernández va riconosciuta una non indifferente abilità. È stato infatti in modo molto abile che costoro hanno presentato al Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ciò che lui aveva di più caro: la famiglia e la morale sessuale. Così stanno le cose senza facile pena di smentita: in una Europa sempre più scristianizzata ed edonista, loro hanno presentato al Sommo Pontefice Giovanni Paolo II famiglie numerose con alta natalità, nonché solide sui principi morali, perlomeno in apparenza. E proprio come nelle immagini di una vecchia pubblicità della multinazionale Barilla, Kiko Argüello e Carmen Hernández hanno presentato la cosiddetta Famiglia perfetta e felice de Il Mulino Bianco [cf. video QUI]. E il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II c’è cascato, senza che ciò comprometta in alcun modo né la eroicità delle sue virtù né la sua santità, per i motivi già spiegati in modo chiaro e dettagliato: i Santi sono Santi, ma non sono uomini perfetti né esenti da errori, inclusi errori talvolta anche grossolani.
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IV
IL CAMMINO NEOCATECUMENALE HA RESA NUOVAMENTE ATTUALE LA VECCHIA ERESIA DEGLI ALBIGESI, SENZA CHE L’AUTORITÀ ECCLESIASTICA PONESSE FRENO AL FATTO CHE L’EUCARISTIA NON È UN BENE PRIVATO DI CUI ESSI POSSANO DISPORRE A PROPRIO PIACIMENTO
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Il Movimento Neocatecumenale è un vero paradigma di quello che è il ritorno nella modernità delle più antiche eresie. Il proselitismo Neocatecumenale, tutto incentrato su catechesi mirate alla riscoperta del Battesimo, ha riportato sulla scena della nostra contemporaneità quella che fu l’antica eresia degli albigesi, che si sviluppò modulando un’altra eresia, quella dei cátari. Ricordiamo a tal proposito che l’eresia albigese si diffuse nella Francia tra il XII ed il XIII secolo. I diffusori di questa corrente invitavano i propri adepti ad una iniziazione cristiana tesa verso una meta da essi indicata come consolamentum, una dottrina molto simile a quella del neocatecumenato, tesa alla riscoperta del Battesimo. Gli albigesi erano notoriamente arroganti sia nel porgersi che nel fare proseliti, ma soprattutto erano soliti atteggiarsi come gli eletti tra gli eletti od i più puri tra i puri, non a caso, come dicevo poc’anzi, prendono le mosse dai catari, la cui denominazione deriva dal grecoκαϑαρός, che vuol dire “i puri”. Particolarmente insolente era poi il loro atteggiamento nei confronti dei ministri in sacris, vescovi e presbìteri, dinanzi ai quali dei laici si ponevano in modi spesso strafottenti sentendosi investiti di particolari grazie e doni spirituali grazie alla autentica riscoperta del loro Battesimo. Gli albigesi, in un’epoca nella quale o si era fuori o si era dentro senza troppe vie di mezzo, finirono col creare una chiesa parallela, con tutto ciò che in contrasti e guerre ne conseguì per logica conseguenza, dato che all’epoca non potevano sussistere assieme all’interno della Chiesa gli opposti ed i contrari, la tesi e la antitesi. Il tutto al contrario di oggi, dove pur di tenere all’interno della Chiesa di tutto e di più, in una comunione che non è comunione ma solo pura illusione di comunione, da una parte abbiamo le comunità che celebrano il Sacrificio Eucaristico col Messale di San Pio V e dall’altra i Neocatecumenali che fanno della liturgia e della Santissima Eucaristia ciò che vogliono, sino a mutarla in una commemorazione gioiosa e danzante dal sapore calvinista, con esotici simbolismi ebraici a dir poco fuori luogo, come se la Santa Messa fosse una via di mezzo tra la cena di Calvino ed il סדר di פסח [Seder di Pesach, Cena della Pasqua ebraica]. E chi, dinanzi a tutto questo, tende penosamente a giustificare affermando che dentro la Chiesa convivono da sempre manifestazioni ed espressioni diverse, confonde quella che è la preziosa diversità — per esempio quella rappresentata nel corso dei secoli dalle varie espressioni e forme di vita religiosa o spirituale — con quella che invece è la mancata vigilanza e assunzione di responsabilità da parte delle Autorità Ecclesiastiche che, per divino mandato, sono chiamate a tutelare nell’unità «un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo» [Ef 4, 5], non a consentire e favorire nel silenzio la diffusione dei personalismi selvaggi che, come nel caso dei Neocatecumenali, quando toccano la sacra liturgia eucaristica, che è centro e cuore d’unità dell’intera Chiesa universale, finiscono col sottomettere la universalità a quei particolarismi che di fatto fuoriescono sempre da personalità altamente arroganti ed egocentriche.
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Le celebrazioni liturgiche del Cammino Neocatecumenale brulicano dei peggiori abusi, basterebbe ricordare quante volte la Santa Sede ha richiamato i fondatori del Movimento circa il problema delle omelie tenute da laici durante la Messa, le danze dei fedeli durante la liturgia, l’ostinarsi a ricevere la Santa Comunione seduti passandosi di mano in mano dei grandi copponi contenti il Prezioso Sangue di Cristo. Per seguire con la confezione del pane destinato alla celebrazione eucaristica secondo le norme meticolose stabilite da Kiko Argüello, la totale noncuranza per la dispersione dei frammenti di pane eucaristico consacrato, la non adeguata purificazione dei vasi sacri, ma soprattutto la voluta ed insegnata mancanza di devozione eucaristica, il rifiuto a genuflettersi e la mancanza di pietà di fatto istituzionalizzata verso il Santissimo Sacramento.
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A prova della oggettiva malafede dei dirigenti del Cammino Neocatecumenale — e nel caso che adesso riporteremo del loro portavoce ufficiale —, basti dire che ogni volta che i fondatori sono stati chiamati a Roma e ripetutamente redarguiti dall’allora Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Cardinale Francis Arinze, da Roma sono tornati via lanciando sempre il seguente proclama ai propri adepti: «La Santa Sede ci ha approvati!». Ora, quando si è chiamati per essere invitati a mettersi in riga,quando come accaduto fu concesso un tempo stabilito ben preciso per adeguarsi a tutte le norme liturgiche previste dall’Ordinamento Generale del Messale Romano e dalla istruzione Redemptionis Sacramentum ma per tutta risposta anziché dire “ci hanno amabilmente richiamati”, si diffonde notizia tra gli adepti «siamo stati approvati!», è presto detto: o si è completamente scissi dal reale, oppure si è disonesti e bugiardi. A tal proposito sarebbe importante leggere la lettera del Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti che, in modo chiaro e anche perentorio, usa l’espressione non equivoca: «Sono a comunicarVi le decisioni del Santo Padre». Dopodiché, appena i dirigenti del Cammino Neocatecumenale [testo integrale, QUI], come loro uso e prassi fecero passare un richiamo ed una decisione del Sommo Pontefice per una approvazione a tutte le loro stramberie liturgiche e dottrinarie, a quel punto, il Prefetto, rincarò la dose rilasciando alla Radio Vaticana un’intervista che non potrebbe essere equivocata neppure da un esperto falsificatore professionista [tutti i testi sin qui richiamati sono contenuti, QUI].
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Da quanto sin qui esposto si capisce bene quanto complesso sia il problema Neocatecumenale, il tutto a fronte di qualsiasi analisi che miri ad essere veramente lucida ed imparziale. Complessità che richiederebbe veramente lunghe e articolate trattazioni sul piano storico, ecclesiologico, pastorale, dottrinale e teologico. Per non parlare poi dell’aspetto psicologico, posto che non è affatto difficile appurare e dimostrare che un elevato numero di adepti sono persone gravate da notevoli debolezze e fragilità caratteriali, spesso sofferenti per l’amarezza di fallimenti esistenziali non ancora elaborati e superati, tese quindi a cercare sicurezza in strutture apparentemente forti e permeate al loro interno da un senso di elezione divina. E, tutto questo, come gli specialisti possono provare a livello rigorosamente scientifico, è tipico di quei fenomeni aggregativi noti nella psicologia clinica come psico-sétte.
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V
QUANDO LA CHIESA TROVA TUTTE LE SCUSE PER NON ASCOLTARE LE VITTIME DI VARIO GENERE, ALLA FINE FINISCE COL RITROVARSI CON I CARDINALI ALLE SBARRE DEI TRIBUNALI PENALI, MA ANCHE IN TAL CASO SEGUITA IMPERTERRITA A NON ASCOLTARE
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Se oggi la Chiesa visibile si ritrova da anni a dover far fronte a scandali di natura morale e patrimoniale, ciò è dovuto al fatto che per altrettanti anni non ha ascoltato il grido di dolore delle vittime; anzi, in non pochi casi le vittime sono state duramente punite dalle Autorità Ecclesiastiche non solo per avere osato soffrire, ma per avere osato infine rendere pubblico il proprio dolore e chiedere giustizia contro i potenti prepotenti insidiatisi al potere in quella Chiesa visibile che oggi ci appare come una vera e propria struttura di peccato che genere il peccato al proprio interno e che lo diffonde all’esterno. Se certi Ordini, Congregazioni religiose o storiche Abbazie dell’Occidente, oggi sono collassati, la colpa è proprio di quelle Autorità Ecclesiastiche che ricevendo per anni lamentele, denunce e segnalazioni, non hanno prestato ascolto, anzi hanno accusato più volte di desiderio di vendetta e di prevenzione sia sacerdoti, sia ex religiosi sia laici che osavano portare fatti gravissimi alla loro attenzione. Oggi, chi le denunce ieri le sotterrava, osa presentarsi dinanzi alle telecamere ed ai microfoni dei giornalisti cosiddetti vaticanisti ad affermare falsamente: «Non sapevamo, non immaginavamo!». A quel punto — ed a loro immane onta, ma soprattutto a danno delle loro stesse anime immortali — questi giornalisti cosiddetti vaticanisti, che i fatti ed il dolore delle vittime lo conoscono invece molto bene e da lungo tempo, offrono senza pudore e privi di qualunque senso di vergogna il podio giustificatorio a questi autentici assassini della Santa Chiesa. Ebbene sappiano, questi giornalisti cosiddetti vaticanisti, che il loro reato ha un nome ben preciso: concorso esterno in omicidio colposo.
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L’Autorità ecclesiastica, od il poco che di essa rimane sulle macerie del senso di autorità ormai completamente distrutto da alcuni decenni, anche nel caso dei Neocatecumenali ha applicato lo stesso principio limitandosi a bollare come “rancorosi” e “prevenuti” tutti coloro che da questo Movimento sono usciti in seguito ad esperienze anche terribili, ad esempio dopo essere stati invasi e indagati sino al più profondo delle loro coscienze dai vari mega-catechisti, diversi dei quali responsabili della distruzione di interi nuclei familiari; e chi, tra noi sacerdoti ha accolto, raccolto e più volte tentato di sanare le ferite di interi nuclei familiari, certe dinamiche ha avuto modo di sperimentarle bene ed a fondo, in quello che nella realtà è il pronto soccorso di quella che alcuni amano oggi indicare come «Chiesa ospedale da campo»; un pronto soccorso dove a raccogliere i feriti ci siamo in concreto noi, non gli ideologi dei sacri palazzi.
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Mentre tutt’altro che rari si verificavano casi di questo genere, incluse persone e famiglie che uscendo dal Cammino Neocatecumenale hanno perduto casa e lavoro, per non parlare delle coppie istigate alla separazione, nel corso di quei numerosi e grandi raduni che non erano altro che pubbliche prove di potenza numerica da parte dei fondatori del Movimento, al Sommo Pontefice Giovanni Paolo II erano presentati eserciti di mariti e di mogli sorridenti che non ancóra trentenni avevano già messo al mondo tre o quattro bambini per coppia, modello pubblicità formato cattolico de Il Mulino Bianco, mancava solo l’attore spagnolo Antonio Banderas che in uno di questi celebri spot dialoga con la gallina Rosita [cf. video QUI].
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Fatte tutte queste dovute premesse, il mio discorso di carattere teologico e dottrinale può prendere adesso avvio. Il primo punto che andrebbe infatti attentamente esaminato è il seguente: il Cammino Neocatecumenale, può dirsi veramente un movimento laicale cattolico? Se la dottrina cattolica e la teologia non sono una vaga opinione del tutto opinabile, debbo rispondere di no, affermando con estrema inquietudine e dispiacere che il Neocatecumenato è di fatto una comunità di matrice ebraico-protestante che ha di cattolico solamente l’involucro esterno svuotato totalmente al proprio interno di quelli che sono gli stessi elementi fondanti del Cattolicesimo. È per ciò presto detto: soprassedere, tra un inutile richiamo e l’altro susseguitisi nel corso degli anni, nell’attesa che le cose si mettano a posto da sé stesse, senza che alcuno debba assumersi delle responsabilità, per di più dolorose e soprattutto impopolari, denota e dà riprova della pericolosa incoscienza delle nostre Autorità Ecclesiastiche e dei numerosi vescovi diocesani, non pochi dei quali hanno lasciato in mano a questo Movimento la maggioranza delle parrocchie delle loro diocesi, replicando ad ogni allarmata perplessità posta dai loro parroci con una frase che mai dovrebbe comparire sulla bocca di un vescovo: «… io li ho già trovati insediati e ramificati, che cosa mai potrei fare?». Aggiungo altro: in numerose diocesi italiane, se non si è Neocatecumenali, non si ha possibilità di poter accedere al diaconato permanente, perché ormai da anni la selezione dei futuri diaconi ed il giudizio sulla loro idoneità è stato interamente demandato ai membri di questo Movimento, il tutto nel totale silenzio complice di numero vescovi diocesani.
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VI
LA GRANDE MENZOGNA DEI DIRIGENTI DEL CAMMINO NEUCATECUMENALE: AFFERMARE CHE LA CHIESA HA RICONOSCIUTE E PIENAMENTE LEGITTIMATE LE LORO STRAMBERIE LITURGICHE E CATECHETICHE
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I dirigenti Neocatecumenali mentono — temo purtroppo consapevoli di mentire — quando si presentano come un Movimento riconosciuto in tutto e per tutto dalla Santa Sede nelle sue espressioni e azioni. Ciò è del tutto falso. Come spiegavo in precedenza, i dirigenti del Cammino Neocatecumenale hanno cercato per anni di ottenere dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il suggello di approvazione a tutti i loro gravissimi abusi liturgici. Il competente Dicastero non ha però mai riconosciuto certi modi arbitrari e del tutto ostinati di celebrare la Santissima Eucaristia, che non è un bene disponibile sul quale potevano decidere i fondatori del Cammino Neocatecumenale od i “preti dipendenti” dagli stessi neocatecumenalizzati; tutt’altro, questa Sacra Congregazione li ha ripetutamente ed anche duramente redarguiti richiamandoli al rispetto degli ordinamenti e dei libri liturgici.
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Dunque la verità, quella provata ed agli atti della Santa Sede, ma taciuta da quanti all’interno del Movimento fanno proseliti o guidano gli affiliati, è che dopo lunghe consultazioni con la Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti, il Pontificio Consiglio per i Laici approvò prima lo Statuto e poi il Direttorio Catechetico entrambi debitamente corretti, ma si presti attenzione: mai la Santa Sede, tramite il competente Dicastero, ha approvato quelli che di fatto sono i riti arbitrari ed a tratti persino sacrileghi dei Neocatecumenali. E si noti altresì che il Pontificio Consiglio per i Laici, approvando gli statuti debitamente corretti, chiese anche che fossero restituite tutte le pubblicazioni ed i ciclostilati degli statuti precedenti ed i cosiddetti canovacci delle catechesi date ai mega-catechisti, affinché essi non seguitassero ad essere oggetto di insegnamento. Hanno data esecuzione e rispettato il tutto? La risposta è: no! Hanno assunto una facciata, con dei documenti ufficiali di facciata, con una Santa Messa di facciata quando i vescovi sono in visita pastorale o quando sono presenti delle Autorità Ecclesiastiche, salvo però seguitare a insegnare gli errori dottrinari di sempre ed a celebrare con impudente arbitrio la Santa Messa come vogliono ed in spazi non consacrati, ivi inclusa la Diocesi del Romano Pontefice, nella quale hanno in mano circa 90 parrocchie metropolitane su 332.
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Il decreto del 20 gennaio 2012 [cf. testo, QUI], non ha mai approvato le liturgie esotiche e non di rado sacrileghe del Cammino Neocatecumenale, come in modo falso e truffaldino vanno invece affermando ai neofiti ed agli adepti numerosi mega-catechisti. Una mancata approvazione dovuta al fatto che certe celebrazioni sono palesemente contrarie alle leggi della Chiesa ed alle pratiche liturgiche che la Chiesa universale ha codificato nell’Ordinamento Generale del Messale Romano e negli Ordinamenti dei riti riconosciuti ed approvati, dal Rito Ambrosiano sino al Rito Malabarese. Pur malgrado, questo genere di celebrazioni mai approvate, proseguono imperterrite nel Movimento e seguitano ad essere celebrate appartatamente in saloni e spazi non consacrati. Pertanto, ai mega-catechisti che diffondono certe falsità e che vantano approvazioni mai date ai loro abusi liturgici, basterebbe semplicemente domandare: mostrami il decreto col quale la Santa Sede, attraverso il proprio competente dicastero, che è la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, riconosce e legittima come “rito proprio” le celebrazioni fatte al vostro interno in violazione a quanto dispone l’Ordinamento Generale del Messale Romano e l’Istruzione Redemptionis Sacramentum.Mentre io, dal canto mio, ti mostrerò invece il decreto del Pontificio Consiglio per i Laici, in cui si ribadisce ancóra una volta ai Neocatecumenali:
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«La vostra azione apostolica intende collocarsi nel cuore della Chiesa, in totale sintonia con le sue direttive e in comunione con le Chiese particolari in cui andrete a operare valorizzando appieno la pienezza dei carismi che il Signore ha suscitato attraverso gli iniziatori del Cammino» [cf. testo,QUI].
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Che cosa vuol dire: «In totale sintonia con le direttive date dalla Chiesa»? Ce lo spieghino i mega-catechisti del Cammino Neocatecumenale che cosa vuol dire, a ben considerare in qual modo incurante e disobbediente seguitano imperterriti a organizzare esotiche celebrazioni eucaristiche in saloni privati ed in spazi non consacrati, affermando e dichiarando con rara e menzognera impudenza: «La Chiesa ci ha approvati!».
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Non esiste un “Rito Neocatecumenale” approvato dalla Chiesa, esistono invece — lo ripeto senza timore d’essere prolisso —: documenti, lettere, esortazioni e richiami di vario genere ad attenersi alle norme liturgiche della Chiesa universale. Il Venerabile Pontefice Benedetto XVI, dopo avere data lettura di questo decreto di approvazione degli statuti corretti, ha rivolto un preciso discorso allo “stato maggiore” dei Neocatecumenali chiarendo:
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«[…] Poco fa vi è stato letto il Decreto con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel “Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale”, che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede. È un altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae […] Proprio al fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata, i neocatecumenali possono celebrare l’Eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi Vespri della domenica, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano (cfr Statuti, art. 13 §2). Ma ogni celebrazione eucaristica è un’azione dell’unico Cristo insieme con la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono a questa sua Chiesa. Questo carattere pubblico della Santa Eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione della Santa Messa è ultimamente diretta dal Vescovo come membro del Collegio Episcopale, responsabile per una determinata Chiesa locale [cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen Gentium, 26]. La celebrazione nelle piccole comunità, regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino, ha il compito di aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell’essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo, che rende possibile una testimonianza cristiana capace di assumere anche i tratti della radicalità. Al tempo stesso, la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato [cfr Statuti, art. 6], la sua forma ordinaria. Ma anche durante il cammino è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo [cfr 1 Cor 10, 16s]» [testo integrale, QUI].
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Con la delicatezza che lo ha sempre caratterizzato,il Venerabile Pontefice Benedetto XVI, rivolgendosi allo “stato maggiore” dei Neocatecumenali, non è stato forse molto chiaro? Lo è stato eccome, ma lo è stato con tutta la chiara mitezza pastorale che era a lui propria, rendendo in tal modo del tutto inefficaci le sue parole rivolte a delle persone strutturalmente permeate da un forte autoritarismo interno. Persone alle quali si danno direttive ed ordini ben precisi e decisi, ammantanti da tutta l’aura divina che promana dal mega-catechista che parla ed agisce investito dal fuoco dello Spirito Santo e dinanzi al quale non si discute, si esegue. In questo sta l’errore di una menta raffinata quanto mite tal è stata quella del nostro precedente Sommo Pontefice: offrire spunti per ragionare e giungere quindi a delle ovvie conclusioni. Tutto questo si può però praticare, ed in modo anche molto efficace, con chi vive calato nella storia reale della Chiesa universale ed in quella che è l’essenza racchiusa nella enciclica del Santo Pontefice Giovanni Paolo II: Fides et ratio. Purtroppo invece, il Neocatecumenato, come altri movimenti laicali diversi ma variamente affini, non si struttura sulla fides e la ratio, ma sulla emotività e sul carisma, vero o presunto, ma alla prova dei fatti indubbiamente egocentrico del proprio fondatore Kiko Argüello. Pertanto, il Venerabile Pontefice Benedetto XVI, ha parlato a delle persone una lingua che esse non conoscono e che quindi non sono in grado di recepire; e ciò non per malafede o per mancanza di volontà, ma per il genere di deformazione che hanno ricevuta all’interno di quel Movimento, dove tutto quanto ruota sulle emozioni ed il controllo delle persone attraverso la loro sfera emozionale. Con quelle parole il Venerabile Pontefice Benedetto XVI ha detto tutto, però solo alle orecchie di chi è in grado di recepire, non a quelle di chi non è in grado poiché non formato a recepire. A questo secondo genere di persone, egli ha data solo prova di debolezza, in pratica come se avesse detto: “Io la penso a questo modo, anzi, perdonatemi se la penso così. Però vi stimo e vi apprezzo veramente molto, quindi potete seguitate a fare ciò che vi pare e come vi pare”.
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Se poi vogliamo dirla più chiara ancora dobbiamo aggiungere che il Sommo Pontefice all’epoca regnante, ha parlato in pastoral-curialese a dei vecchi contadini dell’antico Agro-Pontino che non sanno neppure dove dimorano i rudimenti delle scienze diplomatiche. Infatti, nel miglior pastoral-curialese, si comincia anzitutto ringraziando e mettendo in buona luce tutti i lati positivi, poi, con somma delicatezza ed in modo sempre molto paludato, nel proseguimento del discorso si cerca di mettere in luce i difetti e le cose che non vanno. Domanda ossequiosa e devota: da un discorso così impostato, rivolto però a dei degni e preziosi contadini che lavorano con grande dedizione le terre dell’Agro-Pontino di fine Ottocento, che cosa pensa il Sommo Pontefice che sia rimasto, agli ascoltatori? Per rendersi conto che cosa ad essi sia rimasto di tal discorso paludato in pastoral-curialese, basta andare in giro per i vari saloni e gli spazi non consacrati nei quali i Neocatecumenali — ad esempio in un territorio come quello italiano, dove certo non mancano chiese disponibili di tutti gli stili e le dimensioni — seguitano imperterriti a celebrare con i loro “riti” non il Sacrificio Eucaristico della Santa Messa, bensì la cosiddetta messa kikiana, inserita nel gioioso contesto di una agape fraterna, a porte chiuse e con la rigorosa esclusione dei non appartenenti al Movimento.
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Per capire chi siano i Neocatecumenali a da quali soggetti problematici prendano vita, sarebbe semplicemente bastato che il Sommo Pontefice Benedetto XVI, scrivendo quel discorso delicatissimo in pastoral-curialese, avesse rammentato a sé stesso un episodio rimasto nella memoria storica della Curia Romana, perché si trattò appunto di un fatto senza precedenti storici. Correva l’anno 1980 quando il 2 novembre il Sommo Pontefice fece visita alla parrocchia romana dei Martiri Canadesi. In quell’occasione i Neocatecumenali dettero ennesima prova di prepotente arroganza incontrando il Sommo Pontefice nella cripta della chiesa dopo avere escluso e lasciati fuori tutti gli appartenenti agli altri gruppi parrocchiali. Durante il discorso tenuto dal Sommo Pontefice accadde che Carmen Hernàndez, co-fondatrice con Kiko Argüello del Cammino Neocatecumenale, più di una volta lo interruppe sino a contestargli in tono di rimprovero di avere indicato il Neocatecumenato come “movimento”. Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, ad un certo punto s’irritò, ed usando una frase del Beato Apostolo Paolo intimò a quella emerita sfacciata maleducata che pretendeva di trattare a tu per tu il Romano Pontefice: «La donna taccia!» [I Cor 14, 34]. Credo pertanto che ciò basti e sia sufficiente per domandarsi: quale genere di effetto riteneva di poter ottenere con la propria mitezza ed il proprio pastoral-curialese il Venerabile Pontefice Benedetto XVI, rivolgendosi in modo così mite e paludato a persone che avevano data prova per anni e anni, sin dai loro esordi, di non possedere il senso della misura dettato dai rudimenti basilari del comune buon senso cattolico?
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L’Autorità ecclesiastica, od il poco che di essa rimane sulle macerie del senso di autorità ormai completamente distrutto da alcuni decenni, dovrebbe sapere che per il Neocatecumenato la Santissima Eucarestia è considerata essenzialmente un gioioso banchetto fraterno. Cosa questa neppure riconducibile al Luteranesimo bensì al Calvinismo. Inoltre, i Neocatecumenali, neppure si limitano a rifiutare il concetto e l’insegnamento che l’Eucarestia sia un vero sacrificio, perché non esitano ad insegnare che il credere che l’Eucarestia sia un sacrificio, sarebbe qualcosa di pagàno e di non cristiano. Né ai fondatori del Cammino Neocatecumenale né ai mega-catechisti interessa alcunché l’insegnamento del Concilio di Trento che per salvare i Christi fideles dall’eresia protestante sancì come dogma di fede che il Sacrificio della Santa Messa racchiude un elemento propiziatorio [Enchiridion Symbolorum Denzinger-Schönmetzer, nr. 1743, 1753, sess. XXII] e che esso è stato voluto e comandato da Cristo Signore. L’Eucaristia non è quindi una gioiosa commemorazione, ma un sacrificio propiziatorio offerto sia per i vivi che per i defunti. Il sacrificio della Santa Messa non è certo la ripetizione del sacrificio cruento della Croce, ma è l’unico sacrificio di Cristo reso presente sotto i segni sacramentali, non a caso si usa da sempre definirlo anche con il termine di “sacrificio incruento”.
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VII
A RENDERE SANO UNO MOVIMENTO BASTANO LE TANTE BRAVE PERSONE CHE LO FORMANO ? SONO SUFFICIENTI LE TESTIMONIANZE DI CHI AFFERMA: «NEL CAMMINO MI SONO CONVERTITO», «NEL CAMMINO MI SONO RIAVVICINATO ALLA CHIESA»?
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Un Movimento che di fatto è gravato da molti errori dottrinali, con una percezione della sacramentaria più volte sfociata nell’autentica eresia, animato da una visione ecclesiale non corretta che può renderlo molto più simile ad una sétta, dove gli stessi Fondatori hanno posto l’elemento emotivo e la trasmissione dell’elemento emotivo al centro della esperienza soggettiva e di gruppo, usando l’emotività stessa per il controllo degli adepti, può essere assolto con formula piena perché al suo interno ci sono tante brave persone, o perché numerosi singoli affermano che grazie al Cammino si sono riavvicinati alla Chiesa o convertiti? Ebbene, io stesso posso testimoniare di avere conosciuto tanti singoli e interi nuclei familiari animati da sinceri sentimenti cristiani, ma questo non libera però il Cammino Neocatecumenale né dall’errore dottrinale né dal settarismo e soprattutto dalle varie “eresie di ritorno” che dalla storia della Chiesa sono state rispolverate e modulate, quindi riportate alla ribalta, dalle catechesi di Kiko Argüello e Carmen Hernàndez. A tal proposito vi invito a leggere la profetica analisi fatta nel 1983 dal Servo di Dio Pier Carlo Landucci [disponibile in questo file, QUI].
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Anche in questo caso procediamo con gli esempi: a Medjugorie, in un trentennio, stando a quello che afferma un numero davvero molto elevato di singoli testimoni, vi sarebbero state molte più conversioni e guarigioni spirituali di quante invece non ve ne siano state a Fatima nel corso di un secolo intero. Domanda a dir poco pertinente: perché la Chiesa non ha mai riconosciuto come autentico il fenomeno di Medjugorie ed i messaggi dati dalla Gospa a getto continuo per alcuni decenni a dei veggenti al momento sedicenti, mentre invece ha riconosciuto come autentiche le apparizioni della Beata Vergine Maria di Fatima, riconoscendo la autenticità dei messaggi dati ai tre pastorelli, due dei quali sono stati prima beatificati e poi canonizzati? Ciò vuol forse dire che le numerose conversioni e guarigioni spirituali avvenute a Medjugorie in un trentennio non sono autentiche, mentre lo sono invece quelle avvenute in numero sicuramente molto inferiore a Fatima nel corso di un secolo intero?
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Se qualcuno desidera sapere che cosa penso a tal proposito — premesso che il mio libero pensare non può né deve avere peso alcuno, dato che ciò che è vero ed autentico può stabilirlo solo la Chiesa, non certo il personalismo di certi singoli preti, incluso il direttore diRadio Maria — posso rispondere che io credo alla autenticità di entrambe le conversioni e guarigioni spirituali, perché la grazia di Dio, se c’è da recuperare un’anima, è capace a servirsi della autentica Madonna come di una falsa Madonna. Volendo posso persino aggiungere che tramite una falsa Madonna, la grazia di Dio, potrebbe anche operare le guarigioni spirituali più difficili. La grazia di Dio può infatti tutto, ma davvero tutto ed in tutti i sensi. La grazia di Dio, per salvare un’anima, potrebbe servirsi persino di Satana stesso mentre costui lavora per cercare di poter dannare quest’anima in eterno. Dio solo, infatti, può servirsi anche di Satana per trasformare in sommo bene salvifico l’opera del sommo male mirato a dannare le anime. Un esempio concreto: noi abbiamo non poche testimonianze dolorose e toccanti di persone che per lungo tempo sono state dedite al satanismo ed all’occultismo e che proprio durante la esecuzione di questi riti mefistofelici hanno avvertito d’improvviso qualche cosa dentro sé stessi, ed a quel punto la loro coscienza del tutto assopita s’è risvegliata, al punto tale che pochi giorni dopo, piangenti ed afflitti, erano inginocchiati dinanzi ad un confessore a supplicare la grazia ed il perdono di Dio. Chiarito questo si presti attenzione al fatto che solo Dio può servirsi di ciò che è male o dottrinalmente errato per mutare il male in bene e per condurre dalla dottrina errata alla vera verità salvifica, noi non possiamo andare ad abbracciare il male o l’errore dottrinale pensando di poterne ricavarne del bene; e questo dovrebbe essere molto chiaro a qualsiasi credente che abbia imparato i basilari rudimenti del catechismo preparandosi da bambino alla Prima Comunione.
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Attingendo dalla mia esperienza di confessore, ogni tanto mi capita di narrare la figura molto sofferente di un giovane omosessuale che a mio modesto parere era un autentico Angelo di Dio su questa terra. In lui c’era veramente una sofferenza profonda, per nulla dovuta a quegli umani sensi di colpa da sconfiggere con una adeguata psicoanalisi condotta da uno psicanalista freudiano ateo, sostenitore del gender e dei movimentiLBGT. In questo giovane, sussisteva una vera ed autentica percezione del peccato. Da una parte, soffriva per l’attrazione verso le persone del suo stesso sesso, che non avrebbe voluto avere, dall’altra non riusciva a controllarsi. Parlandomi della sua situazione mi pose delle domande davvero terribili nella loro esistenziale drammaticità:
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«Perché Dio ha permesso questo in me? Se io fossi stato affetto da un tumore maligno avrei accettato con molta più facilità quella malattia mortale e ne avrei sofferto molto di meno, invece, dover accettare questo mio grave disordine morale e questa devastante malattia spirituale, mi reca delle sofferenze molto più forti. Mentre infatti un malato si sente tale e finisce spesso con l’accettare la propria malattia, io che invece non sono malato ma che sono affetto da un grave disordine morale, non mi sento malato nel corpo, perché no lo sono, mi sento però sporco nell’anima, cosa molto peggiore di qualsiasi malattia fisica».
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Una persona del genere si sarebbe potuta tranquillamente portare a tenere una lectio magistralispresso l’Istituto Superiore di Teologia Morale dell’Accademia Alfonsiana, perché molto meglio di tanti docenti avrebbe potuto spiegare il concetto di peccato e quel dolore profondo ed a volte lancinante che pervade il peccatore, cosa questa che, come ripeto, è del tutto diversa dall’umano e semplice senso di colpa, perché Dio vuole il nostro sincero pentimento dal peccato, non vuole i nostri sensi di colpa dinanzi al peccato.
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A partire da me confessore nessuno poteva comprendere come mai Dio, in un giovane uomo così bello, intelligente, sensibile, intellettualmente dotato, proveniente da un ottimo contesto familiare e sociale, avesse potuto permettere ciò, con tutto il profondo dolore che ne conseguiva e che, com’ebbe a dirmi l’interessato: «Brucia dentro di me come una fiamma inestinguibile che non si spegne mai». Una volta, dopo la confessione, gli spiegai che per un peccatore come me, assolvere un Angelo, era una straordinaria lezione di vita cristiana. E aggiunsi:
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«Mentre forse io mi farò un lungo Purgatorio e dovrò rendere conto a Dio di chissà quanti peccati commessi, ma non avvertiti come tali e per tempo dalla mia coscienza che invece si sentiva in perfetto ordine, tu sarai nel Paradiso, dove spero che pregherai in suffragio della mia anima. E un giorno, quando nella vita eterna ti ritroverai a faccia a faccia con Dio, sicuramente la Maestà Divina ti mostrerà ad una ad una tutte le anime del Purgatorio che con l’offerta del tuo dolore hai salvato dalla dannazione eterna; e queste anime si inchineranno dinanzi a te in segno di ringraziamento».
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In questo racconto non ho affermato che l’omosessualità è cosa buona e giusta, né tanto meno ho affermato che l’omosessualità allegramente praticata sia un mezzo molto efficace per giungere al premio beatifico della vita eterna; ho affermato — e ancóra ribadisco — che la grazia di Dio può servirsi anche di una situazione di grave disordine morale per redimere un’anima, ed assieme ad essa lavare, col profondo dolore di quest’uomo, anche il peccato di molti altri peccatori, perché in questo genere di dolore vissuto cristianamente come lo ha vissuto questo giovane, subentrano gli elementi della redenzione e della salvezza racchiusi nella Enciclica Salvifici Doloris del Santo Pontefice Giovanni Paolo II.
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Tutto questo può essere applicato come risposta a certi quesiti riguardanti quel Cammino Neocatecumenale che come pastore in cura d’anime e come teologo non ho mai suggerito ad alcun fedele né come via di redenzione né come via di salvezza, anzi l’ho sempre sconsigliato in modo molto deciso, spiegando che si tratta di una esperienza costellata di gravi errori dottrinali e di gravi abusi liturgici tutt’oggi perpetrati nella totale noncuranza di quanto disposto e ordinato dalla Santa Sede. Se però Dio decide di salvare un’anima, all’occorrenza è capace a servirsi anche di Satana in persona, strappandogliela dalle grinfie proprio mentre il Prìncipe di questo mondo stava per riuscire a dannarla in eterno. Attenzione però a pensare di poter correre felici e gioiosi a braccia spalancate verso Satana, verso le sue opere e le sue seduzioni, convinti di conseguire in tal modo la salvezza della propria anima, perché non c’è cosa peggiore che sfidare la grazia e la misericordia di Dio. Un po’ come quelli che ti vengono a dire: «Padre, preghi lei per me perché io non ho tempo né per andare in chiesa né per pregare». Più volte ho risposto: «Vedrai che cosa accadrà quando poi Dio ti dirà: “Ormai non ho più tempo per salvarti!”». Per contro invece, ai Neocatecumenali, sulla buona fede di fondo della grande maggioranza dei quali non oserei mai discutere, si può rimproverare di celebrare male le liturgie, di non attenersi alle norme liturgiche, si potrebbe persino rimproverare di pregare male e col serio rischio di non pregare in perfetta comunione con la Chiesa ogni volta che rendono la liturgia personalistica, quindi instabile e scissa dalla sua dimensione di universalità ecclesiale. Però non si può certo rimproverare loro di non pregare con spirito sincero, il tutto anche perché, essendo io un sacerdote di Cristo formato come Santa Madre Chiesa comanda e non essendo invece un mega-catechista senza alcuna autentica formazione e cultura storica, filosofica e teologica, sono perfettamente consapevole che nessuno può giudicare la profonda coscienza dell’uomo, che Dio solo può conoscere; e nessuno può, né mai deve invadere, questa coscienza. Inaudite e gravi invasioni delle coscienze non le fanno infatti i sacerdoti di Cristo formati come Santa Madre Chiesa comanda, le fanno di prassi i cosiddetti kikos, meglio noti come mega-catechisti, dinanzi ai quali l’Autorità Ecclesiastica seguita a tacere limitandosi ad elargire periodiche tirare di orecchie durante le varie udienze papali, sortendo come unico risultato che quei rimproveri da un orecchio gli entrano e dall’altro gli escono immediatamente.
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A chi non ha tempo di pregare e di frequentare la vita ecclesiale e sacramentale possiamo aggiungere come esempio conclusivo quei soggetti che del proprio peccato si gloriano, ed invero non c’è cosa peggiore di quella d’andare fieri del proprio peccato: «…éh, caro Padre, che cosa ci posso fare, io ho una grande sessualità, le donne mi sono sempre piaciute, mia moglie ormai ha i suoi anni, ed io devo cercare carne fresca». A questi soggetti convinti di avere l’esclusiva mondiale della virilità tra tutti i mariti fedeli di questo mondo — parecchi dei quali potrebbero avercelo come suol dirsi anche parecchio più grosso e ben più duraturo del loro —, ho invece risposto: «Posso garantirti che anche tu piaci molto, anzi sappi che al Demonio piaci moltissimo, ed a tempo debito i tuoi allegri coiti adulterini con la “carne fresca” te li compenserà in eterno nell’Inferno, perché nulla a Satana è più gradito dell’uomo che si gloria del proprio peccato, persino dinanzi a coloro ai quali Cristo ha dato mandato di rimettere i peccati [cf. Lc 24, 45-48; Gv 20, 21-23]». E con questa immagine è presto detto: un uomo che vive la propria vita a questo modo e che per i motivi più disparati dovesse avvicinarsi ad una qualsiasi comunità di Neocatecumenali, non solo sarebbe invitato alla conversione ed alla salvezza della propria anima, ma cercherebbero in tutti i modi di aiutarlo, ed in alcuni casi potrebbero anche riuscirci, anzi: in non pochi casi sono riusciti a recuperare persone che vivevano esistenze moralmente disastrose. E ciò è stato compiuto e realizzato, in modo lodevole e meritorio, non solo dalla sétta dei Neocatecumenali, ma anche da tante altre sétte che considerano la Chiesa Cattolica una aggregazione che a partire dall’epoca post-costantiniana avrebbe tradito il vero e autentico messaggio del Santo Vangelo, come hanno insegnato Kiko Argüello e Carmen Hernàndez e come seguitano a insegnare imperterriti nelle chiuse stanze iniziatiche molti dei mega-catechisti, che dalle sétte eretiche di matrice cristiana hanno preso evidenti ed ampi spunti.
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Nel Cammino vi sono esposizioni catechetiche che ricalcano le critiche avanzate alla Chiesa Cattolica dai Testimoni di Geova e dagli stessi pubblicate a più riprese nella loro rivista internazionale tradotta in venti lingue e diffusa in tutto il mondo:
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«I fatti storici rivelano la verità sulla “grandezza” di Costantino. Lungi dall’essere stata fondata da Gesù Cristo, il Capo della vera congregazione cristiana, la cristianità è in parte il risultato degli espedienti politici e delle abili manovre di un imperatore pagano. Molto opportunamente lo storico Paul Johnson chiede: “Fu l’impero ad arrendersi al cristianesimo o fu il cristianesimo a prostituirsi all’impero?” Tutti quelli che veramente desiderano seguire il puro cristianesimo possono essere aiutati a riconoscere l’odierna vera congregazione cristiana e ad associarsi ad essa. In tutto il mondo i Testimoni di Geova sono più che lieti di aiutare le persone sincere a identificare il vero cristianesimo e ad adorare Dio nel modo che egli gradisce» [La Torre di Guardia, IV anno 1998, vedere testo integrale, QUI].
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Kiko Argüello e Carmen Hernàndez hanno “formato” generazioni di mega-catechisti insegnando in modo analogo che tutta la struttura, la prassi e la liturgia ecclesiastica sarebbero stati snaturati e falsati tra il III e IV secolo secolo dopo la pace di Costantino, quando il potere politico, avendo bisogno di una religione come collante socio-politico, favorì l’ingresso delle grandi masse nella Chiesa, che fu riempita di simboli e di riti pagani che le fecero perdere la autentica vitalità di fede della «Chiesa primitiva». Così, dopo «l’immobilismo quasi totale determinato dal Concilio di Trento» che fu superato solo circa cinque secoli dopo dal Concilio Vaticano II, ha preso avvio la «riscoperta» delle «vere origini» attraverso l’opera e l’insegnamento del Cammino Neocatecumenale. Nelle loro varie catechesi d’esordio — ma non solo in quelle di esordio —, i Fondatori del Cammino Neocatecumenale non hanno esitato a ironizzare che dall’epoca costantiniana a seguire, lo Spirito Santo «è stato chiuso in bottiglia per secoli», ciò equivale a dire per la bellezza di sedici secoli, fin quando la bottiglia non fu stappata dalla loro soggettiva, errata e soprattutto ereticale idea falsata e falsante di Concilio Vaticano II.
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Queste gravi eresie sono estese in modo devastante alla Santissima Eucaristia, che è il cuore pulsante della Chiesa; e sappiamo bene che cosa accade, quando in un corpo è colpito il cuore. Eppure loro lo hanno fatto per lunghi anni, insegnando e trasmettendo queste gravi eresie a interi staff di mega-catechisti nella cripta della parrocchia romana dei Martiri Canadesi:
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«Le idee sacrificali sono entrato nell’Eucaristia per condiscendenza suggerita dal momento storico alla mentalità pagana; al posto del Dio giustiziere delle religioni che appena ti muovi ti dà una bastonata in testa, scopriamo il Dio di Gesù Cristo; forse che Dio ha bisogno del sangue del suo Figlio per placarsi? Ma che razza di Dio abbiamo fatto? Siamo arrivati a pensare che Dio placava la sua ira nel sacrificio di suo Figlio alla maniera degli déi pagani!» [Commento alle catechesi documentate di Kiko Arguello a cura di Pier Carlo Landucci e riportate nel suo articolo del 1983, vedere testo integrale, QUI].
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I vari movimenti ereticali di radice cristiana, al di là dei loro gravi errori dottrinali, possono fare del bene? Certo che sì. Grandi opere di bene sono state infatti compiute a favore di singoli e di intere famiglie dalla sétta dei Mormoni, dalla sétta dei Pentecostali, dalle numerose sétte che prendono vita dal variegato e frammentario mondo del Protestantesimo, molte delle quali hanno salvato persone dall’alcolismo, dalla droga, da una vita improntata sulla delinquenza o da una vita edificata sui peggiori disordini morali. E forse, il giorno in cui Dio — dopo averci dato súbito dopo la morte il suo giudizio immediato — quando infine giudicherà i vivi ed i morti, riconoscerà a questi eretici meriti maggiori di quelli che non riconoscerà a molti cattolici che della verità e dell’unica e autentica Chiesa, quella voluta e fondata da Cristo Signore, hanno fatto invece immane scempio:
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«E Gesù disse loro: “In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli”» [Mt 21, 31-32].
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Ai tanti che più volte mi hanno detto «nel Cammino Neocatecumenale c’è tanto del buono», «grazie al Cammino Neocatecumenale mi sono convertito», «grazie al Cammino Neocatecumenale sono tornato alla fede dopo vent’anni che non entravo più dentro le chiese», credo di avere risposto spiegando che tutte queste sono esperienze soggettive legate al rapporto in buona parte imperscrutabile tra Dio che opera sull’uomo attraverso la sua divina grazia. Le numerose e riconosciute esperienze soggettive positive, non cancellano però da questo Movimento quelli che sono gli atteggiamenti settari, l’ostinazione a celebrare liturgie non conformi ai libri liturgici della Chiesa, né tanto meno cancellano da molte catechesi le eresie serie, gravi o talvolta grossolane che da esse affiorano per bocca dei loro mega-catechisti. Né gli elementi positivi soggettivi possono cancellare il fatto che, quando i Neocatecumenali vanno in missione, non ci vanno affatto per evangelizzare come si dovrebbe, ma per neocatecumenalizzare e per annunciare il “sacro verbo” del falso profeta e del cattivo maestro Kiko Argüello. E questo è un fatto, non è una malevola supposizione, ne sono prova esauriente non pochi vescovi, od addirittura alcune intere conferenze episcopali che in giro per il mondo hanno espulso il Movimento dalle loro diocesi, in seguito alle divisioni create tra i fedeli dai mega-catechisti missionari animati da sprezzante noncuranza delle direttive pastorali date dai vescovi del luogo, caso in tal senso eclatante fu quello della Conferenza Episcopale del Giappone che dispose anche la chiusura del seminarioRedemptoris Mater aperto nella Diocesi di Takamatsu [cf. resoconto disponibile, QUI]. Così come più volte, altri vescovi, si sono rifiutati di ordinare sacerdoti dei seminaristi formati nei seminari del Cammino Neocatecumenale, tra questi il Primate della Chiesa Cattolica d’Inghilterra, Cardinale Basil Hume, che nel 1996 si rifiutò di ordinare sacerdoti quindici seminaristi formati nel seminario del Movimento, dando la seguente e chiara motivazione per il proprio rifiuto:
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«Questi seminaristi, una volta ordinati avrebbero come punto di riferimento, più che il proprio vescovo, i capi delle loro comunità, creando così problemi all’interno della diocesi».        
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Numerosi sono stati i vescovi in Italia molto criticiche non hanno permesso in passato al Movimento di prendere piede nelle loro diocesi, tra i tanti cito il solo Arcivescovo di Milano, Cardinale Carlo Maria Martini, che ebbe a dichiarare di «non  condividere il fatto che i Neocatecumenali conducessero una vita liturgica separata da quella della comunità parrocchiale» [Intervista al The Tablet, edizione del 29 ottobre 1999]. Domanda: come mai le supreme Autorità Ecclesiastiche non hanno mai tenuto conto del fatto che il Cammino Neocatecumenale era guardato con sospetto e giudicato in modo non positivo, da vescovi di varie parti del mondo e soprattutto appartenenti in modo indistinto a tutte le varie correnti? Usando dei termini del tutto impropri e non conformi al lessico ecclesiale, come ad esempio le definizioni “conservatori” e “progressisti”, domandiamoci allora con tutta la debita inquietudine del caso: a causa di quale miope mancanza di prudente e lucido senso critico, le supreme Autorità della Santa Sede non hanno tenuto in debito conto il fatto che questo Movimento era mal visto e giudicato sia da un uomo “conservatore” e ligio alla tradizione come il Cardinale Giuseppe Siri Arcivescovo Metropolita di Genova, sia da una figura notoriamente molto “progressista” come quella del Cardinale Carlo Maria Martini Arcivescovo Metropolita di Milano? Perché, in questa Chiesa che da cinque decenni blatera di proclama in proclama «collegialità» e «sinodalità», non si è tenuto conto che questo Movimento era mal visto sin dai suoi esordi dalla maggioranza dei vescovi italiani e che per lunghi anni, da varie parti del mondo, giungevano dure proteste da altrettanti vescovi che lamentavano ai competenti Dicasteri della Santa Sede le azioni di rottura, i personalismi inaccettabili, la mancanza di rispetto e di pedagogico tatto con le culture delle popolazioni locali, ma soprattutto la grande strafottenza di questi “eletti tra gli eletti” nei confronti dei vescovi e del clero locale?
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Quelli testé sin qui narrati sono fatti, a poco vale che i mega-catechisti giustifichino il tutto accusando certi vescovi di essere «chiusi allo Spirito», grave sentenza che tra l’altro non compete ad alcun Signor Laico, che non ha né l’autorità né la necessaria grazia di stato per poter giudicare in modo così severo chi per sacramento di grazia ha ricevuta la pienezza del sacerdozio apostolico, ed incarnando visibilmente per questo, nella propria Chiesa particolare, la figura di Cristo buon pastore che regge tutte le membra vive del corpo ecclesiale.
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VIII
IL PONTEFICE REGNANTE NON HA TARDATO A LANCIAREANCH’ESSO PRECISI RICHIAMI AI KIKOS ED AI MEGA-CATECHISTI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE OTTENENDO L’EFFETTO OTTENUTO DAI SUOI TRE PREDECESSORI: ORECCHIE DA MERCANTE
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Ai Fondatori di questo Movimento ed ai loro mega-catechisti, avrebbero dovuto imporre come studio approfondito, a livello formativo, vari documenti del Sommo Magistero, inclusa la enciclica Fides et Ratio del Santo Pontefice Giovanni Paolo II, perché in alcuni passi, questo testo, indica e implicitamente condanna in modo severo — ovviamente parlando erga omnes e senza richiamo ai diretti interessati — uno dei fondamentali errori che sta alla base strutturale stessa del Cammino Neocatecumenale, basta leggere questo solo passo in cui il Santo Pontefice spiega:
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«Non mancano neppure pericolosi ripiegamenti sul fideismo, che non riconosce l’importanza della conoscenza razionale e del discorso filosofico per l’intelligenza della fede, anzi per la stessa possibilità di credere in Dio. Un’espressione oggi diffusa di tale tendenza fideistica è il “biblicismo”, che tende a fare della lettura della Sacra Scrittura o della sua esegesi l’unico punto di riferimento veritativo. Accade così che si identifichi la parola di Dio con la sola Sacra Scrittura, vanificando in tal modo la dottrina della Chiesa che il Concilio Ecumenico Vaticano II ha ribadito espressamente […] Altre forme di latente fideismo sono riconoscibili nella poca considerazione che viene riservata alla teologia speculativa, come pure nel disprezzo per la filosofia classica, alle cui nozioni sia l’intelligenza della fede sia le stesse formulazioni dogmatiche hanno attinto i loro termini» [Fides et Ratio, n. 55]
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A persone “lavate” e “cresciute” in forme di autoritarismo settario, alle quali i mega-catechisti s’impongono di prassi in modo molto invasivo e molto autoritario, basandosi sull’irrazionale e sull’emotivo, vale a dire sui peggiori principi del fideismo a-critico e irrazionale, non serve a nulla offrire delicati richiami amorevoli destinati a sortire un unico effetto: dare la totale impressione che la Chiesa visibile e che l’Autorità Ecclesiastica sono deboli, quindi legittimare i Neocatecumenali a seguitare a fare ciò che vogliono e nel modo in cui vogliono. È in questo modo che da mezzo secolo ad oggi la Chiesa visibile e l’Autorità Ecclesiastica hanno gravemente sbagliato con i Neocatecumenali: non frenandoli e non mettendoli in riga sin dall’inizio. E questo è stato un grave errore imputabile sia al Santo Pontefice Paolo VI, sia al Santo Pontefice Giovanni Paolo II. Il Venerabile Pontefice Benedetto XVI ed il suo successore Francesco I hanno solo ereditato — in particolare il regnante Sommo Pontefice — una situazione fatta evolvere dai loro due Santi Predecessori sino alla vera e propria apoteosi della ingestibilità, posto che ai Neocatecumenali è stato permesso non solo di radicarsi in centinaia di diocesi del mondo, ma quel che è peggio di aprire oltre cento seminari, scopo dei quali è di formare presbìteri modellati sulle stramberie liturgiche e dottrinali del Cammino, a servizio di fatto del Cammino e non dei vescovi diocesani.
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Credo così di avere spiegato in profondità la completa inutilità del famoso discorso fatto ai Neocatecumenali dal Venerabile Pontefice Benedetto XVI nel 2012, quando precisò che la Chiesa, tramite il Pontificio Consiglio per i Laici, approvava gli Statuti del Movimento debitamente corretti dalla Santa Sede, ma non approvava affatto le loro stramberie liturgiche tramite la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, né tramite la Congregazione per la Dottrina della Fede approvava in alcun modo la prosecuzione imperterrita delle loro catechesi eterodosse. Sicché, mentre il Sommo Pontefice giocava di amorevolezza e di fioretto delicato, lo stato maggiore dei kikos faceva calare su tutto, ma proprio su tutto, il suggello della totale approvazione della Santa Sede, compresi abusi liturgici istituzionalizzati, la non centralità del mistero e del culto eucaristico intenso anzitutto come sacrificio incruento della passione di Cristo che si rinnova nel memoriale dell’altare, le eresie diffuse dai mega-catechisti e non ultimo la formazione dei seminaristi nella quale hanno grossa incidenza delle figure laiche, munite spesso di scarsa od a volte peggio errata formazione cattolica, in massimo sprezzo al fatto che per formare un futuro sacerdote, di prassi occorrono sempre e solo solo altri sacerdoti di provata fede, maturità spirituale e retta condotta di vita.
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Possa quindi la Divina Misericordia salvare dalla santa ira di Dio tutti quei vescovi che seguitano a consacrare sacerdoti i seminaristi dei seminari Redemptoris Mater, nascondendosi dietro al dito del «… e che ci posso fare?», seppur consapevoli di dar vita ad un esercito di preti istruiti a prestare fedeltà al Movimento, a sostenere il Movimento, a diffondere il Movimento, a fare proseliti per il Movimento, a favorire la errata percezione del sacerdozio e la confusione tra il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale, infondendo in questi seminaristi le errate prassi liturgiche e le errate prassi dottrinali che tutt’oggi pervadono e caratterizzano il Movimento Neocatecumenale.
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Non apro neppure il lungo, complesso e doloroso discorso di quanto oggi, la Santa Madre Chiesa, tenda ad essere ben poco amorevole e misericordiosa con quanti soffrono per le immani sporcizie riversate sulla Santa Sposa di Cristo; o quanto la Santa Madre Chiesa abbia riversata severità, durezza ed ostracismi d’ogni sorta su quanti hanno tentato di difendere la verità dall’errore, per esempio ricordando che è nostra missione retta sul divino mandato da noi ricevuto l’accoglier sempre il peccatore pentito, soprattutto quando i peccati commessi sono particolarmente gravi, essendo proprio questi ammalati nell’anima che hanno bisogno del medico [cf. Mt 9, 12], giacché Cristo Signore è venuto sulla terra per chiamare a sé i peccatori, non i giusti [Mc 2, 17]. Del tutto diverso — come invece sta purtroppo accadendo —, se pastori indegni, irresponsabili e molto nocivi, si mettono invece ad accogliere non il peccatore, bensì il peccato, sino a chiamare il peccato «diversità che arricchisce» o cosiddetto «elemento di includenza».
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Mentre lo stato maggiore dei kikos e l’esercito dei mega-catechisti seguitano a mentire facendo passare tutti i loro abusi liturgici e le loro eterodossie dottrinarie come approvate dalla Chiesa, il Sommo Pontefice Francesco I, sin dalle prime udienze in cui li ha ricevuti, non ha mancato di rimproverarli per più volte. A partire dal 2014 egli ha richiamato i Neocatecumenali su tre punti precisi. Anzitutto gli ha detto chiaramente:
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«[…] a volte può essere meglio rinunciare a vivere in tutti i dettagli ciò che il vostro itinerario esigerebbe, pur di garantire l’unità tra i fratelli che formano l’unica comunità ecclesiale, della quale dovete sempre sentirvi parte».
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Poi li ha richiamati al rispetto delle culture localiverso le quali da sempre, i Neocatecumenali, mostrano non solo scarso interesse ma alle volte persino sprezzo, tanto il loro chiuso settarismo li induce a radicare e ad imporre ovunque le aberrazioni liturgiche, i catechismi ed il loro discutibile sistema comunitario:
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«[…] da qui scaturisce la necessità di una speciale attenzione al contesto culturale nel quale voi famiglie andrete ad operare: si tratta di un ambiente spesso molto differente da quello da cui provenite».
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Infine un chiaro riferimento a ciò che riguarda la libertà dei propri adepti, o per essere più chiari e corretti dei loro settari:
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«La libertà di ciascuno non deve essere forzata, e si deve rispettare anche la eventuale scelta di chi decidesse di cercare, fuori dal Cammino, altre forme di vita cristiana che lo aiutino a crescere nella risposta alla chiamata del Signore» [1° febbraio 2014, Udienza alle famiglie del Cammino Neucatecumenale, testo integrale, QUI].
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Inutile dire che anche in questa occasione,dall’Aula Paolo VI, pur dinanzi a questo chiaro e preciso rimprovero, lo stato maggiore dei Neocatecumenali, con i propri preti ridotti per la gran parte a ministri in sacris“fantoccio” sotto gli ordini dei mega-catechisti laici, sono usciti fuori da quell’udienza pontificia ribadendo come sempre: «La Chiesa ci ha approvati in tutto e per tutto!».        
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Il Sommo Pontefice Francesco I è un gesuita di formazione e proviene da un ben preciso contesto socio-psicologico legato alla cultura di uno specifico Paese del Continente Latino Americano. Volendo essere più chiari ancora potremmo dire che egli appartiene ad un modo di pensare e di agire molto specifico di un preciso ambiente sociale della Capitale di Buenos Aires. Da questo ne consegue che il Sommo Pontefice ha per cultura e per stile linguistico un modo di esprimersi tramite il quale è solito trattare le cose più gravi, quindi lanciare poi i suoi rimproveri più severi, proprio quando con aria amabile fa ricorso a battute spiritose, come quando nel corso di un incontro con i Neocatecumenali nel 2015 affermò:
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«[…] confermo la vostra chiamata, sostengo la vostra missione e benedico il vostro carisma. Lo faccio non perché lui [Ndr. indica Kiko Argüello] mi ha pagato, no! Lo faccio perché voglio farlo» [cf. 2 marzo 2015, discorso integrale QUI, video QUI].
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Analizziamo la frase: s’è forse trattato di una battuta scherzosa fine a se stessa? Certo che no, tutt’altro! Il Sommo Pontefice è perfettamente a conoscenza che il Cammino Neocatecumenale dispone e gestisce enormi somme di danaro, grazie al quale ha potuto impossessarsi, specie in certe zone di missione, d’intere diocesi, dove hanno garantito: il sostegno economico delle parrocchie, l’apertura ed il mantenimento di un seminario, il sostentamento dei preti. Il tutto con una triste ed ovvia conseguenza: certe diocesi oggi non possono fare a meno dei Neocatecumenali, quindi vescovi e parroci, piaccia o non piaccia a loro, devono sottostare alle direttive emanate da Kiko Argüello attraverso il “braccio armato” dei suoi mega-catechisti. Ecco il significato della battuta del Sommo Pontefice, che ha poi rincarato la dose nel 2018 aggiungendo che Cristo Signore:
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«Invia: “Andate”. Non usa mezze misure. Non autorizza trasferte ridotte o viaggi rimborsati, ma dice ai suoi discepoli, a tutti i suoi discepoli una parola sola: “Andate!”» [cf. 5 maggio 2018,Discorso del Santo Padre ai Neocatecumenali, testo integrale, QUI].
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Saranno forse mancati numerosi Nunzi Apostolici della Santa Sede in giro per vari Paesi del mondo, inclusi quelli in servizio nelle nunziature apostoliche di Paesi poveri,  che hanno informato il Sommo Pontefice di avere visto giungere famiglie di Neocatecumenali con numerosa prole al seguito, che hanno speso in viaggi di andata e ritorno centomila o duecentomila euro di soli biglietti aerei? O che questi zelanti evangelizzatori sono poi tornati a casa dopo alcuni mesi, con aura da grandi missionari, senza avere imparato a dire, in quella lingua asiatica o africana, neppure “buongiorno” e “buonasera”? E non parliamo delle spese di soggiorno, perché quando si è settari si è per intima natura anche molto provinciali, ecco allora alimenti d’importazione italiana acquistati ad altissimo costo nei negozi internazionali del luogo, se non addirittura fatti giungere per posta dall’Italia, perché senza spaghetti o senza caffè, o senza le merendine delle aziende italiane per i bambini, se non si cade in crisi di fede, si cade perlomeno in crisi alimentare. E anche cose di questo genere sono state ampiamente documentate da molti Nunzi Apostolici della Santa Sede in servizio diplomatico presso vari Paesi del mondo, in particolare quelli di Paesi poveri dell’Asia o dell’Africa.
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E mentre di nuovo si levava il grido di rito: «La Chiesa ci ha approvati!», qualcuno, tra i debitamente “lavati” nel cervello dai mega-catechisti, ha solo e vagamente compreso cosa di molto grave e soprattutto di molto severo ha detto a tutti loro il Sommo Pontefice con quelle parole?
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IX
I NEOCATECUMENALI SONO LA NEGAZIONE DEL SAPIENTE SPIRITO MISSIONARIO DELLA CHIESA, EDANZICHÉ PORTARE NUOVE GENTI AL CATTOLICESIMO FANNO NUOVI ADEPTI AL NEOCATECUMENALESIMO
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Sempre nel poc’anzi richiamato discorso del maggio del 2018 il Sommo Pontefice, toccando lo spirito della missionarietà ed il rispetto della cultura dei popoli, prosegue ad ammonire in questi termini i Neocatecumenali:
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«Gesù risorto dice: “Fate discepoli. Ecco la missione. Non dice: conquistate, occupate, ma “fate discepoli”, cioè condividete con gli altri il dono che avete ricevuto, l’incontro d’amore che vi ha cambiato la vita […] Amate le culture e le tradizioni dei popoli, senza applicare modelli prestabiliti. Non partite dalle teorie e dagli schemi, ma dalle situazioni concrete: sarà così lo Spirito a plasmare l’annuncio secondo i suoi tempi e i suoi modi. E la Chiesa crescerà a sua immagine: unita nella diversità dei popoli, dei doni e dei carismi».
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Su queste parole del Sommo Pontefice chiariamo un altro punto: mandare in cosiddetta missione persone formate e deformate come i Neocatecumenali, ed in modo del tutto particolare in certi delicati Paesi del mondo, equivale a mettere un elefante ubriaco a passeggio dentro una fabbrica nella quale si creano delicate cristallerie in vetro soffiato. Infatti, il Neocatecumenale delegato personale dello Spirito Santo e dallo stesso particolarmente ispirato, deve portare anzitutto sé stesso, ma soprattutto imporre sé stesso.
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Trattandosi di un Movimento che vive permeato di fideismo, nonché beneficiato da uno Spirito Santo che soffia tutto quanto su di loro — e peraltro come vogliono loro —, sono ben lungi dall’avere la sapiente umiltà di imparare dalla grande storia missionaria della Chiesa e dalla grande e consolidata tradizione degli antichi ordini religiosi missionari. Il cosiddetto missionario Neucatecumenale, non ha affatto bisogno di impegnarsi nella propria patria di origine, semmai per alcuni anni di attento e profondo studio, a conoscere anzitutto la lingua, quindi gli usi, i costumi e le tradizioni del paese e del popolo presso il quale dovrà andare tutt’altro che digiuno e sprovveduto, con tutti i problemi e danni che ne potrebbero conseguire in caso contrario. Queste sono cose che facevano nel Cinquecento e nel Seicento i missionari della vetusta e ottusa epoca tridentina, quando lo Spirito Santo — secondo il sacro verbo di Kiko Argüello e Carmen Hernàndez — era sempre «tenuto imprigionato dentro una bottiglia chiusa», il tutto sin dall’epoca della Pace Costantiniana. Pertanto, i primi gesuiti formati personalmente da Sant’Ignazio di Loyola, prima di partire per le missioni perdevano tempo a studiare a Roma le lingue, gli usi ed i costumi degli antichi Popoli dell’Oriente. Cosa del tutto comprensibile, il motivo per il quale perdessero del simile tempo prezioso: ma perché non erano ripieni di Spirito Santo! Non lo erano loro, i Gesuiti missionari formati da Sant’Ignazio di Loyola, come non lo era in quell’epoca il grande esercito di missionari Domenicani e Francescani che hanno evangelizzato interi continenti. E, grazie a loro, molte grandi odierne città delle Nuove Americhe, portano tutt’oggi i nomi dei loro fondatori, o della Beata Vergine Maria alla quale erano particolarmente devoti: San Francisco de Assisi, Santa Maria de Los Angeles, oppure l’isola di Santo Domingo de Guzmán e via dicendo a seguire. O qualcuno pensa forse che la città americana di Corpus Christi, nello Stato del Texas, prenda questo nome dalle tradizioni degli antichi indigeni del luogo?
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Il Neocatecumenale ha tutto: ha lo Spirito Santo, sicché non ha da imparare da nessuno. Non ha da imparare dalla storia, perché lui ha la sua storia, che è l’unica storia che possa costituire valido punto di riferimento assieme alla sua emotività. Meno che mai ha da imparare il Catechismo della Chiesa Cattolica, perché l’evangelizzazione è fatta con i catechismi del Movimento. Le conseguenze sono state pertanto disastrose, cosa che dovrebbero sapere e conoscere molto bene ed in tutti i dettagli presso la Congregazione de Propaganda Fide. O per meglio chiarire, quando i Neocatecumenali, in varie parti del mondo, hanno evangelizzato, le conseguenze sono state poi queste: quando quei nuovi battezzati si sono poi ritrovati a contatto con altri sacerdoti cattolici, con altri fedeli cattolici, o quando si sono avvicinati ad altri contesti cattolici, a partire dalle celebrazioni liturgiche, non hanno riconosciuto la “chiesa” alla quale si erano convertiti e nella quale erano sino a prima vissuti. E il tutto è a dir poco comprensibile: infatti si erano convertiti non al Cattolicesimo ma al Neocatecumenalesimo. Detto questo sia altresì chiaro che i Neocatecumenali, quando sono distanti da Roma e dalle sue regioni limitrofe, dove pur facendo ciò che vogliono si sentono però sotto un certo controllo o perlomeno sotto una minima osservazione, quando si trovano invece incontrollati e del tutto allo sbaraglio in certi paesi di missione, in quel caso tirano fuori il meglio del peggio delle loro dottrine e delle loro liturgie personalizzate e snaturate sino al parossismo. Ne consegue quindi di grave — come poc’anzi dicevo —, che i convertiti non saranno posti dinanzi alla dimensione universale e quindi univoca della dottrina cattolica e della liturgia che è culmen et fons della vita della Chiesa, ma saranno convertiti al Cattolicesimo attraverso gli abusi liturgici dei Neocatecumenali resi ulteriormente gravi dal fatto che, trovandosi a distanza da ogni possibile controllo, hanno dato davvero il meglio del peggio che potessero dare.
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Tutto questo è stato ripetutamente riferito nel corso degli anni alla Santa Sede da numerose lettere e relazioni, spesso anche corredate di documenti fotografici e filmici, scritte da vescovi di diocesi missionarie che lamentavano, spesso anche in toni davvero disperati, la devastante opera pseudo-missionaria posta in atto da queste persone, deplorando avanti a tutto che scopo dei Neocatecumenali non era di battezzare nuove genti, ma di “convertire” nuovi adepti al loro Movimento. E non pochi di questi vescovi, trovandosi a Roma in visita ad limina Apostolorum ne hanno approfittato per portare di persona notizie, informazioni e soprattutto le loro lamentele alla Santa Sede.
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In tal modo abbiamo permesso che accadesse nella modernità ciò che di grave è già accaduto in antichità nelle epoche in cui, diverse popolazioni del Nord dell’Europa, quando tra il IV e il V secolo cominciarono a convertirsi al Cristianesimo, in verità si convertirono invece all’arianesimo, perché furono gli ariani a portare per primi, presso quelle popolazioni, una fede cristiana corrotta dall’eresia dell’eresiarca Ario [Libia 256 – Costantinopoli 336].
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Proseguendo sul richiamo fatto dal Sommo Pontefice nel maggio 2018, facciamo un passo indietro per toccare un altro argomento legato all’attività dei missionari neocatecumenalizzatori in Russia, perché dinanzi a certe vicende potrebbe sorgere qualche comprensibile sospetto, o cosiddetta legittima suspicione. È infatti accaduto che dopo la caduta del Muro di Berlino e la conseguente caduta dell’Unione Sovietica, sul territorio russo tornarono ad avere vita i cattolici e la Chiesa Cattolica, il tutto in una situazione di estrema delicatezza, nella quale non sono ammessi, come ben si dovrebbe comprendere, gli elefanti ubriachi che si muovono a passeggio dentro una fabbrica nella quale si creano delicate cristallerie in vetro soffiato.
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A titolo di cortesia, il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, fu invitato a Mosca sia da Michail Gorbaciov durante la sua storica visita in Vaticano il 1° dicembre 1989, sia successivamente da Boris Eltis nel 1991. Inutile dire che mai il Sommo Pontefice avrebbe irritato il Patriarcato Ortodosso di Mosca, che non mancò di lamentare a più riprese la spinta missionaria verso la Russia, che dal punto di vista cattolico era appunto missionaria, mentre dal diverso punto di vista della Chiesa Ortodossa era considerata invece un’azione proselitista. E così, i più alti vertici della Chiesa Ortodossa, tra il 1990 ed il 2000 lamentarono l’arrivo nel Paese di «alcuni gruppi cattolici particolarmente invadenti e non rispettosi della cultura e delle tradizioni religiose dell’antico popolo russo». Invadenze rese tali da mancanza di rispetto e conoscenza, compiute anzitutto senza tenere conto di quanto dichiarato successivamente dal Presidente Vladimir Putin: «Il Cristianesimo incarnato dalla Chiesa Ortodossa è la radice dell’identità del popolo russo» [discorso del 23 luglio 2018]. Non a caso, quando si tentò di paventare nuovamente un eventuale viaggio del regnante Pontefice in Russia, la cosa morì direttamente sull’intenzione paventata. Infatti, diversamente dai suoi due predecessori, quando il Presidente Vladimir Putin si recò in visita ufficiale al Romano Pontefice nel 2013 e successivamente nel 2015, non formulò come i suoi predecessori l’invito al Santo Padre a visitare la Russia, non intendendo affatto, come i suoi predecessori, irritare il Patriarcato Ortodosso di Mosca. Si noti anche che il Presidente della Repubblica Federale Russa giunse la prima volta in Vaticano, nel 2013, con cinquanta minuti di ritardo, la seconda volta, nel 2015, con un ritardo di oltre un’ora. E, come si dovrebbero sapere — se ci fossero sempre i diplomatici di razza — in diplomazia si misura tutto, anche il linguaggio muto dei minuti di ritardo.
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A fronte delle lamentele del Patriarcato di Moscatesté riportate, forse è legittimo chiedersi: quali sarebbero stati questi «gruppi cattolici particolarmente invadenti e non rispettosi della cultura e delle tradizioni religiose dell’antico popolo russo»? Perché tra i vari Movimenti cattolici, quello dotato di queste particolari caratteristiche, alla prova dei fatti sembrerebbe essere quello fondato da Kiko Argüello e Carmen Hernàndez. Ovviamente noi non sappiamo a chi fosse riferita la lamentela generica del Patriarcato di Mosca; sappiamo però che il Cammino Neocatecumenale è presente in Russia con i suoi catechisti itineranti dagli inizi degli anni Novanta del Novecento e che una di queste catechiste di spicco è stata per venticinque anni la Signora María Ascensión Romero, che dopo la morte di Carmen Hernàndez ha preso il suo posto ai vertici della dirigenza del Movimento [cf. QUI]..
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X
IL CAMMINO NEOCATECUMENALE È UNA PSICO-SETTA NELLA QUALE SI ANNULLA IL SENSO CRITICO DOPO AVERE INVASA LA COSCIENZA DEGLI ADEPTI E MUTANDO LA CRASSA IGNORANZA E LA SUPERBIA IN UN DONO DI ELEZIONE DELLO SPIRITO SANTO
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Una caratterista degli appartenenti alle psico-sétte, è quella di essere stati indotti ad assopire completamente ogni umano e naturale senso critico, pertanto ogni parola è sempre e di rigore stravolta, poi letta ed interpretata a favore e beneficio della sétta. Ecco perché gli specialisti nelle scienze psichiatriche che lavorano alla de-programmazione psicologica delle persone che sono state nel tempo deformate dalle varie psico-sétte, la prima cosa che fanno è di distruggere tutti i loro idoli visibili e soprattutto invisibili, con modalità che di prassi devono essere sempre autoritarie e aggressive, perché solo creando degli stati di choc sarà possibile indurre a poco a poco gli ex settari alla ragione. Un lavoro, questo, che come gli specialisti possono confermare dura sempre molti anni; e non è detto che gli esiti possano essere, alla fine, sempre positivi.  
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I Neocatecumenali sono il prodotto di una male intesa Primavera dello Spiritonel corso della quale la Chiesa visibile ha fatto pericolosamente abuso della parola “dialogo”, presto mutata in un dialogo a tutti i costi e costi quel che costi. Così, pur dinanzi ad errori gravi e molto pericolosi, ciò che importava, non era di separare il vero dal falso o la dottrina autentica dall’eresia, ma dialogare … dialogare … dialogare.
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Quando il Santo Pontefice Paolo VI giunse infine a dire: «Col Concilio Vaticano II ci aspettavamo la primavera e invece è venuto l’inverno», i danni erano stati purtroppo già fatti; e molti di questi danni, col correre del tempo, si sono rivelati irreparabile, quando l’Autorità Ecclesiastica ha proseguito imperterrita a dialogare … dialogare … dialogare … E mentre la casa in fiamme oggi è sotto gli occhi di tutti, i pompieri non intervengono, ritenendo forse la Chiesa visibile cosa poco caritatevole e non misericordiosa, spegnere con forti gettiti d’acqua santa quel fuoco che non è più «il fumo di Satana nel tempio di Dio» a cui alludeva il Santo Pontefice Paolo VI [discorso del 29 giugno 1972, testo originale, QUI]», perché oggi, quel fumo, si è mutato in un incendio.
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Ecco come, perché e da che cosa nascono i Neocatecumenali, ed ecco come mai sono potuti andare avanti e divenire una vera e propria chiesa dentro la Chiesa. Il tutto è stato reso possibile dalla caduta del princìpio di autorità nella Chiesa, al posto della quale è nato: da una parte l’autoritarismo di certe Autorità Ecclesiastiche che agiscono in aperto sprezzo a tutte le leggi canoniche applicando il peggio del loro libero arbitrio, dall’altra parte sono nati i mega-catechisti del Cammino Neocatecumenale che hanno relegato il prete in un angolo a fare cenno di assenso col capo mentre il mega-catechista diffonde ogni sorta d’eresia tra il Popolo di Dio.
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La fede è anche e non ultimo cultura, ce lo dimostrano le produzioni dei grandi Santi Padri e dottori della Chiesa; lo Spirito Santo illumina l’uomo con i propri doni di grazia divina attraverso la sapienza e la scienza. Lo stretto ed inscindibile rapporto tra fede e cultura è dimostrato anzitutto dalle redazioni dei Santi Vangeli e dalle Lettere Apostoliche. E se vogliamo proprio parlare di alta ispirazione dello Spirito Santo, in quel caso non possiamo certo prendere i florilegi di catechesi ereticali dei Fondatori del Cammino Neocatecumenale, ma ben altri generi di testi, per spiegare attraverso di essi cosa veramente sia la divina ispirazione. E giacché la parola d’ordine che corre da sempre tra i Neocatecumenali è il grido di «ritorno alle origini», ebbene andiamo proprio alle origini apostoliche per parlare, a partire proprio da esse, del mistero dello Spirito Santo.
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Una mente umana poteva forse concepire, ed una mano altrettanto umana poteva forse scrivere, un’opera di fede come il Prologo al Vangelo del Beato Apostolo Giovanni? [cf. Gv 1, 1-18]. E altrettanta mente umana, ed una mano altrettanto umana poteva forse erigere in poche e brevi righe l’intero impianto dogmatico cristologico fissato dal Beato Apostolo Paolo nell’apertura della Lettera agli abitanti di Colossi? [Col 1, 12-20].  Poteva la mente umana e la mano umana del Beato Apostolo Paolo scrivere l’Inno Cristologico contenuto nella Lettera agli abitanti di Filippi? [cf. Fil 2, 6-11]. E quale altra mente umana poteva forse concepire, ed una mano altrettanto umana poteva forse scrivere, un’opera come la Lettera agli Ebrei?
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Potremmo seguire con molti Padri della Chiesa,sempre quelli delle cosiddette «origini», a partire da Sant’Ireneo di Lione che piantò le solide radici della dottrina pneumatologia con le sue prime trattazioni sullo Spirito Santo. E chiarito il tutto possiamo quindi giungere a dire una cosa che solo soggetti privi totalmente di senno possono negare: la scienza, la conoscenza e la cultura sono parte integrante del mistero della fede, per quant’è vero che la fede nasce dalla conoscenza e non certo dall’ignoranza. Gli affetti da cosiddetta ignoranza invincibile, possono essere ammessi tra le Anime Beate molto prima e molto più di tanti sapienti, grazie alla purezza del loro cuore e della loro fede, stando perlomeno alle parole pronunciate dalla Beata Vergine Maria nel canto del Magnificat: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha esaltato gli umili». Ma, al tempo stesso, c’è invece di che seriamente temere e quindi molto da pregare per coloro che, pur affetti da ignoranza invincibile, manifestando tutt’altro che fede e salvifica purezza di cuore, non trovano di meglio da fare che disprezzare gli uomini di Dio ai quali la Divina Maestà ha dato particolari doni di sapienza che li hanno portati a maturare quella scienza che guida i Christi fideles ai più profondi misteri lungo il cammino della fede.
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O per meglio chiarirsi ancóra: Caterina da Siena, una giovane analfabeta illetterata, è diventata Santa, ed è stata poi proclamata dottore della Chiesa, perché grazie alla sua umiltà, che è la più grande porta di apertura alla grazia di Dio, lo Spirito Santo ha infuso in lei la più profonda sapienza, pure se non sapeva nemmeno leggere e scrivere. Ecco perché i Sommi Pontefici hanno prestato ascolto alla giovane Caterina Benincasa, oggi nota come Santa Caterina da Siena. Non hanno invece prestato ascolto alcuno a Carmen Hernàndez, dotata di una superba arroganza fuori d’ogni ragionevole misura. Come infatti narrato in precedenza, ella interruppe più volte il Successore del Beato Apostolo Pietro mentre parlava. E il Romano Pontefice, lungi dal prestarle quell’ascolto prestato dai suoi Sommi Predecessori alla giovane senese illetterata e analfabeta, la rimproverò con le parole del Beato Apostolo Paolo: «La donna taccia!». Tutto questo per tornare a ribadire la misura delle persone di cui stiamo parlando e del fenomeno dalle stesse generato, all’interno del quale hanno infuso i peggiori vizi ed errori, diversamente dai Santi che hanno lasciato invece impresso nelle loro opere il segno dei frutti della grazia di Dio, persino in opere, in ordini e congregazioni religiose in seguito decadute.
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A tal proposito basterebbe pensare a quelli che sono i doni dello Spirito Santo, che non sono elencati a caso, ma messi in un ordine ben preciso: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timore di Dio. Detto questo proviamo adesso a fare una breve catechesi ai mega-catechisti del Cammino Neocatecumenale su questi mirabili doni, perché credo che ne abbiano davvero molto bisogno.
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Partiamo dal dono della Sapienza che è un vero e proprio attributo divino infuso per opera dello Spirito Santo nell’uomo. È infatti attraverso la sapienza — come insegna San Tommaso d’Aquino — che si possono vedere, quindi vivere le cose soprannaturali dal punto di vista di Dio. È presto detto che se manca la sapienza, gli altri doni non si reggono in piedi, perché non possono essere scissi gli uni dagli altri.
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Il dono dell’intelletto rende possibile la comprensione delle verità della fede aprendo all’anima una visione completa della realtà della dimensione divina. Se pertanto la fede costituisce la adesione al mistero della rivelazione, attraverso il dono dell’intelletto possiamo innalzarci a ben più elevato livello di comprensione; sino a giungere a quella comprensione che non è solo razionale, ma soprattutto profondamente intuitiva.
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Il dono del consiglio lo potremmo indicare anche come “dono dell’apertura”. Attraverso i doni della sapienza e dell’intelletto, esso apre la mente verso Dio e la coscienza verso la tensione dell’uomo alle giuste scelte morali.
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Il dono della fortezza di per sé è la negazione di ciò che può essere l’uomo governato dalla umoralità, dai sentimenti e dai fatui sentimentalismi, che guidano per un verso e per un altro al di fuori dei misteri divini, od alla alterazione del mistero della rivelazione. Essere forti vuol dire non essere condizionati internamente e non farsi esternamente condizionare dalla istintività e dalla emotività, resistendo in modo deciso agli errori interni ed esterni che possono soffocare la società civile e la stessa comunità ecclesiale.
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Il dono della scienza si fonda sulla conoscenza. Per conoscere bisogna però essere docili e umili, perché l’umiltà e la docilità all’apprendimento sono il fondamento della autentica scienza. In caso contrario si giunge a quella che oggi si chiama auto-referenzialità attraverso la via del personalismo, quella dell’egocentrismo e quella della chiusura verso l’esterno e verso l’altro. La scienza, cristianamente intesa, procede attraverso l’apertura, che è poi apertura alle azione della grazia di Dio che si manifesta in questo caso mediante tanti santi insegnamenti e sapienti maestri.
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Il dono della pietà è la negazione di quello che è il pietismo che prenderà vita nel XVII secolo dal pietismo protestante. La pietà caratterizza il rapporto del credente con Dio e lo guida a desiderare per sé stesso e per gli altri ciò che in sommo bene Dio desidera, giungendo ad una tale intimità di fede e di amore con il Creatore sino al punto che la creatura si rivolge a lui chiamandolo “Padre”. Dalla pietà nasce quindi un senso di profonda amorevolezza e di grande rispetto per l’uomo, nel quale si riflette il mistero di Dio che ci fece a propria immagine e somiglianza.
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Il dono del timore di Dio non ha nulla da spartire con la paura, anzi: costituisce la negazione di ogni paura. Quest’ultimo dono mirabile possiamo riassumerlo con una frase tratta dall’Inno Cristologico del Beato Apostolo Paolo poco prima richiamato: «Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra» [Fil 2, 10].
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Dopo questo breve excursus si potrebbe cominciare dalla fine dicendo per esempio che i Neocatecumenali, in modo ostinato ed ottuso, seguendo gli insegnamenti errati dei loro Fondatori e del “braccio armato” dei mega-catechisti, hanno abolite e proibite le genuflessioni ed i segni di adorazione nascondendo queste loro forme di autentica e di superba irriverenza dietro a una non meglio precisata teologia kikiana del Cristo risorto, quindi dello “stare nella posizione” del Risorto.
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All’interno di questo Movimento lo Spirito Santo, ed i suoi doni, sono una via di mezzo tra una bacchetta magica del mago ed una formula alla «abra cadabra» con la quale si giustifica e si supplisce alla mancanza istituzionalizzata di sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timore di Dio.
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Riassumiamo il tutto con un solo esempio:all’interno di questo Movimento, diversamente da molti altri movimenti laicali, non brulicano affatto persone né di cultura né di scienza. Né potrebbe essere diversamente, vista e considerata l’epica ignoranza culturale e teologica mostrata nel corso di tutte e due le loro esistenze dai rispettivi Fondatori. Ecco allora che nel Cammino Neocatecumenale, una degna persona che ha trascorsa tutta la propria vita sopra le impalcatura a fare quell’utile e nobile mestiere che è il muratore, d’improvviso scende da esse e con la nomina a mega-catechista è investito di tutta la potenza dello Spirito Santo. Come se mai, San Tommaso d’Aquino e molti altri Santi Padri e dottori della Chiesa prima e dopo di lui, avessero spiegato che la grazia dello Spirito Santo perfeziona la natura presente nell’uomo, ma non supplisce affatto a quelle che possono essere le carenze piccole o gravi che sono presenti in quella natura umana, inclusa la mancanza di intelligenza e di cultura. Detto questo, al degnissimo muratore bisogna pure aggiungere l’elemento della umana frustrazione legato per esempio a tutte le volte che con ordini, talvolta anche con rimproveri fatti durante l’esecuzione dei lavori, qualche ingegnere civile progettista, semmai di vent’anni più giovane di lui, lo ha richiamato dicendogli che cosa doveva fare di preciso ed il modo esatto in cui doveva farlo. Ora, se il muratore si è ben guardato dal muovere contestazione al capo cantiere ingegnere, guardandosi altresì bene d’invitare gli altri operai a fare come diceva lui anziché come diceva il progettista, una volta diventato mega-catechista del Cammino non si fa invece scrupolo alcuno a muovere dure contestazioni, od a mettere in scena vere e proprie ribellioni del gruppo da lui guidato nei confronti di un anziano ed esperto parroco. Oppure riversando ludibrio su di un teologo che ha deciso di intervenire con argomentazioni strettamente dottrinarie e giuridiche per spiegare con tutto il necessario lume della sapienza e della scienza che, dai discorsi del mega-catechista, fuoriuscivano pericolose eresie a getto continuo che infettavano con gravi errori gli adepti che lo ascoltavano e che lo seguivano.
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Purtroppo si sono verificati ripetuti casi in cui questo genere di mega-catechisti, scesi di fresco dalle impalcature o da altri luoghi più o meno simili, hanno esordito interrompendo il vescovo della diocesi mentre questi parlava dinanzi ai propri Christi fideles ed affermando dinanzi a tutti: «Io mi dissocio, perché non sono d’accordo con quanto sta dicendo il vescovo», il quale vescovo non stava tenendo affatto una riunione su questioni legate alla economia della diocesi, ma stava parlando su argomenti specifici strettamente legati a materie di dottrina e di fede; argomenti per i quali il vescovo,  custode della dottrina e della fede nella sua Chiesa particolare, è per sacramento di grazia sommo maestro.
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Inutile a dirsi: queste persone hanno sempre e di prassi ragione perché si rifanno alla loro idea kikiana diκήρυγμα [kerygma] ma soprattutto al fatto che lo Spirito Santo parla attraverso di loro. E il loro Spirito Santo personale li porta non solo a mancare gravemente di educazione verso i Pastori della Chiesa, ma all’occorrenza li indurrebbe persino a redarguire, muovere sottilmente guerra e sprezzare gli stessi Pastori della Chiesa che rigettano i loro gravi errori, perché il loro parallelo strutturale è il seguente: se rifiuti me, rifiuti lo Spirito Santo.
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Altra caratteristica delle psico-sette è la terminologia propria, che serve da una parte ad unire i membri del cosiddetto clan chiuso, dall’altra ad isolarli dall’esterno. Ciò detto debbo dire che dalle informazioni più che attendibili a me date da Alti Prelati che nel corso degli anni hanno dovuto trattare con i Fondatori del Movimento per conto dei Dicasteri della Santa Sede, spesso anche con dolore e procacciandosi da essi non poche umiliazioni, mi è stato dettagliato che entrambi, Kiko Argüello e Carmen Hernàndez, sono di fatto due «maldestri autodidatti muniti di una confusa infarinatura culturale che non arrivava neppure a poter essere definita media, ma di fatto e ragionevolmente medio-bassa». Sicché, a Kiko Argüello che ama usare qualche terminemagico greco ad effetto, seguìto da termini ebraici altrettanto magici e di grande effetto, basterebbe mettere sotto gli occhi un testo dei Santi Vangeli in greco e domandargli: «Non pretendiamo che lei ce li traduca, ci accontentiamo solo che legga quattro righe in greco». Dopodiché, visto che ha infarcito le “sue” liturgie ed i “suoi” luoghi di culto di biblicismi strampalati e di simboli ebraici, si potrebbe invitarlo in una sinagoga e domandare all’Eccellentissimo Dottore, il Rabbino, di estrarre tra i ספרים [SepharimRotoli della Legge] un bel ספר תורה [Sefer Torah, Rotolo della Legge] e chiedere così al Fondatore del Cammino Neocatecumenale la sola e semplice lettura di dodici parole in ebraico; proprio dodici, come dodici sono le Tribù d’Israele. Beninteso: semplicemente recitate, senza doverle cantare col metro sefardita o aschenazita. Certo, sarebbe molto bello se in un incontro ebraico-cristiano il buon Kiko Argüello ci deliziasse cantando con la sua chitarra  יגדל  אלוהים  חי [I Tredici Articoli di fede di Maimonide, video QUI], oppure l’altro bellissimo inno sinagogale אֲדוֹן עוֹלָם [Inno al Signore dell’Universo, video, QUI], semmai con il metro di canto sefardita che nasce appunto nella sua ספרד, ossia la Sefarad, la penisola iberica. Non basta infatti infarcire con kikiano spirito esotico delle liturgie pseudo o para-cattoliche di inopportuni simbolismi ebraici fuori luogo. E neppure basta che persone di fatto altamente illetterate sia nelle scienze bibliche che nelle antiche tradizioni dell’ebraismo rabbinico, durante le celebrazioni eucaristiche si mettano a ballare e smanettare «Shalom», «Dajenu» e via dicendo. Pertanto è necessario, oltre che coerente e serio, che i Neocatecumenali, assetati di antiche origini ebraiche e di antiche origini apostoliche, prendano i סידורים [siddurim ebraici, libri di preghiere] e si mettano a cantare, scandendo con corretta pronuncia i canti sinagogali da loro inseriti nelle liturgie pseudo e para-cattoliche, a partire proprio da questo bellissimo inno:
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אֲדוֹן עוֹלָם אֲשֶׁר מָלַךְ
בְּטֶרֶם כָּל יְצִיר נִבְרָא
לְעֵת נַעֲשָׂה בְחֶפְצוֹ כֹּל
אֲזַי מֶלֶךְ שְׁמוֹ נִקְרָא
וְאַחֲרֵי כִּכְלוֹת הַכֹּל
לְבַדּוֹ יִמְלוֹךְ נוֹרָא
וְהוּא הָיָה וְהוּא הֹוֶה
וְהוּא יִהְיֶה בְּתִפְאָרָה
לְהַמְשִׁיל לוֹ לְהַחְבִּירָה
בְּלִי רֵאשִׁית בְּלִי תַכְלִית
וְלוֹ הָעֹז וְהַמִּשְׂרָה
וְהוּא אֵלִי וְחַי גּוֹאֲלִי
וְצוּר חֶבְלִי בְּעֵת צָרָה
וְהוּא נִסִּי וּמָנוֹס לִי
מְנָת כּוֹסִי בְּיוֹם אֶקְרָא
בְּיָדוֹ אַפְקִיד רוּחִי
בְּעֵת אִישָׁן וְאָעִירָה
וְעִם רוּחִי גְוִיָּתִי
אֲדֹנָי לִי וְלֹא אִירָא
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Facciamo infatti notare che i Fondatori del Cammino Neocatecumenale, sin dalle loro prime catechesi, hanno sempre trattato con sprezzo la liturgia tridentina celebrata in lingua latina. Entrambi, istruendo i loro mega-catechisti, della liturgia celebrata in latino hanno sempre data un’idea falsa e soprattutto grottesca, come spiegavano negli anni Settanta del Novecento a Roma nella cripta della chiesa dei Martiri Canadesi i due Campioni in questione affermando che: «Il Popolo era passivo e distaccato, mentre il prete bisbigliava una lingua sconosciuta, mentre le vecchiette biascicavano il Rosario». Nulla di più falso, perché anche i più illetterati e analfabeti sapevano benissimo che cosa significasse: «Dominus vobiscum», «sursum corda», «ecce Agnus Dei» … E mentre da una parte, con ignoranza storica davvero spaventosa ma tipica dei due soggetti in questione, si diffondeva il disprezzo per una liturgia attraverso la quale, dal XVI al XX secolo sono stati evangelizzati, convertiti e battezzati popoli di interi continenti, i Fondatori del Cammino Neocatecumenale riempivano le loro liturgie personalistiche, esotiche e spesso sacrileghe, con simbolismi e con parole ebraiche. Domanda: ma se le persone, ed in specie quelle appartenenti a lingue e culture di ceppo latino, a loro dire avevano tanta difficoltà a comprendere l’astruso latino, forse sono invece in grado di comprendere alla perfezione l’antico ebraico biblico? Non basta affatto, prendere due o tre parole “esotiche” e far urlare alla gente «Dajenu, dajenu!», bisogna prendere quel canto per intero e cantarlo tal quale secondo l’antica tradizione, perché così dovrebbero fare coloro che rivendicano il ritorno alle pure origini. In caso contrario, i Neocatecumenali rischiano di fare una fine molto peggiore delle «vecchiette» sulle quali ironizzavano i due loro Fondatori, ed anziché biascicare «ora pro nobis» e «miserere nobis» nel silenzio delle «cupe chiese tridentine» che per sedici secoli «avevano chiuso e sigillato lo Spirito Santo dentro una bottiglia», allo stesso modo, anzi, in modo molto peggiore, loro rischiano di urlare e ballare «Dajenu!», pur senza essere in grado, dell’Inno דַּיֵּנוּ [Dajenudi leggere e capire neppure le prime due righe: 
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אִלּוּ הוֹצִיאָנוּ מִמִּצְרָיִם
לֹא עָשָׂה בָּהֶם שְׁפָטִים
דַּיֵּנוּ 
(etc…)
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Le psico-sette, pur disprezzando ogni forma di vita religiosa, a partire dalle più antiche che tutt’oggi permangono come grandi ricchezze all’interno della Chiesa Cattolica, sono solite fare uso di loro tipici neologismi. Il tutto con una differenza sostanziale, per esempio: se i Monaci Certosini hanno creata la parola «spaziamento» usata per indicare la loro passeggiata all’aperto, quando una volta alla settimana stanno assieme alcune ore e si rivolgono parola, ad essa non hanno dato vita né per avere un linguaggio proprio né per creare una forma di incomunicabilità col mondo, bensì solo per definire questo costume che nasce appunto dal poter di regola spaziare assieme all’aperto una volta a settimana. Tutt’altra cosa se invece un affiliato alla pericolosa psico-sétta di Scientology si esprime in questi termini: «In preclear ho fatto auditing per l’Arc e c’è stato un ago fluttuante sull’e-meter per un pregresso engram». Non stiamo neppure a perdere tempo a spiegare il significato di questi termini astrusi nati dalla mente contorta del fallito scrittore di fantascienza Ron Hubbard [1911-1986] che a questa organizzazione vissuta tra un tribunale internazionale e l’altro — incluso il fondatore che prima di morire viveva in acque internazionali perché ricercato dalla polizia di diciotto diversi Paesi —, presentatasi inizialmente come metodo per la Nuova Salute Mentale, dette anzitutto un astruso lessico proprio, mirato a isolare gli adepti da tutto ciò che ad essa era esterno.
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Con uno stile diverso ma con la stessa sostanza di fondo, i Fondatori del Cammino Neocatecumenale hanno attinto varie parole magiche dal lessico ebraico e greco; nulla conta quanto sia comprovato che l’uno e l’altra non conoscessero affatto né la filologia ebraica né quella greca, ciò che importava era la magia, il fare colpo sugli adepti con parole roboanti. A queste parole hanno poi dato diversi e nuovi significati, aggiungendo al tutto varie altre terminologie che sono modi tipici di esprimersi, di definire e di indicare. Parole originali — o se vogliamo parole nuove create da chi rivendica per altro verso il più antico ritorno a non meglio precisate e soprattutto a non meglio conosciute origini — mirate anzitutto ad affascinare i neofiti ed a trasmetter loro un senso di originalità, di esclusività e soprattutto di elezione. E nella Chiesa, purtroppo, pare che nessuno si sia accorto, per alcuni decenni, che al proprio interno si stava sviluppando, accrescendo e ramificando una psico-sétta in perfetto stile. 
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La Chiesa, in un suo momento storico di grande debolezza, afflitta da una grande e drammatica crisi di autorità, ha permesso che tante fragilità e frustrazioni esistenziali individuali si celassero dietro una falsa pneumatologia e che molti superbi animati da ignoranza si mettessero a giocare con il mistero dello Spirito Santo. Sotto gli occhi delle Autorità Ecclesiastiche di fatto inermi e impotenti, abbiamo assistito all’ascesa di un movimento che sul piano della dottrina della fede è reso pericolosamente distruttivo dal fatto che da subito è andato a colpire due elementi che costituiscono rispettivamente il cuore ed i polmoni della Santa Chiesa di Cristo: la Santissima Eucaristia ed il Sacerdozio ministeriale. Questa la triste, desolante e pericolosa realtà: si è consentito, da mezzo secolo a questa parte, che una vera e propria metastasi aggredisse il cuore che fa battere ed i polmoni che fanno respirare il corpo della Chiesa, nel frattempo sempre dialogando … dialogando … dialogando e sperando al tempo stesso che il tumore si curasse e si sconfiggesse da se stesso, senza che nessun oncologo dovesse intervenire con terapie decise e radicali.
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XI
AL GRAVE PROBLEMA DELLA ERRATA PERCEZIONE DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA SI UNISCE LA ERRATA PERCEZIONE DEL SACERDOZIO, SPECIE TRA IL SACERDOZIO COMUNE DEI BATTEZZATI ED IL SACERDOZIO MINISTERIALE DI CRISTO AL QUALE PARTECIPANO SOLO I MINISTRI IN SACRIS DOTATI DI UNMUNUS TRIPLICE: DOCENDI, REGENDI, SANCTIFICANDI
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Alla prova dei fatti il Cammino Neocatecumenale è dunque il più esauriente paradigma della immane confusione e alterazione di ruoli creata dal para-concilio e diffusa poi dal post-concilio, vale a dire la clericalizzazione dei laici e la laicizzazione dei ministri in sacris. O per dirla con le parole dell’esortazione apostolica post-sinodaleChristifideles laici del 1988:
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«Nella stessa Assemblea sinodale non sono mancati però, insieme a quelli positivi, giudizi critici circa l’uso troppo indiscriminato del termine “ministero”, la confusione e talvolta il livellamento tra il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale, la scarsa osservanza di certe leggi e norme ecclesiastiche, l’interpretazione arbitraria del concetto di “supplenza”, la tendenza alla “clericalizzazione” dei fedeli laici e il rischio di creare di fatto una struttura ecclesiale di servizio parallela a quella fondata sul sacramento dell’Ordine» [cf. n. 23, testo integrale, QUI].
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Come non pochi presbiteri anch’io, venendo a contatto con i vari membri di rilievo del Cammino Neocatecumenale, dai quali ho deciso da subito di tenermi prudentemente alla larga, sono rimasto profondamente colpito dal modo tendenzialmente invasivo ed arrogante manifestato nei confronti della figura sacerdotale da coloro che più volte ho indicato nel corso di questa esposizione come i mega-catechisti. A maggior ragione affermo: la Santa Chiesa, permettendo a questo Movimento laicale di aprire oltre cento seminari in giro per il mondo, nella illusione che questi istituti di formazione al sacerdozio possano essere seminari diocesani del vescovo che formano i presbìteri del vescovo, ha compiuto una azione veramente e gravemente sconsiderata.All’interno di questi seminari, in verità si formano soggetti che domani saranno preti del Movimento Neocatecumenale, ma soprattutto, più che preti del vescovo, saranno dei preti di Kiko Argüello e dei suoi mega-catechisti.
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Mi duole veramente a narrarlo ma un decennio fa, in quel di Castel Gandolfo, dove mi trovavo a predicare ed a celebrare la Santa Messa presso un istituto religioso, con uno di questi mega-catechisti venni quasi alle mani. Forse è vergognoso a narrarsi da parte di un presbìtero, ma se non fossero intervenute altre persone — che tutt’oggi ringrazio — gli avrei messo da lì a breve le mani addosso per davvero, facendogli sicuramente anche parecchio male. Mai come in quella occasione mi ero infatti sentito disprezzato e profondamente mancato di rispetto come sacerdote di Cristo e della sua Santa Chiesa. E vi prego di prestare attenzione: non ho detto che mi sono sentito disprezzato come uomo, cosa che potrei accettare prendendo il tutto come mortificazione santificante e recitando appresso tutte le Litanie dell’Umiltà composte dal Servo di Dio Cardinale Rafael Merry del Val  [cf. testo,QUI]; ho detto che mi sono sentito umiliato come sacerdote e per di più da parte di un fedele laico. E questo non è facilmente accettabile, perché il sacerdozio, che non appartiene a me ed a nessuno dei miei confratelli e di cui nessuno di noi può dirsi degno, è una dignità che nasce dalla grazia sacramentale e che come ogni Sacramento deve esser protetto e tutelato, all’occorrenza anche a costo della vita stessa.
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Questo il racconto del fatto di cui adesso rendo a tutti voi testimonianza veritiera: il mega-catechista in questione, seguendo gli insegnamenti ricevuti, prima espresse una clamorosa eresia cristologica paragonando il Figlio ad una «creatura di Dio scesa dal cielo col dono della profezia». È qui è bene per inciso precisare che definire Cristo «creatura», ossia creato, anzichéὁμοούσιος «generato non creato della stessa sostanza del Padre» [Simbolo di Fede Niceno-Costantinopolitano], è la prima delle più grandi e insidiose eresie, nota come arianesimo, condannata nel 325 dal Concilio di Nicea. Appresso seguitò con un paio di eresie pneumatologiche dimostrando di avere dello Spirito Santo un’idea a dir pocomagica, infine, sproloquiando sul Divino Figlio e sul Divino Spirito Santo, mostrò di non avere chiaro che cosa fosse il mistero della Santissima Trinità. Ma soprattutto cadde nella enunciazione della vecchia eresia modalista, diffusa principalmente da Noeto di Smirne e indicata anche come monarchianismo modalista, che conobbe il proprio sviluppo tra il II e il III secolo e che fu combattuto dal grande filosofo e apologeta cristiano Tertulliano. Pensando quindi di dire una cosa altamente ispirata alla sua mente dal suo personale e magico Spirito Santo, enunciò che «le figure del Padre del Figlio e dello Spirito Santo erano tre modi diversi attraverso i quali l’unico Dio si manifestava agli uomini». E da quella modalista scivolò così nell’eresia millenarista — o eresia gioachimita —, dicendo che «dopo l’éra della figura del Padre, che aveva caratterizzato l’Antico Testamento, ed appresso  della figura del Figlio, in seguito al Concilio Vaticano II era nata l’éra dello Spirito Santo». Ammetto che non mi era mai capitato di udire, nella spazio di così pochi minuti, una siffatta miscellanea di eresie. Sicché dentro di me pensai: il fatto che i mega-catechisti neocatecumenali usino sempre come parole magiche il concetto di «ritorno alle origini», in questa, come in altre concrete situazioni, rischia di riportarli, più che alle origini apostoliche, alle origini delle più antiche eresie di ritorno.
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Avrei potuto riprenderlo davanti a tutti, visto che quello zibaldone eretico lo aveva sciorinato dinanzi ad una platea formata da una trentina di persone, anzi sarebbe stato doveroso da parte mia dire ai presenti: costui è in grave errore, non seguite le sue parole del tutto errate, perché ben altro è il Deposito della Fede e ben altro insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica. Non lo feci, preferendo la ammonizione fraterna privata; sicché lo chiamai da parte facendogli una veloce lezione di catechismo. A quel punto, quando conclusi la spiegazione dicendo «… questi sono i dogmi della nostra Santa Fede», con una strafottenza veramente luciferina egli m’interruppe e replicò: «… e ti pareva! Dogmi … dogmi … si vede che tu sei un prete vecchio stampo pre-conciliare, lo avevo capito all’istante. Quello che conta è il kerygma, tutto il resto è roba archeologica». E detto questo aggiunse più sfottente che mai: «Vedi di aggiornarti!».
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Un mega-catechista trentaduenne che si rivolge così ad un presbitero mai visto prima, in cammino all’epoca verso i cinquant’anni, dandogli del “tu” come se io fossi stato un seminaretto della loro multinazionale dei SeminariRedemptoris Mater, non è certo il meglio della buona educazione e del rispetto dovuto da un fedele cattolico ad un sacerdote. Non indugiai però su questo, ma gli ricordai invece, in modo veramente amabile, che io ero stato consacrato sacerdote e che oltre ad essere prete ero stato anche formato da santi maestri come giurista, filosofo, teologo dogmatico sacramentario e storico del dogma, pertanto, data la sua giovane età, per l’una e per l’altra cosa avrebbe potuto portarmi perlomeno un minimo di rispetto. Questa fu la sua testuale risposta:
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«Mi sa che la teologia l’hai studiata male, perché se tu l’avessi studiata dovresti sapere che il Concilio Vaticano II ha detto che tutti siamo sacerdoti».
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Ecco che siamo giunti alla grande insidia dal sapore luterano che permea il Cammino Neocatecumenale in nome di un Concilio mai scritto dal quale prende vita la mancata corretta percezione del sacerdozio. È infatti proprio il Concilio Vaticano II che nei suoi documenti spiega e ribadisce solennemente che esistono due sacerdozi: il sacerdozio comune di tutti i battezzati [Lumen Gentium, nn. 9-17], ed il sacerdozio ministeriale o gerarchico, che è la partecipazione al sacerdozio ministeriale di Cristo, al quale sono resi partecipi per mistero di grazia solo i ministri in sacris,coloro che attraverso il Sacramento di grazia dell’Ordine sono stati consacrati sacerdoti [cf. Lumen Gentium, nn. 18-29]. È altresì lo stesso Concilio Vaticano II che chiarisce bene e senza pena di equivoco quello che nella Chiesa è il ruolo dei laici e la loro docile subordinazione ai Pastori chiamati a pascere il gregge [cfLumen Gentium, nn. 30-38]. Il Concilio Vaticano II ha anche pubblicato un documento dedicato alla vita ed al ministero dei presbiteri e del sacerdozio ministeriale, nel quale troviamo indicato:
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«Esercitando la funzione di Cristo capo e pastore per la parte di autorità che spetta loro, i presbiteri, in nome del vescovo, riuniscono la famiglia di Dio come fraternità viva e unita e la conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo. Per questo ministero, così come per le altre funzioni, viene conferita al presbitero una potestà spirituale, che è appunto concessa ai fini dell’edificazione. Nell’edificare la Chiesa i presbiteri devono avere con tutti dei rapporti improntati alla più delicata bontà, seguendo l’esempio del Signore. E nel trattare gli uomini non devono regolarsi in base ai loro gusti bensì in base alle esigenze della dottrina e della vita cristiana, istruendoli e anche ammonendoli come figli carissimi secondo le parole dell’Apostolo: “Insisti a tempo e fuor di tempo: rimprovera, supplica, esorta con ogni pazienza e dottrina”» (2 Tm 4,2) [1965,Presbyterorum Ordinis, n. 6].
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Il Concilio Vaticano II fa seguire un decreto sulla missione pastorale dei Vescovi nella Chiesa [1965,Christus Dominus]. Infine, sempre nel contesto di quegli anni, è stata promulgata un’enciclica del Santo Pontefice Paolo VI sulla dottrina e sul culto della Santissima Eucaristia [1965, Mysterium Fidei], che possiamo anche presumere che i Fondatori del Cammino Neocatecumenale ed il “braccio armato” dei loro mega-catechisti non abbiano proprio mai letto, visto e provato il modo imperterrito in cui si ostinano a trattarla, la Santissima Eucaristia.
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Inutile a dirsi, giacché dovrebbe essere ovvio: il presbitero non è un uomo che ha acquisito uno status che lo rende superiore ai Christi fideles, ma è chiamato a essere servitore devoto e padre premuroso del Popolo di Dio, dando ad esso anzitutto esempio col suo spirito di servizio. Così, nell’epoca post-conciliare, seguono altri documenti della Chiesa che pongono nella giusta luce la figura del sacerdote e del suo sacro ministero, a ben considerare quanto essa fu messa in crisi, sin dagli inizi degli anni Settanta del Novecento, sia da certe teologie maldestre sia da pensieri ereticali, proprio come quelli diffusi dagli stessi Fondatori del Cammino Neocatecumenale a partire dalle loro prime catechesi sconclusionate tenute sul finire degli anni Sessanta del Novecento nella cripta della chiesa metropolitana romana dei Martiri Canadesi. E tra questi numerosi, ed invero anche splendidi documenti successivi al Concilio Vaticano II, possiamo citare quello dedicato ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcune questioni concernenti il ministero dell’Eucaristia, dove troviamo impresse queste parole:
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«Nell’insegnare che il sacerdozio ministeriale o gerarchico differisce essenzialmente e non solo di grado dal sacerdozio comune dei fedeli, il Concilio Ecumenico Vaticano II espresse la certezza di fede che soltanto i Vescovi e i Presbiteri possono compiere il mistero eucaristico […] Negli ultimi anni hanno però cominciato a diffondersi delle opinioni, talvolta tradotte nella prassi, che negando il suddetto insegnamento ledono nell’intimo la vita della Chiesa […] Ritengono inoltre che la Chiesa è apostolica nel senso che tutti coloro che nel sacro Battesimo sono stati lavati e incorporati ad essa e resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, sono realmente anche successori degli Apostoli […] Ne consegue anche che, per quanto necessario al buon ordine della Chiesa, il ministero dei Vescovi e dei Presbiteri non differirebbe dal sacerdozio comune dei fedeli quanto alla partecipazione al sacerdozio di Cristo in senso stretto, ma solo in ragione dell’esercizio […] La chiamata a tale ministero non aggiungerebbe una nuova capacità «sacerdotale» in senso stretto — e per questo il più delle volte si evita lo stesso termine di «sacerdozio» — ma esprimerebbe soltanto davanti alla comunità che l’iniziale capacità conferita nel sacramento del Battesimo diventa effettiva […] A tale conclusione porta anche il fatto che la celebrazione dell’Eucaristia viene spesso intesa semplicemente come un atto della comunità locale radunata per commemorare l’ultima cena del Signore mediante la frazione del pane. Sarebbe quindi più un convito fraterno, nel quale la comunità si ritrova e si esprime, che non la rinnovazione sacramentale del Sacrificio di Cristo, la cui efficacia salvifica si estende a tutti gli uomini, presenti o assenti, sia vivi che defunti [Sacerdotium Ministeriale, 1983, testo integraleQUI].
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La domanda è a dir poco di rigore: con questo documento molto preciso che sarebbe bene, come tutti gli altri qui richiamati, leggere con attenzione per intero, a chi si sta rivolgendo agli inizi degli anni Ottanta del Novecento la Congregazione per la Dottrina della Fede? Per quanto invece riguarda il giovane mega-catechista di cui ho appena narrato, seppi in seguito ch’era figlio di due mega-catechisti del Movimento. E pur avendo capito all’istante quanto fosse persona arrogante e soprattutto ignorante, mi fu dettagliato che non era riuscito a finire neppure le scuole medie superiori e che in pratica faceva come lavoro il catechista, dopo avere ripetutamente fallito in alcune esperienze lavorative. Forse mi sono imbattuto in un caso isolato, od in un cosiddetto caso limite che tra queste righe, mosso da chissà quale malanimo e prevenzione, porto come se fosse una sorta di regola? No, non è così e cercherò di spiegarmi meglio con un altro esempio: nell’ormai lontano 2010, quando svolgevo con una certa assiduità il ministero di confessore in una basilica romana che è sede dell’Adorazione Eucaristica perpetua, uscii appositamente dal confessionale dentro al quale mi trovavo per richiamare all’ordine un gruppo di Neocatecumenali che in modo irrispettoso, parlando ad alta voce e ridendo, erano entrati dentro la basilica dove si trovava esposto il Santissimo Sacramento, senza un minimo cenno di rispetto e riverenza. La cosa grave era che si trattava di un gruppo di catechisti che dovevano tenere un incontro tra di loro (!?). Più del loro rumore irriverente, ben più irriverente fu la risposta del più mega-catechista tra il gruppo di mega-catechisti. Si trattava di un Neocatecumenale della prima ora, si capiva dalla sua età, modello anni Settanta del Novecento e lì rimasto fossilizzato, il quale mi replicò:
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«Ragazzo, vedi di darti una calmata, perché credo che tu abbia molto da imparare: il pane della Pasqua non è fatto per essere esposto, ma per essere mangiato come nutrimento dello spirito».
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Afferrai un pesante candeliere di bronzo dorato da una cappella laterale e gli intimai in modo molto serio:
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«Esci immediatamente sulle tue gambe, oppure preferisci che venga a prenderti tra poco l’autoambulanza per portarti d’urgenza presso il più vicino reparto di traumatologia ortopedica?»
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Detto questo mi fermo senz’altro aggiungere,perché null’altro c’è proprio da aggiungere. Forse una cosa posso aggiungerla: il giorno prima di questo avvenuto fatto, mentre stavo per cominciare il mio turno di confessioni, un’amabile anziana romana mi fece cenno con la mano di avvicinarmi a lei poco dopo la porta d’ingresso, camminava in modo malfermo aiutandosi col bastone:
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«Padre, jie posso chiede ‘na grazia pe ‘sta pòra vecchietta?».
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Feci cenno col capo e lei proseguì:
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«Lei che come prete è n’anima santa puro fosse ‘n gran peccatore, se potrebbe inginocchià ‘pe me davanti a Domnineddio, perché so’ anni che io nun me posso più inginocchià davante ar Signore. Allora domanno sempre a quarche giovane se po’  ‘nginocchiasse pe’ me. Ma poi, se pe’ me’ s’enginocchia addirittura un prete, er Signore jiè più contento ancóra».
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Ecco una vera ed autentica mega-catechista di cui i Neocatecumenali avrebbero serio, urgente e vitale bisogno, se non fossero il frutto ed il triste prodotto della confusa ignoranza e arroganza di Kiko Argüello e Carmen Hernàndez.
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Trovo avvilente che dinanzi agli evidenti errori di questo Movimento certi miei confratelli sacerdoti non esitino a tradire la missione del loro divino mandato che comporta un munus triplice: docendiregendi esanctificandi [insegnare, governare, santificare]. Piaccia o no, la nostra è una struttura gerarchica ordinata sacramentalmente, pertanto, tra il presbìtero ed il fedele laico, il rapporto non è orizzontale, a tu per tu, ma è un rapporto dall’alto verso il basso, quando il sacerdote esercita il proprio munus. E questo munus non può essere in alcun modo sovrastato dal ruolo dei mega-catechisti laici che esercitano la loro potestas del tutto indebita — poiché teologicamente, ecclesialmente e canonicamente inesistente — sulla figura dei sacerdoti stessi, ed in modo del tutto particolare su quelli appartenenti al Cammino Neocatecumenale, con triste pace per la responsabilità ecclesiale e quindi per la salute eterna dell’anima di quelle Autorità Ecclesiastiche che hanno permesso a questo Movimento, con l’apertura dei loro seminari, di potersi persino fabbricare preti a loro propria misura. Detta infatti molto brutalmente: la figura centrale, in questo Movimento, è quella dei mega-catechisti, i sacerdoti sono considerati e trattati alla stregua di puri consacratori di ostie, confezionate peraltro secondo le ricette di Kiko Argüello e distribuite come da lui stabilito.
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Se certi affiliati e certi mega-catechisti in modo del tutto particolare possono essere molto difficili da recuperare, se non attraverso vere e proprie terapie psicologiche di de-programmazione mentale, che come dicevamo in precedenza sono lunghe, costose e dagli esiti tutt’altro che certi, dalle colonne di questa nostra felice Isola di Patmos possiamo però rivolgerci a tutti coloro che potrebbero evitare di cadere in questa rete, od a coloro che, essendoci da poco caduti, ne possono uscire piuttosto agevolmente. Permettetemi dunque di concludere a tal scopo e fine con una breve catechesi sul sacerdozio, basata sugli scritti e le parole dei più grandi Santi Padri della Chiesa, ai quali spero sia riconosciuta più sapienza, grazia, autorità e autorevolezza di quella che mai hanno avuta Kiko Argüello e Carmen Hernàndez …
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… il Santo Vescovo Ambrogio afferma: «[…] la dignità del sacerdote è la più nobile fra tutte. Non c’è nulla di più eccelso in questo mondo. La dignità del sacerdote supera quella dei re, quanto l’oro il piombo. L’oro non è tanto più prezioso del piombo, quanto invece è più alta la dignità del Sacerdozio sulla dignità regale. E questo perché il potere dei re si limita ai corpi dei sudditi, ai beni materiali, quello dei sacerdoti invece si estende sui beni spirituali, sull’anima» [De Dignitate Sacerdotis].
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Il Santo Vescovo e dottore della Chiesa Agostino d’Ippona, parlando del rapporto inscindibile tra Eucaristia e sacerdozio ministeriale scrive: «O venerabile santità nelle mie mani! O felice opera! Chi mi creò mi diede potere di creare lui! Chi creò senza di me, egli stesso ha creato se stesso mediante me!» [ In Ps. 37]. Spiega in un suo sermone il Padre della Chiesa San Girolamo: «Con la parola Dio creò dal nulla cielo e terra, così, la parola del sacerdote, durante la celebrazione eucaristica, crea Cristo» [Sermo de corpore Christi]. Scrive San Clemente Alessandrino: «Quanto più l’anima è importante nel corpo, tanto più eccellente è il sacerdozio su un regno» [Constit. Ap. 1.2, c. 34]. E San Giovanni Crisostomo: «I principi esercitano potere sui vincoli del corpo; i sacerdoti anche sull’anima» [De Jac. 1.3]. Il Santo dottore della Chiesa, Bernardo di Chiaravalle così ammaestra: «Quella del sacerdote supera tutte le dignità di re, imperatori e degli stessi angeli» [Sermo ad Pastor. In Syn.]. Per seguire colDoctor Angelicus Tommaso d’Aquino il quale insegna che «La dignità sacerdotale supera anche quella angelica [3 p., q. 22, art. 1]. Forse prendendo spunto in questo da altri precedenti, perché già San Gregorio Nazianzeno insegnava anch’esso nei suoi sermoni: «il sacerdozio è venerato anche dagli angeli» [Sermo 26 de Sanct. Petr.]. San Francesco d’Assisi, quando per istruire i propri frati al sacro rispetto dei sacerdoti li mandava apposta a confessarsi da sacerdoti noti per le loro pessime condotte di vita, soleva dirgli: «Se vedessi un Angelo del Paradiso e un sacerdote, prima genufletterei davanti al sacerdote, poi davanti all’Angelo».
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All’epoca del IV Concilio Lateranense, il Sommo Pontefice Innocenzo III scrisse: «Benché la Beata Vergine sia superiore agli Apostoli, tuttavia solo a questi sono state affidate le chiavi del Regno dei cieli» [Nova quaedam de Poen. Rem.]. Concetto al quale fa eco San Bernardino da Siena in un suo sermone: «Vergine benedetta, perdonami, non intendo minimamente offenderti, ma il sacerdote prevale su di te!» [Tom. I, Sermo 20, art. 2, c. 7]. E con queste parole il Santo Predicatore intendeva spiegare e trasmettere che la Mater Dei ha concepito Cristo una volta sola, mentre il sacerdote, recitando la Preghiera Eucaristica, lo rende presente ogni volta che celebra il Sacrificio Eucaristico della Santa Messa, perché  con le sacre specie del pane e del vino lo concepisce quante volte vuole.
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Potremmo continuare a lungo con la letteratura teologica dei più grandi Santi Padri e dottori della Chiesa, ma credo possiamo fermarci per esporre un drammatico quesito: erano necessari Kiko Argüello e Carmen Hernàndez per riscrivere l’Eucaristia e con essa il sacerdozio ministeriale? Qual immane tristezza nel vedere questi preti neocatecumenalizzati che dopo avere perduta la percezione stessa della dignità che è stata a loro conferita per Sacramento di grazia, scuotono la testa in segno di assenso mentre nella sala primeggia la figura del mega-catechista che sproloquia dinanzi al povero presbìtero muto e accondiscendente, ignaro di essere stato rivestito, per sempre, per l’eternità, di una dignità che è superiore alla dignità degli stessi Angeli di Dio … che immane tristezza! E se tutto questo è accaduto, è perché la Chiesa visibile stessa ha smarrito in modo drammatico, oserei dire quasi diabolico, la dignità che Cristo Verbo di Dio incarnato, morto, risorto e asceso al cielo, ha conferita alla Chiesa sua sposa.
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Possa dunque Dio aver pietà dei gravi peccati di omissione delle nostre Autorità Ecclesiastiche, che pur di non tutelare la Chiesa ed il suo Popolo Santo seguitano a dialogare … dialogare … dialogare … lanciando al massimo, di tanto in tanto, qualche battuta di rimprovero più o meno larvata o a doppio senso. Ma nelle battute larvate di rimprovero od a doppio senso, non risiede purtroppo la salvezza: né di chi fa le battute, né del Popolo di Dio che le riceve.
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XII
CONCLUSIONE
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Tutto ciò che ho scritto è stato mosso da imperativo di coscienza sacerdotale per l’amore che nutro per la Santa Chiesa di Cristo e le membra vive del Popolo Santo di Dio, quindi per avvisare queste stesse membra che il Cammino Neocatecumenale è in tutto e per tutto un involucro solo apparentemente cattolico, che al proprio interno racchiude fuorvianti dottrine di matrice ebraico-protestante, mescolate a vecchie eresie nuovamente riformulate e attualizzate nella nostra contemporaneità. Questo Movimento si ostina, malgrado i numerosi ed inutili richiami da parte della Santa Sede, a perpetrare gravi abusi liturgici, che come spiegato in modo dettagliato in questa mia esposizione rasentano non di rado il vero e proprio sacrilegio della Santissima Eucaristia, da essi erroneamente percepita e trasmessa come gioioso banchetto e convivio fraterno, con il palese e sprezzante rifiuto dell’elemento sacrificale che rinnova nel memoriale dell’altare il sacrificio incruento della passione salvifica di Cristo Signore, che col proprio sacrificio si è fatto Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo [Gv 1, 29].
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I dirigenti di questo Movimento non hanno recepito né maturato né trasmesse tutte le dottrine del Concilio Ecumenico Vaticano II riguardanti le diverse e distinte particolarità che caratterizzano il sacerdozio comune dei battezzati ed il sacerdozio ministeriale ricevuto per grazia sacramentale dai ministri in sacris, né hanno recepito, sempre dalle dottrine del Concilio, quello che è il preciso ruolo dei laici nella Chiesa Cattolica. Questo Movimento è strutturato in tutto e per tutto come una sétta chiusa che tende a fagocitare le persone, facendo leva sulle loro debolezze e fragilità allo scopo di renderle sottomesse e quindi ancóra più deboli, mentre nostra missione, compito e scopo è di far conoscere aiChristi fideles quella verità che li renderà liberi [Gv, 8]. Per questo motivo, adempiendo al mio ruolo di pastore in cura d’anime, di confessore e di direttore spirituale, ogni volta che si è presentata l’occasione, ho sempre sconsigliato i fedeli dall’intraprendere qualsiasi genere di percorso per la riscoperta o l’approfondimento della fede cattolica all’interno di questo Movimento dove imperversano gravi disordini liturgici ed errori dottrinari.
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Eventuali contestazioni a mio carico da parte dei Neocatecumenali, da me pubblicamente accusati di promuovere abusi liturgici e dottrine ereticali, sono e restano del tutto irrilevanti e destituite sin d’ora di fondamento, se prive di verità oggettiva e di rigore scientifico. È stato infatti con rigore storico, teologico, ecclesiologico e giuridico — e non certo mosso da istinti emotivi — che ho indicato l’evidenza provata e documentata dei loro errori, riscontrabili da chiunque partecipi in giro per il mondo alle loro esotiche liturgie od alle catechesi tenute da numerosi dei loro catechisti altamente impreparati. Se però loro ritengono che in errore sia io, in tal caso devono sottoporre questo mio scritto alla Congregazione per la Dottrina della Fede, chiedendo ad essa che indichi i miei errori e che poi mi obblighi a pubblicare, sulla stessa rivista in cui ho pubblicato questa mia disamina critica, il testo di disapprovazione nei miei riguardi in cui il competente Dicastero attesta invece la piena legittimità, in quanto approvate dalla Santa Sede, delle liturgie eucaristiche celebrate dai Neocatecumenali in grave difformità ai libri liturgici ed all’Ordinamento Generale del Messale Romano, quindi la piena legittimità, in quanto approvate dalla Santa Sede, delle loro catechesi orali non conformi al Catechismo della Chiesa Cattolica, ed infine la piena legittimità, in quanto approvate dalla Santa Sede, delle figure dei catechisti laici che sovrastano e che pongono in secondo piano dinanzi ai fedeli la figura del sacerdote di Cristo.
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In caso contrario, che i Neocatecumenali tacciano,perché sarà meglio per loro e per la salvezza delle loro anime, anche perché dubito seriamente che la Santa Sede, a loro difesa, accetti di contraddire, o peggio di smentire, i principali documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II e quelli del Magistero della Chiesa. È stato infatti facendo rigoroso uso scientifico di questi documenti che i Neocatecumenali si ostinano di fatto a non rispettare, che ho messo in chiara luce — ed unicamente per imperativo di coscienza —, le loro gravi e pericolose eresie, alle quali uniscono un uso arbitrario, ed a volte persino sacrilego, della Sacra Liturgia Eucaristica. E da tutto questo, il Popolo Santo di Dio, va invitato a mantenersi lontano. «Guai ai pastori che distruggono e disperdono il gregge del mio pascolo» [Ger, 23].
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Dall’Isola di Patmos 27 marzo 2019
Autore:
Ariel S. Levi di Gualdo












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