ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 19 marzo 2019

La vita che che conducono essi stessi

DIO-PATRIA-FAMIGLIA: CHE VITA DE MERDA




Non appaia irriverente questo titolo, perché riproduce alla lettera il contenuto di un cartello che è stato portato a spasso nei giorni scorsi da un personaggio pubblico che dovrebbe rappresentare tanti di noi e invece rappresenta il livello “culturale” che caratterizza certi “dirigenti” moderni, italiani e stranieri.

Non facciamo neanche il nome del personaggio, trattandosi ovviamente di materia che attiene più alla zoologia che all’umanità. Ci limitiamo a constatare che viviamo in un mondo che va perdendo sempre più il bene dell’intelletto. E se si pensa che tali espressioni di “maturità” e di “intelligenza” sono opera di un essere umano, ci si chiede se non sia andato perduto perfino il senso sia dell’essere sia dell’umano.

Quanto all’essere, ci sembra chiaro che siamo giunti al punto che è stato sostituito dall’avere, sia nel senso di oggetto sia nel senso di cosa posseduta. Quanto all’umano, appare evidente che lo si vive solo ai livelli più bassi, attinenti alla mera animalità, con deliberata esclusione della razionalità.
Una volta si era convinti che l’uomo fosse l’unico essere vivente fornito di intelletto e di ragione, oggi pare che, buttate alle ortiche il raziocinio e il pensiero, sia rimasto solo un essere che non vive neanche in base all’istinto innato, come gli animali, ma in base alla soggezione alle pulsioni viscerali, incontrollabili e incontrollate, solo col residuo uso della parola, tanto per poter emettere suoni altisonanti, spesso privi di senso compiuto.

Ora, passi per Dio, dal momento che il livello infimo di certo odierno intelletto comune non riesce neanche a immaginare che ci sia, anche se è evidente che c’è; ma misconoscere la patria – o se si vuole perfino la “matria” – significa semplicemente essere convinti che si sia nati dal mitico “cavolo”. Lo stesso dicasi per la famiglia, come se certi moderni personaggi fossero convinti di essere usciti fuori da qualche provetta di laboratorio. Ma basterebbe chiedersi perché un ammasso di cellule scientificamente organizzate dovrebbe avere la possibilità di parlare e perfino di pensare e di scrivere, per far nascere il dubbio che non si sia solo un grumo di materia brulicante.

E tuttavia, a guardarsi intorno si rimane attoniti per il livello di pochezza che caratterizza gran parte delle manifestazioni del vivere moderno. Gente che si mette avanti per guidare gli altri – come ciechi che guidano altri ciechi; gente che si mette a scrivere per “informare” gli altri – ripetendo senza sosta e senza discernimento i suggerimenti che arrivano loro da fuori, senza neanche sapere da chi; gente che si dà alla vita religiosa – pretendendo di suggerire agli altri come si faccia a vivere al meglio senza regole e senza autocontrolli, come se una delle attività eccelse dell’uomo fosse alzarsi il mattino e andare in bagno.
E in mezzo a tanta pochezza – che talvolta come in questo caso giunge fino alla “monnezza” – ecco fiorire strane iniziative, come quella che pensa di avvisare gli altri che stiamo per soccombere al cosiddetto “disastro climatico”, che avremmo il dovere di prevenire e perfino di curare con quella stessa pochezza di partenza.
Se ci si chiede cosa possa essere un manicomio, ci sembra che basti guardarsi intorno per avere la risposta.

Chi ha confezionato quel cartello, per mostrarlo in giro, pare che ce l’abbia in particolare con la famiglia e soprattutto con coloro che credono che la famiglia sia una realtà, una realtà che rientra a pieno titolo nell’ordine normale dell’esistenza – anche gli animali hanno una famiglia -; ma evidentemente c’è chi crede che il reale non esiste e se esiste non dovrebbe esistere. Più manicomio di così si muore!

Ci viene sempre da ricordare che tanto sfacelo ci è stato predetto e che quindi dovremmo essere più attenti, ma poi ci rendiamo conto che non servirebbe perché il vero sordo è chi non vuole sentire. E non c’è peggior sordo dell’uomo moderno che oltretutto è ulteriormente assordato dai rumori che produce egli stesso, quasi alla disperata ricerca di una sorta di ubriacatura che gli impedisca di riflettere e gli permetta di compiacersi del nulla che continua a inseguire convinto che sempre più in là finirà col trovare il paese delle meraviglie, dove sarà tutto zucchero e miele, certamente “ecologici”.

In tanto scompiglio, non resta che ritagliarsi un angolo appena al riparo dove si abbia la possibilità di schivare i dardi avvelenati che oggi tutti si lanciano gli uni gli altri, come in un giuoco da baraccone… e chi fa centro vince subito un mongolino di cartapesta.
Da questo si capisce come possano esserci dei personaggi che parlano di “vita de merda”, vita che quasi sicuramente è quella che conducono essi stessi, perfino compiaciuti, contenti di sghignazzare di Dio, di sfottere la patria e di sputare sulla loro stessa famiglia a cui devono la vita. Personaggi che, se pure apparentemente reali, sembrano immersi nella boccia con l’acqua in cui muovono la coda per tenersi con la bocca fuori a fare “glu-glu”.

Chi oggi può contare le sue primavere in vista della chiusura della parabola del vivere su questa terra, se si guarda intorno si chiede che ne sarà di quelli più giovani, che ne sarà delle sedicenni e dei ventenni che marinano la scuola per gridare agli “altri” che devono fare i buoni, altrimenti loro a breve se la vedranno brutta. Che ne sarà di costoro che già adesso se la stanno vedendo brutta, che ne sarà? Ma forse non ci sarà un “sarà” perché ormai tutto sta per consumarsi, e come una candela giunta alla fine del moccolo, dopo il residuo fiammeggiare, tutto si spegnerà, lasciando il cattivo odore del moccolo bruciacchiato.

Il consiglio che diamo a noi stessi e che ci sentiamo in dovere di suggerire a certi personaggi dalla “vita de merda”, è che è meglio appartarsi in una stanza a riflettere sul perché siamo in questo mondo e su cosa possiamo fare per cercare di vivere per ciò che siamo, senza immaginarci di poter essere diversi da come siamo, tanto non siamo noi che ci siamo fatti e non siamo noi che potremmo farci secondo la nostra immaginazione malata, perché se questo fosse stato possibile lo avremmo realizzato da tempo, senza dover vivere una “vita de merda”.

di
 Belvecchio

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