Non è che «oltre la linea» uno voglia avventurarsi per passatempo, per esibizionismo o per masochismo. Né per un mero esercizio di retorica anticonformista. No. Tutto il contrario. C’è chi oltre la linea si trova già, suo malgrado, e non gli resta che cercare di resistere al vento di pazzia che soffia implacabile e sempre più forte senza risparmiare alcun anfratto praticabile. Io mi sento esattamente così, esposta alle intemperie, e di ripari non ce n’è, tocca costruirseli da soli rimboccandosi ben bene le maniche, tutti i santi giorni. Le boe – di natura, di morale, di fede – non possiedono più titolari visibili e per questo diventa sempre più arduo segnalarle ai naviganti, a partire dai nostri figli esposti a ogni genere di suggestione straniante che viaggia in groppa a diavolerie tascabili di potenza mai vista.
Non solo non possiamo accodarci a nessuna guida, ma dobbiamo esortare chi ci sta a cuore a rifuggire come la peste la sequela di quelle accreditate come tali nell’immaginario collettivo e nel sentire diffuso. I luoghi percepiti come sicuri – scuola e chiesa innanzitutto – sono diventati i più distorsivi, e non è affatto un’iperbole, basta provare a sbendare un occhio. Anche solo uno.
Ci hanno cambiato la lingua, ci hanno cambiato i codici di comportamento e le categorie del pensiero. Ci hanno cambiato sotto il naso persino la nostra religione. O meglio: hanno cominciato da quella, in tempi non sospetti, e tutto il resto dietro a fari spenti. Ci hanno sfilato via la realtà da sotto gli occhi e l’hanno sostituita con una rappresentazione talmente subdola e talmente pervasiva da risucchiare cose e persone, attratte nel buco nero della alienazione fisica e mentale dall’illusione della (falsa) libertà, dal mito del (falso) progresso, dalla malìa del multibuonismo cosmopolita, ecumenico, ambientalista ed equosolidale: approdi facili, già pronti, certificati dall’autorità competente per sollevare l’omino-massa dall’onere del ragionamento e renderlo in automatico una bella persona, specchiato cittadino, civico e civile, socialmente rispettabile e umanamente inattaccabile. Chi lo fa fare, a uno che vuol vivere tranquillo, di rifiutare tanta grazia a costo zero: mangime precotto, consenso assicurato?
Ma hanno fatto anche di più. Ci hanno tolto la percezione stessa della verità perché quelli che dovrebbero insegnarla – anzitutto insegnare che esiste – sono i primi ad averla tradita e addirittura negata, ostentando puerile esultanza per la partecipazione, finalmente autorizzata, all’orgia relativista. Orgia liberatoria quanto deturpante e suicida.
Dentro un imponente sistema globale che si regge sulla menzogna – apparecchiata da qualcuno, alimentata da altri, accettata da tanti altri ancora: poche mosche cocchiere, una valanga di utili idioti – ogni elemento suona lo spartito che gli è assegnato, previamente vidimato dal direttore d’orchestra per la riuscita del grande concerto trasmesso a reti unificate. Il controcanto è contemplato, sì, ma solo fino a quando non disturba la melodia d’insieme.
Per esempio? Per esempio è consentito starnazzare liberamente contro gli uteri in affitto in nome della libertà della donna (il bambino, uomo di domani: non pervenuto) – è lo stalking horse eletto dal potere, laico ed ecclesiastico, per far sfogare i finti antagonisti e incanalare i dissidenti dietro un falso bersaglio – ma è silenziata ogni voce che si levi contro la fabbricazione dell’essere umano in laboratorio, abominio originario da cui discendono tutti gli esiti distopici del transumanesimo galoppante (tenuti accuratamente nascosti al vasto pubblico, ma tragicamente reali).
Per esempio, si può abbaiare alla luna contro la “teoria” del gender purché la sua pratica proceda indisturbata e devastante: «abbiamo vinto!» hanno il coraggio di strillare i sedicenti difensori dei figli altrui sorridendo all’obiettivo dalle stanze del potere, e intanto sesso e gender dilagano per legge in tutte le scuole e la triptorelina e il pillolame dei giorni dopo seminano morte e disperazione precoci. E si potrebbe continuare a lungo a raccontare i danni incalcolabili generati dai quisling (tutti cattolicissimi, of course) che, forti del loro distintivo pro-vita e pro-famiglia appuntato sulla giacchetta, giocano a fare gli oppositori sulla pelle degli innocenti. E assicurano acquiescenza alle tappe progressive della dissoluzione.
Ecco, la “linea” in fondo è proprio questa: è il confine invisibile che il Potere ha voluto tracciare per contenere lo scibile e il discutibile entro confini funzionali al proprio indisturbato esercizio. È uno strumento di controllo del dissenso: dissenso che viene ammesso, e sinanco favorito (in omaggio al totem del “pluralismo democratico”), finché non ci si spinga “oltre”.
Oltre – ammonivano minacciosamente le mappe antiche – sunt dracones, ed è sconsigliato avventurarsi e, chi lo fa, lo fa a proprio rischio e pericolo. Oltre sono relegati gli argomenti impensabili e irriferibili e quelli (apposta) dimenticati e cancellati dalla scena perché pericolosi per la salute e la pace (dei sensi) collettiva.
Ma la mappa dell’universo conosciuto e conoscibile è una mappa creata artificialmente per tenere in gabbia gli amanti del quieto vivere e gli aspiranti al riconoscimento dell’autorità, fosse pure un minipremio di consolazione o un semplice attestato di partecipazione. Tutti, o quasi, accettano la narrazione topografica ufficiale; la abbracciano per miopia o per comodità, per ignavia o per convenienza, nella speranza di restare a galla o di ricavarne qualche rendita di posizione.
Tra gli allineati, in prima fila il cattolicume benpensante, molto orante e molto deferente, formato alla vecchia scuola del compromesso obbligatorio, quella che ha regalato tante soddisfazioni, negli anni, alla ideologia massonica radicale; quel cattolicume ammaestrato a piantar paletti sempre e comunque in nome del male minore, famigerato simbolo della premiata ditta democristiana.
Ma anche, poco dietro, l’altra parte dell’universo cattolico, quello che si proclama tutto d’un pezzo a parole, ma nei fatti si struscia sui collaborazionisti per indole o per professione. Perché poi, alla fine, il richiamo all’ordine costituito seduce eccome. La paura dell’isolamento e l’attrazione al gruppo conforme – fosse anche per andare insieme al macello (se comune, il mal è pur sempre mezzo gaudio) – tendono a prevalere su qualsiasi anelito di verità.
A coprire il tradimento, in fondo, è sufficiente qualche artificio para-teologico a effetto (primo tra tutti: è il diavolo che divide, dunque bisogna stare uniti), e anche la faccia è salva così come la coscienza. Nel circo barnum del cattolicesimo da avanspettacolo, c’è posto per tutti, nani e ballerine, acrobati e clown tristi, ingresso libero per grandi e piccini purché si inchinino al “beatissimo” impresario e ai suoi maggiordomi di servizio. No grazie, me ne sto volentieri fuori dal tendone, c’è una manciata di amici su cui contare e magari càpita pure di fare incontri di inaspettata ricchezza. Non si sta accomodati al calduccio, è vero, ma si vedono cose e persone alla luce naturale, non falsata dai riflettori sparati dalla regia apposta per alterare i colori del mondo.
Mentre all’interno si canta si balla e si applaude, o si fa finta, forse qualcuno con l’indole del cane sciolto (o selvaggio, a scelta) può prendersi la briga di scattare qualche istantanea oltre la linea e di disegnare alcuni stralci di una nuova mappa, sparigliando le parole d’ordine del politicamente e cattolicamente corretto (il repertorio è il medesimo, la legenda pure); e di piantare qua e là qualche bandierina laddove vogliono farci credere che abitano i mostri mentre i mostri ci stanno divorando qui ed ora senza che noi sappiamo riconoscerli.
Elisabetta Frezza
Maggio 30, 2019
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