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mercoledì 1 maggio 2019

Il Prozac ha maggiore efficacia del Vangelo?

IL VELENO DEI PERFIDI MAESTRI


Guardarsi dai "perfidi maestri" che schizzano veleno. Oggi Freud vale più di Gesù Cristo, e il Prozac ha maggiore efficacia del Vangelo? Ma davvero si può star bene con se stessi calpestando "la verità, il bene e la giustizia"? 
di Francesco Lamendola  

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Immaginiamo un giovane il quale si accorga di provare attrazione per le persone del suo sesso, che ne sia turbato e che, pertanto, decida di rivolgersi a uno psicologo, per avere qualcuno che lo aiuti a far chiarezza in se stesso e a ritrovare la giusta via. In  novantanove casi su cento, si sentirà chiedere perché pensa che in lui qualcosa non vada; si sentirà rivolgere domande sui suoi genitori, sulla educazione cattolica ricevuta, sull'ambiente in cui vive; e alla fine verrà guidato a pensare che non esiste alcun problema; che gli unici problemi sono quelli causati da chi non capisce, dalla società moralista, dai genitori bigotti; e di lasciarsi andare ai suoi istinti, perché reprimere gli istinti genera le nevrosi e, nei casi più gravi, può condurre al suicidio. Ora proviamo a immaginare che quel ragazzo sia credente, e quindi decida di rivolgersi a un sacerdote, per avere guida e conforto spirituale nelle sue angustie interiori. 

Con il clima che c'è oggi nella Chiesa cattolica, esiste un'alta probabilità che incontri un sacerdote il quale la pensa più o meno come lo psicologo laico, e che cercherà di mostrargli l'infondatezza delle sue preoccupazioni; gli spiegherà che deve accettarsi, volersi bene così come è realmente, confidando che Gesù ci ama e ci accetta così come siamo, con tutte le nostre tendenze naturali. In pratica, sia lo specialista che il sacerdote, pur muovendo, in teoria, da due punti di vista ben diversi, da due antropologie le quali dovrebbero essere l’una all’opposto dell’altra, in pratica poi gli diranno sostanzialmente la stessa cosa, con poche sfumature di differenza: che ciascuno ha il diritto di realizzarsi e di cercare la propria felicità; che non esistono cose giuste o sbagliate in ambito sessuale, ma solo cose che si desiderano o che non si desiderano; e che se gli altri non accettano le scelte di vita del prossimo, quello è un problema loro, dovuto alla loro paura di guardare in se stessi le proprie zone d'ombra.

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Ma davvero si può star bene con se stessi, domandiamo, calpestando la verità, il bene e la giustizia? E la stessa domanda la vorremo rivolgere a tutti questi neopreti della neochiesa: non vedete che pretendete di servire due padroni, Cristo e il Diavolo, perché il principio esclusivo del piacere viene da Satana e non certo da Dio? Non vedete che siete gli agenti del Male?

Questo è solo un esempio; potevamo farne cento, mille altri. Potevamo immaginare persone che sono travagliate da dubbi, rimorsi, sensi di colpa, o che soffrono per traumi psicologici e morali di ogni tipo; persone ferite dalla vita che cercano la verità, che cercano la luce, che cercano il bene, in mezzo a cadute, colpe ed errori. Ecco l'adultero, che non riesce a capire se ama davvero sua moglie o l'amante, o forse nessuna delle due; ecco il complessato, che ha vissuto all'ombra del fratello più bravo, più intelligente, più sicuro di sé, più estroverso, masticando umiliazione e rancore; ecco l'umiliato, che sua madre ha fatto sentire una nullità, un incapace, per tutta la vita, ma dalla quale non ha mai saputo staccarsi; ecco l'invidioso, che si angustia perché il meritato successo premia sempre qualcun altro, e mai lui; ecco l'incestuoso, che si porta dentro, da sempre, un segreto inconfessabile, il fatto che sua sorella è la sua amante fin da quando erano adolescenti, e invano ha poi cercato di trovare un'altra figura femminile che lo emancipasse da quella sorella amata e odiata, e gli consentisse di vivere una vita normale, senza doversi nascondere davanti a tutti, senza dover arrossire di fronte ai propri genitori, ma lei non lo lascia andare, ha minacciato il suicidio e già due volte, tre volte, ha provato a togliersi la vita, quando ha temuto che lui si allontanasse davvero. Ed ecco l’avaro, che ha negato un prestito di vitale importanza a suo fratello, la cui azienda era sull’orlo del fallimento, e poi quel fratello si è ammalato ed è morto di tumore al fegato, e non c’è stato più il tempo di rimediare, di fargli sapere che lui lo amava: e adesso è torturato dai sensi di colpa, ha perso la voglia di vivere, eppure nemmeno ora è riuscito a liberarsi dalle catene della propria avarizia. Il mondo è pieno di sconfitte, di ferite e di sofferenze più o meno abilmente nascoste, di persone che vogliono sembrare tranquille e felici, e invece vanno avanti a forza di tranquillanti e di ansiolitici. Tutti costoro cercano, come sempre è avvenuto in simili casi, un orecchio nel quale versare le loro pene segrete, una spalla amica sulla quale appoggiarsi, e soprattutto, se possibile, una parola saggia di consolazione e di conforto, e delle indicazioni concrete su come fare per uscire dalla palude del disordine spirituale, dell’angoscia e della disperazione. Una volta questa figura amica quasi tutti l’avevano, e si rivolgevano a lei con fiducia; oggi non l’ha quasi più nessuno, e allora si va, a pagamento, da sedicenti specialisti, psicologi, psichiatri, psicanalisti, oppure da maestri di meditazione di yoga, di antroposofia, eccetera; mentre i credenti vanno dal sacerdote, se pure ci vanno, dato che gli stessi sacerdoti (vedi quel che ha detto in proposito il signor Bergoglio), quando versano in difficoltà di tipo esistenziale, non disdegnano di rivolgersi, anzi lo preferiscono, agli psicanalisti. Si vede che anche loro sono persuasi che Freud vale più di Gesù Cristo, e il Prozac ha maggiore efficacia del Vangelo. È un segno dei tempi, e ne prendiamo atto.

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Il mondo è pieno di sconfitte, di ferite e di sofferenze più o meno abilmente nascoste, di persone che vogliono sembrare tranquille e felici, e invece vanno avanti a forza di tranquillanti e di ansiolitici!

Ebbene, questa figura di consigliere, di direttore spirituale, di maestro dell’anima, è divenuta, essa stessa, un elemento importantissimo nella cinghia di trasmissione del disordine costituito di questa cultura edonista, materialista, relativista, parolaia, cialtrona, radicalmente amorale, utilitarista e libertaria, cioè fondata su un concetto errato della libertà, la quale ci sta conducendo al tracollo e produce un malessere sempre più grande, sempre più disperato. Sarebbe come se un malato andasse dal medico, e questi gli prescrivesse dei farmaci che aggraveranno infallibilmente il suo male, facendolo soffrire ancor più di quanto egli già non soffra. Oppure sarebbe come se un cittadino che è stato vittima di una rapina, di un’aggressione, si rivolgesse alle forze dell’ordine e si ritrovasse ad essere imputato di qualche reato, e costretto a difendersi per non finire in prigione, lui che con fiducia si era indirizzato alla giustizia per essere difeso. Eppure la situazione è proprio questa: la società è popolata di maestri velenosi che schizzano il loro veleno, quasi sempre a pagamento, sulle persone che si rivolgono a loro per essere aiutate a ritrovare la retta via, a fare un po’ di ordine nella propria vita. Questi sofisti dalla lingua biforcuta, questi maestri del relativismo e dell’inganno li circuiscono con melliflue parole, invocano la libertà e il diritto ad esser felici, sostengono che abbiamo una sola vita a disposizione e che quindi la dobbiamo vivere sino in fondo, sino alla vecchiaia, senza tralasciare alcuna occasione di trovare il piacere, di far nuove esperienze, anche le più trasgressive, purché tali da gratificarci, da procurarci delle emozioni di segno positivo. Questi maestri fasulli, questi lupi travestiti da agnelli, venali, avidi, cinici e senza scrupoli, non esitano ad accarezzare i lati più oscuri della natura umana, per veicolare la macabra dottrina nichilista del mago nero Aleister Crowely: Fa’ ciò che vuoi. Coltivano la propria popolarità sfruttando le debolezze umane e proclamando che non esistono debolezze, ma aspirazioni; che non ci sono peccati, ma solo errori, quasi tutti rimediabili; che non esiste una morale comune, una morale assoluta, ma che ognuno ha il diritto di “realizzarsi” come crede, infischiandosene di tutto il resto, intendendo, per “realizzarsi”, gratificare al massimo il proprio piccolo io meschino, superficiale ed egoista.

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Guardarsi dai perfidi maestri, che schizzano veleno. Oggi, Freud vale più di Gesù Cristo, e il Prozac ha maggiore efficacia del Vangelo?

Schizzano veleno a più non posso, perché forniscono una base razionale, si fa per dire, e naturale, sempre si fa per dire, al libertinismo dilagante, di cui sono i promotori e i principali fruitori: più disordine si diffonde nei costumi della società, più clienti avranno sempre da spennare, cioè, volevamo dire, più persone incerte e sofferenti avranno da aiutare. E loro le aiuteranno, eccome se le aiuteranno. Le aiuteranno a veder chiaro in se stesse; a dire di sì ad ogni impulso, purché non comporti il rischio di finire in galera; ma se quel rischio non c’è, perché no?, tutto è lecito, perché tutto viene dai nostri bisogni naturali. Divorzio, aborto, eutanasia, libertà di drogarsi, vanno nella stessa direzione della pratica del sesso omofilo, o del transessualismo, o della pederastia, altrimenti detta pedofilia del maschio adulto verso un maschio impubere, cioè, in buona sostanza, del far l’amore coi bambini e gli adolescenti. Come avveniva nella comunità del Forteto, esempio quasi perfetto, alla sua maniera, di contro-educazione perversa e libertina, messa in opera, non a caso, dagli eredi spirituali del “grande” maestro don Lorenzo Milani. Perché ogni epoca ha i maestri che si merita; ogni epoca ha i suoi modelli, le sue figure di riferimento, i suoi eroi che suscitano l’ammirazione e l’imitazione da parte delle masse. E se la nostra epoca ha avuto, e ha tuttora, quali maestri e modelli Aleister Crowley (o meglio i Beatles, che volgarizzavano le sue idee e le mettevano in musica per un pubblico di milioni di giovani) e preti alla don Milani, i quali poco parlavano di Dio e molto, troppo, di conflitto sociale e contestazione della autorità, non senza implicazioni e sottintesi omoerotici, qualche motivo ci dovrà pur essere: nulla nasce dal nulla, tutto ha una causa e una ragione. Anche quest’ultima, però, è una convinzione che nasce dalla visone finalistica; finalismo che la cultura dominante respinge, avendolo sostituito col casualismo. Non domandiamoci perché accadono le cose: accadono, e basta. Non mettiamoci a giudicare, essi dicono: chi giudica si è separato dalla vita; ma chi è nella vita, vive senza giudicare. Dunque, non domandiamoci perché un adulto ha voglia di fare all’amore con un bambino o con una bambina: ne ha voglia e basta. Deve sempre esserci un perché? Ebbene, se proprio volete un perché, eccone uno che si giustifica da sé: perché ne abbiamo voglia. Non è forse sufficiente? Per il resto, piantatela di fare i moralisti, di giudicare e di cercare sempre una spiegazione razionale. Il bello della vita è lasciarsi afferrare dalle emozioni, viverle sino in fondo. E chi non ha compreso questo, essi dicono, allora non ha compreso proprio nulla dell’arte di vivere.

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Oggi gli artisti possono mettere degli escrementi in un barattolo, e rivendicare la liceità e la pregnanza delle loro opere d’arte; come i filosofi possono dir tutto e il contrario di tutto con la scusa del pensiero debole!

Guardarsi dai perfidi maestri che schizzano veleno

di Francesco Lamendola

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