AMAZONIS LAETITIA. ECCLES CI SPIEGA CHE COSA ACCADRÀ AL SINODO. ATTENTI A CRITICARE…LEGGETE FINO IN FONDO.
Cari Amici e nemici di Stilum Curiae, vi sto per fare un regalo. Un grande giornalista, e un grande maestro di giornalismo mi ha insegnato, quando ero ancora molto giovane, che far piangere, provocare commozione, scrivendo è facile; quello che è difficile è far sorridere, o ridere. E se ci fate caso i grandi umoristi sono ben pochi, rispetto ai cantori del tragico. Oggi vi ho tradotto una piccola perla trovata su quel sito inglese, Eccles, (nel disegno un’autorappresentazione) di cui vi ho già parlato almeno una volta. È un breve commento intitolato
Amazonis Laetitia
L’Instrumentum Laboris per il prossimo sinodo amazzonico è stato pubblicato, e qui ci sono alcuni estratti del documento, che è stato curato dal cardinale Blopipe (pronunciato “Blo-pee-pay”), il nunzio speciale nella giungla amazzonica. Ci aspettiamo di vedere molti futuri sinodi intitolati ai fiumi, tra cui il Sinodo del Mississippi, il Sinodo dello Yangtze e – il più eretico di tutti – il Sinodo del Reno, nel quale i vescovi tedeschi saranno incaricati di “lavare via tutti i vecchi insegnamenti”.
Come sempre, la Chiesa cattolica è guidata dalla sua fede nella Dea Madre Terra e dai suoi Spiriti accompagnatori, di cui menzioniamo Viracocha, Quetzalcoatl, Bergoglio, Maradiaga, ecc. È stato naturalmente scoperto che la dottrina si è evoluta dal noioso vecchio primo Secolo e lungo le linee seguenti.
(Viracocha)
“La pace sia con te!”
Matrimonio dei sacerdoti. A seguito di ricerche approfondite sulle usanze della Chiesa, è stato deciso che i preti potranno sposarsi, ma nessuno dovrebbe avere più di sei mogli. Per coincidenza, questo ci mette in linea con le migliori pratiche nella Chiesa d’Inghilterra, il cui fondatore aveva anche sei mogli; quindi può essere considerato un gesto ecumenico.
Sacrifici umani. Questa è un’area teologica grigia, ma molto importante, e quindi abbiamo relegato la nuova dottrina a un’ambigua nota a pagina 94. È generalmente riconosciuto che i sacrifici umani sono nella migliore delle ipotesi una forma opzionale della liturgia (come il “segno di pace” ma meno offensivi), e ci aspettiamo che i vescovi tedeschi prendano il comando qui. A condizione che il “discernimento” e “l’accompagnamento” siano messi in risalto, chi siamo noi per giudicare?
(Lo spirito di Vatic-Inca II)
Donne sacerdote e diaconesse. Tradizionalmente la Chiesa cattolica ha affermato che è impossibile ordinare le donne agli ordini sacri (vedi l’enciclica Retro in Cocinatorium (“Torna in cucina”). Tuttavia, vi sono prove (grazie, padre Martin!) che in realtà tre dei dodici apostoli erano donne, e uno non era affatto sicuro, e non abbiamo nemmeno menzionato il punto di vista secondo cui Maria Maddalena avrebbe fondato la Chiesa. Quindi è decisamente un’area grigia, e se è una cosa per cui la Chiesa è qui, è quello di fornire Jobs for the Boys (e Girls!). Quindi borbotteremo ambiguamente su questo per alcuni mesi finché improvvisamente tutti noteranno che molti dei sacerdoti sono di fatto femmine.
Cerbottane liturgiche. Qui stiamo sottolineando la tradizionale linea Cristiana che sparare col dardo avvelenato al tuo prossimo (con la punta intrisa del veleno del serpente Blasus Cupichus) durante la Messa è considerato maleducato; tuttavia, alcuni vescovi possono scegliere di consentire l’usanza. Il sacerdote, d’altra parte, può sparare con cerbottane adeguatamente benedette ai membri indisciplinati della congregazione, anche se, come per la Messa in forma straordinaria, questo è qualcosa che non incoraggiamo veramente.
(Il card. Blopipe nella pratica liturgica)
Dubia, correzioni filiali, lettere maledette da teologi, ecc. Queste saranno ignorate, come al solito, tranne che se scopriremo dove vivete, potreste improvvisamente sparire. Inteso?
Courtesy of E. Tosatti
Marco Tosatti24 Giugno 2019 19 Commenti --
Sinodo amazzonico / Un sito per tenerlo sotto osservazione
José Antonio Ureta, cileno, autore del libro Il “cambio di paradigma” di Papa Francesco: continuità o rottura nella missione della Chiesa? Bilancio quinquennale del suo pontificato, scrive così a proposito dell’Instrumentum laboris della prossima Assemblea straordinaria del sinodo dei vescovi pubblicato reso noto dal Vaticano nei giorni scorsi.
Il commento di Ureta è disponibile nel nuovo sito
che vuole essere un osservatorio critico sul prossimo sinodo, per denunciare il tentativo di utilizzare l’assemblea dei vescovi dedicata all’Amazzonia come «rampa di lancio» di una Chiesa sincretista, nella quale «niente sarà più come prima», come ha annunciato il vescovo Franz-Josef Overbeck.
«Come la Teologia della liberazione – spiega Ureta – anche l’Instrumentum laboris basa le sue elucubrazioni non sulla Rivelazione di Dio contenuta nella Bibbia e nella Tradizione, ma sulla realtà della supposta “oppressione” a cui sarebbe soggetta l’Amazzonia la quale, da semplice area geografica e culturale, passa ad essere “interlocutore privilegiato”, “luogo teologico”, “luogo epifanico” e “fonte della rivelazione di Dio” (n° 2, 18 e 19)».
Nell’Instrumentum laboris l’ecologismo diventa teologia e il peccato originale è identificato con la rottura dell’armonia fra uomo e natura, non fra l’uomo e Dio. La salvezza non sta dunque nel ritorno a Dio e nel rispetto della sua legge eterna, ma nel guardare ai popoli indigeni come esempio da seguire, in quanto solo loro vivono in armonia con il creato.
Dall’ecologismo all’indigenismo il passo è breve. L’indigeno, a dispetto della realtà, diventa una sorta di mito, per cui non si tratta più di convertire alla fede cattolica, bensì di «“integrare»”. Ma poiché la Chiesa cattolica, secondo questa visione, è troppo legata alla cultura dei malvagi popoli sviluppati e colonialisti, è chiaro che l’integrazione consiste in realtà nel riconoscere la superiorità dei saperi, dei riti e dei simboli delle culture indigene.
Se ne deduce che gli indigeni, essendo perfetti, non hanno bisogno del Vangelo. Semmai è la Chiesa cattolica che deve imparare da queste comunità per rivitalizzarsi e purificarsi.
Nell’Instrumentum laboris si parla, come sappiamo, anche di preti sposati e sacerdozio femminile, ma il cuore dello scardinamento sta in questo miscuglio confuso di teologia ecologista e di ideologia indigenista.
Il documento arriva a raccomandare che la nuova teologia sia insegnata ovunque e che la Chiesa invece di fare evangelizzazione per convertire si limiti a «“dialogare»”, poiché «“il soggetto attivo dell’inculturazione sono gli stessi popoli indigeni»” (n° 122).
Insomma, evidente è la subordinazione, tanto che la Chiesa è chiamata fare propri elementi pagani e panteisti, come «la fede in Dio Padre-Madre Creatore», i «rapporti con gli antenati», la «comunione e l’armonia con la terra» (n° 121) e la connessione con «le varie forze spirituali» (n° 13).
L’obiettivo? Non la conversione, non l’adesione alla legge divina, ma l’«“armonia tra i cicli della vita umana e la natura»”, e l’«“equilibrio tra gli esseri umani e il cosmo»”.
Se «”dal punto di vista ecologico – osserva Ureta – l’Instrumentum laboris rappresenta l’accettazione da parte della Chiesa della divinizzazione della natura promossa dalle conferenze dell’Onu sull’ambiente»”, dal punto di vista ecclesiale siamo di fronte a un «“terremoto»”, perché tutto viene messo in discussione, a partire dalla distinzione tra clero e laici.
L’Instrumentum laboris assume poi contenuti inquietanti quando fa propria la visione magico-taumaturgica dei «“vecchi saggi»”, chiamati con vari nomi, che “«hanno a cuore l’armonia delle persone tra loro e con il cosmo»”. Poiché gli sciamani-guaritori, servendosi non di rado di allucinogeni, invocano spiriti che i missionari tradizionali hanno sempre considerato diabolici, di fatto il documento vaticano accredita la stregoneria.
«“Quello che l’Instrumentum laboris propone – scrive Ureta alla fine del suo saggio – non è altro che un invito all’umanità a fare l’ultimo passo verso l’abisso finale della Rivoluzione anticristiana»”.
Difficile dargli torto.
Aldo Maria Valli
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