ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 19 luglio 2019

Eliminare quelli che resistono

IL PROGRAMMA PER LA VITA CONSACRATA
Rivoluzione in convento: “Cambieremo come pregate”

Il programma del cardinale Braz de Aviz, presidente della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata: «Un certo modo di pregare, un modo di vestire devono cambiare». In fondo è tutto coerente: ogni rivoluzione deve fare l’uomo nuovo ed eliminare quelli che resistono.



“Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”: è la nota affermazione attribuita al marchese Massimo d’Azeglio. Non si sa se l’abbia effettivamente pronunciata, ma quel che è certo è che corrispondeva al suo pensiero. E – cosa ancora più preoccupante – era l’ideale programmatico dei risorgimentali savoiardi. La nazione italiana esisteva da secoli, legata da una profonda identità, ma quell’italianità mal si adattava alle nuove necessità del neo-Stato. Dunque i nuovi italiani andavano fatti, anzitutto convincendoli che quelli prima di loro, mica erano italiani! Fu messo in piedi un enorme apparato di leggi, giusto per far capire che quello che era stato lecito prima, non lo era più, e che le antiche libertà erano in realtà schiavitù e dovevano essere soppresse per far largo alle nuove, nuovissime e italianissime.


Non serve dilungarsi oltre: ogni rivoluzione deve fare l’uomo nuovo ed eliminare quelli che resistono. Se date un’occhiata a quello che sforna e combina la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (CIVCSVA), capirete il perché della lunga premessa.

Il Cardinal Joāo Braz de Aviz, Presidente di quella Congregazione dal nome lunghissimo, in una recente intervista ha spiegato il suo programma per “fare gli italiani”: «Stiamo lavorando moltissimo per la trasformazione della formazione. La formazione dobbiamo pensarla dal grembo materno fino all’ultimo respiro [...]. Tutto conta nella formazione, non si può dire che questa cosa è formazione e quest’altra no [...] E’ necessario cambiare molto». Se si deve cambiare molto della formazione, e la formazione è un processo continuo che riguarda tutti gli aspetti del vivere, va da sé che il Prefetto intende cambiare tutto. Appunto, deve “fare gli italiani”, ex novo. 

Continua il Cardinale: «Molte cose della tradizione, molte che appartengono alla cultura di un tempo, non funzionano più». E come sempre accade, semmai vi fosse qualcuno un po’ preoccupato per questa incursione nella vita delle comunità, Braz de Aviz vuole subito rassicurare che non si tratta di toccare la sostanza, ma solamente cose, a suo dire, non essenziali: «Abbiamo forme di vita che sono legate ai nostri fondatori che non sono essenziali». Esempio? «Un certo modo di pregare, un modo di vestire, dare più importanza a certe cose che non sono tanto importanti e ad altre che sono importanti darne poca. Questa visione più globale dell’insieme, questa non l’avevamo, adesso l’abbiamo». Noi sì che abbiamo la visione d’insieme, mica i fondatori... Noi sì che sappiamo discernere le cose essenziali dalle secondarie; perciò «possono crollare tutte le cose secondarie, ma non può crollare il carisma speciale dei fondatori».

Bisogna sempre stare in campana quando di sentono parlare queste persone, leste a demolire quello che loro ritengono secondario, in nome della preservazione dell’essenziale. Prendete una cipolla: nessuno strato le è essenziale, ma una volta che li avrete tolti tutti, semplicemente non avrete più la cipolla... L’esempio non è nemmeno troppo peregrino. Se andate a vedere quanto è accaduto alle Piccole Suore di Maria Madre del Redentore capirete il perché. «Non toccheremo affatto il vostro carisma, ma il vostro modo di viverlo», pare abbia detto una delle “kommissarie” designate dalla CIVCSVA. E pare anche che le suore siano state così ottuse da ritenere che il carisma si incarni nel modo di viverlo e quel modo di viverlo a loro non dispiaceva affatto. Macché: ree di pregare troppo, di non voler cambiare, si sono beccate l’ultimatum di Braz de Aviz: o accettate il commissariamento senza riserve oppure potete andarvene dall’Istituto. Risultato? La quasi totalità delle Suore se ne è andata. Bel modo di salvare l’essenziale. 

La Congregazione ormai impone quali sono le cose a cui «dare più importanza» e quali quelle che d’ora in avanti dovranno averne di meno. E se andate a vedere cosa sforna la CIVCSVA capirete che la situazione è grave, estremamente grave. In una lettera del 5 maggio 2015, firmata dal duo Braz de Aviz – Carballo (Segretario della Congregazione), si faceva presente ai Superiori Generali che l’accoglienza dei rifugiati è divenuta una priorità: «Ci pare che sia proprio lo Spirito Santo, attraverso la voce del santo Padre e il grido di questa umanità sofferente, ad interpellarci e a indicarci l’urgenza di fare qualcosa insieme». Che cosa? «Lo snellimento delle strutture, il riutilizzo delle grandi case in favore di opere più rispondenti alle attuali esigenze dell’evangelizzazione e della carità, l’adeguamento delle opere ai nuovi bisogni». E via con l’esortazione a «uscire da noi stessi e andare con coraggio verso questa “periferia esistenziale”». E poi la road map indicata da Carballo, ossia le dieci parole ispirate al “magistero” di papa Francesco sulla vita consacrata. Il nuovo decalogo fa ampio uso della neolingua e degli slogan, per nascondere il nulla che c’è sotto: «Alimentate la relazione con Gesù nell’inquietudine della ricerca», «Uscite dal nido», «Siate audaci! La profezia non è negoziabile per la Vita consacrata», e via di questo passo.

Non chiedetevi dove siano finiti i cardini della vita consacrata, come il primato della preghiera e dell’adorazione, il rinnegamento ed il sacrificio di sé, la penitenza, etc. Si è fatta l’Italia, adesso bisogna fare gli italiani.

Luisella Scrosati

http://www.lanuovabq.it/it/rivoluzione-in-convento-cambieremo-come-pregate

IL SIT-IN DEI MIGRANTI
Se la basilica è okkupata con il consenso del Vescovo

Il 16 luglio la basilica di San Nicola, a Bari, è stata teatro di una protesta di un gruppo di braccianti-migranti, guidati da sindacalisti dell’Usb. Una vera profanazione. L’evento era concordato con il vescovo Cacucci. Segno che si è perso il senso del sacro, innanzitutto in quella parte di Chiesa che vuole compiacere il mondo.



La scristianizzazione dell’Europa, e dunque anche dell’Italia, procede ormai a passo spedito: uno dei segni più evidenti di questo tragico processo è la profanazione delle chiese. E per profanazione non si intendono solo gli atti vandalici compiuti spesso “in odium fidei”, ad esempio nella cattolicissima Francia, ma tutti i gravi usi impropri che vengono fatti della Casa di Dio, spesso senza che i pastori alzino un dito per impedirlo anzi, in diversi casi, facendosi essi stessi promotori di simili deturpamenti.

E così, dopo i vari pranzi natalizi allestiti dalla Comunità di Sant’Egidio in numerose chiese italiane, “aperimesse” consumati tra altari e reliquiari e chi più ne ha più ne metta, ecco in arrivo l’ultimissima moda della desacralizzazione 2.0: l’organizzazione, nella Casa del Signore, di scioperi di protesta, con la complicità dei sindacati e, udite, udite, dello stesso vescovo, dormendo tra due cuscini, certi di rimanere non solo impuniti ma accolti a braccia aperte dalla “Chiesa in uscita”.

Stiamo parlando di ciò che è avvenuto a Bari, il 16 luglio scorso, nella splendida basilica di San Nicola in cui si è svolto un “sit-in” di protesta con i braccianti-migranti, provenienti dal ghetto di Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia, insieme alla delegazione dell’Unione sindacale di Base, per alzare la voce contro lo sfruttamento nelle campagne del foggiano. Puntando il dito contro il governo giallo-verde e chiedendo un incontro con l'arcivescovo Francesco Cacucci, “perché la Regione Puglia e il governo latitano in totale indifferenza”.

Una protesta che, in un contesto gravemente inadeguato, come quello di un luogo sacro, sembra tralasciare per di più (volutamente?) un piccolo particolare e cioè che la piaga del caporalato, che i contestatori denunciano come forma di schiavismo, in realtà si nutre perlopiù di immigrazione clandestina. Dunque, in una situazione già insensata di suo, siamo di fronte all’assurdità della pretesa di un lavoro regolare e di una casa, da parte di chi è arrivato in Italia clandestinamente e se la prende pure (con il governo di uno Stato di cui trasgredisce le leggi). Oltre il danno, la beffa.

Ma la cosa più grave è che lo sciopero in questione si è configurato come una vera e propria occupazione di un luogo sacro, addirittura una Basilica. Occupazione di cui, per quanto nel comunicato dello stesso Cacucci, diffuso sul sito dell’arcidiocesi di Bari-Bitonto, ci si affretti a sottolineare lo svolgimento “pacifico” (ma la stampa locale riporta che sarebbe stato necessario l’intervento delle forze dell’ordine per spegnere il clima di tensione), rimane la gravità. Inoltre, dallo stesso comunicato della diocesi, apprendiamo che si sarebbe trattato appunto di un evento concordato con il vescovo. Il quale, infatti, non solo non si è opposto a quella che è a tutti gli effetti la profanazione di una chiesa, ma ha accolto più che benevolmente gli “occupanti”.

Monsignor Cacucci si sarebbe recato in Basilica appositamente per incontrare il dirigente dell'Usb, Aboubakar Soumahoro, un trentanovenne italo-ivoriano, e avrebbe risposto alla sua richiesta, rivolta alla Chiesa locale, di fare da tramite con le istituzioni, per risolvere la questione dello sfruttamento dei braccianti nelle campagne pugliesi, con le seguenti parole: “Volentieri  mi faccio interprete di questi che sono l'espressione del riconoscimento dei diritti della dignità umana”, ha detto Cacucci, assicurando che “da parte nostra c’è un atteggiamento di difesa senza se e senza ma della dignità umana. Quello che non riusciamo ancora a realizzare in Italia è la seconda accoglienza, mi permetto di sottolineare questo e da parte vostra bisogna insistere su questo”.

Poi ha aggiunto: “Non basta accogliere ma fare in modo che poi questa accoglienza sia dignitosa. Questo è il vero problema. Fino a quando non riusciremo a realizzare questo, si alimenterà da una parte l'idea di invasione e dall'altra non si riconoscerà dignità umana. Mi permetterò di indicare concretamente le proposte da fare. Non basta la denuncia se non arriviamo a fare proposte concrete”.

Ma nonostante questo ostentato altruismo, a noi cattivoni viene spontaneo invece il riferimento all’episodio, narrato nel Vangelo, della cacciata dei mercanti dal tempio, insieme a tutta l’indignazione con cui Cristo stesso rovescia le tavole dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe, esclamando: «Non è scritto: "La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti"? Ma voi ne avete fatto un covo di ladroni».

E in questi casi, in cui l’uso profano delle chiese, per le più disparate questioni sociali, la fa da padrone, assistiamo, proprio come nell’episodio del Vangelo, davvero a un latrocinio e a uno squallido commercio: “latrocinio”, inteso come furto, “deprivazione” bella e buona del senso del sacro, iscritto nel cuore dei fedeli; e “commercio”, in riferimento allo svilente scambio con cui l’immagine di una chiesa che ama piacere al mondo, facendosi portavoce di tutte le iniziative sociali più “politicamente corrette”, sostituisce quella di una Chiesa che accetta la croce di Cristo, non vergognandosene e sopportando di apparire antiquata agli occhi dei più, rimanendo ferma sull’annuncio della Verità immutabile del Vangelo.

Così anche l’arcidiocesi di Bari-Bitonto, in buona compagnia con molte altre realtà ecclesiali, sembra aver dimenticato che la prospettiva “orizzontale” con cui guardare alla realtà si nutre di quella verticale. E che la trascendenza non è un mero concetto filosofico, ma la base su cui la Chiesa dovrebbe costruire la sua vera missione. Invece, tra le singolari iniziative svoltesi all’interno della cattedrale di Bari in questi ultimi anni, abbiamo visto come protagonisti un imam intento a recitare le sure del Corano e rituali neo pagani per il solstizio d'estate, con ballerine ornate di veli trasparenti e fluttuanti che intrecciano danze per il dio sole. Ma soprattutto, viene da pensare che in questo “solco spirituale”, così privo del soprannaturale, si collochi il silenzio-assenso della curia vescovile che precede e segue ogni Bari Pride.

Insomma, duole constatare ancora una volta, in questa come in tante altre circostanze che hanno visto la Sposa di Cristo trasformata in una banalissima Onlus e la Sua casa in un centro di accoglienza, che la secolarizzazione interna alla Chiesa è, senza ombra di dubbio, la più grave di tutte.

Manuela Antonacci

http://www.lanuovabq.it/it/se-la-basilica-e-okkupata-con-il-consenso-del-vescovo

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