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lunedì 29 luglio 2019

Lo scopo della teologia

COSTRUIRE LA CITTA' NUOVA?


L’uomo vecchio non può costruire la Città nuova. La "Nuova religione" ibrido sincretico di Antico Testamento e volontarismo umanistico? Come bambocci viziati, i nuovi teologi pretendono che Dio si adegui al loro modo di pensare 
di Francesco Lamendola  

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Lo scopo della teologia è quello di aiutare le anime, seguendo la via razionale, a conservare e a rafforzare la fede. Ora, per svolgere il suo compito, essa deve avere ben chiaro lo scopo: condurre le anime verso Dio passando per la via dell’intelligenza, insieme a quella della fede. Perciò la teologia deve aiutare le anime a rinascere in Dio e non creare una nuova fede che nasca con l’uomo: la prospettiva deve essere Dio, e precisamente il Cristo della croce, della sofferenza e della redenzione, non l’uomo con le sue aspirazioni. La vera teologia adegua gli uomini alla ricerca di Dio e non Dio alla ricerca degli uomini.

È illuminante la riflessione di Pavel N. Evdokimov a questo proposito (in: P. Evdokimov, La vita trasfigurata in Cristo. Prospettive di morale ortodossa, Roma, Lipa Edizioni, 2001, pp. 204-206):
La fede intelligente è un atto da adulto e non quello di un bambino. La Chiesa si costituisce per la seconda nascita dallo Spirito e non per la prima nascita dagli uomini. Ora, solo una Chiesa reclutata tra bambini può prestare orecchio alle “nouvelle théologie” e cadere così nell’infantilismo religioso. L’opposizione stancante di “fede” e “religione” predicata dalla teologia della secolarizzazione e della “morte di Dio”  fa tabula rasa della tradizione in tutto ciò che ha di positivo, nella sua dottrina della divinizzazione dell’uomo e nel suo accento messo sulla “nuova creatura”.  Essa è resa nuova per la morte e la risurrezione di Cristo che hanno cambiato le condizioni ontologiche dell’esistenza umana. Ci si domanda se, da una parte all’altra, si tratti dello stesso Dio, dello stesso vangelo, dello stesso mistero di Cristo servo sofferente.  Si produce una pericolosa marxizzazione della coscienza cristiana che pone una alternativa: la fedeltà alla Parola di Dio, ai desideri della sua volontà, o la fedeltà ai desideri degli uomini che inaugura un “millenarismo della sinistra” e si radica molto più nell’antico Testamento che nel Nuovo. È sintomatico che le correnti una nuova teologia si rifacciano al pensiero profondo di Friedrich Bonhoeffer. Ora, questo teologo luterano, ammirevole per certi aspetti, constata alla fine tragica e quanto mai prematura della sua vita: “Ho notato sempre più in che misura tutto ciò che penso e provo sua ispirato più dall’Antico testamento, l’ho letto di più in questi ultimi mesi del Nuovo…”. Le correnti progressiste si impegnano nella lotta politica, economica e sociale, ispirandosi giustamente ai profeti del’Antico Testamento e facendo della “contestazione permanente” il “mito” di un’azione rivoluzionaria e violenta. Ora, la sola vera rivoluzione non può che venire dalla “metanoia” evangelica centrata sull’uomo dell’ottavo giorno  per il quale “tutto è nuovo” perché “Cristo ha messo su tutte le cose il segno della sua croce”.

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La Bibbia è come un’immensa, meravigliosa cattedrale, nella quale tutte le linee, le prospettive, le architetture convergono verso un solo punto focale: Cristo!

Senza dimenticare le esigenze della giustizia, l’organizzazione della Città umana in Isaia (40-53) è subordinata alla visione del Servo sofferente e della presenza di Dio tra gli uomini. Il mondo, tale quale è, è radicalmente contestato nel Vangelo, il mondo capitalista così come il mondo marxista, in nome dell’al di là di questo stesso mondo. L’uomo lavora quaggiù e costruisce la storia attraverso il cammino terreno e tutti i suoi valori, non per una Città ideale immanente, ma per una “nuova terra”, nuova Città del Regno di Dio.La strategia dell’uomo deve partecipare alla strategia di Dio. In questa strategia trascendente, il vangelo non promette nessuna riuscita materiale. E infatti ogni epoca nella storia si compie con uno scacco, ma questi scacchi sono grandi riuscite perché spostano l’asse della storia e la conducono fuori dai suoi quadri verso l’al di là della sua trasfigurazione. È Cristo che contesta questo mondo ed è perciò che la Pentecoste dà il via alle sue energie salvatrici. Cristo contesta la morte con la sua morte e discende agli inferi per uscirne come “da una stanza nuziale”; egli contesta i suoi carnefici offrendo loro il perdono e la risurrezione. Egli offre a tutti non una vita opulenta, ma la filiazione divina e l’immortalità che comincia quaggiù.
Tutti gli atti di giustizia e di rinnovamento sociale non hanno un valore assoluto in loro stessi, essi non sono veri che in Cristo in quanto testimoniano l’Amore del Padre. Essi sono destinati quaggiù a trovare la loro dimensione eterna: l’Oggi di Dio nell’oggi degli uomini che non si manifesta che al momento della loro trascendenza verso il “tutt’altro”. Ora, l’annuncio della “Morte di Dio” apre il ricorso alla violenza che desidera appropriarsi dell’Amore di Dio secondo le vedute umane e dichiara che esso non sarebbe accessibile se in attraverso la politica e la mediazione del prossimo. Il rapporto diretto con Dio è messo in questione, la preghiera e la contemplazione sono rese inutili perché è nella rivoluzione violenta, condizionata da essa, che il rapporto ridiverrebbe accessibile, è attraverso il mezzo della politica che Dio risusciterebbe!
Di fronte a queste aberrazioni, bisogna dire con i Padri che l’amore come “sacramento del fratello” significa l’accoglienza dell’altro per, in e con Cristo presente nella mia anima e che solo permette di riconoscersi “fratelli”. I teologi della violenza mancano di radici evangeliche, misconoscono che Cristo chiama al superamento delle passioni che assalgono. Se la soluzione chirurgica si impone in un caso concreto, bisogna favorire la lucida coscienza che essa rischia sempre di scatenare le potenze demoniache.

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La sola possibilità di costruite una nuova Città, per l’uomo, consiste nel farsi ispirare e guidare dal volere di Dio: e ciò implica l’accettazione della condizione umana, così come essa è attualmente, però nella prospettiva della sua trasfigurazione spirituale, che inizia qui, ma non si realizza qui, perché non appartiene alle cose di quaggiù!

Avevamo già parlato di Pavel Evdokimov a proposito di una sua opera “minore”, La donna e la salvezza del mondo (cfr. l’articoloL’uomo è chiamato ad agire, la donna ad essere: così i due sessi si completano a vicenda, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 06/01/18), un libro notevole, che fa del pensatore russo un vero e proprio contraltare a Simone de Beauvoir e allo stesso Sartre, del quale mette giustamente in luce l’assenza sistematica di conclusioni, dovuta, a sua volta, all’assenza della categoria del mistero, come è proprio di ogni filosofia brutalmente materialistica. Nella pagina che abbiamo qui riportato, Evdokimov si mostra non meno acuto a proposito della teologia contemporanea e della sua deriva verso l’Antico Testamento e la Morte di Dio, cogliendo con chiarezza il trait d’union fra le due posizioni. Un teologo cristiano che si dice più interessato, o più affascinato, dall’Antico Testamento che dal Nuovo, è un ex teologo cristiano: di fatto, è un teologo cripto-giudeo e potenzialmente ateo.L’Antico Testamento, per il cristiano, trae tutto il suo valore alla luce del Nuovo: è la sua preparazione, descrive la marcia di avvicinamento degli uomini al Mistero più grande, l’Incarnazione di Cristo, e la progressiva rivelazione di Dio ad essi. Non ha senso indugiare sull’Antico più che sul Nuovo, come non ha senso preferire il preambolo alla cosa in sé. La cosa in sé è Cristo, che riempie di significato tutto quanto, la storia, l’attesa, le sofferenze, la speranza. D’altra parte, una preferenza per l’Antico Testamento tradisce anche un progressivo allentamento del legame con Cristo, e, in prospettiva, con Dio stesso, dato che Cristo, sempre per il cristiano (per il modernista, è un altro paio di maniche) è Dio. La Bibbia è come un’immensa, meravigliosa cattedrale, nella quale tutte le linee, le prospettive, le architetture convergono verso un solo punto focale: Cristo. Leggere e meditare la Bibbia, per un cristiano, è leggere e meditare sul Mistero del’Incarnazione, della Passione,  Morte e Resurrezione del Signore Gesù. La Bibbia è la Parola rivolta da Dio agli uomini, e quella Parola culmina in una promessa: la promessa che Dio si sarebbe fatto uomo. Leggere e meditare la Bibbia significa confrontarsi con questa promessa che si è realizzata e che ha riscattato l’intero corso della storia umana. Il cristiano è l’uomo nuovo, frutto della promessa realizzata e operante; chi si ferma o si sofferma sull’Antica Alleanza non gode di quella pienezza, non si pasce di quel compimento; per lui, è come se Cristo non fosse venuto e non fosse morto e risorto. Come dice Evdokimov, tutta la fede cristiana ruota intorno alla teologia del Servo sofferente: ma se così non è, se i teologi contemporanei amano soffermarsi su altre cose, sulla lotta alla povertà, sull’inclusione degli invertiti, sul perdono dei peccatori senza che costoro si pentano e facciano solenne proponimento di cambiar vita, si vanifica il Vangelo, ci si allontana da Gesù. Non è questo che Gesù ha insegnato: né con la sua Parola, né con l’esempio della sua vita mediante l’Incarnazione.

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I cattolici progressisti, imbevuti di spirito marxista, disprezzano l’ascesi e snobbano la contemplazione, la spiritualità e la preghiera, che giudicano qualcosa di vecchio e anacronistico: credono solo nel fare, nell’agire; vorrebbero cambiare il mondo, rifarlo di sana pianta, credono che si possa trasformare la storia nella marcia trionfale dell’uomo!

L’uomo vecchio non può costruire la Città nuova

di Francesco Lamendola 
  
Vedi anche:
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L’uomo è chiamato ad agire, la donna ad essere: così i due sessi si completano a vicenda - COSI' I SESSI SI COMPLETANO


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