Un sacerdote, dopo aver letto l’articolo del monaco dom Giulio Meiattini, ha voluto scrivere delle osservazioni, brevi ma molto nette. Le pubblico a beneficio di una maggiore riflessione e approfondimento sull’Instrumentum Laboris del prossimo Sinodo dell’Amazzonia. 

Indigeni dell'amazzonia

Mi aggancio all’acutissimo articolo di Giulio Meiattini per aggiungere solo una nota che ritengo decisiva, ma che non emerge come tale dall’articolo.  
Mi rifaccio a 1 Gv 4, 1-3: “4, 1 Carissimi, non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono comparsi nel mondo. 2 Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio; 3 ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo”. 
Meiattini denuncia molto bene che il documento presinodale abbandona ogni classico riferimento di carattere scritturistico teologico (a cui anche gli eretici non potevano un tempo non riferirsi), per rifarsi invece ad un supposto “luogo teologico” (il territorio amazzonico, la vita delle sue popolazioni, ecc.) che di fatto è un “luogo” semplicemente umano, al massimo con certe caratteristiche religiose, ma comunque al livello della “natura” creata, di una natura che però per il documento sembra non aver bisogno della “grazia” in quanto priva del “peccato originale” alla cui realtà ovviamente gli estensori non credono più. E non ci credono più, non tanto perché la spiegazione di questo limite creaturale sembri risultare oggi difficile, ma perché in fondo non credono nel maligno e nella sua opera (roba mitologica), e per loro l’origine del male è di fatto determinata dalle sovrastrutture che l’uomo impone alla natura (v. teologia della liberazione in salsa india), che di suo, se no, resterebbe incontaminata (da qui la denuncia contro il “colonialismo” della missione cattolica nel Sud America, ma prepariamoci alla denuncia dello sradicamento del paganesimo europeo dei Galli o dei Germani …). Sullo sfondo di questa visione sta il rahnerismo che non crede possibile possa avvenire una rivelazione del divino come tale dentro l’umano (Kant), destituendo così di valore ogni “luogo teologico”. 
Tutto questo significa che nulla è accaduto in positivo (né può accadere) a quello che la Scrittura, e specie qui Giovanni, chiama carne, cioè all’uomo concreto e limitato dal peccato e dalla morte (secondo il giudizio cristiano), ma che invece nella visione presinodale altro non è che l’uomo “naturale”, di suo puro e innocente. Infatti, ciò che il documento presinodale elimina è il fatto di un Gesù (Verbo fatto carne) che appunto è “venuto nella carne” (1 Gv 4, 2) per salvarla, purificandone le scorie, e innalzarla al cielo (grazia). Per i teologi (?) amazzonici il fatto di Cristo è invece semplicemente una delle tante espressioni della religiosità umana, e nemmeno (come per la teologia liberale) la sua massima espressione, anzi, visti gli esiti “oppressivi”, forse una delle peggiori. 
Tutto questo, e siamo al punto decisivo, è un vero affondo anticristico, direi finale, perché conduce all’evacuazione della singolarità e specificità di Cristo, destituendolo di ogni valore. Quindi, vera e propria apostasia. In sintesi, Cristo è assolutamente inutile, anzi, nocivo. E così la Chiesa. E ciò detto da coloro che si considerano cristiani mossi da “ispirazione”, mentre invece non sono che “falsi profeti” (1 Gv 4, 1). Accettare la visione presinodale significherebbe la fine del Cristianesimo. Chiaro poi che da qui tutte le derive sul piano sacramentale e liturgico (Eucarestia con la Yuccapreti sposati, donne diacono e via dicendo) e missionario (niente proselitismo e niente battesimi) non sono che conseguenze inevitabili, ma secondarie al vero problema. Dio ritorna ad essere inconoscibile (contro Gv 1, 18), e può avere quindi tutti i nomi, e alla fin fine noi cristiani non saremmo che scimmie diverse sullo stesso albero … 
              Un sacerdote