Il cavallo di Troia dell'astrologia: "Quanto del paganesimo è passato nel cristianesimo?" Il Vangelo si sta paganizzando: il futuro sinodo dell’Amazzonia sarà il superamento del cristianesimo con benedizione del clero cattolico
di Francesco Lamendola
Abbiamo visto, a suo tempo, come l’avvento del cristianesimo abbia comportato, nel mondo tardo antico, una demonizzazione degli dei pagani; abbiamo anche visto quale fosse la posizione di sant’Agostino riguardo alla questione delle due città, e quali aspetti morali del paganesimo siano stati spazzati via dalla nuova religione di Cristo, operando una vasta bonifica delle passioni inferiori e più selvagge, il sadismo, la lussuria sfrenata, le quali, nel clima della tarda romanità, erano penetrate assai a fondo nella mentalità e nel costume romano della decadenza e avevano raggiunto livelli di diffusione impressionanti, toccando forse il vertice con l’ecatombe di gladiatori offerta per il divertimento del popolaccio (cfr. i precedenti articoli: Come gli dèi del paganesimo diventarono demoni, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 04/03/18; Terrore e voluttà, le basi malefiche del paganesimo, il 15/10/17; e Le due città, sul sito di Arianna Editrice il 18/12/14 e poi su quello dell’Accademia Nuova Italia il 24/10/17).
Il Vangelo si sta paganizzando? il futuro sinodo dell’Amazzonia sarà il superamento del cristianesimo con la benedizione del clero cattolico?
Ci resta da capire come e cosa del paganesimo sia effettivamente passato nella cultura cristiana e sia stato perciò tramandato a lungo, nel corso dei secoli, cioè almeno fino alla ‘rinascenza’ dei secoli dal XIV al XVI. Fermo restando che forse anche il concetto di rinascita del mondo classico va rimessa in discussione: perché è noto che studiosi come Jean Seznec (1905-1983) sostengono, al contrario, che molti aspetti della cultura classica si sono conservati sostanzialmente integri lungo tutto l’arco della civiltà cristiana medievale, per cui nel Rinascimento non ci sarebbe stata una vera e propria rinascita, ma, tutt’al più, una maggiore enfasi nella loro valorizzazione. Seznec, nel sostenere la tesi di una sostanziale continuità fra cultura pagana e cultura cristiana, aveva in mente soprattutto gli aspetti scientifici e culturali, prima fra tutte la scienza dell’astrologia, veicolo, a sua volta, della sopravvivenza della credenza negli dèi pagani, sia pure nella forma degradata di demoni che agiscono per il male degli uomini – come gli spiriti delle tenebre della religione persiana - e non più di esseri “celesti” che agiscono sia per il bene che per il male sotto la direzione di un dio supremo, Zeus, che nel tardo paganesimo era stato sostituito dalla divinità solare, Helios, anche nella forma del Sole Invitto.
Francesco Botticini (1446-1498): lo Zodiaco
Riteniamo degno d’interesse riportare una pagina di questo storico della letteratura e dell’arte che tanto ha contribuito al dibattito sul tema in questione, affinché il lettore possa farsi un’idea della sua tesi (da: J. Seznec, La sopravvivenza degli antichi dèi. Saggio sul ruolo della tradizione mitologica nella cultura e nell’arte rinascimentali; titolo originale: La survivance des dieux antiques. Essai sur le rôle de la tradition mythologique dans l’humanisme et dans l’art de la Renaissance, Paris, Flammarion, 1980; traduzione dal francese di Giovanni Niccoi e Paola Gonnelli Niccoli, Torino, Bollati Boringhieri, 1981 e 1990, pp. 37-39):
Questa è la situazione che il cristianesimo nascente si trova di fronte. Intollerante verso tutti i culti pagani, esso, a maggior ragione, lo è verso la sua forma più recente e tenace, la fede nell’onnipotenza delle divinità astrali e del loro re Elios. Già l’apostolo Paolo rivolge parole di aspra rampogna ai destinatari della “Lettera ai galati” (4,9 sg.) perché celebrano “i giorni e i mesi, gli anni e le stagioni”, e così servono “i deboli e miserabili elementi rendendosene schiavi. Più tardi – richiamandosi d’altronde a Filone d’Alessandria – gli apologisti condannano il peccato e la vergogna di divinizzare il mondo fisico e adorare la creazione invece del Creatore. Ma soprattutto empia e pericolosa per la morale appare ad essi la fede nell’onnipotenza degli astri in quanto negazione della libertà umana e causa di un fatalismo scoraggiante (vedi per esempio sant’Agostino, “De Civitate Dei” 5.1-7). Sembrerebbe dunque che tra cristianesimo e astrologia vi fossero soltanto incomprensione e ostilità. Di fatto, le cose andarono diversamente. Innanzitutto, la stessa dottrina cristiana racchiude elementi astrologici: troppo forte era stata l’influenza delle religioni ellenistiche e orientali, e troppo stretto il legame con la filosofia e la scienza “profane”, perché essa potesse liberarsene del tutto. Così non soltanto permangono gli appellativi mitologici della settimana, malgrado alcune proteste e alcuni timidi tentativi per sostituire loro una terminologia cristiana; ma la stessa Chiesa ufficiale romana, verso la metà del quarto secolo, fissa la data di nascita di Cristo al 25 dicembre, cioè a quello che per i pagani era il genetliaco del Sole in quanto, da quel giorno, un nuovo sole comincia un nuovo ciclo di un anno. Già Aureliano, aveva fatto del Sol invictus, il dio protettore dell’impero; Costantino, il primo degli imperatori cristiani, avrà su una colonna di porfido, a Costantinopoli, la propria effigie in veste di Dio del sole.
Anche Lattanzio e sant’Agostino, pur convinti che il libero arbitrio dell’uomo e la grazia di Dio possano prevalere, non mettono in dubbio il potere dei demoni operante negli astri!
Così, anche tra i cristiani l’astrologia trova i suoi sostenitori e i suoi fedeli; gli stessi avversari le fanno importanti concessioni. Tertulliano, non senza imbarazzo, ammette che l’astrologia sia stata veritiera fino all’annunzio dell’evangelo, dopo il quale invece è diventata lecita soltanto la scienza che “osserva le stelle di Cristo, non di Saturno e di Marte e di chiunque appartenga allo stesso genere di morti”. Da parte sua Origene, e con lui la maggior parte dei credenti, forti dell’autorità delle Scritture, limitano sì ma non rinnegano la fede nel potere degli astri: certo, le stelle non possono esercitare la loro influenza e costringe gli uomini al peccato CONTRO la volontà di Dio; nondimeno esse hanno il valore di SEGNI attraverso cui la divinità, mitemente ammonitrice o minacciosa, rende noti in anticipo i suoi disegni. Anche Lattanzio (“Divinae Institutiones”, PL 6, coll. 336 sg.) e sant’Agostino (“De Civitate Dei” 5.7), pur convinti che il libero arbitrio dell’uomo e la grazia di Dio possano prevalere, non mettono in dubbio il potere dei demoni operante negli astri. Infine “se, come insegna la dottrina della predestinazione, la salvezza o la dannazione del’uomo dipendono unicamente dall’eterno volere di Dio, molti vedono nell’immutabile decreto dei corpi celesti, determinante la stessa vita morale, soltanto un’espressione diversa di questa fede o, almeno, riservano all’onnipotenza divina l’annunzio mediante gli astri della sua decisione inflessibile. (Boll, Bezold e Gundel, “Storia dell’astrologia”, 1931, pp. 44 sg.). D’altronde anche quando danno dell’astrologia questa interpretazione limitativa e perfino quando la condannano, gli apologisti e i Padri conservano intatta la sua radice profonda: la credenza nei demoni. L’esistenza di angeli malvagi è per tutti loro, come per la Chiesa, un articolo di fede; ma con questi demoni biblici essi accomunano e confondono, in un’unica schiera, anche gli dei della mitologia pagana. Sacrificano ai demoni e non a Dio”, diceva san Paolo parlando dei gentili; e per secoli ancora i predicatori continueranno ad andare per le campagne a scacciare i demoni Giove, Mercurio ecc. che vi si sono attardati. Ora è appunto attraverso gli astri e l’astrologia che spesso agiscono i demoni. Un tempo essi, per tentare e perdere gli uomini, hanno insegnato loro l’arte astromantica, e anche adesso, sparsi per l’aria (“aerea animalia”), si servono dei corpi celesti per esercitare il loro funesto dominio. Naturalmente, sant’Agostino, che discute questa dottrina dei demoni nel suo “De Genesi” (3.10.4 sg.) condanna con violenza estrema “le fallaci profezie e le empie aberrazioni degli astrologi (“Confessiones”, 7,9). E respinge nel modo più categorico l’esistenza di demoni benefici, ammessa per esempio dal “mago” Apuleio e in genere in tutta la speculazione pagana tardo antica. Tuttavia, anch’egli come Apuleio, della cui dottrina ci dà una particolareggiata esposizione nel “Civitate Dei” (1.9), riconosce alle maligne potenze del cielo una realtà corporea e con ciò stesso vanifica l’efficacia della propria polemica, offrendo anzi, suo malgrado, alla mistica astrale una giustificazione e un solido punto d’appoggio.
Francesco Botticini: Assunzione della Vergine.
La sopravvivenza della cultura astrologica fu dovuta anche al fatto che essa si era radicata talmente in profondità nella cultura profana (Seznec dice “laica”, ma il vocabolo ci sembra anacronistico), perché fosse possibile estirparla. Di fatto, essendo l’astrologia inseparabile dall’astronomia, qualunque studioso del cielo stellato veniva anche dotato di una robusta formazione astrologica e ciò spiega come questa scienza, ché tale era per gli antichi, sopravvisse per tutti i secoli della civiltà cristiana medievale. Dante, fra gli altri, era convinto che le stelle esercitano una naturale disposizione sulle facoltà umane, anche se non fino al punto da contrapporsi alla grazia divina o da annullare la facoltà del libero arbitrio da parte dell’uomo. Si pensi a ciò che dice della propria capacità poetica inInferno, XXVI, 19-24; Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio / quando drizzo la mente a ciò ch’io vidi, /e più lo ’ngegno affreno ch’i’ non soglio, / perché non corra che virtù nol guidi; / sì che, se stella bona o miglior cosa / m’ ha dato ’l ben, ch’io stessi nol m’invidi. E la credenza nell’astrologia si associava naturalmente alla magia e alla fede nell’esistenza degli spiriti, che, nel cristianesimo, non potevano essere che spiriti cattivi, dato che quelli buoni non sono soggetti alle predizioni dell’astrologo o alla volontà del mago, né esercitano alcun potere sugli uomini, se non in pieno accordo con la volontà di Dio.
Ora è la Chiesa stessa, partendo dal suo vertice, a relativizzare l’insegnamento cristiano e a valorizzare al massimo, portandole ad esempi di virtù e di saggezza, le culture naturalistiche, animiste, sciamaniche dei popoli primitivi. Che dire? Le anime dei filosofi pagani, che assistettero con rabbia impotente al trionfo del cristianesimo ai tempi del tardo Impero romano, possono godersi la rivincita più maliziosa e sottile: chi l’avrebbe detto?
Quanto del paganesimo è passato nel cristianesimo?
di Francesco Lamendola
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