IL GENOCIDIO DEI CRISTIANI RACCONTATO DA PADRE REBWAR WASA IRACHENO, VIENE BRUTALMENTE CONTESTATO NEL MEETING DI RIMINI… CHE SIANO STATI FOMENTATI DAL PAPA NERO CHE NON CREDE AL DIAVOLO?
Padre Rebwar Basa è un iracheno di 38 anni, nato ad Erbil e ordinato sacerdote nel monastero di San Giorgio a Mosul. Un religioso nella polveriera di questi anni, che ha vissuto in un Iraq dovei cristiani sono sempre più minoranza, perseguitata da tutti i gruppi islamici del paese e con una vita resa difficile anche dal potere ufficiale. Al Meeting di Rimini per tre giorni è venuto a raccontare la sua storia a chi visita la mostra sui martiri cristiani organizzata dalla onlus Aiuto alla Chiesa che soffre.
L’ho visto venerdì protagonista di un episodio che mai si era verificato al Meeting di Rimini: un testimone oculare di stragi che racconta la propria storia e che viene messo in discussione, ritenuto inattendibile dal pubblico che ascolta. L’ho filmato durante quel braccio di ferro con il pubblico, e lui ha tenuto botta: «Io ho vissuto in Iraq, sono un testimone di quello che racconto. Lì siamo 300mila cristiani ancora. Qui si racconta una cosa vera, che i sunniti ammazzano gli sciiti e gli sciiti uccidono i sunniti. È vero, e ci sono motivi religiosi, politici ed economici in quelle stragi. Ma per gli uni e gli altri noi cristiani siamo il vero obiettivo. Questo bisogna dirlo. Ogni tanto leggo che i cristiani sarebbero vittime collaterali di un conflitto. No, non è così: sono l’obiettivo principale. C’è una persecuzione che è anche un genocidio, e di questo dobbiamo parlare».
Il pubblico rumoreggiava, contestava apertamente. Padre Rebwar con calma ha replicato: «Non vi fidate di me? Non ci credete? Potete anche approfondire: ci sono mass media, ci sono libri, ci sono altri testimoni. Potetre informarvi. Però qui spesso si ha paura di parlare per non toccare la sensibilità di altre religioni, di non dire questo,non dire quello. E state vedendo grazie a questo atteggiamento come è diventata la situazione dell’Europa, dove siete la maggioranza come cristiani e vivete in allerta. Immaginate cosa si vive da noi in Iraq, dove siamo lo 0,5% della popolazione. Qui da voi ci sono ragazzi dell’islam che partono per andare a combattere in Iraq e in Siria, pronti a morire. E i vostri giovani non sono pronti nemmeno più a partecipare a una Santa Messa».
Ieri sono andato a trovarlo e gli ho chiesto se era stupito di questa incredulità. Mi ha fatto capire di no, che non è la prima volta. Ho sentito le sue parole vibranti sugli errori dell’Occidente, ma lui ora quasi se ne ritrae: «Voi in Occidente siete molto più sviluppati che da noi, non posso dirvi cosa dovete fare. Secondo me c’è un solo criterio per giudicare quel che sta avvenendo: la libertà. Dove la libertà è assicurata, non c’è conflitto, non c’è ingiustizia. Ma per esserci libertà bisogna che una minoranza possa vivere in pace, e da noi questo non accade. L’islam è una religione, che però spesso viene catturata dalla ideologia che lo rende radicale. I giovani che corrono a combattere con l’Isis sono vittime di questi islamici che gli insegnano l’odio, dicono loro di non accettare le diversità, di considerare gli altri infedeli. E quell’odio diventa persecuzione nei nostri confronti. Questo bisogna saperlo…».
Le mutazioni di CL e la parabola discendente del Meeting
Stavo raccogliendo il materiale per parlarne perché è davvero un voltafaccia clamoroso quello di CL, anche se purtroppo in linea con la strana neo-chiesa in uscita (da se stessa), a partire dal rivoltante intervento di Sassoli (ne ho accennato qui) alla clamorosa uscita del generale dei Gesuiti sul diavolo non-persona, quando ricevo questa segnalazione di un lettore, alla quale faccio seguire la significativa posizione di Mons. Negri.
Da Hans Urs Von Balthasar alla Bonino, da Madre Teresa di Calcutta a Romano Prodi, da Giovanni Paolo II a Matteo Renzi. La potremmo definire "fenomenologia della parabola discendente del meeting di Rimini". Se fosse il titolo di un libro non stonerebbe, a causa dell' evoluzione, o meglio, dell' involuzione del principale evento annuale del movimento cattolico "Comunione e Liberazione" .
Nato alla fine degli anni '70 da un gruppo di amici che condividevano l' esperienza cristiana trasmessagli da don Giussani, l' incontro voleva portare a Rimini i "valori nella cultura del tempo".
Fin da subito ha scommesso sul desiderio di verità e bellezza presente nel cuore di ogni uomo, e che il fondatore definiva come "terreno comune per l'incontro e il dialogo".
Tuttavia i primi segni di adattamento al pensiero unico dominante li si riscontra già negli anni Novanta. Il tema dell' edizione 1997 si commenta da solo : "Lo Starets rispose: davvero, tutto è buono e splendido, perché tutto è verità", paradigma di quello che diventerà nel tempo il meeting ovvero un miscuglio confusionario ed eterogeneo di idee e religioni date tutte per buone e date tutte per vere. Emblematici sono alcuni episodi di scandalo che negli anni hanno macchiato il buon nome dell' evento e ne hanno scalfito l'originaria genuinità: dalla statua della Madonna coperta da un telo [vedi] per non offendere le altre religioni alla chiusura dello stand che avvertiva delle conseguenze sanitarie dei rapporti omosessuali, fino a giungere a quanto accaduto in questi giorni: il gesuita Arturo Sosa nega l'esistenza del maligno se non come realtà simbolica, teoria questa diametralmente opposta alla dottrina cattolica ma applaudita dall'organizzatrice dell'evento. Se dunque il faro della cultura cristiana diventa un ibrido goffo e insipido, su che cosa si fonderà mai il dialogo?
Ci domandiamo allora se gli originali presupposti del meeting, dialogo e incontro nella verità, non abbiano lasciato spazio all'ormai diffusa dittatura del pensiero unico e dominante, politicamente corretto ed eticamente corrotto dove il male si confonde con il bene, e il bene non è poi così chiaro... e allora parafrasando Chesterton ci "ritroveremo a dover estrarre le spade per dimostrare che le foglie sono verdi."
Le mutazioni in CL e l'emarginazione di mons. Negri
* * *
A Rimini c'è anche monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara, già allievo di don Giussani e da sempre punto di riferimento di Comunione e liberazione.
È a Rimini, per presentare il suo libro «False accuse alla Chiesa», ma non al Meeting di Cl, che pure si svolge a poche centinaia di metri di distanza e dove monsignor Negri è stato ospite fisso di ogni edizione, totalizzando ben 85 partecipazioni dal 1988 in poi. Fino al 2015, primo anno in cui mancava il suo nome dalla lista dei relatori del Meeting, assenza che si ripete quest'anno. Ma perché? I rapporti tra Negri e i nuovi vertici di Cl, in particolare col numero uno don Julian Carròn, si sono guastati.
Negri, che pure stato a lungo un protagonista di Cl, è considerato troppo conservatore su molti temi (l'islam, l'immigrazione, l'omosessualità) rispetto alla linea più di «sinistra» di Carròn. Mentre Cl invita ad aprirsi senza paure all'«incontro» con i migranti («gli stranieri creano ricchezza, ci pagano le pensioni e accudiscono i nostri vecchi»), sul fondamentalismo islamico spiega che «i guerrafondai» ci sono in tutte le religioni, e poi che non bisogna «costruire muri» contro le unioni gay, monsignor Negri è su posizioni molto diverse.
Sull'islam il vescovo dice «è l'unica religione che teorizza la violenza», «siamo sotto attacco, occorre reagire uniti», «un conto è accogliere, un altro è integrare: si integra solo chi vuole essere integrato». E poi: «Non ci sono solo stranieri, ma anche tanti italiani che vivono in condizioni di povertà. Guai a intervenire su un solo fronte», cioè ad aiutare solo i migranti. E infine: «Equiparare unioni gay e matrimonio va contro i valori basilari dell'uomo».
Un pensiero troppo politicamente scorretto per essere ospitato al Meeting di Cl, ispirata al magistero di Papa Francesco. Con cui proprio Negri ha avuto uno spiacevole incidente, dopo la pubblicazione di alcune sue (presunte) frasi critiche verso Bergoglio, intercettate su un treno. Il vescovo smentì ma Cl fece lo stesso un comunicato durissimo contro di lui, affrettandosi a prenderne le distanze.
«Sono deluso da Cl, cui ho dedicato più di 50 anni della mia vita - rispose Negri - È la conferma di quella volontà del movimento di stare nelle retrovie e di fare un'azione di carattere spirituale o spiritualistico. L'opposto di quello che Giussani ha voluto». [Ma ora di spirituale sembra ci sia rimasto ben poco... ndr]
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2019/08/le-mutazioni-di-cl-e-la-parabola.html
Non solo Weinstein: l’anno in cui #MeToo ha scosso il mondo ebraico
Non solo Weinstein: l’anno in cui #MeToo ha scosso il mondo ebraico
Nell’ultimo anno, un vasto numero di potenti uomini ebrei è stato accusato di cattiva condotta sessuale. Se da un lato la cosa ha dato àdito agli antisemiti, gli attivisti affermano che affrontare il problema è vitale.
Dal pulpito delle chiese alla tavola del desco, il peccato ed il pentimento sono gli argomenti degli annuali rituali dello Yom Kippur, discussioni e momenti di introspezione. In tutto il mondo ebraico, tuttavia, le discussioni sul tema delle cattive condotte sessuali sono durate nel corso di tutto il 5778, l’anno del #MeToo.
La questione è stata così dominante che, con l’avvicinarsi dei Giorni Santi, un gruppo di rabbini e studiosi ha presentato una serie di aggiunte alla tradizionale preghiera dello Yom Kippur, modificando le confessioni esistenti con versi come:
“Per il peccato che abbiamo commesso con l’uso inappropriato del potere.
Per il peccato che abbiamo commesso con inappropriate avance sessuali.
Per il peccato che abbiamo commesso mandando al potere gente senza controllo.
Per il peccato che abbiamo commesso non prendendo sul serio le lamentele di una collega.
Per il peccato che abbiamo commesso non credendo alle vittime quando hanno denunciato l’accaduto.
Per il peccato che abbiamo commesso non essendo consapevoli del nostro potere o privilegio quando abbiamo fatto un’avance… ”
L’esplosione in questa consapevolezza è cominciata lo scorso anno, con le scioccanti rivelazioni sul produttore cinematografico Harvey Weinstein, una storia scoppiata pochi giorni dopo la fine dello Yom Kippur. Gli articoli sul New York Times e sul New Yorker hanno aperto le porte all’autoesame nelle comunità ebraiche, statunitensi prima, di tutto il mondo poi.
Né la comunità ebraica – dalle sue sinagoghe e scuole alle numerose organizzazioni non profit – né lo Stato di Israele sono rimasti immuni. Vedere le vittime raccontare storie che coinvolgono potenti uomini e, di conseguenza, guardare figure importanti uscire dalla vita pubblica, è stato allo stesso tempo fonte sia di ispirazione che di disorientamento.
“Perseguire la giustizia è uno dei principali obblighi del giudaismo”, ha affermato Keren R. McGinity ad un recente forum interreligioso sul #MeToo negli spazi sacri. “Ma, esattamente, come si intende perseguire la giustizia quando l’abusatore viene messo su di un piedistallo?”, ha domandato.
“L’idea che i panni sporchi degli ebrei si lavino in casa mi ha messo una specie di museruola, la semplice idea di raccontare pubblicamente tutto mi paralizzava”.
Alla fine, si è apertamente scagliata contro l’uomo che sostiene si sia comportato “in modo non etico ed assolutamente non ebraico” – l’importante sociologo ebreo-statunitense Steven M. Cohen. In séguito, altre donne si sono fatte avanti con simili storie. Nel proprio discorso, la McGinity ha affermato di esser rimasta piacevolmente sorpresa dalla “gratitudine mostrata da donne e uomini di ogni settore della comunità ebraica globale”, e dal modo col quale accademici ed organizzazioni ebraiche l’hanno appoggiata.
Ha ottenuto anche il supporto di #GamAni (il corrispondente ebraico di #MeToo), movimento emerso quasi immediatamente dopo le rivelazioni di Weinstein, e che è cresciuto nel corso di tutto l’anno. Il suo “focolare” è stata la relativa pagina Facebook, la quale, in un anno, ha raccolto oltre 1.000 membri, dopo aver invitato i partecipanti a “condividere esperienze personali sull’interazione di genere e cultura presso le organizzazioni comuni ebraiche”.
La pagina funge anche da sorta di sfogo per discussioni su disuguaglianza, gerarchia di genere e sessismo nelle organizzazioni ebraiche.
Supporto ed incoraggiamento
Nell’ultimo anno, #GamAni ha fatto i conti non solo con i nuovi casi pubblicati sui giornali, ma anche con l’eredità di reati precedenti, che avevano visto per protagonisti personaggi come il rabbino Barry Freundel ed il compianto Shlomo Carlebach. Ha anche offerto incoraggiamento alle vittime, alle prese col dilemma se rendere pubbliche o meno le proprie storie, le quali avrebbero coinvolto uomini che, in molti casi, erano rispettati leader spirituali (come Carlebach) o studiosi di alto livello.
Il gruppo ha ampiamente discusso della spinosa dinamica presente nelle organizzazioni non profit ebraiche: da una parte gli anziani donatori, uomini ricchi e generosi, dall’altra le più giovani membri del personale femminile, le quali hanno paura di andar contro queste figure, che spesso sono i pilastri finanziari delle organizzazioni stesse.
Dalle prime settimane di ottobre 2017, dopo che la storia di Weinstein ha spinto altre donne a farsi avanti, la conversazione è entrata nel mondo ebraico.
Verso fine ottobre, Leon Wieseltier, ex editore letterario di New Republic, considerato uno dei maggiori intellettuali ebrei negli Stati Uniti, è stato accusato di molestie sessuali da parte di più donne. Una nuova rivista a cui stava lavorando è stata rapidamente accantonata dopo che i suoi finanziatori si sono ritirati, a seguito delle accuse.
Poi, in dicembre, la United Synagogue Youth – il gruppo giovanile del movimento conservatore – ha tagliato i ponti col proprio storico direttore, Jules Gutin, dopo che degli ex membri l’hanno accusato di inappropriata condotta sessuale. Le accuse includevano molteplici istanze nelle quali Gutin avrebbe invitato i partecipanti dell’USY a dormire nel suo letto e, in almeno un caso, l’accusa di aver toccato uno dei giovani.
A gennaio c’è stato sdegno quando il 92nd Street Y di Manhattan, prestigioso centro culturale, ha invitato Ari Shavit, scrittore ed ex editorialista di Haaretz, a parlare ad un evento commemorativo per il 70° anniversario dalla nascita di Israele. Shavit si era ritirato dalle apparizioni pubbliche l’anno precedente, a séguito di accuse di molestie da parte di una giornalista ebrea. Dopo l’annuncio del 92Y, altre due donne si sono fatte avanti con nuove accuse di cattiva condotta sessuale.
A luglio, le affermazioni della McGinity e di altre donne contro Steven M. Cohen – e la sua immediata ammissione di aver assunto un “comportamento inappropriato” – hanno ulteriormente scosso la comunità.
Cohen aveva goduto di una lunga ed illustre carriera, comprendente prestigiosi incarichi all’Hebrew University ed all’Hebrew Union College. Aveva condotto studi per molte organizzazioni ebraiche, e prestato servizio come consulente per il sondaggio condotto nel 2013 dal Pew Research Center sugli ebrei americani.
Il mese seguente ha visto rivelazioni su come il rispettato rabbino Haskel Lookstein non sia riuscito a prendere provvedimenti in molteplici casi di presunta cattiva condotta sessuale – compreso l’abuso di studenti – da parte di educatori affiliati a Ramaz, la scuola dell’Upper East Side da lui gestita per 50 anni. La storia è nata in séguito ad un’indagine di The Forward, che ha accusato Stanley Rosenfeld di esser stato un predatore seriale negli anni ’70. Questi ha insegnato per anni in diverse scuole ebraiche, tra le quali Ramaz, e lavorato in numerosi campi estivi.
Infine, a settembre, quando il 5778 è diventato 5779, due nuove accuse hanno dominato i titoli dei giornali. Il New York Jewish Week ha rivelato che a Michael Steinhardt, co-fondatore di Birthright e Megadonor, è stato impedito di tenere riunioni da sé col personale femminile dell’Hillel International, a causa di comportamenti inappropriati. E David Keyes, uno dei portavoce del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, si è rivelato avere una perniciosa storia di accuse di comportamento sessuale aggressivo, messe sotto il tappeto quando è stato nominato da Ron Dermer, ambasciatore di Israele negli Stati Uniti.
Israele non è rimasta estranea a #MeToo, forse non a sorpresa. Dopotutto, un ex presidente israeliano, Moshe Katsav, era già stato condannato ed imprigionato per stupro nel 2010, e gli scandali per molestie sessuali avevano abbattuto importanti personaggi politici come Yitzhak Mordechai e Haim Ramon. #MeToo ha avuto un impatto non solo nella sfera della politica, ma anche in quelle dei media e dell’high tech.
Elefante nella stanza
A prescindere dalla gravità delle situazioni, la parte difficile non è stata il discutere di molestie sessuali nel mondo ebraico.
Il problema più scomodo è stato lo spropositato numero di uomini ebrei coinvolti in #MeToo, a cominciare da Weinstein, e l’affrontare questo fatto senza dar troppo spago agli antisemiti.
Oltre a Weinstein e Wieseltier, l’elenco degli uomini ebrei coinvolti in #MeToo negli ultimi 12 mesi comprende: l’ex senatore democratico Al Franken; l’ex capo della CBS Les Moonves; gli attori Dustin Hoffman, Jeremy Piven e Jeffrey Tambor; i registi Woody Allen, Brett Ratner e James Toback; il drammaturgo Israel Horowitz; i giornalisti Mark Halperin e Michael Oreskes; il direttore d’orchestra James Levine; i conduttori radiofonici Leonard Lopate e Jonathan Schwartz.
Ancorché non manchino i trasgressori non ebrei – tra i quali il defunto Roger Ailes, Mario Batali, Garrison Keillor, Matt Lauer, Bill O’Reilly, Charlie Rose e Kevin Spacey – è impossibile ignorare il numero e la rilevanza di quelli ebrei.
Parlare pubblicamente del tema ha però anche avuto un prezzo. Mark Oppenheimer lo scorso ottobre ha scritto su Tablet di quella che ha definito la “depravazione specificamente ebraica di Harvey Weinstein”. Nell’articolo ha anche sottolineato che “quasi tutte” le sue vittime erano donne non ebree, “quasi scelte a simbolo dell’ascesa del produttore al di sopra delle proprie origini semitiche”.
In séguito alle polemiche, Oppenheimer, caporedattore di Tablet, ha pubblicato il giorno seguente le proprie scuse, definendo l’articolo “frettoloso e sconsiderato”.
Nel frattempo, in un post intitolato “Gli uomini ebrei sono maiali?”, il rabbino Daniel Brenner ha osservato che quando il comico ebreo Larry David ha sottolineato in “Saturday Night Live” che “molti dei predatori sono ebrei”, la Anti-Defamation League lo ha castigato per esser stato “insensibile” ed “offensivo”.
Brenner ha sostenuto che ci sono legittime domande da porre su cosa significhi il #MeToo quando si tratta di uomini ebrei-americani e sesso. Avere un predominio sulle donne è talvolta teorizzato come modo per “respingere la personalità eccessivamente cerebrale” del maschio ebreo, e che il “dominio sessuale” può essere usato “come modo per affrontare il proprio dolore emotivo”. Ha anche chiesto una migliore educazione dei giovani uomini ebrei.
Elana Sztokman, studiosa femminista, autrice di un libro sugli uomini ebrei ortodossi e che ora sta portando avanti un progetto di ricerca sulle molestie e gli abusi sessuali nel mondo ebraico, ha affermato che vale la pena affrontare l’argomento, per cercare di porre fine a tale comportamento. “Non abbiamo ancora veramente esplorato la questione di come insegniamo ai nostri ragazzi cosa significhi “essere un uomo”, dice. “Non sto dicendo che tutti i maschi ebrei siano potenziali molestatori. Penso però che dobbiamo, come comunità, porci la domanda: “Come stiamo educando gli uomini ad essere uomini?”. Perché, per quanto odi dare àdito agli antisemiti, in realtà penso che ci possa essere qualche problema nella mascolinità ebraica”.
Vale la pena notare che, sebbene casi molto più rari, neanche le donne ebree sono rimaste immuni da tale scandalo. Esempi recenti includono accuse contro l’accademica Avital Ronelled il caso in corso di abusi sessuali che coinvolge Malka Leifer, una ex preside in una scuola di Melbourne.
Sia in Israele che negli Stati Uniti, la comunità ortodossa – ed in particolare quella ultraortodossa – è rimasta indietro sulla questione #MeToo.
Gratitudine e sollievo
“Il mondo ortodosso impiega sempre molto tempo per mettersi alla pari con quel che accade nel mondo secolare”, afferma Malky Wigder, ex membro della (ultraortodossa) comunità Satmar di New York, che ha pubblicato sui social media le proprie esperienze in tema di molestie sessuali ed aggressioni. “Le cose non cambieranno dall’oggi al domani. Penso però che il processo sia cominciato”, aggiunge.
Nell’ultimo anno, la Wigder ha cominciato a pubblicare su Facebook le proprie esperienze, chiamando per nome alcuni dei molestatori: uomini che, a suo dire, hanno approfittato della sua vulnerabilità di donna divorziata in lotta per la custodia dei figli.
In privato, ha ricevuto messaggi da donne ancora nella sua ex comunità: “C’è molta gratitudine e sollievo da parte delle passate vittime. Alcune di loro mi hanno detto di aver aspettato per anni che qualcuno ‘denunciasse’ queste persone”, afferma la Wigder.
Non è ancora soddisfatta, tuttavia, in quanto “all’atto pratico non è cambiato alcunché”, con molti dei presunti autori di reati che continuano a fungere da medici e consulenti per le donne. “L’ho fatto perché volevo avvertire la gente. È stato uno shock per me constatare che tutti già lo sapessero. Non stavano facendo niente”.
La Wigder afferma che le donne ortodosse vittime, che vivono in un mondo in cui sono educate a sottomettersi agli uomini e che incolpano sé stesse per la trasgressione maschile, provano paura, profonda vergogna e senso di colpa quando vengono aggredite.
“Sono certe che ci sia qualcosa che non vada in loro, [che] se lo sono attirato, anche se sono state drogate ed immobilizzate”, dice.
In molti casi, continua, “le donne non hanno nemmeno il linguaggio per iniziare a parlarne”. Le organizzazioni dominate dagli uomini, inoltre, fanno del proprio meglio per spazzar via qualsiasi accusa che emerga da sotto il tappeto, accusando quelle che si lamentano pubblicamente di infangare l’immagine dell’istituzione in cui ha avuto luogo il presunto abuso.
Al contrario, ispirato a #MeToo, il mondo ebraico non ortodosso è stato un alveare di attività, con la creazione di nuovi gruppi e maggiori sforzi per monitorare ed agire più da vicino contro la cattiva condotta sessuale all’interno delle organizzazioni esistenti.
In una nuova importante iniziativa, il Good People Fund e la Jewish Women’s Foundation di New York hanno lanciato ad agosto B’kavod, con l’obiettivo di fondere “valori ebraici ed un comportamento organizzativo ebraico”. Sperano di creare “spazi di lavoro sicuri e rispettosi”, al fine di “sradicare questa tensione tra lo spirito sacro dell’individuo e la santa missione dell’istituzione”.
Lo sforzo prevede una formazione professionale per le organizzazioni ebraiche, l’istituzione di linee telefoniche per la segnalazione anonima, assistenza e consulenza e supporto per chiunque desideri rendere pubblica la situazione.
Il movimento conservatore, nel mentre, ha creato una linea telefonica confidenziale interna ed un indirizzo mail apposito per la segnalazione di molestie sessuali. Ed il Center for Jewish Ethics ha avviato un crowdsourcing per creare “un crescente e flessibile archivio di fonti da Internet, che vediamo come risposta alle domande etiche ebraiche nell’era #MeToo”.
Il Jewish Women’s Archive sta catturando il momento per i posteri, attraverso un deposito speciale per storie #MeToo.
L’archivio mira a documentare le storie di aggressioni e molestie subìte da donne ebree – e le risposte ad esse – al fine di “illustrare i sistemi e le strutture che modellano le esperienze delle donne, nonché il loro potere collettivo di apportare cambiamenti”.
La Foundation for Jewish Camp ha creato l’iniziativa Shmira (ebraico per “dovere di guardia”), al fine di “cambiare la cultura del campeggio a tutti i livelli, implementando un cambiamento nella programmazione del personale, nella formazione, nella politica e nell’applicazione delle questioni relative a genere, sesso e potere”, e promuovendo “la responsabilità sociale ed individuale di ogni membro della comunità per garantire un ambiente sicuro” nei campi estivi ebraici.
Miriam Isserow, amministratrice del gruppo Facebook #GamAni ed ex coordinatrice presso l’Israel Women’s Network, afferma che, mentre è stato “straziante vedere quanti uomini ebrei” siano coinvolti negli scandali #MeToo, è incoraggiata dal vedere come molte azioni siano state intraprese per combattere la cosa.
“Dopo aver lavorato in Israele su questi temi per molti anni [come raccoglitrice di fondi sia per le donne che per le organizzazioni ebraiche], è davvero incoraggiante vedere la comunità riunirsi e rispondere”, afferma. “La trasparenza è cosa buona, agire altrettanto e, è evidente, nella nostra comunità ci sono molte persone disposte ad agire”.
Fonte: https://www.haaretz.com/
18 Set 2018
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da HMG
Aiuteranno la Polonia a spogliarsi della sua proprietà
La Polonia è sotto attacco. Quasi tutti i cento senatori degli Stati Uniti hanno firmato una lettera al Segretario di Stato Michael Pompeo in cui lo sollecitano a indurre il governo degli Stati Uniti a ” aiutare la Polonia a risolvere il problema il più rapidamente possibile.” Qual’è il problema? In che modo gli Stati Uniti vogliono aiutare la Polonia? I senatori vogliono attuare un tardivo Marshall, i cui benefici sono stati raccolti dall’Europa occidentale all’indomani della seconda guerra mondiale, hanno in programma di rilanciare l’economia polacca come una sorta di compensazione per gli accordi di Yalta del 1945 nel quadro del quale ha venduto la Polonia a la sfera di interessi sovietica? O forse i senatori vogliono prestare assistenza militare contro la Russia iniettando il bilancio polacco con le finanze che le consentono di acquistare attrezzature aggiornate e quindi migliorare il suo esercito? O forse esortano il Segretario di Stato a revocare ai cittadini polacchi – rappresentanti di una nazione alleata – l’obbligo di richiedere un visto se vogliono recarsi negli Stati Uniti?
Nessuno di questi. La lettera indirizzata a Michael Pompeo è stata scritta per ” incoraggiarlo a perseguire audaci iniziative” per … spogliare la Polonia di un’enorme quantità di proprietà e trasferirla agli ebrei – avete indovinato bene: sopravvissuti all’olocausto – e organizzazioni ebraiche . Quale proprietà? Qualsiasi cosa posseduta dagli ebrei prima del 1945, e anche in seguito, dagli ebrei che erano a quel tempo cittadini polacchi . Qualunque cosa indipendentemente dal fatto che ci siano eredi della proprietà o meno. I tribunali polacchi onorano le rivendicazioni documentate presentate da legittimi eredi, ma questo non è ciò che si intende per S.447 – Justice for Uncompensated Survivors Today (JUST) Act del 2017, in cui leggiamo che “nel caso di proprietà senza peli, la fornitura di proprietà o indennizzo “dovrebbe tuttavia essere richiesta” per aiutare i sopravvissuti all’Olocausto bisognosi, l’educazione all’Olocausto e per altri scopi “. Il documento stabilisce inoltre che anche le proprietà “sequestrate o trasferite in modo errato” devono essere restituite a singoli ebrei o organizzazioni ebraiche , dove il termine “sequestrato o trasferito in modo errato include confische, espropri, nazionalizzazioni, vendite o trasferimenti forzati e vendite o trasferimenti in corso di coercizione durante Era dell’Olocausto o periodo del dominio comunista “.
Ci sono due cose che colpiscono dritto negli occhi. Innanzitutto, l’ approccio tribale o razziale al problema. Sono gli ebrei come una tribù che devono essere compensati. Non importa se una proprietà ha o meno un erede documentato, né importa che al momento in cui gli ebrei erano proprietari erano tutti cittadini polacchi per l’uomo, il che in qualsiasi sistema di legge significa che la proprietà senza peli è rilevata dal stato. In secondo luogo, la proprietà “sequestrata o trasferita indebitamente” durante il “periodo del dominio comunista” si riferisce agli anni successivi alla seconda guerra mondiale, un tempo in cui la Polonia era governata da un partito comunista che effettuava “confische, espropri, nazionalizzazioni, vendite forzate trasferimenti “di tutti i tipi di mezzi di produzione e altri beni equesti atti sono stati attuati per la maggior parte da ebrei polacchi che hanno assunto, a volte, la maggioranza o quasi la maggioranza dei livelli decisionali di governo, partito comunista e forze dell’ordine. Che faccia tosta!
Il valore stimato che la Polonia dovrebbe arrendersi è di due o tre miliardi di dollari inimmaginabili. Cosa succederà se il Paese rifiuta di conformarsi? Se la Polonia non paga attraverso il naso, sarà “ attaccata pubblicamente e umiliata nel forum internazionale“, Ha affermato già nel 2008 Israel Singer, segretario generale del World Jewish Congress. Tutti i paesi hanno dovuto cedere alle richieste ebraiche. La Polonia è la prossima nella lista dei successi. Il suo governo obbedirà così tanto che sta implorando gli Stati Uniti di stabilire nel suo territorio truppe americane e si è reso dipendente dall’Occidente. Naturalmente, tale importo di rimborso non verrà pagato entro pochi giorni. Molto probabilmente, proprietà come foreste statali e quote in grandi imprese statali saranno offerte, parzialmente o totalmente, a ebrei ed organizzazioni ebraiche. Dotati di una tale quantità di ricchezza, gli ebrei sarebbero diventati la classe dirigente indiscutibile, con i polacchi nativi come cittadini di seconda categoria nel loro paese. Una Palestina nell’Europa dell’Est in via di realizzazione .
Considera per un momento che le pretese tribali ebraiche di perdere la proprietà sono legittime. Se è così, logicamente – a meno che gli ebrei non godano di uno status eccezionale di una nazione prescelta, che va contro qualsiasi valore professato dall’Occidente – le richieste di chiunque e le rivendicazioni di qualsiasi tribù sulla perdita di proprietà dovrebbero essere soddisfatte: quelle dei polacchi che sono stati costretti a partire oggi Ucraina occidentale e Bielorussia occidentale; quelli tedeschi che furono costretti a lasciare parti della Polonia e della Repubblica Ceca. Inoltre, perché limitare l’applicazione di tali affermazioni solo alla seconda guerra mondiale e pochi anni dopo? Tutte le nazioni in Europa, anzi, in tutto il mondo dovrebbero iniziare a chiedere un risarcimento per le proprietà perdute senza peli, individualmente e collettivamente. I palestinesi non sono stati sistematicamente cacciati dalle loro terre e diseredati dalle loro proprietà? Possiamo immaginarci quali conflitti, antagonismi el’odio susciterebbe tali affermazioni ?
Si afferma – e gli ebrei sono tra i più ardenti sostenitori di questa idea – che non sono le nazioni che sono importanti ma entità politiche come gli stati e che chiunque può diventare un cittadino tedesco, francese, britannico o italiano anche se la sua razza, credo, lingua, etnia sono completamente diversi da quelli della nazione ospitante. Oggi si afferma – e gli ebrei sono di nuovo campioni di questa affermazione – che gli alieni provenienti da ogni angolo del mondo possano, dovrebbero e sicuramente si assimileranno e si integreranno nelle società ospitanti e rinunceranno alla loro lealtà verso il paese o la nazione di origine. Come mai allora coloro che diffondono tali idee dimostrano all’improvviso alcuni degli istinti più tribali? Non è questa la prova sufficiente che ciò che stanno cercando di far credere agli altri non è affatto ciò in cui credono? Se algerino, marocchino, turco, giamaicano,La proprietà senza peli per legge appartiene allo stato, altrimenti finiamo in un mondo lacerato da infiniti conflitti nazionali, etnici, religiosi e razziali . O dobbiamo credere che questo atteggiamento razziale sia riservato solo a coloro che una volta hanno spogliato l’antico Egitto e consacrato questa despolazione come qualcosa di ammirevole nei loro Libri Sacri?
Fonti:
– Risarcimento dei danni subiti sotto occupazioni naziste e sovietiche, pogonowski.com .
– S.447 – Justice for Uncompensated Survivors Today (JUST) Act del 2017, Congress.gov .
– Risarcimento dei danni subiti sotto occupazioni naziste e sovietiche, pogonowski.com .
– S.447 – Justice for Uncompensated Survivors Today (JUST) Act del 2017, Congress.gov .
Lettura consigliata:
– Lettera al Segretario Pompeo Polonia Restituzione firmata, pdf .
– Considerazioni politiche su HR 1226 e S. 447 rispetto alla Polonia presentate dal collegio elettorale americano polacco, Polonia – Attualità .
– Lettera al Segretario Pompeo Polonia Restituzione firmata, pdf .
– Considerazioni politiche su HR 1226 e S. 447 rispetto alla Polonia presentate dal collegio elettorale americano polacco, Polonia – Attualità .
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