ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 11 agosto 2019

Eorum generis

Francesco toglie a Ischia ciò che regala alla Cina

La diocesi di Ischia è tanto piccola quanto l’isola che porta questo nome, nel golfo di Napoli, celebre fin dall’antichità per le sue acque termali.
Ma curiosamente la sua storia si è incrociata pochi giorni fa con quella della Cina, il gigante asiatico di cui papa Francesco è innamorato. Talmente innamorato da regalare ai governanti cinesi – con l’accordo provvisorio e segreto firmato il 22 settembre 2018 – il diritto di scegliere loro per primi ogni futuro vescovo cattolico, fatta salva la facoltà del papa di accettare o respingere la nomina, ma solo in seconda battuta.

Il “patronato” delle autorità statali sulla nomina dei vescovi ha pesato per secoli sulla storia della Chiesa cattolica e solo nel XX secolo si è arrivati faticosamente ad eliminarlo quasi ovunque, in nome di quella “libertas ecclesiae” che il Concilio Vaticano II ha infine definito irrinunciabile. Salvo poi vederlo ricomparire, appunto, nell’accordo del 2018 con la Cina.
Quello, però, che Francesco ha concesso alle autorità di Pechino non lo permette più, da questa estate, ai cittadini di due piccoli comuni di Ischia che da settecento anni avevano il privilegio di indicare loro la terna dei sacerdoti tra i quali il vescovo sceglieva il parroco.
Il paradosso è appunto questo. Ciò che in Cina è magnificato dal papa come un passo avanti positivo, è stato cancellato nella diocesi di Ischia come “anacronistico” e “feudale”.
In breve, qui le cose sono andate così.
Lo scorso 7 gennaio il vescovo della diocesi di Ischia, Pietro Lagnese, 58 anni – ivi nominato il 23 febbraio 2013 da Benedetto XVI negli ultimissimi giorni del suo pontificato, a dimissioni già annunciate –, informa i sindaci di Casamicciola Terme e di Forio che ha intenzione di revocare il secolare “patronato” dei loro cittadini sulla nomina dei parroci delle rispettive chiese parrocchiali, intitolate l’una a Santa Maria Maddalena Penitente e l’altra a San Vito.
Le due amministrazioni comunali protestano, ma il vescovo tira dritto e l’11 aprile 2019, dieci giorni prima di Pasqua, emette i due decreti di revoca del “patronato”.
Il sindaco di Casamicciola Terme, Giovan Battista Castagna, chiede per lettera al vescovo di ritirare il doppio decreto, facendo notare che il diritto di “patronato” sulla nomina dei parroci era stato riconfermato ai due comuni di Ischia “nel non lontano 2012” dalla congregazione vaticana per il clero ed era stato sempre esercitato negli ultimi decenni “nel pieno rispetto del ‘sensus fidei’ che ci appartiene quali patroni della nostra amata parrocchia”.
In effetti, anche nell’altro comune, quello di Forio, tutti ricordano che nel 1967 la scelta del parroco don Giuseppe Regine – oggi ultraottantenne e ancora in carica fino a questa estate – ebbe un “patrono” illustre nella persona del senatore Maurizio Valenzi, esponente di spicco del Partito comunista italiano, all’epoca consigliere comunale e in seguito sindaco di Napoli e parlamentare europeo.
Poco dopo Pasqua, quindi, entrambe le amministrazioni comunali, quella di Casamicciola Terme e quella di Forio, quest’altra con sindaco Francesco Del Deo, fanno ricorso a Roma, alla congregazione per il clero, chiedendo di annullare la decisione del loro vescovo.
Ma il ricorso fallisce. La congregazione vaticana, il cui prefetto è il cardinale Beniamino Stella, tra i più ascoltati consiglieri di Jorge Mario Bergoglio, conferma i decreti del vescovo di Ischia e il 17 luglio fa “approvare in forma specifica” tale conferma dal papa, chiudendo definitivamente la questione.
Perché, allora, ciò che non è più ammesso non solo nella piccola diocesi di Ischia ma praticamente in tutto il mondo è fatto di nuovo valere in Cina, e non per la nomina dei parroci, ma per quella ben più importante dei vescovi?
Lo scorso 28 febbraio, in un discorso alla Pontificia Università Gregoriana dedicato proprio agli accordi della Santa Sede con gli Stati dall’Ottocento a oggi, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha indicato il Concilio Vaticano II come il punto di non ritorno del secolare sforzo della Chiesa cattolica di assicurare “la sua indipendenza di fronte al desiderio dei sovrani e dei governi di interferire nella sua vita e organizzazione”.
Arrivato però a parlare dell’accordo del 2018 con la Cina, Parolin si è astenuto da ogni valutazione, limitandosi a definirlo “sui generis”.
L’ha accostato, piuttosto, a un altro accordo stipulato pochi anni fa dalla Santa Sede, quello con il Vietnam, anch’esso segreto e anch’esso riguardante la nomina dei vescovi.
“A volta – ha detto il cardinale – le materie più delicate e importanti sono state regolate segretamente fra sovrani o fra capi di Stato” con un “gentlemen’s agreement”, cioè con un “accordo informale tra due parti, la cui caratteristica essenziale è che la sua realizzazione si basa sull’onore, sulla buona fede e sul rispetto della parola data, e che non può essere difeso giudizialmente. Un caso concreto è rappresentato dal Vietnam, dove le nomine episcopali avvengono secondo una procedura concordata oralmente con il governo”.
Questa procedura – ma Parolin non l’ha detto – assegna alla Santa Sede la prima scelta di ogni nuovo vescovo, consentendo al governo vietnamita di eventualmente porre il veto sul nome indicato.
Ma in Cina è l’opposto. La prima scelta spetta alle autorità di Pechino. Il “patronato” dello Stato sulla Chiesa è risorto e parla mandarino.
Settimo Cielo di Sandro Magister 10 ago

DISPACCI DALLA CINA. HONG KONG, “CONSEGUENZE POTENZIALMENTE CATASTROFICHE”


Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il Maestro Aurelio Porfiri ci ha mandato dei Dispacci dalla Cina pervasi di drammaticità, per come si sta venendo a configurare la situazione a Hong Kong, in seguito alla polemica per la controversa legge sull’estradizione, e quanto ne è seguito. Buona lettura.
Hong Kong, inizio agosto 2019
Non userò giri di parole: la situazione di Hong Kong per come si è venuta a configurare in questi primi giorni di agosto è di straordinaria gravità. Come ha detto il capo dell’esecutivo di Hong Kong Carrie Lam, in questo caso giustamente, le proteste stanno andando di molto oltre la contestazione della legge sull’estradizione. È esploso un bubbone e le conseguenze sono potenzialmente catastrofiche. Yonden Lhatoo, capo delle notizie per il South China Morning Post, ha postato il 4 agosto in Facebook un video degli scontri con questo commento: “Nessun riposo per manifestanti, polizia o giornalisti. Non so quanto ancora tutti possano andare avanti così. Oggi è stato il giorno più folle di sempre, anche se, naturalmente, il giorno successivo potrebbe essere anche peggio”. E a questo peggio ci dobbiamo preparare.
Ci sono vari elementi da considerare: il governo è oramai completamente sfiduciato agli occhi della gente di Hong Kong. Carrie Lam ha confessato che gli viene chiesto di non presenziare ad eventi perché gli organizzatori non possono garantire la sicurezza e devono pagare un’assicurazione altissima. Ma c’è un’alternativa possibile a questo governo? No, in quanto tutti i governatori da Tung Chee-hwa, il primo governatore cinese dopo il ritorno di Hong Kong alla Cina, sono stati ferocemente contestati. Non c’è un’alternativa sotto il presente sistema. Quindi le dimissioni di Carrie Lam, a cui non si può negare la sciagurata gestione di tutto questo affare, non risolverebbero il problema e aprirebbero un altro fronte.
Coloro che protestano mostrano che la legge per l’estradizione, di fatto abortita, è servita da detonatore per dare voce ad una frustrazione molto più ampia e molto più profonda. Contro un governo che non è visto come una garanzia degli interessi dei cittadini di Hong Kong ma più degli interessi dei padroni di Pechino, contro la Cina in cui non si riconoscono (essere cinese non significa essere comunista). Poi c’è una situazione sociale esasperata da un mercato immobiliare con prezzi impossibili per chiunque svolga un lavoro con un normale stipendio.
Poi ci sono ora gli oppositori di quelli che protestano, gente armata di bastone che attacca all’improvviso i manifestanti. Molti di questi sono stati arrestati e la polizia stessa ha dichiarato che hanno collegamento con le triadi, la mafia cinese. Chi ha pagato questa gente per far salire il livello della provocazione? Gli scontri del 4 agosto, di cui esistono testimonianze filmate sono la chiara testimonianza che si incammina verso una guerra civile, se non interverranno fatti intermedi.
Poi c’è l’elefante nella camera, la Cina. Ma di quale Cina stiamo parlando? Perché molti non sono sicuri che tutto quello che è successo è stato orchestrato dal potere centrale. Ma pensateci, in un momento in cui la Cina ha le mani in pasta dappertutto, quale convenienza ha di mostrare al mondo una repressione come quella che, se non ci sarà qualche cambiamento, si prefigura a Hong Kong? Guardate che la Cina ha tutto da perdere. Pensate solo all’ondata mondiale di sdegno che andrebbe ad intaccare gli interessi economici della Cina, che sono enormi, in giro per il mondo. Eppure se la situazione non ha una evoluzione positiva, al momento non in vista, come possono fermare questa rivolta?

La diocesi di Hong Kong organizza Messe per pregare per la pace con il vescovo ausiliare Joseph Ha, ma cerca di mantenere un atteggiamento prudente con la nota eccezione del Cardinale Joseph Zen. Ma penso ci sia la percezione di trovarsi sull’orlo di un abisso. In un comunicato stampa del 22 luglio denunciavano con forza le violenze compiute dalle bande organizzate (triadi?) contro i manifestanti di Hong Kong. E certamente c’è stato un avvicinamento fra la diocesi e la parte pacifica dei manifestanti. Ma ora è un tutti contro tutti. L’atteggiamento del Vaticano, mi sembra, è prudente. Certamente la partita per loro si gioca anche sul tavolo del rapporto (travagliato) con il governo cinese grazie all’accordo provvisorio del settembre 2018. La Cina non tollera ingerenze straniere, questo lo abbiamo sentito in tutte le salse in questi giorni, con riferimento alla situazione di Hong Kong. Quindi, con le mani legate in questo modo, è difficile dire qualunque cosa.
Prego per Hong Kong a cui mi legano motivi familiari e affettivi importanti. I prossimi giorni saranno importanti per capire la direzione in cui la città è diretta: la riconciliazione o la rovina.
Marco Tosatti
10 Agosto 2019 Pubblicato da  1 Commento --

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.