Il Cardinale George Pell è stato condannato in Vaticano, il Tribunale penale australiano è solo il braccio armato. Intanto la Santa Sede offre solidarietà alle vittime che non esistono, mentre prosegue a voltare le spalle alle reali vittime dell’attuale regime vatican-cambogiano
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Ciò che narra la singola presunta vittima sopravvissuta ― per sua fortuna non finita a miglior vita con una siringa d’eroina piantata in vena come l’altro testimone accusatore ―, è semplicemente impossibile. O meglio: il tutto sarebbe possibile e credibile come lo sarebbe affermare che il Pontefice regnante, dopo avere tenuta l’udienza del mercoledì dentro l’Aula Paolo VI, prima di tornare nei suoi alloggi ha presa una ragazza, l’ha spinta in un angolo dentro una stanzetta, poi l’ha stuprata. È un’immagine grottesca e impossibile da credersi, esattamente come lo è quella del Cardinale George Pell che dopo una celebrazione, con tutti i sacerdoti ed i fedeli presenti, i coristi e gli strumentisti, con il personale di servizio ed i vari addetti alla chiesa cattedrale, trova modo di appartarsi, senza che alcuno lo veda, per poi procedere a seviziare due ragazzini.
L’intelligenza e la capacità di giudizio critico analitico, è merce oggi rara. Il sociologo Zygmunt Bauman [1925-2017] parlava di società liquida. Nella nostra situazione di decadenza inarrestabile, non possiamo più parlare di “liquido”, bensì di vapore. Ormai lo stato del liquido si è mutato in vapore, sicché dobbiamo parlare di società vaporosa.
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Nell’imbarazzante silenzio dei media della Santa Sede, oggi in mano ai cinici nipotini del vecchio Giulio Andreotti ― sensibili verso la sofferenza umana nella misura in cui può esserlo un chirurgo di fronte al sangue ― la notizia sul Cardinale George Pell, al quale la Corte di giustizia australiana non ha concesso di poter presentare appello contro la sentenza di condanna per reato di pedofilia, è stata liquidata con poche, brevi e fredde parole [comunicato stampa, QUI].
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Il portavoce della Sala Stampa Vaticana, con tono mite e paludato, più o meno equiparabile a quello di unasuorina che nel refettorio monastico legge durante il pranzo alle proprie consorelle i pensieri di una mistica strampalata del Settecento, annunciato il tutto ribadisce poi la vicinanza della Santa Sede alle vittime. Soprattutto, il solerte portavoce — beninteso: ambasciator non porta pena! —, con una incensazione degna dell’enorme turibolo della cattedrale di Santiago de Compostela — per azionare il quale occorrono sei uomini robusti che tirano le funi [vedere QUI] — ribadisce il rispetto per le autorità giudiziarie australiane.
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Il rispetto per la giustizia avanti a tutto, ovvio! Sì, ma quale giustizia? Perché di questi tempi esiste rispetto e rispetto. Se infatti le autorità giudiziarie osassero fermare un barcone pieno di clandestini musulmani nel Mare Mediterraneo, a quel punto i ben noti corifei non esitano ad accusare la giustizia di essere ingiusta e non si fanno scrupolo alcuno a fare richiamo persino alla disobbedienza civile. Però, se alla gogna mettono un uomo come il Cardinale George Pell, a quel punto il rispetto per l’autorità giudiziaria è assolutamente di rigore. E tutti quanti tacciono: dai nipotini di Giulio Andreotti addetti aimedia vaticani sino al cinguettante Padre Antonio Spadaro, vero? Ma d’altronde è risaputo: quel che importa è mandare er cardenal barista a portare il caffè ai barboni che orinano e defecano amenamente sui marmi del colonnato del Bernini in Piazza San Pietro [cf QUI], oppure come elettricista a riattaccare la luce in un centro sociale di Roma [cf QUI]. Invece, per quanto riguarda un vescovo e un cardinale di settantotto anni esposto a simile gogna, in quel caso veniamo prontamente informati che:
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«Come per altre vicende, la Congregazione per la Dottrina della Fede attende gli esiti del processo in corso e la conclusione definitiva di tutti i gradi di giudizio prima di occuparsi del caso».
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Se poi non bastasse, ecco che la suorina precisa dalla Sala Stampa:
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«Come dichiarato dalla Sala Stampa il 26 febbraio scorso, il Santo Padre aveva già confermato le misure cautelari disposte nei confronti di George Pell al rientro del cardinale in Australia, ossia, come di norma, la proibizione dell’esercizio pubblico del ministero e il divieto di contatto in qualsiasi modo e forma con minori di età» [vedere in fine articolo:QUI].
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Signori miei, fatemi capire: esiste sempre il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, di cui al momento, presidente, è quella notoria aquila reale del Cardinale Dominique Mamberti? Esiste sempre per le sue strette pertinenze, inclusa quella sui casi di pedofilia, la Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta anch’essa da un’altra aquila reale, il Cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer? Perché se ho ben capito, Santa Madre Chiesa, prima di procedere con un processo canonico a carico di un ecclesiastico d’alto rango, attende la sentenza di un tribunale secolare (!?), provvedendo, nel mentre, a limitarlo nell’esercizio del ministero, sospendendolo di fatto a divinis, partendo in tal modo dalla presunzione di colpevolezza. Dalle dichiarazioni dei portavoce ufficiali della Santa Sede, ho capito bene o no? Però, al tempo stesso, non si esita a far espatriare di corsa in Vaticano ed a trovare al suo interno un adeguato ufficio per gli amici dell’amico, al fine di sottrarli a processi civili dopo che veramente avevano combinato qualche cosa per davvero ed erano stati più o meno presi sul fatto con tutte le prove del caso. Sbaglio, o dico il vero? Ebbene, visto che gli unici due temi di cui oggi la Chiesa è capace a parlare, sono gli immigranti ed i poveri, considerata la grande capienza degli stabili che ospitano sia il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, sia quello della Congregazione per la Dottrina della Fede, perché non chiudiamo queste istituzioni del tutto inutili convertendole in alloggi per Rom e senzatetto? Il nostro diritto ecclesiastico interno, che tanto ormai non esiste più, diamolo direttamente in appalto alla Procura della Repubblica di Roma. In fondo, proprio nella Diocesi di Roma, hanno pure soppresso il tribunale diocesano d’appello, poiché retto da quell’uomo di Dio di Mons. Vittorio Gepponi, un autentico e competente giurista d’alto lignaggio, nonché “colpevole” di respingere le sentenze di nullità matrimoniale del tribunale di primo grado, che di fatto dava ormai per istituito il divorzio cattolico, scrivendo delle sentenze di due paginette scarse basate su tre righe della esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia.Dov’è dunque il problema? Chiudiamo baracca e burattini,come suol dirsi.
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Domanda: ma questi poveri e miseri giornalistivaticanologi, che come tali si occupano di cosiddette faccende di Chiesa o di faccende vaticane, si rendono solo vagamente conto di quello che scrivono e degli spaventosi controsensi contenuti nelle loro parole? E … per la carità divina: non si giustifichino dicendo “ma noi riportiamo solo i fatti”! Perché la deontologia professionale, non consente di prestarsi a riportare fatti falsi o falsati, specie poi quanto si è consapevoli che sono appunto falsi e falsati, perché ciò ha un nome preciso, si chiama: manipolazione dell’opinione pubblica.
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Facciamo allora un passo indietro: il Cardinale George Pell fu nominato nel 2014 prefetto agli affari economici della Santa Sede, una carica che equivale alla equipollente figura di un ministro dell’economia. A quanto ci è dato sapere, svolse anche un ottimo lavoro, cercando di ripulire e soprattutto di neutralizzare un esercito di oscuri personaggi, tutti e di rigore amici degli amici, che da lunghi anni ritenevano di poter disporre sia delle finanze sia del patrimonio immobiliare come se il tutto fosse cosa loro. Nel mentre, il Cardinale, partecipando al primo e al secondo Sinodo sulla famiglia, prendendo atto del drammatico declino della dottrina e della fede all’interno della Chiesa e in ampie frange dell’episcopato e del clero, non mancò di mostrare tutta quanta la propria ortodossia.
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Due sono le cose di cui il Cardinale George Pell è “colpevole”: avere cercato di mettere in ordine anzitutto le persone, per poter poi mettere davvero in ordine le finanze; essersi mostrato pienamente aderente al deposito della fede cattolica, alla corretta ortodossia e ortoprassi della dottrina cattolica.
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La domanda che tutti dovrebbero porsi, ma che invece chi di dovere non si pone, è molto semplice: perché, coloro che si sono ritrovati ad avere a che fare con le finanze della Santa Sede, tutti e di rigore hanno fatta una brutta fine? Io non sono un economista, quindi non essendo tale e non essendo soprattutto un superficiale tuttologo, da sempre evito di entrare in campi che non sono i miei, perché in tal caso si unirebbe al danno pure il danno maggiore derivante dalla totale incompetenza di chi presume capire e sapere, sino a produrre come unico risultato finale delle notizie errate e quindi falsate. Una cosa però è certa, le competenze di cui sono privo, abbondano invece in altre persone, per esempio in Ettore Gotti Tedeschi, che è un economista e che è stato presidente dell’Istituto Opere di Religione dal 2009 al 2012. Forse lui avrebbe da dire qualche cosa, anzi: potrebbe persino spiegare come mai tutti, lui incluso, hanno finito per essere fulminati dai fili dell’alta tensione, mettendo mano su certe vicende economiche.
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Detto questo, passo adesso a ciò che invece potrebbe competermi: nel 2014 il Cardinale George Pell fu convocato per la prima volta come testimone dallaRoyal Australian Commission che investigava su reati legati agli abusi sessuali. L’accusa a suo carico, formulata tra il 2015 e il 2016, sarebbe stata di avere coperto sacerdoti che negli anni Settanta avevano abusato di minori. In un primo momento il Cardinale rispose da Roma, attraverso videoconferenza, negando alla Commissione australiana di essere a conoscenza di questi fatti accaduti nella diocesi di Ballarat. Nel mese di ottobre del 2016 fu interrogato a Roma da magistrati australiani, ma questa volta con tutt’altro genere di accusa: essersi egli stesso macchiato del crimine di pedofilia nella sua ex diocesi di Melbourne. Dopo questo interrogatorio svoltosi a Roma, nel giugno 2017 giunse la formale accusa di violenza sessuale su due minori, reato per il quale fu chiamato a comparire il 26 luglio davanti al competente tribunale penale australiano.
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Il Cardinale, che rivestiva la carica di ministro dell’economia di uno Stato sovrano, non si avvalse di tutte le immunità concesse a lui, come a qualsiasi ministro del mondo, dal diritto internazionale, chiese invece alla Santa Sede di potersi recare in Australia per sottoporsi a processo e difendersi dalle false accuse a lui rivolte. E non solo si è dichiarato sempre innocente, ma decidendo in tal senso e rinunciando a qualsiasi genere di immunità prevista dal diritto internazionale per il suo ufficio, dette prova di essere animato da questa sicura convinzione: essendo le accuse facilmente dimostrabili false, risponderò alla giustizia, dando prova di sicurezza e innocenza e al tempo stesso di trasparenza. Da quel momento a seguire, dinanzi al mondo cattolico e alla Santa Sede silente, mentre i giornalisti cattolici nipotini nostrani di Giulio Andreotti erano affaccendati in tutt’altre faccende ― incluso il turpe peccato di idolatria o se preferiamo dipapolatria ―, per il Cardinale George Pell si aprì una nuova riedizione dell’angoscioso e grottesco Processo di Franz Kafka.
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Cerchiamo adesso di riassumere l’accusa dagli atti processuali, partendo da un elemento che farebbe inorridire persino un tribunale penale della Repubblica Popolare Cinese istituito all’epoca della Rivoluzione Culturale di Mao Tze Tung: il Cardinale è processato e poi condannato sulla testimonianza resa a porte chiuse da una sola delle due presunte vittime, perché l’altra è morta diversi anni fa, per overdose da eroina. La presunta vittima, sulla parola della quale il Cardinale è stato condannato e in seguito l’appello respinto in questi giorni, ha narrato che sul finire del mese di dicembre del 1996 aveva partecipato come corista alla Santa Messa della domenica, al termine della quale si era poi allontanato con un altro bambino membro anch’esso del coro. In modo non meglio precisato sono poi finiti nella sagrestia, ubicata sul retro della cattedrale. Poco dopo sarebbe apparso il Cardinale, che aveva appena terminata la celebrazione. Dopo averli amabilmente rimproverati per essersi introdotti nella sacrestia riservata all’arcivescovo, l’alto prelato avrebbe preso da parte uno dei ragazzi piegando e spingendo la sua testa fino al suo pene. Detto questo, prima di proseguire apro un inciso, perché è proprio difficile capire come gli esperti della polizia scientifica australiana facciano certe perizie: il Cardinale George Pell è alto due metri e tre centimetri. Stiamo inoltre parlando di anni nei quali il porporato era nel pieno della sua prestanza fisica, dotato di una stazza da fare invidia a molti giocatori di football. Quale era la statura e la corporatura dei ragazzini? Perché un uomo di tal stazza, se solo strattona leggermente un ragazzino, rischia per davvero di causargli un danno permanente. Prosegue il testimone narrando che dopo averlo obbligato a praticargli un coito orale, prese l’altro ragazzino, costringendo anch’esso alla pratica del sesso orale. A dire del singolo testimone, tutto questo sarebbe durato soltanto pochissimi minuti. Cosa dalla quale si può anche dedurre che l’allora energico, massiccio e giovanile Arcivescovo Metropolita di Melbourne, fosse affetto anche da eiaculazione precoce. Il tribunale australiano, ha per caso convocato degli urologi e degli andrologi come periti giudiziari?
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Apriamo allora un inciso: l’apparato urogenitale di un violentatore, può dare ampia conferma o volendo totale smentita a ciò che la presunta vittima asserisce. Esempio: se una donna afferma di avere riportate gravi lesioni all’utero in seguito a un rapporto sessuale violento, la cosa non è però destinata a stare clinicamente e fisiologicamente in piedi se dagli accertamenti clinici emerge poi che il presunto violentatore è un uomo scarsamente dotato, o addirittura affetto dalla patologia del micropene congenito. Per recare gravi lesioni all’utero di una donna che non vuole un rapporto sessuale ma che però finisce violentata, non basta la potenza della violenza psicologica, occorre anche un membro virile che in stato di erezione, per lunghezza e soprattutto per circonferenza, possa recare un reale e grave danno a una donna che non è fisicamente predisposta a ricevere una penetrazione. O per caso risulta a qualche esperto che attraverso la penetrazione di un equivalente dito medio si possa devastare e danneggiare gravemente l’utero a una donna?
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Chiuso anche questo inciso, la presunta vittima e unico testimone prosegue a narrare che trascorsi poi altri mesi, il corista fu abusato di nuovo, questa volta con modalità violente, perché da quanto egli narra fu spinto contro un muro del corridoio e fu toccato nelle parti intime: «C’è stato un momento nel quale ero immobilizzato, poi lui ha slacciato i suoi pantaloni e la cintura».
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Se facciamo leggere gli atti di quel processo a una commissione composta da un collegio internazionale indipendente di avvocati penalisti, la risposta di tutti gli specialisti sarà una e una sola: … ma questo singolo testimone, non è stato forse sbattuto fuori dal tribunale e, vista la figura e la notorietà dell’accusato, pure con tante scuse ad esso rivolte da parte dei giudici per la falsa accusa a lui rivolta? Sì, perché chiunque legga quelle carte, avanti a tutti avvocati penalisti non cattolici, per seguire con altrettanti avvocati penalisti di radicato e provato spirito anticlericale, non potrebbero dare altro che una simile risposta. Sono conclusioni alle quali però non sembrano giungere le suorine timorose della Sala Stampa della Santa Sede, assieme al capo-cinico che si occupa dei media del Vaticano, insensibile al sangue umano come può esserlo un chirurgo dentro la sala operatoria. Ebbene diteci: si tratta di un remake de Il silenzio degli innocentirappresentato nel famoso film, oppure del silenzio dei colpevoli complici di questa condanna scritta dentro le mura del Vaticano e poi eseguita dal braccio secolare del tribunale australiano?
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I giudici australiani, sanno che cosa più o meno sia una celebrazione presieduta in una chiesa cattedrale dall’Arcivescovo Metropolita di Melbourne? Perché ciò che narra la singola presunta vittima sopravvissuta ― per sua fortuna non finita a miglior vita con una siringa d’eroina piantata in vena come l’altro testimone accusatore ―, è semplicemente impossibile. O meglio: il tutto sarebbe possibile e credibile come lo sarebbe affermare che il Pontefice regnante, dopo avere tenuta l’udienza del mercoledì dentro l’Aula Paolo VI, prima di tornare nei suoi alloggi ha presa una ragazza, l’ha spinta in un angolo dentro una stanzetta, poi l’ha stuprata. È un’immagine grottesca e impossibile da credersi, esattamente come lo è quella del Cardinale George Pell che dopo una celebrazione, con tutti i sacerdoti ed i fedeli presenti, i coristi e gli strumentisti, con il personale di servizio ed i vari addetti alla chiesa cattedrale, trova modo di appartarsi, senza che alcuno lo veda, per poi procedere a seviziare due ragazzini.
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In questa nostra Chiesa invertita in tutti i sensi,credo di sapere piuttosto bene come funzioni il meccanismo diabolico attraverso il quale si proteggono i peggiori colpevoli e si castigano gli innocenti, semmai proprio per avere osato indicare alle Autorità Ecclesiastiche le peggiori gesta di questi colpevoli, sempre e di rigore protetti sino ai vertici dei più alti livelli ecclesiastici. Quindi si promuovono i ruffiani distruttori, o comunque felici partecipi al processo di deturpazione della Santa Sposa di Cristo, ed al tempo stesso si consegna il Cardinale George Pell a un braccio secolare che ha data esecuzione, forse senza neppure rendersene conto, a una sentenza scritta all’interno delle mura vaticane. Perché questa, è la storia del Cardinale George Pell, condannato a porte chiuse sulla parola di una presunta vittima, in tutto e per tutto credibile come lo sarebbe una donna che narrasse le modalità attraverso le quali, il Sommo Pontefice, al termine dell’udienza generale del mercoledì, l’ha stuprata dopo averla spinta in una stanza di servizio dell’Aula Paolo VI. Se questa seconda cosa farebbe ridere, o darebbe vita a giusta e comprensibile indignazione, resta però il fatto triste e drammatico che il singolo accusatore di questo Cardinale, è stato invece creduto, mentre l’esercito di tremolanti suorine dell’odierno regime vatican-cambogiano di Pol Pot, addette all’informazione della Santa Sede, tacciono. E tacciono perché, per quanto sciocche e vanesie nel loro incontenibile opportunismo, una cosa l’hanno però capita: se tocchi certi generi di poteri occulti, finisci fulminato sui fili dell’alta tensione; e se resti in vita, poi te la fanno pagare per tutta la tua esistenza terrena.
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Indubbiamente sono un pessimo promoter, di più ancora un pessimo mercante. Eppure, al processo di totale inversione della Chiesa e alla sua decadenza morale, che poi è frutto di una profonda decadenza dottrinale, ho dedicato un libro che contiene non delle passioni emotive o delle mere opinioni, ma delle analisi rigorosamente scientifiche. Ciascuno è libero di saltare da un blog all’altro, più o meno scandalistico o sensazionalistico, a leggere perlopiù ciarpame scritto da gente che presume di poter parlare di Chiesa e dei problemi gravi e per certi versi irreversibili che la affliggono. Leggere le mie pagine, che sono scritte invece da un sacerdote e da un teologo che certe vicende le ha vissute e pagate in prima persona, a certi generi di superficiali lettori che si abbeverano alle scemenzegossippare di Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, farebbero capire molto più e molto meglio. Questo è il vero servizio che rendono ai Christi fideles i Padri de L’Isola di Patmos, che per loro fede, coscienza, scienza e competenza, sono ben altra cosa rispetto all’anonimo ‘zi Peppino che con un nome di fantasia gestisce un blog nel quale si parla di faccende chiesastiche-ecclesiastiche, senza però ch’egli neppure sappia dove alberga l’alfabeto della storia della Chiesa, della dottrina cattolica e della ecclesiologia. Come però ripeto: sono un pessimo mercante, pur avendo sempre offerto a tutti, ed in modo rigorosamente gratuito, le migliori e più cattoliche indicazioni verso la redenzione e la salvezza eterna, ma soprattutto verso quella verità che ci renderà liberi [cf Gv 8, 32].
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Credo che il Cardinale George Pell sia una vittima dei nostri tempi, un autentico agnello sacrificale. Lo dice e lo dimostra la più inconfutabile delle prove: il totale principio di assurdità nel quale si è mosso il processo ed è stata poi scritta una condanna che non sta in piedi. Però nessuno lo dice, a partire dalle suorine dei media della Santa Sede, convinte che questo momento magico, nel cerchio del quale loro sono entrati, non passerà mai, ma proprio mai. Quando poi passerà, allora sarà per loro pianto e stridore di denti [cf Mt 13, 42].
Autore | Ariel S. Levi di Gualdo |
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dall’Isola di Patmos, 21 agosto 2019
Pell lasciato solo dalla Chiesa manettara, ma fedeli con lui
La Conferenza episcopale australiana accetta la sentenza d'Appello che condanna il cardinale e sottolinea l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Solidarietà alle vittime di abusi, ma nessun cenno alla condizione del porporato che continua a proclamarsi innocente e che in carcere non può neppure celebrare Messa. A sostenerlo dietro le sbarre c'è invece un movimento di popolo. A cui si unisce anche uno dei tre giudici di Victoria che non ha condivso la sentenza.
La Corte d'Appello di Victoria a maggioranza - ma non all'unanimità - ha respinto il ricorso presentato dal cardinal George Pell contro la sentenza di primo grado che lo ha condannato a sei anni di carcere per abusi sessuali su minori. L'ex prefetto vaticano della Segreteria per l'Economia ha fatto sapere di essere deluso per il verdetto pronunciato dal giudice supremo Anne Ferguson, ma continua a proclamarsi innocente. Il suo team di avvocati, nel frattempo, sta esaminando le carte per valutare la possibilità di un ricorso all'Alta Corte australiana. Ai legali rimangono soltanto 28 giorni per intraprendere quest'ultima iniziativa.
Intanto, la conferma della condanna del cardinale è stata accolta dalla Conferenza episcopale australiana con una nota in cui si incoraggia ad accettare la sentenza e si sottolinea l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Nel comunicato, firmato dal presidente, monsignor Coleridge, i vescovi ci tengono a far sapere di comprendere che questo processo sta provocando dolore a tutte le vittime di abusi perpetuati da sacerdoti, ribadendo l'intenzione di lavorare affinchè le chiese diventino un posto sempre più sicuro per i minori. Il documento non fa alcun cenno, invece, alla condizione del porporato che continua a proclamarsi non colpevole.
In Australia, così come nel resto del mondo, si è creato un movimento d'opinione convinto della sua innocenza. E' proprio a costoro che Pell ha voluto esprimere il suo pensiero e la sua gratitudine subito dopo aver appreso il responso della Corte di Victoria. Il processo del più importante prelato del Paese ha suscitato enorme interesse nell'opinione pubblica nazionale, dividendo in maniera quasi viscerale la comunità nazionale. La paura degli 'innocentisti' è che il cardinale possa diventare una sorta di 'agnello sacrificale' a cui far espiare le colpe della Chiesa cattolica nello scandalo abusi.
Un pericolo avvertito dallo stesso Peter Kidd, il giudice che aveva pronunciato la sentenza di condanna in primo grado a sei anni e che, nonostante ciò, aveva invitato a non considerare il porporato come "il capro espiatorio per eventuali fallimenti percepiti della Chiesa cattolica". Il ricorso respinto dalla Corte d'Appello di Victoria tirava in ballo l'"irragionevolezza della motivazione" che, secondo il team di avvocati della difesa, starebbe alla base del verdetto di colpevolezza pronunciato in primo grado. I presunti abusi sarebbero stati commessi in due occasioni, tra il 1996 ed il 1997, e vedrebbero vittime due ragazzi del coro della Cattedrale di San Patrizio di Melbourne.
La prima denuncia risale al giugno 2015 e venne presentata soltanto da uno dei due perchè l'altro era nel frattempo deceduto. Quest'ultimo, però, aveva smentito alla madre nel 2001 di aver subito molestie dal cardinale negli anni del coro. L'accusa, quindi, si regge sulla testimonianza del denunciante, contestata invece da Pell. In virtù del tipo di ricorso presentato dai legali (le motivazioni iniziali erano tre, ma altre due - di tipo procedurale - sono state bocciate), la Corte d'Appello è stata chiamata a valutare se le prove esaminate dalla giuria fossero credibili oltre ogni ragionevole dubbio per condannare l'imputato.
Su questo punto non c'è stata unanimità tra i tre giudici: per Mark Weinberg, differentemente da quanto ritenuto dai suoi colleghi Anne Ferguson e Chris Maxwell, il denunciante era "propenso ad abbellire aspetti" del suo racconto, rilevando come questo non sarebbe immune da "discrepanze" e "inadeguatezze". Secondo Weinberg, inoltre, non sarebbero solo le criticità di questa testimonianza ad andare incontro alla questione dell'"irragionevolezza della motivazione" avanzata dalla difesa, ma anche la ricostruzione dei due presunti episodi criminosi ad apparire a tratti implausibile.
A suo parere, dunque, ci sarebbe la concreta possibilità che dietro le sbarre sia finito un innocente. Sul riconoscimento dell'impossibilità dello svolgimento dei fatti contestati così come raccontati dal denunciante aveva puntato la difesa, facendo riferimento alle dichiarazioni del cerimoniere e del sacrestano dell'epoca secondo i quali sarebbe stato "fisicamente impossibile" per il cardinale compiere la violenza in un lasso di tempo così breve, liberandosi con facilità delle pesanti vesti liturgiche indossate.
Ma i giudici Ferguson e Maxwell hanno bocciato la tesidell'impossibilità fisica, ritenendo che la giuria abbia rispettato il principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio nel suo giudizio di colpevolezza. I diversi convincimenti dei tre giudici sono maturati dopo undici settimane durante le quali i togati sono stati chiamati a leggere tutte le oltre 2000 pagine relative al processo di primo grado e recarsi in prima persona nella Cattedrale di San Patrizio, luogo delle presunte violenze.
Cosa succederà ora al cardinal Pell? Non è così scontato che si arrivi al ricorso all'Alta Corte, dal momento che quest'ultima generalmente non si occupa di riesaminare le prove su cui hanno messo mano già la giuria e la Corte d'Appello. L'ex tesoriere del Vaticano, nel frattempo, dopo aver ascoltato in aula il verdetto, ha fatto ritorno nel carcere di Melbourne da dove potrebbe uscire soltanto nell'ottobre del 2022 in caso di buona condotta. Una fonte a lui vicina ha rivelato a La Nuova Bussola Quotidiana che il cardinale è molto in pace e vive questa dura esperienza come una prova da offrire a Dio. Dall'ingresso in carcere, Pell ha perso peso, ma le sue condizioni di salute sono buone, rimane in isolamento per motivi di sicurezza ed è felice dell'esistenza di un vasto movimento d'opinione convinto della sua innocenza. Continua, tuttavia, a non poter celebrare la Santa Messa ma si sente incoraggiato dalla consapevolezza delle tante preghiere recitate per lui ogni giorno.
Nico Spuntoni
Sentenze
Torno dalla montagna, mi ricollego con il mondo. E apprendo che l’appello del cardinale Pell, il cardinale australiano condannato per pedofilia, è stato respinto.
Secondo le accuse l’anziano prelato avrebbe, al termine della messa per il suo insediamento, nella cattedrale stracolma di gente lì per vedere lui, parlare con lui, costretto ad atti sessuali due ragazzini mentre era vestito con i paramenti vescovili completi. E’ uno dei due che l’accusa, dopo più di vent’anni; l’altro nel frattempo è morto.
Mi è difficile comprendere come si possa pensare che fatti tanto irragionevoli, senza prove, possano essere davvero avvenuti. Eppure le accuse sono state ritenute credibili dalla maggioranza dei giurati prima e dei giudici d’appello poi.
Secondo le accuse l’anziano prelato avrebbe, al termine della messa per il suo insediamento, nella cattedrale stracolma di gente lì per vedere lui, parlare con lui, costretto ad atti sessuali due ragazzini mentre era vestito con i paramenti vescovili completi. E’ uno dei due che l’accusa, dopo più di vent’anni; l’altro nel frattempo è morto.
Mi è difficile comprendere come si possa pensare che fatti tanto irragionevoli, senza prove, possano essere davvero avvenuti. Eppure le accuse sono state ritenute credibili dalla maggioranza dei giurati prima e dei giudici d’appello poi.
Ma non è di questo che volevo parlare. Ho scorso i commenti alla sentenza. C’è un’esultanza becera e cattiva; c’è chi chiede che chi ha difeso Pell ne paghi le conseguenze, anche perché, dicono alcuni, solo i pedofili difendono i pedofili.
Devo dire che ciò mi spaventa un pò. Sembra che non sia più possibile difendere qualcuno perché convinti della sua innocenza. Se invece di due giudici contro uno per la colpevolezza fosse stato uno contro due, cosa avrebbero detto queste persone? Davvero sono convinte che una sentenza discussa e discutibile sia il sigillo della verità?
Io mi sono convinto dell’innocenza del cardinale esaminando i fatti. Quelli mi sembrano convinti della sua colpevolezza perché è quello che è: un prelato della Chiesa Cattolica, e quindi come può non essere un infame molestatore? E’ una sentenza già scritta prima di qualsiasi avvenimento reale, che non ha bisogno di nessuna prova, che se ne frega della verosomiglianza e della ragionevolezza. Fosse anche colpevole, questa non è giustizia.
Devo dire che ciò mi spaventa un pò. Sembra che non sia più possibile difendere qualcuno perché convinti della sua innocenza. Se invece di due giudici contro uno per la colpevolezza fosse stato uno contro due, cosa avrebbero detto queste persone? Davvero sono convinte che una sentenza discussa e discutibile sia il sigillo della verità?
Io mi sono convinto dell’innocenza del cardinale esaminando i fatti. Quelli mi sembrano convinti della sua colpevolezza perché è quello che è: un prelato della Chiesa Cattolica, e quindi come può non essere un infame molestatore? E’ una sentenza già scritta prima di qualsiasi avvenimento reale, che non ha bisogno di nessuna prova, che se ne frega della verosomiglianza e della ragionevolezza. Fosse anche colpevole, questa non è giustizia.
Il vociare di questa folla me ne rammenta un’altra, quella assiepata attorno alla ghigliottina che decine, centinaia di volte al giorno, tutti i giorni, toglieva l’incomodo della testa a tantissimi colpevoli; e poi a coloro che li avevano difesi, perché chi difende un colpevole è senz’altro colpevole. Chi sia poi colpevole, è certo: una giuria, un giudice, un popolo l’ha deciso.
Tutti alla ghigliottina, tutti in prigione, in manicomio, in Siberia, nei campi di rieducazione.
Finché non rimangano solo pavidi, e complici.
Tutti alla ghigliottina, tutti in prigione, in manicomio, in Siberia, nei campi di rieducazione.
Finché non rimangano solo pavidi, e complici.
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