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lunedì 26 agosto 2019

Il vangelo immigrazionista


Guai a chi critica il Vangelo immigrazionista


E’ polemica per le parole di don Donato Piacentini, il parroco del comune in provincia di Frosinone che poche ore fa, in occasione della festa patronale di San Rocco, ha pronunciato un’«omelia anti-migranti». Questo stando ai media. Sì, perché in realtà il sacerdote, consapevole di prendere una posizione scomoda e destinata a far rumore («voglio essere polemico»), non ha tuonato contro i migranti tout court, limitandosi a fare un accenno a «persone che hanno telefonini o catenine e catene al collo e che dicono di venire dalle persecuzioni» ed esortando tutti a ricordarsi dei poveri che abbiamo accanto, nel nostro stesso paese o quartiere, che mai si guadagnano le prime pagine o le parole dei leader europei. Un ragionamento che si può giudicare inopportuno e che naturalmente si può rigettare: ma parlare di «omelia anti-migranti», ecco, è un tantino eccessivo.

Ciò nonostante, don Donato è finito nel mirino dei vari Enrico Mentana e la stessa diocesi l’ha scaricato, con monsignor Gerardo Antonazzo, vescovo di Sora, che ha parlato di «discutibili scelte personali». Ora, senza voler elevare questo parroco a martire, non si può non rimanere colpiti dalla solerzia con cui è stato ripreso, finendo in una polemica di livello nazionale. Una constatazione cui ne affianchiamo un’altra: sarebbe bello che tutte le volte che certi sacerdoti scivolano in esternazioni non «discutibili», ma proprio contrarie anzi opposte al magistero – pensiamo ad uscite permissive nei confronti della morale, a strambe rivisitazioni della storia di Gesù, elevato ora ad hippie ora a migrante ante litteram, fino a ammiccamenti verso le rivendicazioni Lgbt (tutte cose che si ascoltano con preoccupante frequenza) -, ebbene sarebbe bello, dicevamo, che tutto ciò destasse analoga indignazione.

Invece non succede. Al contrario accade che si possa osannare l’abortista Marco Pannella, far affrescare chiese con personaggi Lgbt, farsi immortalare sorridenti con esponenti di Arcigay, dare insomma pubblico scandalo si sarebbe detto una volta, e passare come pastori trendy, aperti, dialoganti. Ma se si mette in discussione il vangelo immigrazionista – ossia la tesi secondo cui chi viene traghettato in Italia dalle Ong è ipso facto vittima innocente delle peggiori crudeltà, se non già in odore di santità -, ecco, se lo si fa son guai. Il che pone tutta una serie di dubbi. Per esempio, il Catechismo della Chiesa cattolica, che stabilisce per gli stranieri non la possibilità bensì il preciso dovere di «rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, di obbedire alle sue leggi, di contribuire ai suoi oneri» (CCC, 2241), come lo si deve intendere, come un testo viziato da sovranismo?

E san Daniele Comboni, che chiedeva di «salvare l’Africa con l’Africa» – tanto da scriverci pure un apposito piano e da presentarlo, nel 1864, al Prefetto di Propaganda Fide, il cardinale Alessandro Barnabò -, può essere ancora citato o meglio di no per non legittimare il triviale «aiutiamoli a casa loro»? E il cardinale Giacomo Biffi che, a proposito di accoglienza di immigrati, spiegava che «in una prospettiva realistica, andrebbero preferite (a parità di condizioni, soprattutto per quel che si riferisce all’onestà delle intenzioni e al corretto comportamento) le popolazioni cattoliche o almeno cristiane» (30.9.2000)? E’ ancora considerabile un autore degno o meglio dedicarsi, da cristiani, alla lettura dei Saviano e delle Murgia? Si chiede tutto ciò, chiaramente, non per negare l’importanza dell’accoglienza del prossimo o dello straniero in quanto tale, ci mancherebbe, ma solo per capire se il vangelo immigrazionista sia ancora criticabile oppure se, come ultimamente pare, sia ormai da preferirsi all’originale.
di Giuliano Guzzo
http://campariedemaistre.blogspot.com/2019/08/guai-chi-critica-il-vangelo.html

”Tra dieci anni l’Italia non esisterà più, totalmente distrutta dall’euro e dalla UE”


Così Roberto Orsi, professore italiano emigrato a Londra per lavorare presso la London School of Economics, prevede il prossimo futuro del Belpaese.
Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. E peggiorerà”.
Così Roberto Orsi, professore italiano emigrato a Londra per lavorare presso la London School of Economics, prevede il prossimo futuro del Belpaese.
Il termometro più indicativo della crisi italiana, secondo Orsi, è lo smantellamento del sistema manufatturiero, vera peculiarità del made in Italy a tutti i livelli: “Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono scomparse. Questo dato da solo dimostra l’immensa quantità di danni irreparabili che il Paese subisce.
Questa situazione ha le sue radici nella cultura politica enormemente degradata dell’élite del Paese, che, negli ultimi decenni, ha negoziato e firmato numerosi accordi e trattati internazionali, senza mai considerare il reale interesse economico del Paese e senza alcuna pianificazione significativa del futuro della nazione”.
“L’Italia — prosegue lo studioso della prestigiosa London School of Economics — non avrebbe potuto affrontare l’ultima ondata di globalizzazione in condizioni peggiori. La leadership del Paese non ha mai riconosciuto che l’apertura indiscriminata di prodotti industriali a basso costo dell’Asia avrebbe distrutto industrie una volta leader in Italia negli stessi settori. Ha firmato i trattati sull’Euro promettendo ai partner europei riforme mai attuate, ma impegnandosi in politiche di austerità. Ha firmato il regolamento di Dublino sui confini dell’UE sapendo perfettamente che l’Italia non è neanche lontanamente in grado (come dimostra il continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa e gli inevitabili incidenti mortali) di pattugliare e proteggere i suoi confini. Di conseguenza, l’Italia si è rinchiusa in una rete di strutture giuridiche che rendono la scomparsa completa della nazione un fatto certo”.
Quando si tratta di individuare le responsabilità, Orsi non ha dubbi nel puntare il dito contro la politica: “L’Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale. Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi collasso nel 2011, un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale. Il Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti dall’ufficio dell’ex Presidente Repubblica, i burocrati di diversi ministeri chiave e la Banca d’Italia. Il loro compito è quello di garantire la stabilità in Italia nei confronti dell’UE e dei mercati finanziari a qualsiasi costo. Questo è stato finora raggiunto emarginando sia i partiti politici sia il Parlamento a livelli senza precedenti, e con un interventismo onnipresente e costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica, che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell’ordine repubblicano”.
L’interventismo dell’ex Presidente è stato particolarmente evidente — prosegue il professor Orsi —  nella creazione del governo Monti e dei due successivi esecutivi, che sono entrambi espressione diretta del Quirinale. L’illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano, è credere che il Presidente, la Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno amaramente delusi. L’attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che solo Monti ha aggravato la già grave recessione. Chi lo ha sostituito ha seguito esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia”.



LA MIGRAZIONE? QUESTO È SOLO L’INIZIO! L’AFRICA NERA “ALLAGHERÀ” L’EUROPA
L’autore di National Review parla dei problemi che la migrazione crea in Europa. La situazione è così grave che gli europei devono affrontare la domanda più importante sul loro futuro: ne avranno uno? Tuttavia, questa pressione demografica non svanirà a causa della sovrappopolazione e per effetto della causa della migrazione dall’Africa meridionale del Sahara, che inizierà nei prossimi decenni.
Se Roma e Berlino fossero rimaste scioccate dall’ultimo incidente marittimo che ha coinvolto solo poche decine di migranti africani, allora sarebbe molto semplice spiegarlo: ce ne sono miliardi simili a quelli di provenienza di questi migranti. Il modo in cui l’Europa risolverà il problema dei migranti africani ora dipenderà da quale sarà la popolazione del continente tra 30 anni.
Dall’inizio di questo secolo, gli europei hanno dovuto affrontare la domanda più importante sul loro futuro: ne avranno uno come Europa?. In alcuni paesi – in particolare Italia, Germania e Austria – la popolazione indigena è in declino da decenni. Il tasso di natalità è sceso a un livello così basso che ogni generazione successiva della popolazione indigena è circa un terzo in meno della precedente. Per qualche tempo, questo declino è stato impercettibile sullo sfondo di un numero significativo di baby boomer, principalmente tra i locali.
Ora questi nativi europei hanno iniziato a ritirarsi e morire. Il numero di immigrati provenienti da paesi extraeuropei è in crescita, soprattutto da paesi del Medio Oriente e del Nord Africa che vogliono prendere il loro posto nel continente a seguito della destabilizzazione dei paesi come la Libia.
A seguito degli attacchi dell’11 settembre, i lettori dei giornali europei si sono abituati alle dichiarazioni sull’Islam, alcune delle quali sono eufemistiche (l’Islam sarà “parte della Germania”, afferma Merkel) e alcune sono sinistre (l’Europa sarà “parte del Maghreb (musulmano)” ha avvertito il defunto storico Bernard Lewis).
Quando la Merkel si è offerta di accettare i rifugiati in fuga dalla guerra in Siria che arrivavano via terra nell’estate del 2015, ha ricevuto un ulteriore afflusso di migranti, contando 1,5 milioni di persone provenienti da paesi di tutto il mondo musulmano, la maggior parte dei quali giovani.
A causa della sua decisione sbagliata, il sistema politico tedesco è stato distrutto e per la prima volta dagli anni ’30 la democrazia tedesca è stata spazzata via da un’ondata di nazionalismo inconciliabile.
Questo è solo l’inizio del problema. Il sovraffollamento che è esistito negli ultimi decenni a seguito dell’arrivo dei migranti dal Medio Oriente è già sufficiente per causare il collasso politico in Europa.
Ma questa pressione demografica non si attenuerà a causa della sovrappopolazione a causa della migrazione dall’Africa meridionale del Sahara, che inizierà nei prossimi decenni.
L’anno scorso, l’americano Stephen Smith, professore alla Duke University che studia questioni africane e afroamericane, pubblica (in francese) il libro La febbre europea. In esso, ha brevemente espresso la sua opinione stabile e imparziale sull’imminente migrazione di massa dall’Africa. Tutta Parigi ha immediatamente parlato di questo libro, il più recente di tutti finora scritto sull’argomento.
Smith inizia il suo libro con alcuni fatti. La popolazione africana sta crescendo a un ritmo mai visto prima in nessun continente. Entro la metà del secolo, la sola popolazione dell’Africa nera, che ora conta circa un miliardo di persone, raddoppierebbe e ammonterebbe a 2,2 miliardi. Allo stesso tempo, la popolazione dell’Europa occidentale sarà ridotta a circa mezzo miliardo di persone.
Va notato che Smith non ha inventato le cifre: si tratta di dati preliminari ufficiali delle Nazioni Unite, che negli ultimi anni ha spesso sottovalutato i cambiamenti della popolazione.
Nel 1950, 2,6 milioni di persone a sud del paese nigeriano del Sahara erano meno popolose di Brooklyn. Nel 2050, la sua popolazione sarà di 68,5, quindi sarà uguale alla Francia. Allo stesso tempo, la vicina Nigeria, con una popolazione di 411 milioni, sarà significativamente più avanti degli Stati Uniti.

Africani appena sbarcati

Nel 1960, solo 350.000 persone vivevano a Lagos, la capitale della Nigeria, meno che a Newark. Oggi la popolazione di Lagos è 60 volte quella di 21 milioni di persone, e si prevede che raddoppierà in 30 anni. Pertanto, Lagos diventerà la più grande città del mondo con una popolazione grande come la Spagna.
È difficile capire quanti di questi africani vogliono venire e quanti migranti africani possono essere ospitati in Europa.

Nota: Di sicuro il giro d’affari legato alle migrazioni ammonta, secondo alcuni calcoli, a più di 150 miliardi di dollari, alimentando mafie, scafisti e ONG e questo spingerà molte organizzazioni a promuovere le migrazioni presso le popolazioni africane, più di quanto stiano attualmente facendo, in modo da incrementare questo enorme business..
Petya Palikrusheva
Fonte: national review.com
Traduzione: Luciano Lago

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