La Chiesa sarà salvata dall’équipe degli squilibrati. Le avventate, imprudenti e farneticanti parole di monsignor De Donatis, cardinale vicario di rito "Bergogliano" della diocesi di Roma. E' il sapore del Vaticano II e del ‘68
di Francesco Lamendola
L’11 luglio 2019 il cardinale vicario della diocesi di Roma, Angelo De Donatis, ha inviato ai sacerdoti una lettera nella quale indica le cosiddette équipe pastorali come lo strumento per ridare forza, credibilità e autorevolezza dalla testimonianza cristiana.
Ecco le sue precise parole, nelle quali si rivolge con il “tu”paterno a un ideale sacerdote diocesano:
Ti consiglio di scegliere dodici persone che possano collaborare con te stabilmente – chiarisce il cardinale vicario – il numero non va preso alla lettera, ma serve per farmi capire: è il piccolo gruppo da cui tutto è partito. Non vanno cercate tra coloro che hanno dimostrato di essere prudenti, misurate e circostanziate, ma al contrario, persone “fuori dalle righe”, gente che lo Spirito Santo ha reso degli appassionati dello squilibrio.
Non abbiamo bisogno di professionisti competenti e qualificati, quanto piuttosto di cristiani apparentemente come tutti, ma in realtà capaci di sognare, di contagiare gli altri con i loro sogni, desiderosi di sperimentare cose nuove. Non è il tempo dei pensatori isolati, che elaborano piani a tavolino, ma di quelli che hanno voglia di incontrare gli altri, che non si vergognano di farsi vicini ai poveri e che esercitano una certa attrazione sui giovani».
Faranno degli errori? Li faranno fare a te e alla comunità? È possibile. Ma come sai bene è da preferire “una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita….”, piuttosto che una malata di autoreferenzialità e introversione. Questi dodici quindi sono cristiani che credono nella Resurrezione, nella fecondità dello Spirito Santo mandato dal Risorto e provano simpatia e non repulsione verso gli altri esseri umani, riconosciuti come fratelli.
Per questo saranno capaci insieme con te di quell’ ascolto creativo della realtà e delle storie di vita che ci conduca più facilmente ad intuire per quali vie lo Spirito Santo ci sta portando per evangelizzare e costruire la Chiesa del futuro.
L’équipe pastorale animerà e aiuterà dal di dentro la comunità cristiana a portare avanti l’ascolto, lasciando agire il Fuoco che abbiamo invocato insieme nella Veglia con il Papa. Sarà Lui a illuminare, a purificare, a scaldare: ma non lo farà senza di noi.
Che tristezza. Monsignor De Donatis! La Chiesa sarà salvata dall’équipe degli squilibrati. Le avventate, imprudenti e farneticanti parole di monsignor De Donatis, cardinale vicario di rito "Bergogliano" della diocesi di Roma.
Ecco dunque la ricetta bergogliana per rispondere alle sfide dei tempi e alla crisi della Chiesa. Non la fede; non la preghiera; non l’abbandono fiducioso, incondizionato, totale alla volontà del Padre, secondo l’esempio del Figlio, il nostro Signore Gesù Cristo; no: ma l’équipe pastorale. Formata da chi? Da una dozzina di persone scelte fra le memo equilibrate, addirittura fra le “appassionate dello squilibrio”. E ancora: scelte e selezionate fra le meno prudenti, cioè, se la lingua italiana non è un’opinione, fra le più imprudenti; fra le meno misurate e circostanziate, cioè fra le più esagitate e imprevedibili (una volta si diceva: lunatiche; o anche: caratteriali). Ma sì, che cos’è tutta questa prudenza, tutto questo senso della misura? Puzzano di stantio, di avariato, e per giunta d’ipocrisia. Aria fresca, aria nuova: bisogna far volare gli stracci! Bisogna far sì che il vento del rinnovamento entri a fiotti, che irrompa nelle stanze polverose, che ridesti le energie languenti! C’è un sapore inconfondibile in queste parole d’ordine, in questi slogan banali e ripetitivi, in questo giovanilismo che in realtà è vecchissimo, perché costruito con il conformismo dell’anticonformismo, coi cascami delle cose vecchie che si vorrebbero rinnovare, ma in maniera velleitaria, scomposta, cialtrona, senza fare i conti con la realtà, senza fare i conti con se stessi, vaneggiando di fantasia al potere e di fiori da mettere al posto dei cannoni. È il sapore del Vaticano II e, subito dopo, del ‘68; il sapore dei discorsi di don Milani e dei film di Pasolini, dei preti operai e dei comitati di lotta, della nouvelle théologie e della “lotta dura senza paura” contro tutti i padroni e gli sfruttatori di questo mondo – ma sempre e rigorosamente coi soldini di papà.
Col vento della teologia della liberazione, e dal Sud America ci è giunto questo "grande dono" di un papa argentino: un falso papa subdolo, falsamente misericordioso, che vuole . . . sostituirsi a Gesu' Cristo!
Che tristezza. Monsignor De Donatis è della classe 1954, ha dunque sessantacinque anni e al tempo del Concilio portava ancora i calzoni corti; e la Messa tridentina, chissà se la ricorda ancora, sebbene sia con quella che deve aver ricevuto sia la Prima Comunione, sia la Cresima. Al tempo del ‘68 di anni ne aveva quattordici e quindi aveva appena preso il diploma della scuola media. Eppure, ragiona, scrive e parla come un perfetto esemplare di quella stagione: di suo, non ci mette nemmeno la fantasia per rielaborare un po’ quelle parole d’ordine, quegli slogan banali. I membri delle équipe pastorali devono essere persone che provano simpatia e non repulsione verso gli altri esseri umani: molto istruttivo, ora che ce lo ha predicato ci sentiamo tutti più tranquilli. È noto, infatti, che prima della invenzione delle équipe pastorali le parrocchie e i consigli parrocchiali erano pieni zeppi di truci individui che odiano il prossimo e l’umanità intera e che aborriscono specialmente i poveri, gli ultimi e i migranti. Ma da quando è arrivato il vento nuovo, il vento della teologia della liberazione, e dal Sud America ci è giunto questo grande dono di un papa argentino che l’ha fatta sua fino alle più estreme conseguenze, i truci individui antisociali, egoisti e anaffettivi si sono dissolti come nebbia al sole, e il loro posto è stato preso da autentici cristiani, da preti di strada e laici che si fanno in quattro per portar la pastasciutta ai poveri fin dentro la basilica di Santa Maria in Trastevere, con tanti auguri dalla Comunità di Sant’Egidio: perché è cosa nota e dimostrata che le basiliche servono per quello, per fare da mense e dormitori dei poveri, mentre i locali parrocchiali e diocesani, i seminari semivuoti e abbandonati per il crollo delle vocazioni, quelli sono là per caso, e poi non offrirebbero un ambiente altrettanto caldo e affettuoso. Non di sola pastasciutta vive l’uomo, ma anche di pastasciutta scodellata dentro la casa di Dio, che non è casa di preghiera se non per quattro bacchettoni che stanno lì a baciare i banchi, con il collo storto, ma perché i misericordiosi santegidini possano esibire in tutto il suo splendore il menù festivo per i poveri, i barboni, i migranti venuti dall’inferno della miseria, in cerca di una vita migliore. Perché la pastasciutta al ragù è buona, c’è poco da dire, ma diventa ancor più buona se degustata di fronte al tabernacolo, sotto le volte di una chiesa e tra le colonne che hanno visto generazioni di cattolici pregare devotamente ma, ahimè, senza far seguire le buone opere alle preci.
La scelta, di De Donatis, del numero di dodici per i collaboratori pastorali è altamente simbolica: dodici come gli apostoli di Gesù Cristo, che il loro Maestro mandò a battezzare e predicare il Vangelo in tutto il mondo. L’analogia viene peraltro resa esplicita: dodici (insomma, più o meno) come il piccolo gruppo da cui tutto è partito. Veramente tutto è partito non dagli apostoli, ma da Gesù Cristo!
Ma cerchiamo di capire un po’ meglio da quali pensieri, da quali valutazioni e ispirazioni viene fuori la pastorale di monsignor De Donatis, fiore all’occhiello della “chiesa in uscita” predicata con tanta enfasi e insistenza dal signor Bergoglio. La scelta del numero di dodici per i collaboratori pastorali è altamente simbolica: dodici come gli apostoli di Gesù Cristo, che il loro Maestro mandò a battezzare e predicare il Vangelo in tutto il mondo. L’analogia viene peraltro resa esplicita: dodici (insomma, più o meno) come il piccolo gruppo da cui tutto è partito. Veramente tutto è partito non dagli apostoli, ma da Gesù Cristo, e in particolare dalla sua Resurrezione: perché il piccolo gruppo, quanto a sé, non aveva capito proprio un bel nulla, nemmeno dopo la morte di Gesù in croce. Ma lasciamo perdere: non formalizziamoci per simili quisquilie. Vi è quindi, nella lettera aperta di monsignor De Donatis ai suoi parroci, un richiamo diretto alla Chiesa delle origini e implicitamente a quella “nuova Pentecoste” che sarebbe stato, secondo i suoi più accesi fautori (ignari o sprezzanti dell’eresia implicita in una simile espressione), il Concilio Vaticano II. Ma quando egli afferma, con evidente compiacimento, che le persone da scegliere per divenire collaboratori pastorali non vanno cercate tra coloro che hanno dimostrato di essere prudenti, misurate e circostanziate, ma al contrario, persone “fuori dalle righe”, gente che lo Spirito Santo ha reso degli appassionati dello squilibrio, appare evidente il demagogico fraintendimento che sta alla base della lettera e, più in generale, alla base di tutto l’atteggiamento del clero bergogliano. Vi è, in quelle parole, una vaga eco – molto, molto vaga - delle espressioni con le quali Gesù Cristo stigmatizzava l’ipocrisia e il perbenismo dei farisei, e rivendicava la sua missione di andare in cerca dei peccatori e delle anime smarrite; ma senza tener conto di due differenze sostanziali, senza le quali si rischia di travisare completamente il senso di quelle frasi. Primo: Gesù e solo Gesù è capace di frequentare abitualmente i peccatori per convertirli, ma senza farsi “convertire” da essi al peccato; Gesù e solo Gesù possiede la forza soprannaturale per agire sul mondo senza che il mondo eserciti il benché minimo fascino su di Lui. Chi voglia prendere a modello Gesù, lo deve fare a trecentosessanta gradi: deve pregare continuamente, come Gesù pregava; deve rimettersi totalmente alla volontà del Padre, come Lui faceva; deve confidare esclusivamente in Dio e non negli uomini, né tanto né poco. Sono capaci di questo, i neopreti e i neovescovi del clero bergogliano, quelli che dicono sempre io dico che, per me, secondo me, e che citano continuamente papa Francesco come massima autorità possibile, ma pochissimo il nostro Signore Onnipotente? A noi non sembra: li osserviamo all’opera da diversi anni – da ben più dei sei anni che segnano l’avvento di questo signore vestito di bianco che si fa passare per papa – però non vediamo, in loro, quel profumo di spiritualità che è proprio dei santi. Udiamo continuamente sulle loro bocche frasi da agitatori marxisti, e ultimamente anche da militanti ecologisti e ambientalisti; vediamo le loro facce ribollire di passioni umane, vediamo insomma l’uomo carnale che vuol risanare il mondo senza prendersi il disturbo di risanare, prima, se stesso, cioè senza rinascere come uomo spirituale, dopo aver fatto morire l’uomo vecchio, gonfio di orgoglio e presunzione.
Dispensatore di attestati e pergamene: il 26 giugno 2018 De Donatis ha accolto il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron presso la basilica di San Giovanni in Laterano per conferirgli il titolo di protocanonico d'onore del capitolo lateranense.
La Chiesa sarà salvata dall’équipe degli squilibrati
di Francesco Lamendola
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