ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 13 agosto 2019

Le anime “frenanti”

SENZA PERDERSI D’ANIMO 
http://www.ilgiornale.it/sites/default/files/styles/large/public/foto/2019/08/13/1565701394-vignetta-salvini.jpg(immagine aggiunta)

Gli sviluppi delle ultime ore inverano quello scenario di “errore politico” che anticipai nel post del 19 Luglio nel quale ammonivo che una crisi di Governo avrebbe reso assai improbabile il ritorno alle urne… In quell’analisi ricordavo che i temi fondamentali del Contratto di Governo sono ancora tutti da snocciolare affinché il “cambiamento” possa maturare.
A quell’analisi, che confermo integralmente, aggiungo oggi la constatazione che sia nella Lega che nel 5S hanno finito per prevalere le anime “frenanti”, minoritarie ma compatte, quelle pro-establishment che probabilmente non hanno mai reciso i propri legali ideali e politici con il Palazzo.
Se guardassi solo agli ultimi fotogrammi di questa pellicola ne trarrei una profonda amarezza, sia per l’incapacità di porre subito al centro i temi chiave che in tanti avevamo sollecitato da tempo (ricollocamento domestico dei titoli di Stato, banca pubblica per gli investimenti, moneta fiscale per la domanda interna etc.) sia per lo scarso spessore umano e politico emerso nelle rispettive leadership. E non parlo di Di Maio e Salvini, quanto piuttosto dei rispettivi consiglieri che pure hanno avuto un ruolo determinante nella tragedia che si sta consumando. Fatto sta che queste “anime frenanti” hanno finito per mettere gli uni contro gli altri anziché consentire agli uni e agli altri di mettere alle corde l’unica componente promiscua di questa compagine di Governo: il Ministro Tria ed i suoi annessi.
In questo quadro ritengo che anche Salvini sia stato mal consigliato sia nella modalità che nella tempistica dell’apertura di questa crisi. Eppure, nulla scuote le mie convinzioni. Poco mi importa l’altalena dei consensi elettorali o la fine inelegante di questa esperienza governativa. Negli ultimi anni il Paese è stato attraversato da una grande presa di coscienza dello scontro che contrappone i popoli alle élite finanziarie, secondo due visioni del mondo che, semplificando, potremmo definire “populismo” contro “mondialismo”, badando a non confondere il primo termine con alcunché di anti-moderno né strettamente autarchico: si può e si devono cercare soluzioni moderne, aperte alla tecnologie, alla produttività, al giusto equilibrio negli scambi commerciali internazionali pur all’interno di una soluzione che distribuisca ai popoli il beneficio di questi sviluppi anziché lasciarlo accumulare nella poche mani che governano il settore finanziario. Questa era e resta la grande sfida del cambiamento.
Questa ondata “populista” non si è fermata alle istanze politiche e sociali ma si è spinta oltre raggiungendo le Coscienze di tantissimi uomini e donne che ho personalmente incontrato girando in lungo e largo tra seminari, interviste, eventi, conferenze, tavole rotonde. Potrei fare alcuni nomi ma inevitabilmente lascerei fuori qualcuno. Basta girare un po’ in rete, scorrere i volti degli ultimi mesi di interviste di Byoblu, ascoltare gli appelli di Mauro Scardovelli e dei tanti “risvegliati” che non hanno mai smesso di lavorare politicamente e pre-politicamente anche nelle retrovie per il generare i presupposti del cambiamento. Contando sulle sole forze personali, questo movimento popolare trasversale ha saputo conquistare avamposti strategici soprattutto nel campo della comunicazione ma anche della formazione, della divulgazione, degli ordini professionali, delle associazioni di imprese, della pubblica amministrazione, e può contare oggi su un vasto fronte di contatti e forze latenti che hanno saputo costruire le “munizioni” senza sprecarle inseguendo falsi obiettivi. Ci siamo, dunque, e non stare a guardare. Chi mi segue da tempo sa che non ho mai posto la questione in termini di sigle di partito né di scuole di pensiero bensì di uomini e donne, sia dentro che fuori ai partiti perché per me il patto tra uomini viene prima di qualsiasi altra iniziativa o tattica di azione. Il probabile errore politico nel quale Salvini è stato indotto non sminuisce il valore di alcuni esponenti della Lega che sento vicini idealmente al progetto di cui parlo da anni, così come resta int @MIUI| https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1075274606009096&id=100005796992056
– di Alberto Micalizzi     5 commenti

Salvini appeso a testa in giù: vignetta choc dalla Germania

Vergognoso fumetto che raffigura una folla mentre bastona il ministro dell'Interno. La replica: "Che pena"


"Bungee Jumping auf italienisch". È questa l'unica scritta che compare sull'oscena vignettache ha come protagonista Matteo Salvini.
Il fumetto ritrae il vicepremier leghista appeso a testa in giù, legato ad un palo con affissa la bandiera italiana. Sotto vi è una piazza colma di persone armata di bastonimartelli e accette.

"Che pena"

Non è mancata la replica da parte del ministro dell'Interno che sui propri profili social ha pubblicato la foto e lasciato un commento: "Simpatico questo vignettista di molti giornali tedeschi che mi mette a testa in giù... Che pena".

Simpatico questo vignettista di molti giornali tedeschi che mi mette a testa in giù... Che pena.


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Un episodio simile - anche se non perfettamente uguale - ve lo abbiamo raccontato pochi giorni fa, quando Stefania Giovinazzo ha evocato Piazzale Loreto per il leader della Lega: "Attento caro 'Ruspa', la storia ci insegna che passare dall'avere le piazze gremite di persone che applaudono a finire a testa in giù, è un attimo". In serata erano poi arrivate le scuse da parte della consigliera comunale del Movimento 5 Stelle di Genova: "Ho usato un paragone molto forte, ma credetemi, non è nella mia natura inneggiare all’odio e via dicendo. Mi spiace anche che si sia creata questa situazione con persone con cui il mio unico fine era quello di lavorare in pace ed armonia per amore del territorio, spero soltanto che la differenza d’età che c’è tra me e loro gli faccia capire che è arrivato il momento di smetterla".

Sì, Carola Rackete ha detto che il governò le ordinò di portare i migranti in Italia

Monta la polemica sulle parole pronunciate da Carola Rackete. Ma la traduzione de ilGiornale.it è corretta e non lascia spazio a dubbi


"Fake news". Un'espressione che ha cominciato a circolare nel 2016, in seguito all'ascesa di Donald Trump, per indicare quelle che fino a poco tempo fa chiamavamo bufale.
O balle. Insomma, notizie imprecise o sbagliate utilizzate per un fine politico ben preciso. Ma da due anni a questa parte l'espressione "fake news" è stata utilizzata anche da una certa stampa - che potremmo sbrigativamente definire di sinistra - per bollare l'operato di altri colleghi che - sempre sbrigativamente - potremmo definire di destra. Prendiamo per esempio l'ultimo caso, quello delle parole pronunciate da Carola Rackete, la "capitana" di Sea Watch 3, alla tv tedesca Zdf.
La "bomba", in Italia, viene sganciata il 7 agosto da Tpi, che non può esser certamente esser accusato di esser un giornale sovranista, che riporta le parole della "capitana": "Il ministro dell’Interno tedesco (Horst Seehofer) insistette perché i migranti venissero registrati in Italia. Ciò vuol dire che una soluzione ci sarebbe potuta essere". L'articolo è firmato da Madi Ferrucci, giovane giornalista con una grande esperienza che ha vinto il Premio Morrione grazie a un'inchiesta sulla fabbrica di armi Rwm in Sardegna e che collabora (tra gli altri) con Il Fatto Quotidiano e Report.
La notizia viene poi ripresa da La Verità e da ilGiornale.it con un articolo intitolato Carola Rackete: "Il governo tedesco mi ordinò di portare i migranti in Italia". Le fonti di partenza sono quelle già citate: il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro e Tpi. Ma queste ovviamente non sono sufficienti. La domanda che la redazione si pone è: siamo sicuri che la "capitana" abbia detto proprio questo? Vengono così contattate diverse persone, tra cui un madrelingua che non lascia spazio a dubbi: "Confermo - ci scrive su WhatsApp - Ha detto questo. Giusto quello che scrive Tpi". Ed è a questo punto che l'articolo inzia a prendere forma.

Non c'è nessuna nuova bufala su Carola Rackete

Ma non basta. Si scaldano i giornali di sinistra, pronti a calare il jolly delle fake news. Iniza Butac il sito diretto Michelangelo Coltelli e fino a qualche anno fa sponsorizzato da Laura Boldrini - che ci accusa di fare "pseudogiornalismo" ma non fornisce alcuna traduzione alternativa. Solo un riassunto fornito da una sua lettrice: "Lei spiega che già prima della sua decisione in extremis, la Germania aveva già accettato di accogliere i rifugiati. In particolare la città di Rothenburg (minuto 5:24) era pronta a far partire un bus per andarli a prendere in Sicilia. Subito dopo dice che sarebbe dovuto arrivare il benestare del governo tedesco, che c’è stato, e che l’unica richiesta del governo tedesco a quello italiano sarebbe stato di registrare i migranti in Italia".
È poi la volta de Il Post che titola: C'è un'altra bufala su Carola Rackete. Nell'articolo si sostiene che l'articolo di Tpi sarebbe stato distorto da ilGiornale.it La Verità, "due quotidiani di destra che sull’immigrazione diffondono spesso notizie false o imprecise, evidentemente senza verificare cosa avesse detto davvero Rackete". E non basta aver fatto le verifiche del caso. In quanto quotidiano di destra, su un tema come questo - per Il Postovviamente - noi non faremmo verifiche. Eppure le verifiche le abbiamo fatte eccome.
Ma non solo. È poi il turno di Open, il quotidiano diretto da Enrico Mentana, che accusa ilGiornale.it di aver creato ad hoc una bufala sui presunti "ordini" del governo tedesco alla Rackete. Ma, con buona pace di OpenTpi ha pubblicato un articolo in cui viene tradotta letteralmente la frase "incriminata": "Sì esatto, e disse anche di voler mandare un bus finanziato con soldi raccolti da Seebruecke (Seebruecke è un movimento per la solidarietà internazionale che porta avanti azioni di questo tipo, ndr). Ma questo avrebbe dovuto essere permesso. E qui di nuovo il ministro dell’Interno ha insistito/voluto (“darauf bestanden hat”) perché/che i migranti fossero registrati in Italia. Una soluzione era possibile quindi fin dal primo giorno".
Spiega a tal proposito Tpi: "'Bestehen auf' è un’espressione che contiene il verbo 'bestehen' ed ha un significato forte in tedesco: non è un consiglio ma un’espressione di forte volontà. Questo verbo è utilizzato, ad esempio, in espressioni traducibili come: 'Voglio che tu mi dica la verità' ('Ich bestehe darauf, dass du die Wahrheit sagst'), tanto che in queste espressioni si utilizza come sinonimo del verbo 'pretendere' o 'verlangen': 'Pretendo che tu mi dica la verità' (Ich verlange, dass du die Wahrheit sagst)".
Possiamo invece discutere, ma è davvero una questione di lana caprina, sul termine "portare". Carola dice che il governo le ordinò di "registrare" i migranti nel nostro Paese e, ovviamente, per compiere questa azione era necessario condurli a Lampedusa, come poi è successo.
Ci troviamo quindi di fronte a un ordine bello e buono da parte del governo tedesco. Con buona pace degli sbufalatori e dei loro santi laici.

L'Ong denuncia Salvini per una foto, il giudice tedesco condanna il ministro

La Lifeline aveva denunciato il ministro per un tweet: "Non può usare la foto dell'attivista". E i giudici tedeschi le danno ragione


Pur di portare Matteo Salvini in tribunale, le ong si appellano pure al copyright.
Il tweet incriminato
Così la Lifeline ha denunciato il ministro italiano per violazione del diritto d'autore quando lui ha pubblicato la foto di un attivista. E ora il tribunale tedesco lo ha condannato alla rimozione dei post in cui appariva l'immagine.
Nel giugno del 2018, quando l'ong aveva dato al vicepremier del "fascista" dopo che lui aveva ribadito la chiusura dei porti italiani alle navi cariche dei migranti recuperati nel Mediterraneo. A quel tweet, Salvini aveva risposto con la foto di Sören Moje, membro dell'equipaggio, scattata dal giornalista Friedhold Ulonska (anche lui a bordo dell'imbarcazione) e pubblicata sul web dalla stessa Mission Lifeline.
Il tweet incriminato
Ma Ulonska ha fatto ricorso e il tribunale di Francoforte gli ha dato ragione: ora Salvini deve togliere la foto dai suoi profili social o rischia fino a 250 mila euro di multa e sei mesi di reclusione. "Matteo Salvini usa come strumento del suo incitamento contro di noi materiale fotografico di missioni di salvataggio in mare, immagini prese da me", dice il fotografo sulla pagina di Missino Lifeline, "Non mi ha chiesto se gli fosse permesso. Come tutti gli altri, Matteo Salvini deve rispettare la legge. Se non lo fa, come nel caso di specie, ci piace ricordargli i limiti delle sue azioni con tutti i mezzi costituzionali".
Arriva Draghi? Francesco Amodeo Live su Byoblu

byoblu Trasmissione in live streaming 17 ore fa

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