Le ultime vicende di miserabile pirateria umanitaria sono una prova tanto plateale della tenaglia in cui viene stretta l’Italia, che verrebbe da dire “non tutti i mali vengono per nuocere” perché, se il suddito riesce a vedere la vera faccia del potere, ha già imboccato la strada per potersene liberare. Insomma che il potere sciorini ora tutta la propria tracotanza, è una buona notizia.
Dunque un gesto di stupidità estemporanea in linea con la stupidità dei tempi, ma coerente, si licet parva componere magnis, con una gloriosa tradizione. Ora è anche evidente che con quella estemporanea esibizione di ridicola spocchia nazionale si è voluto spiattellare ufficialmente al mondo il senso della nuova liaison stretta dagli eterni nemici francesi e tedeschi. Un’amicizia particolare consacrata con il trattato di Aquisgrana, dove già nella scelta della antica città imperiale evocatrice di obsoleti fasti franco germanici, si è potuto leggere il tronfio monito: “l’Europa siamo noi e voi soci subalterni non siete niente”. Cosa che per lungo tempo l’inebetito popolo del “sud dell’Europa” ha pudicamente nascosto a se stesso, e che non scandalizza per nulla il devoto europeista progressivo, indottrinato dalla stampa di regime, o di nicchia come il libero Foglio.
Sicché quel significativo riconoscimento è stato in realtà un bel modo per sbandierare con protervia una alleanza speciale, privilegiata ed esclusiva all’interno della Unione Europea equa solidale ed egualitaria. E soprattutto un avvertimento volto a scoraggiare ogni dissidenza verso questo ordine costituito democratico europeo, questa “cosa loro”, forte ora di due donne, garanzia perfetta di democrazia evolutiva postmaschilista, la francese a Francoforte e la tedesca a Bruxelles, pronte a spezzare le reni a ogni vassallo recalcitrante. Fintantoché i sudditi muniti di ragione non si accorgeranno che quell’ordine è una finzione contenuta in pezzi di carta da stracciare all’occorrenza come ogni contratto iugulatorio che stabilisce condizioni a vantaggio di un solo contraente.
Dunque nessuno, bisogna riconoscerlo, poteva rappresentare meglio della imbambolata figurante, bianca, ricca e tedesca premiata a Parigi per meriti umanitari, personaggio fumettistico da rotocalco per parrucchiere, l’accordo franco tedesco sulla spartizione economica dell’Europa all’interno dell’Europa, cioè l’alleanza tra bande economico finanziarie, braccio operativo della superpotenza finanziaria globalistica, intenta a mettere sotto assedio un’Italia in crisi demografica e dunque da schiacciare anche attraverso la sostituzione razziale. Lo schema risulta di una semplicità disarmante: i poteri innominati, che in delirio di onnipotenza puntano a spegnere nel meticciato una civiltà, utilizzano i vascelli umanitari tedeschi e questi al tempo stesso forniscono ai francesi un servizio coi fiocchi.
Ma ogni attacco all’Italia, in qualunque forma avvenga, trova il proprio punto di forza nell’appoggio decisivo elargito dai collaborazionisti nostrani, che sembrano appartenere ad una tipologia antropologica del tutto particolare e meriterebbero per questo un studio apposito. Qui basterà qualche osservazione di massima.
“Collaborazionista” è detto comunemente chi dall’interno aiuta il nemico esterno, aprendogli le porte della città o suggerendogli dove e quando attaccarla. Richiama l’idea del tradimento, che è rottura di un patto di fedeltà vero o presunto, indotta dalle ragioni più varie: perché ci si vuole trovare in anticipo dalla parte ritenuta vincente, per un cospicuo compenso, per semplice odio verso la patria, o per qualche altro motivo contingente, e in ogni caso il traditore si colloca dalla parte opposta del patriota. Ma l’idea stessa di collaborazionista si complica quando entrano in gioco le appartenenze politiche.
ll concetto di parte politica acquista un rilievo decisivo per la definizione del rapporto tra cittadino e polis, e tra polis e patria, sicché l’assetto politico può incrociare lo stesso concetto di patria fino ad entrare in conflitto con esso. Alcibiade andò a Sparta per spiegare come e quando si potesse attaccare con profitto quell’Atene che lo avversava, e ci appare come un traditore. Però sappiamo che gli stessi ateniesi davano per scontato che si potesse ricorrere ad un nemico esterno per combattere contro una delle parti politiche in conflitto.
Le cose si complicano ulteriormente e si sfumano quando c’è di mezzo una fede politica, la difesa di principi che si vogliono far valere contro il potere costituito, la libertà, la tirannia. Lo stesso concetto di patria può essere reclamato da parti in conflitto che si pretendano di essere legittimate a difenderla. Allora il nemico esterno può assumere le vesti del liberatore venuto a combattere una guerra santa a fianco dei patrioti che lo hanno chiamato e che non sono visti affatto come traditori. In altre parole, quando entrano in gioco le parti politiche, l’individuazione del traditore e del patriota può rimanere incerta fino all’esito del conflitto.
Così, se gli eserciti stranieri avessero vinto a Valmy, i quindicimila emigrati che vi combatterono al loro fianco contro la rivoluzione, sarebbero apparsi come gli eroici difensori della patria e non come coloro che l’avevano tradita, contro i patrioti. Così avvenne pure per i cosacchi che avevano pensato di difendere la santa madre Russia dal bolscevismo alleandosi con i tedeschi, e che alla fine dovettero arrendersi agli inglesi in cambio della promessa di incolumità per il proprio popolo. Gli inglesi li consegnarono ai sovietici che, appeso al gancio di una macelleria il loro generale, sterminarono tutti gli altri, donne e bambini compresi.
Su questo sfondo di possibili classificazioni sarebbe interessante poter collocare anche il democratico umanitario che da europeista zelante parteggia per la distruzione italiana in via economica etnica e razziale e per coerenza non poteva non eleggere a propria icona la autista tedesca di vascelli altrettanto umanitari. Del resto, date le ascendenze cattocomuniste, torna sempre utile avere un santino, un Che Guevara in sedicesimo, anche ai sinistri da ZTL come li definisce Marco Rizzo, uno che di sinistra vera se ne intende, imparentati però politicamente con i centri sociali, per i quali pecunia non olet.
Anzitutto l’europeista zelante ha semplificato da solo il problema eliminando in via preliminare il concetto stesso di patria, idea compromettente, in quanto fascistoide, contigua a nazione e dunque già invisa al cattocomunismo d’annata. È dunque moralmente apolide e perciò in perfetta sintonia con il finanziatore delle navi negriere che scorrazzano per il Mediterraneo.
Al posto della patria ha messo però l’Unione Europea quale fonte normativa di ogni valore morale e sociale. Infatti la dittatura UE, oltre alla mistica del mercato, si è data anche una teologia morale che assicura al democratico umanitario di essere evoluto e dunque migliore, cioè al passo coi tempi in cui trionfano i diritti.
Quelli appunto di cui parla ossessivamente l’Europa, della donna di uccidere il figlio concepito e di rinnegare la famiglia in nome della carriera, della società evoluta di uccidere qualunque malato antieconomico, dell’omosessuale di imporre il proprio “stile di vita” nelle scuole di ogni ordine e grado ma specie in quelle dell’infanzia, perché “dopo è già troppo tardi”, del diverso di essere uguale agli uguali e agli uguali di diventare diversi, il dovere civico di espiantare organi dai vivi per alimentare un fiorente commercio dei pezzi di ricambio umano, manco a dirlo, rigorosamente “umanitario”. Il dovere della comunità nazionale di aprirsi ad ogni invasione e il diritto di ogni invasore di entrare impunemente in casa altrui, di demolire ogni tipo di scuola dove si insegni a sviluppare una qualche capacità critica o un qualche senso estetico, dei bambini di essere molestati dagli adulti e degli adulti di sottrarre i bambini alla famiglia. Infine il dovere di non “pensare” come non pensano, per contratto ma anche per disposizione naturale, i lerner, le gruber le annunziate, le boldrini, gli spadafora e i pennivendoli accreditati a Brusselles.
Il devoto europeista, che ne sia o meno consapevole, acquista e vende questa feccia, imbottigliata come vino di qualità made in EU, che ha la funzione di distruggere tutti i riferimenti etici in cui i sudditi si siano da sempre riconosciuti.
Tuttavia è bene precisare che l’UE, al centro della propria teologia, non potendo permettere la libertà di pensiero, che è la grande nemica del potere totalitario, e puntando tutto sulla libertà dei costumi, al vertice dei “valori” citati ha posto l’omosessualismo istituzionalizzato, che meglio di ogni altro serve ad atomizzare la società, contenere la demografia, eliminare le identità costruite sulla continuità delle generazioni e delle tradizioni famigliari laddove la sostituzione razziale distrugge quelle ambientali, linguistiche e religiose.
Per questo l’omosessualità è il valore primario funzionale all’apparato, va insegnato fin dalla prima infanzia con il gioco perverso della diversità come valore assoluto paradossalmente funzionale all’indifferentismo e alla omologazione: un geniale e diabolico passepartout che, inserito a rovescio dalla parte dell’uguaglianza, può aprire ogni chiavistello.
Ecco perché i corsi di iniziazione precoce alla sessualità senza frontiere compresa quella omosessuale e controfamigliare arrivano gratuitamente alle scuole italiane con relativo ingaggio dello stuolo gratificato e grato di psicologhe/i, ginecologhe/i, operatori sanitari ULSS, tutti topi che saltellano intorno al formaggio spedito da Bruxelles. Gli stessi che possono sveltire il lavoro distruggendo le famiglie già esistenti con l’“affido” dei bambini agli omosessuali accoppiati o no per un apprendimento più rapido, e si pendono due piccioni con una fava.
È poi evidente che, se la sessualità deve essere liberata da ogni regola, per potere approdare liberamente a ogni perversione, fra tutte la pedofilia, si guadagna uno spazio riservato. Di queste rimane esemplare la raccomandazione del Consiglio dei Ministri europei del 2010, legittimatrice di una pedofilia illuminata, inclusiva e condivisa come ogni altro prodotto di pornografia umanitaria europea.
Tutte le perversioni alimentate dalla ideologia ufficiale della UE, rientrando nell’orbita nobilitante dei diritti che non hanno nulla a che fare col diritto, diventano anche umanitarie e rientrino nel programma politico di chi ha abbracciato le relative premesse ideologiche. Più sorprendente è che quelle premesse siano servite alla chiesa per realizzare la propria apostasia dal cattolicesimo dopo duemila anni di onorato servizio. Così gli apostati libertari e libertini della chiesa cattolica, appassionati di avanspettacolo carioca al pari del loro comandante in capo, sono impegnati nella omologazione universale alla laicità postribolare.
Ecco dunque in tutta evidenza che chi, laico o chierico, si professa suddito devoto del dispotismo totalitario sovranazionale, ne ha anche abbracciato il piano di decostruzione etico sociale.
Insomma i collaborazionisti nostrani, insieme alla fede nel vassallaggio europeistico, insieme all’odio per la sovranità e la identità nazionale richiesto dalla dittatura globalista europea, sfoggiano con orgogliosa sicurezza tutte le aberrazioni del non pensiero che da Bruxelles viene riproposto senza tregua in innumerevoli direttive, raccomandazioni, risoluzioni, relazioni, tutte più o meno demenziali ma regolarmente votate dagli organismi competenti, rappresentativi e no.
Con l’occhio fisso alla direzione d’orchestra, eseguono ossequiosi l’intero spartito e in questo trovano la propria identità antropologica, si sentono rappresentati e significativi, adeguati all’unico mondo nuovo possibile, da cui si aspettano di essere gratificati in quanto “migliori”. Tanto che I mistici dell’europeismo possono voltarsi dall’altra parte sulle mostruosità di Bibbiano dove si incrocia omosessualità, pederastia e appropriazione dell’infanzia, cavalli di battaglia dell’Unione Europea ampiamente foraggiati col denaro sottratto ai sudditi.
Per di più si autodefiniscono antifascisti, che vuol dire essere nemici di ogni dissenso e opposizione alle politiche comunque altamente democratiche, morali ed umanitarie decise in alto loco e propagandate dalla ben remunerata e oleata cassa di risonanza mediatica. E si capisce tanta devozione totalizzante, dal momento che costoro, dopo avere tradito il comunismo quando è apparso meno abbillé, insieme alla vera fede cattolica, e sposato il neoliberismo d’assalto, se questo fosse sconfitto non saprebbero dove andare.
Così, alla fine, tutta una macchina da guerra governa i nostri giorni senza soluzione di continuità tra esterno ed interno e al di là di ogni ragionevolezza e di ogni pudore. Così tutto può essere imposto impunemente con la prepotenza, la menzogna e la falsificazione delle parole e dei fatti. Perché oggi più che mai il famoso cammello può entrare nella cruna dell’ago, come un boeing 757 può entrare nel muro del Pentagono facendo un buco di cinque metri disegnato col compasso.
Si, viviamo proprio nell’epoca di tutte le meraviglie. Solo che si tratta in realtà di un incubo mostruoso da cui abbiamo il dovere di svegliarci per tornare a vivere veramente e normalmente.
trizia Fermani Agosto 6, 2019
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