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martedì 17 settembre 2019

I danni inevitabili(?) delle interviste del Papa

Francesco invita ad obbedire all’ONU




In volo dal Mozambico a Roma, 10 settembre 2019


«Vorrei ribadire la Dottrina della Chiesa su questo. Le organizzazioni internazionali, quando noi le riconosciamo e diamo ad esse la capacità di giudicare a livello internazionale – pensiamo al Tribunale Internazionale dell’Aja o alle Nazioni Unite –, quando si pronunciano, se siamo un’unica umanità, dobbiamo obbedire. È vero che non sempre le cose che sembrano giuste per tutta l’umanità saranno giuste per le nostre tasche, ma si deve obbedire alle istituzioni internazionali. Per questo sono state create le Nazioni Unite, sono stati creati i tribunali internazionali, perché quando c’è qualche conflitto interno o fra i Paesi si vada lì per risolverlo come fratelli, come Paesi civili».

Questa risposta, che sembra innocua e a suo modo sensata, rientra in un capitolo oscuro della recente storia del mondo moderno. Essa è derivata dalla domanda di un giornalista delle Isole Mauritius sul volo di ritorno dal Mozambico, il 10 settembre 2019: «Santo Padre, i chagossiani in esilio forzato da cinquant’anni vogliono tornare alla loro terra e le rispettive amministrazioni di Stati Uniti e Regno Unito non permettono che questo accada, nonostante ci sia una risoluzione delle Nazioni Unite del maggio scorso. Come può Lei sostenere la volontà dei chagossiani e aiutare il popolo di Chagos a tornare a casa?».


Ora, dopo la Seconda Guerra Mondiale, che ha sancito la fine di un’epoca nella recente storia del mondo, i vincitori hanno dato vita ad organismi internazionali destinati a dirigere ogni tipo di politica delle varie popolazioni e nazioni, così da avviare e poi giungere ad un unico governo mondiale basato sull’imperativo moderno del rifiuto di Dio e delle Sue leggi. Affermare quindi, come fa Francesco, che bisogna obbedire a tali “istituzioni internazionali”, equivale ad incitare all’obbedienza a qualcosa che è contraria al bene materiale, morale e spirituale dell’uomo. Come questo farebbe parte della “Dottrina della Chiesa”, è una di quelle cose che solo Francesco conosce e spiattella pubblicamente per ridurre a niente l’insegnamento bi-millenario della Chiesa.

Nella Lettera ai Romani, San Paolo insegna:
«Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c’è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio» … l’autorità infatti, continua San Paolo, «è al servizio di Dio per il tuo bene» (Rm. XIII, 1-2 e 4).

Questo è l’insegnamento della Chiesa e non quello insinuato da Francesco, così che per riconoscere un’autorità e prestarle obbedienza è necessario che essa derivi da Dio e cioè sia al servizio di Dio per il bene dell’uomo: e il bene dell’uomo corrisponde alla possibilità di vivere una vita terrena che conduca alla dimora celeste, secondo l’insegnamento e i comandamenti di Gesù Cristo, trasmessi dalla Chiesa cattolica.

Chi, in buona fede, può affermare che il Tribunale Internazionale dell’Aja e le Nazioni Unite siano al servizio di Dio per il bene dell’uomo?
Non staremo qui ad elencare tutte le iniziative delle “istituzioni internazionali” chiaramente ispirate da “Mammona” e dalla volontà di annichilire ogni morale naturale e cattolica; iniziative che vengono imposte al mondo intero come flagelli antiumani e anticristiani, i nostri lettori ne sono bene a conoscenza, ci limiteremo a ricordare il fenomeno dell’immigrazione di massa che intende sostituire i popoli europei con nuove popolazioni africane ed orientali per così distruggere quanto rimane in Europa del cristianesimo e sostituirlo con una falsa religione al servizio del Nuovo Ordine Mondiale, anticristiano e antiumano.
E Francesco è ben consapevole di questo, anzi lo sostiene e lo incentiva.

Ora, qualcuno potrebbe far notare che l’affermazione di Francesco attiene alla situazione particolare del Chagos e sarebbe scorretto farne un’affermazione di carattere generale, ma le cose non stanno così, perché l’affermazione in questione ha di per sé una valenza generale ed è perfino in contraddizione con quanto è avvenuto e continua ad avvenire in altre parti del mondo, dove le “risoluzioni” dell’ONU vengono ignorate e contraddette, pensiamo a quello che accade da 70 anni in Palestina, dove l’inventato Stato ebraico continua a fregarsene delle “risoluzioni” dell’ONU e continua a combattere i giusti diritti dei Palestinesi, ridotti in totale stato di sottomissione nonostante siano i legittimi possessori di quelle terre. E quando diciamo Palestinesi abbiamo in vista sia i gruppi di religione islamica sia quelli di religione cristiana.
In quest’ultimo caso, come in altri, non v’è stato alcun pronunciamento della gerarchia ufficiale della Chiesa odierna, anzi non si è esitato a riconoscere l’inventato Stato ebraico, a riprova che le “risoluzioni” dell’ONU valgono per tutti tranne che per gli Stati che detengono i reali poteri del mondo, come USA e Israele. Questi ultimi risultano essere esenti dall’obbedienza alle “istituzioni internazionali”, e forse a buona ragione, perché rappresentano essi stessi l’autorità, quella reale e pratica autorità a cui sottostanno le decantate “istituzioni internazionali”.

Comunque, resta il fatto che Francesco, anche in questo caso, ha ribadito il suo convincimento che non sono la Chiesa e le leggi di Dio a dover guidare il mondo secondo il bene comune, ma sono le “istituzioni internazionali”, ultimamente condensate nel costruendo governo del Nuovo Ordine Mondiale, di cui Francesco ha più volte dimostrato di essere un agente. E in questo ultimo caso egli è arrivato a sostenere, errando volutamente, che tale stato di cose farebbe parte della “Dottrina della Chiesa”.
Certo, della sua chiesa, non certo della Chiesa cattolica, di cui occupa immeritatamente e surrettiziamente il posto di rappresentante ufficiale.

I danni (evitabili) delle interviste aeree del Papa
Papa Francesco durante uno dei suoi viaggi in aereo (foto LaPresse)

Ore di conversazione a ruota libera con i giornalisti tra fraintendimenti e frasi a effetto male interpretate. Il risultato? Alimentare le tensioni e archiviare subito gli importanti viaggi intercontinentali. E' successo anche ieri

Roma. Come sovente accade, e non per colpa dei giornalisti, le frasi ad effetto che più resteranno dei viaggi papali sono quelle pronunciate quando i viaggi sono finiti. Con l'effetto – ed è su questo che forse in curia e a Santa Marta dovrebbero riflettere – di archiviare le spedizioni intercontinentali in poche ore, almeno a livello mediatico. Le frasi che restano sono quelle pronunciate in aereo, parlando a braccio con gli inviati che a Francesco pongono domande su tutto, dalla deforestazione in Africa ai vescovi invischiati in faccende di abusi sessuali e relative coperture (si ricordi il caso cileno). Il celeberrimo “Chi sono io per giudicare?” che gli valse la copertina della rivista gay The Advocate come uomo dell’anno 2013, rientra in questa casistica di massime aeree. Come quella dei figli e dei conigli nelle Filippine.

Stavolta il Papa ha regalato perle anche all’andata, mentre si recava in Mozambico (poi tappe in Madagascar e alle Mauritius) quando ha detto che “è un onore essere attaccato dagli americani”, provocando un mezzo incidente che solo la saggezza e tempestività del direttore della Sala stampa vaticana, capace in poco tempo di precisare cosa il Pontefice volesse dire in realtà, e la generosa dose di edulcorante gettata da Vatican News che titolava la notizia “Il pregio di un rilievo”, hanno evitato. Al ritorno, Francesco ha parlato di scisma, argomento delicatissimo specie ora che gli americani conservatori non fanno mistero di non poterne più dell’attuale governo vaticano e i tedeschi progressisti minacciano ogni cosa minacciabile se le loro istanze non saranno accolte nei prossimi mesi. Scisma? “Nella chiesa – ha detto il Papa – ce ne sono stati tanti. Sempre c’è l’azione scismatica nella chiesa. E’ una delle azioni che il Signore lascia alla libertà umana. Ma io non ho paura degli scismi, prego perché non ce ne siano, che ci sia il dialogo, che ci sia la correzione se c’è qualche sbaglio, ma il cammino nello scisma non è cristiano. Poi mi viene da pensare: è il popolo di Dio a salvare dagli scismi, perché gli scismatici sempre hanno una cosa in comune, si staccano dal popolo e dalla fede del popolo di Dio. Il popolo Dio sempre aggiusta e aiuta”.

Uno scisma, ha aggiunto Bergoglio, “è sempre uno stato elitario, ideologia staccata dalla dottrina. Per questo io prego che non ci siano gli scismi. Ma non ho paura. Io rispondo alle critiche. Ad esempio le cose sociali che dico sono le stesse che ha detto Giovanni Paolo II, io copio lui. Oppure, la primazia di una morale asettica sulla morale del popolo di Dio, la morale dell’ideologia, per così dire pelagiana, che ti porta alla rigidità”. Le critiche, poi, sono le benvenute: “A me piace quando si ha l'onestà di dirle. Non mi piace quando le critiche stanno sotto il tavolo, magari ti sorridono con tutti i denti e poi ti pugnalano alle spalle. La critica è un elemento di costruzione e può avviare un dialogo. Invece la critica delle pillole di arsenico è un po’ buttare la pietra e nascondere la mano”, si legge nella trascrizione pubblicata da Avvenire.

Dopo sei anni e mezzo di pontificato, il momento di maggiore interesse di un viaggio papale (accade così nelle redazioni dei giornali, è sufficiente notare la copertura sul cartaceo e sul web) è l'intervista conclusiva. Fatta con il Papa in piedi, stanco, tra turbolenze e vassoi della cena in arrivo. Domande a raffica su tutto lo scibile che in qualche modo c'entri con la chiesa: dal destino del vescovo Barros, con Francesco che in buona fede lo difende – salvo poi venire avvertito che le cose non stanno proprio come gli erano state raccontate – al destino delle bottiglie di plastica monouso all'interno del territorio vaticano. Se c'è un Papa che non avrebbe bisogno delle interviste ad alta quota per far conoscere il suo pensiero, questi è proprio Francesco. Che ha dato dimostrazione di sapere padroneggiare (e bene) la scena e altre modalità di comunicazione. Con qualche scoramento: quando ad esempio tuona contro il gender – “Uno sbaglio della mente umana” – e sui giornali non si legge neppure mezzo trafiletto.


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