Siamo all’attacco finale?
https://youtu.be/6ibMvx1euiM (video aggiunto)
Cari amici di Duc in altum, ricevo da un prete cattolico questa breve lettera, che pubblico volentieri.
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Caro Valli, sono un sacerdote e sento di dire due parole a commento del videomessaggio di papa Francesco per un Patto educativo, messaggio al quale lei ha dedicato, argutamente, l’articolo Il Patto educativo / Trovate l’autore!
L’annuncio del papa riguardante un movimento di educazione mondiale mi sembra l’apice di un percorso in cui la Chiesa si sta sempre più allineando con i poteri civili, alla ricerca di un consenso internazionale che includerebbe anche tutte le altre religioni.
È noto che alcune profezie autorevoli parlano precisamente di un nuovo ordine mondiale, che supererebbe tutti i conflitti in nome della cancellazione dell’autentico messaggio del Cristo. La più impressionante delle profezie è proprio quella di Vladimir Solov’ev (da lei opportunamente evocata) che, con il suo Racconto dell’Anticristo, ha previsto nei minimi dettagli la perversione della fede.
Ultimamente la dinamica appare sempre più chiara. È come se i governi mondiali e la Chiesa cattolica si muovessero all’unisono su parole d’ordine ben precise: pensiamo all’Amazzonia, o al nuovo umanesimo del governo Conte. Siamo arrivati, probabilmente, all’ora in cui tutte le forze alleate contro la Chiesa autentica, contro la famiglia, contro i cosiddetti valori non negoziabili, stanno sferrando l’attacco finale.
Ma le porte degli inferi non prevarranno, come ci assicura il Vangelo. Anzi, sarà proprio la manifestazione palese del male ad accelerare il trionfo del Cuore Immacolato di Maria. E finalmente la verità sarà ristabilita.
Lettera firmata
Il Patto educativo / Trovate l’autore!
Cari amici di Duc in altum, vi propongo un gioco. Qui sotto pubblico un documento, un appello, che è stato diffuso oggi. Lo pubblico con cinque firme diverse: il segretario generale dell’Onu, il gran maestro della massoneria, il segretario dell’unione mondiale dei sindacati, il papa, il segretario del partito socialdemocratico.
Il gioco consiste nel dire chi è il vero autore. Io sinceramente mi trovo in grande imbarazzo, perché mi sembra che il testo potrebbe essere farina del sacco di ciascuno dei personaggi che ho menzionato (a dire il vero, non so se esista ancora un partito socialdemocratico e se abbia un segretario, ma insomma ci siamo capiti).
Direte: ma perché menzioni il papa visto che nel testo non si parla nemmeno una volta né di Dio né del suo figlio Gesù? Avete ragione, ma ai fini del gioco mi sembrava che anche la firma del papa potesse starci bene.
Ah, dimenticavo. Chissà perché, nel leggere il testo mi è venuto in mente uno scritto di tanto tempo fa: I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo, di Vladimir Sergeevic Solov’ëv, specie là dove l’autore russo descrive l’Anticristo come il simpatico e accattivante uomo del dialogo e dell’ecumenismo, il paladino di un nuovo umanesimo, il profeta del pacifismo universale e dell’ecologismo integrale, il sostenitore delle buone cause che raccolgono unanime consenso, il benefattore inclusivo e misericordioso che si esprime con la langue de bois, la lingua di legno fatta di luoghi comuni che non possono non piacere.
Direte: che c’entra adesso l’Anticristo di Solov’ëv con l’appello diffuso oggi? Mah, non so. Eppure continuo a pensarci…
A.M.V.
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Messaggio per il lancio del Patto educativo
Carissimi,
per capire quanto urgente sia la sfida che abbiamo davanti dobbiamo puntare sulla educazione, che apre la mente e i cuori ad una comprensione più larga e più profonda della realtà.
Serve un patto educativo globale che ci educhi alla solidarietà universale, a un nuovo umanesimo.
Per questo ho promosso un evento mondiale che si terrà il 14 maggio 2020.
In un momento di estrema frammentazione, di estrema contrapposizione, c’è bisogno di unire gli sforzi, di far nascere un’alleanza educativa per formare persone mature, capaci di vivere nella società e per la società.
Ogni cambiamento, però, ha bisogno di un cammino educativo. Noi non possiamo fare un cambiamento senza educare a quel cambiamento.
Un proverbio africano recita che “per educare un bambino serve un intero villaggio”. Ma dobbiamo costruirlo, questo villaggio. Tutti insieme, per educare i bambini, per educare il futuro.
E dobbiamo bonificare il terreno dalle discriminazioni.
Dobbiamo fare in modo che questo villaggio faccia crescere in tutti la consapevolezza di ciò che unisce le persone e tutte le componenti della persona; lo studio e la vita; le generazioni; i docenti e gli studenti, la famiglia e la società civile con le sue espressioni politiche, produttive, imprenditoriali e solidali.
Dobbiamo fare in modo che in questo villaggio nasca una convergenza globale per un’alleanza tra gli abitanti della Terra e la “casa comune”, affinché l’educazione sia creatrice di pace, di giustizia, sia accoglienza tra tutti i popoli della famiglia umana nonché di dialogo tra le loro religioni. Un villaggio universale, ma un villaggio anche personale, di ognuno.
Dobbiamo fondare i processi educativi sulla consapevolezza che tutto nel mondo è intimamente connesso ed è necessario trovare altri modi di intendere l’economia, la politica, la crescita e il progresso.
Dobbiamo avere il coraggio di formare persone disponibili a mettersi al servizio della comunità.
Per questo desidero incontrarvi: per promuovere insieme ed attivare questo patto educativo.
Insieme a voi, faccio appello a tutte le personalità pubbliche che a livello mondiale sono già impegnate nel delicato settore dell’educazione delle nuove generazioni. Ho fiducia che non si tireranno indietro.
Cerchiamo insieme di trovare soluzioni, avviare processi di trasformazione, senza paura. Invito ciascuno di voi ad essere protagonista di questa alleanza.
Il segretario generale dell’Onu (?)
Il gran maestro della massoneria (?)
Il segretario dell’unione mondiale dei sindacati (?)
Il papa (?)
Il segretario del partito socialdemocratico (?)
Fine vita, arditi o trattare? La strada rischiosa della Cei
Su suicidio assistito ed eutanasia, le strategie possono essere solo due. Una consiste nel fare opposizione dura e netta, negandosi ad ogni forma di trattativa e chiedendo non dei ritocchi ma l’abrogazione della legge 217 del 2017 sul fine vita, che già contiene l’eutanasia. Una seconda strategia consiste invece nella trattativa, chiamata di solito dialogo. Si ascolta, ci si ascolta, si è contenti di essersi ascoltati. I vescovi hanno da tempo scartato la prima strategia e hanno fatto propria la seconda. Questo vuol dire già porsi sulla strada della trattativa: scambiare il mantenimento dell’aiuto al suicidio come reato in cambio di una riduzione di pena che diventerebbe talmente ridicola da porsi al limite della depenalizzazione.
Qual è la strategia dei vescovi italiani nei confronti di una imminente legislazione su suicidio assistito ed eutanasia, mentre le tenaglie della Corte costituzionale da un lato e di un Parlamento fortemente aperturista dall’altro si stanno chiudendo? Due giorni fa il cardinale Bassetti ha letto un ampio intervento su questi temi davanti alle associazioni del tavolo CEI per la vita e la famiglia. Ha ribadito in modo chiaro e incontrovertibile la dottrina della Chiesa alleata con la retta ragione: è moralmente e politicamente inammissibile una legge che contempli suicidio assistito ed eutanasia. Ha anche chiarito che non si tratta di due fattispecie diverse ma di un unico atto di uccisione di un innocente. Sulla dottrina, quindi, nessuno sconto.
Ribadire la dottrina è sempre importante, perché conferma i fedeli e implicitamente chiede coerenza a chi è impegnato su questi fronti, come è il caso dei parlamentari cattolici in questo momento. Ribadire la dottrina, però, non vuol dire automaticamente esprimere una strategia d’azione. Chi si aspettava dal cardinale Bassetti la conferma dei principi è stato esaudito. Anche se – bisogna osservare – se si acclama il pastore quando dice cose dottrinalmente scontate significa che si temeva il contrario e che si esce sollevati, il che è preoccupante. Ci si chiede: è stato esaudito anche chi attendeva una linea d’azione? Qui le cose si fanno più complesse. Il discorso del cardinale Bassetti affronta il tema della linea da seguire soprattutto nel paragrafo 3, che però non soddisfa del tutto.
Nella situazione in cui ci troviamo per quanto riguarda suicidio assistito ed eutanasia, le strategie possono essere solo due. Una consiste nel fare opposizione dura e netta, negandosi ad ogni forma di trattativa, non concedendo nulla perché i temi in questione non si prestano a contrattazione. Per fare questo bisogna avere una visione limpida delle cose, ardimento e voglia di combattere, disponibilità a mobilitare un popolo. Se ci si mette su questa strada bisogna non solo rifiutare l’ingiunzione delle Corte costituzionale, ma reagire con forza chiedendo non dei ritocchi ma l’abrogazione della legge 217 del 2017 sul fine vita, che già contiene l’eutanasia. Bisogna premere con i propri media e far scendere la gente in piazza. Bisogna occupare piazza Montecitorio. Se la partita verrà persa, questa mobilitazione resterà comunque per il futuro e preparerà nuove battaglie perché nel frattempo ha rinforzato le convinzioni ed esercitato i muscoli.
Una seconda strategia consiste invece nella trattativa, chiamata di solito dialogo. Si ascolta, ci si ascolta, si è contenti di essersi ascoltati come hanno dichiarato i vescovi francesi dopo il colloquio con Macron su temi simili, si confermano i principi, si chiede di togliere questo o di aggiungere quello nel testo di legge, ci si accontenta che almeno le cose non vadano peggio, si fanno concessioni al limite dell’accettazione della legge sbagliata.
Secondo il mio debol parere i vescovi hanno da tempo scartato la prima strategia e hanno fatto propria la seconda. Questo fin da quando cercavano di scongiurare il Family Day. Anche la linea indicata dal cardinale Bassetti mi sembra questa, almeno a valutare il paragrafo 3 del suo discorso. Prima di tutto egli avalla la plausibilità della proposta di ridurre la pena per chi aiuti al suicidio il convivente, come proponeva il disegno di legge Pagano. Questo vuol dire già porsi sulla strada della trattativa: scambiare il mantenimento dell’aiuto al suicidio come reato in cambio di una riduzione di pena che diventerebbe talmente ridicola da porsi al limite della depenalizzazione.
In secondo luogo il cardinale propone alcuni interventi legislativi di modifica della legge 217 (2017) sul fine vita, legge approvata con l’appoggio di molte associazioni cattoliche e il voto di deputati cattolici nel silenzio dei vescovi, i quali però ora chiedono coerenza. I punti della legge segnalati dal cardinale come bisognosi di cambiamento sono certo importanti, ma non sono gli unici. In quel testo di legge ci sono considerazioni sulla libertà o sull’autodeterminazione o sui diritti che continuerebbero a farne una legge ingiusta anche se le modifiche indicate dal cardinale venissero approvate. Tali modifiche non riguardano, infatti, l’impianto concettuale della legge che rimane inaccettabile, come bene illustra Giacomo Rocchi nel suo recentissimo libro Licenza di uccidere edito dai Domenicani di Bologna.
In terzo luogo il cardinale chiede che il testo della 217 sia modificato, introducendo il diritto a fare obiezione di coscienza. Ma se si chiede che un testo di legge preveda l’obiezione di coscienza è perché quella legge è ingiusta e l’introduzione di tale diritto non ne cambierebbe la forma, resterebbe ingiusta anche dopo. Questa mi sembra una questione piuttosto grave. La 194 sull’aborto prevede l’obiezione di coscienza, ma non per questo può dirsi giusta. Non voglio dire che non si debba difendere l’obiezione di coscienza, ma chiedere che in una legge ingiusta sia inserita l’obiezione di coscienza è una forma di trattativa che fa ritenere che quella legge così riformata possa essere accettata. Se la legge è ingiusta non ci si deve ridurre a chiedere l’obiezione di coscienza, ma bisogna lottare per la sua abrogazione.
Dicevo sopra che per seguire la prima strategia bisogna essere disposti a mobilitare un popolo. Le associazioni del tavolo della CEI un tempo erano libere di agire data la loro caratteristica laicale e questo aveva permesso una loro fitta attività sul territorio. Poi, a cominciare con la segreteria Galantino, sono state istituzionalizzate nella CEI e ora ricevono gli ordini dalla Segreteria. La conseguenza è che sono sparite dal territorio, non sono più attive e presenti in molte città in cui lo erano, non fanno azione di formazione delle coscienze su questi temi gravissimi. Anche questa è una ulteriore prova che alla prima linea strategica si è preferita la seconda, quella della trattativa.
Stefano Fontana
http://www.lanuovabq.it/it/fine-vita-arditi-o-trattare-la-strada-rischiosa-della-cei
Su suicidio assistito ed eutanasia, le strategie possono essere solo due. Una consiste nel fare opposizione dura e netta, negandosi ad ogni forma di trattativa e chiedendo non dei ritocchi ma l’abrogazione della legge 217 del 2017 sul fine vita, che già contiene l’eutanasia. Una seconda strategia consiste invece nella trattativa, chiamata di solito dialogo. Si ascolta, ci si ascolta, si è contenti di essersi ascoltati. I vescovi hanno da tempo scartato la prima strategia e hanno fatto propria la seconda. Questo vuol dire già porsi sulla strada della trattativa: scambiare il mantenimento dell’aiuto al suicidio come reato in cambio di una riduzione di pena che diventerebbe talmente ridicola da porsi al limite della depenalizzazione.
Qual è la strategia dei vescovi italiani nei confronti di una imminente legislazione su suicidio assistito ed eutanasia, mentre le tenaglie della Corte costituzionale da un lato e di un Parlamento fortemente aperturista dall’altro si stanno chiudendo? Due giorni fa il cardinale Bassetti ha letto un ampio intervento su questi temi davanti alle associazioni del tavolo CEI per la vita e la famiglia. Ha ribadito in modo chiaro e incontrovertibile la dottrina della Chiesa alleata con la retta ragione: è moralmente e politicamente inammissibile una legge che contempli suicidio assistito ed eutanasia. Ha anche chiarito che non si tratta di due fattispecie diverse ma di un unico atto di uccisione di un innocente. Sulla dottrina, quindi, nessuno sconto.
Ribadire la dottrina è sempre importante, perché conferma i fedeli e implicitamente chiede coerenza a chi è impegnato su questi fronti, come è il caso dei parlamentari cattolici in questo momento. Ribadire la dottrina, però, non vuol dire automaticamente esprimere una strategia d’azione. Chi si aspettava dal cardinale Bassetti la conferma dei principi è stato esaudito. Anche se – bisogna osservare – se si acclama il pastore quando dice cose dottrinalmente scontate significa che si temeva il contrario e che si esce sollevati, il che è preoccupante. Ci si chiede: è stato esaudito anche chi attendeva una linea d’azione? Qui le cose si fanno più complesse. Il discorso del cardinale Bassetti affronta il tema della linea da seguire soprattutto nel paragrafo 3, che però non soddisfa del tutto.
Nella situazione in cui ci troviamo per quanto riguarda suicidio assistito ed eutanasia, le strategie possono essere solo due. Una consiste nel fare opposizione dura e netta, negandosi ad ogni forma di trattativa, non concedendo nulla perché i temi in questione non si prestano a contrattazione. Per fare questo bisogna avere una visione limpida delle cose, ardimento e voglia di combattere, disponibilità a mobilitare un popolo. Se ci si mette su questa strada bisogna non solo rifiutare l’ingiunzione delle Corte costituzionale, ma reagire con forza chiedendo non dei ritocchi ma l’abrogazione della legge 217 del 2017 sul fine vita, che già contiene l’eutanasia. Bisogna premere con i propri media e far scendere la gente in piazza. Bisogna occupare piazza Montecitorio. Se la partita verrà persa, questa mobilitazione resterà comunque per il futuro e preparerà nuove battaglie perché nel frattempo ha rinforzato le convinzioni ed esercitato i muscoli.
Una seconda strategia consiste invece nella trattativa, chiamata di solito dialogo. Si ascolta, ci si ascolta, si è contenti di essersi ascoltati come hanno dichiarato i vescovi francesi dopo il colloquio con Macron su temi simili, si confermano i principi, si chiede di togliere questo o di aggiungere quello nel testo di legge, ci si accontenta che almeno le cose non vadano peggio, si fanno concessioni al limite dell’accettazione della legge sbagliata.
Secondo il mio debol parere i vescovi hanno da tempo scartato la prima strategia e hanno fatto propria la seconda. Questo fin da quando cercavano di scongiurare il Family Day. Anche la linea indicata dal cardinale Bassetti mi sembra questa, almeno a valutare il paragrafo 3 del suo discorso. Prima di tutto egli avalla la plausibilità della proposta di ridurre la pena per chi aiuti al suicidio il convivente, come proponeva il disegno di legge Pagano. Questo vuol dire già porsi sulla strada della trattativa: scambiare il mantenimento dell’aiuto al suicidio come reato in cambio di una riduzione di pena che diventerebbe talmente ridicola da porsi al limite della depenalizzazione.
In secondo luogo il cardinale propone alcuni interventi legislativi di modifica della legge 217 (2017) sul fine vita, legge approvata con l’appoggio di molte associazioni cattoliche e il voto di deputati cattolici nel silenzio dei vescovi, i quali però ora chiedono coerenza. I punti della legge segnalati dal cardinale come bisognosi di cambiamento sono certo importanti, ma non sono gli unici. In quel testo di legge ci sono considerazioni sulla libertà o sull’autodeterminazione o sui diritti che continuerebbero a farne una legge ingiusta anche se le modifiche indicate dal cardinale venissero approvate. Tali modifiche non riguardano, infatti, l’impianto concettuale della legge che rimane inaccettabile, come bene illustra Giacomo Rocchi nel suo recentissimo libro Licenza di uccidere edito dai Domenicani di Bologna.
In terzo luogo il cardinale chiede che il testo della 217 sia modificato, introducendo il diritto a fare obiezione di coscienza. Ma se si chiede che un testo di legge preveda l’obiezione di coscienza è perché quella legge è ingiusta e l’introduzione di tale diritto non ne cambierebbe la forma, resterebbe ingiusta anche dopo. Questa mi sembra una questione piuttosto grave. La 194 sull’aborto prevede l’obiezione di coscienza, ma non per questo può dirsi giusta. Non voglio dire che non si debba difendere l’obiezione di coscienza, ma chiedere che in una legge ingiusta sia inserita l’obiezione di coscienza è una forma di trattativa che fa ritenere che quella legge così riformata possa essere accettata. Se la legge è ingiusta non ci si deve ridurre a chiedere l’obiezione di coscienza, ma bisogna lottare per la sua abrogazione.
Dicevo sopra che per seguire la prima strategia bisogna essere disposti a mobilitare un popolo. Le associazioni del tavolo della CEI un tempo erano libere di agire data la loro caratteristica laicale e questo aveva permesso una loro fitta attività sul territorio. Poi, a cominciare con la segreteria Galantino, sono state istituzionalizzate nella CEI e ora ricevono gli ordini dalla Segreteria. La conseguenza è che sono sparite dal territorio, non sono più attive e presenti in molte città in cui lo erano, non fanno azione di formazione delle coscienze su questi temi gravissimi. Anche questa è una ulteriore prova che alla prima linea strategica si è preferita la seconda, quella della trattativa.
Stefano Fontana
http://www.lanuovabq.it/it/fine-vita-arditi-o-trattare-la-strada-rischiosa-della-cei
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