ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 9 ottobre 2019

Evangelizzato dagli indios

SINODO/INFANTICIDIO IN ALCUNE TRIBU' INDIE: RISPOSTA AL CARD. BARRETO
https://www.vaticannews.va/content/dam/vaticannews/multimedia/2019/10/08/2019.10.08-Sinodo-Amazonia.jpg/_jcr_content/renditions/cq5dam.thumbnail.cropped.1000.563.jpeg (immaginw aggiunta)

Nel briefing sinodale di ieri, martedì 8 ottobre 2019, il cardinal Pedro Barreto ha detto, rispondendo a una nostra domanda, di non aver mai sentito che una ventina di popoli amazzonici pratica ancora l’infanticidio. Men che mai che un sito legato alla Conferenza episcopale brasiliana (quello del Cimi)  ospita un contributo contro un disegno di legge anti-infanticidio indigeno.  Cerchiamo in questa sede di colmare le sue conoscenze lacunose.

Chi è Pedro Ricardo Barreto Jimeno? Nato a Lima nel 1944, è un gesuita peruviano che ha ricevuto la consacrazione episcopale nel 2001 ed è stato nominato nel 2004 (sempre da Giovanni Paolo II) arcivescovo metropolita di Huancayo. Jorge Mario Bergoglio l’ha creato cardinale il 28 giugno 2018. E’ vicepresidente della Conferenza episcopale peruviana, ma soprattutto vicepresidente della Rete ecclesiale panamazzonica (REPAM). Non meraviglia che sia stato nominato tra i tre presidenti-delegati del Sinodo in corso.
In tale veste il cardinal Barreto si è presentato ieri all’una e mezzo nella Sala Stampa della Santa Sede, per il consueto briefing sinodale insieme con la filippina Victoria Lucia Tauli—Corpuz (relatore speciale dell’ONU sui diritti delle popolazioni indigene) e la brasiliana Moema Maria Marques de Miranda (assessore della citata REPAM, una sindacalista fervente).
Abbiamo avuto la fortuna di poter porre la nostra domanda - rivolta al cardinale e alla rappresentante dell’ONU – che più o meno così’ suonava: Uno dei leitmotiv di questo Sinodo è la rappresentazione dei popoli indios come se abitassero il Paradiso terrestre prima del peccato originale. Di loro viene vantata la purezza originaria e ne viene esaltato il  rapporto armonioso con la natura. Da loro noi dovremmo imparare a convivere con l’ambiente. Però, ancora oggi, una ventina di popoli amazzonici pratica l’infanticidio. E su un sito della Conferenza episcopale brasiliana appare un contributo in cui si giustifica tale pratica. Allora chiedo se per voi i diritti umani hanno una valenza universale oppure se valgono per gli uni e non per gli altri…
L’onusiana  Victoria Lucia Tauli Corpuz nella risposta ha riconosciuto che “non è che tutti gli indigeni, i popoli originari, siano perfetti”. E ha aggiunto: “Alcuni hanno delle pratiche non coerenti con i diritti umani. Abbiamo discusso a lungo la questione. Nella dichiarazione dell’ONU si è evidenziato che, se gli Stati devono rispettare i diritti delle popolazioni indigene, gli indigeni devono fare in modo che le loro tradizioni siano conformi al diritto internazionale sui diritti umani. Gli indigeni hanno detto che cercheranno di cambiare certe loro tradizioni”.
Dopo di lei è intervenuto il cardinal Barreto. Dapprima il presidente-delegato del Sinodo ha riconosciuto anche lui che “non sono tutte rose e fiori tra i popoli indigeni”. Per i quali non si può parlare di “purezza originaria, perché ciò significherebbe disconoscere la natura umana”; e tuttavia ”dobbiamo riconoscere la loro saggezza ancestrale, perché hanno arricchito questo bioma che l’Europa sta utilizzando”. Poi, “con tutto il rispetto”, ha proseguito il vice-presidente della REPAM, “non ho mai sentito dire che venti popolazioni amazzoniche praticano l’infanticidio”. E, togliendosi le cuffie, ha evidenziato che “chi fa affermazioni simili deve portare prove documentate”. Per concludere il card. Barreto ha comunque rilevato che “ogni vita umana è sacra. Se qualcuno afferma che tali pratiche sono possibili, sta disconoscendo il messaggio del Vangelo. Bisogna difendere la vita sempre”. In ogni caso “ io sono stato evangelizzato dagli indios e loro continuano a evangelizzarmi”.
A questo punto, dato che in Sala Stampa vaticana tradizionalmente non è ammessa la replica, lo facciamo attraverso il nostro blog www.rossoporpora.org.
Al cardinal Barreto forniamo le seguenti informazioni di cui è apparentemente sprovvisto.
  1. Il Parlamento brasiliano sta discutendo il progetto di legge (PL) 1057/2007 del deputato Henrique Afonso, che mira a vietare la pratica dell’infanticidio nelle aree indigene. La proposta è stata approvata dalla Camera dei Deputati il 26 agosto 2015 con 361 sì e 84 no. Se ne sta occupando il Senato. Nel dibattito, assai vivo, si contrappongono le ragioni dei diritti universali della persona umana (diritto alla vita) riconosciuti dalla Costituzione brasiliana in vigore e quelli delle comunità indie (in particolare le più isolate) a conservare i propri usi e costumi (come si rileva nella stessa Costituzione brasiliana). L’opposizione al progetto di legge è costituita soprattutto da antropologi cultori estremi dell’identità india.
  2. Tra gli antropologi più noti, oppositori del PL 1057/2007, si evidenzia Rita Laura Segato dell’Università di Brasiliail cui intervento davanti alla Commissione dei diritti umani della Camera è ancor oggi leggibile sul sito del Conselho Indigenista Missionario (Cimi), “organismo vinculado à CNBB (Conferência Nacional dos Bispos do Brasil) que hâ 45 anos atua em defensa dos direitos dos povos indigenas do Brasil” (vedi: www.cimi.org.br, cliccare nella ricerca: Rita Segato)  Il titolo dell’audizione della Segato è: “Che ogni popolo intrecci i fili della sua storia” e nel testo si legge tra l’altro: “Che Stato è quello che oggi pretende di legiferare sul come i popoli indigeni devono preservare i loro bambini? Quale autorità ha tale Stato?”. Il Cimi è un organo legato alla Conferenza episcopale brasiliana. E sul suo sito difende la pratica dell’infanticidio, ancor oggi conosciuta da alcuni popoli indigeni. Consigliamo perciò al card. Barreto di assumere informazioni in materia presso il confratello card. Hummes, che – da brasiliano e da relatore generale del Sinodo – qualcosa sulla grave questione dovrà pur sapere…
  3. Che l’infanticidio sia una pratica ancora in uso nei nostri anni presso alcuni popoli indigeni (c’è chi dice almeno 13, altri parlano di 20) è confermato da Repubblica, un quotidiano come si sa biecamente reazionario: vedi l’articolo del 16 novembre 2010, in cui si intervista il sociologo e antropologo Giuseppe Bonazzi in visita ai missionari della Consolata tra il popolo Yanomami. Sentite che dice l’intervistato: “Presso questo popolo i neonati più gracili, o quelli a cui la madre non potrebbe prestare attenzione perché ancora impegnata con i fratelli nati prima, non vengono accettati e muoiono”. Una dichiarazione a dir poco agghiacciante. Ma anche l’altrettanto biecamente reazionaria Lettera 43 ospita in Rivista studio un articolo dal titolo seguente: “Il Brasile cambierà la legge che permette agli indigeni di uccidere i bambini?”. Vale la pena di riportare l’incipit: “Alcune tribù di indigeni in Brasile praticano l’infanticidio. E, per quanto strano possa sembrare, la legge brasiliana permette loro di farlo. Adesso però il Paese sudamericano sta discutendo un disegno di legge che, se approvato, potrebbe mettere questa pratica fuorilegge. Il dibattito è molto acceso. (…) La giornalista Cleuci de Oliveira ci ha scritto un interessante approfondimento per Foreign Policy. Va detto però che il tema riguarda soltanto una minoranza delle tribù brasiliane: secondo la stima di Foreign Policy, soltanto 20 gruppi su circa 300 lo praticano: tra questi ci sono gli Yanomami e i Suruwaha”.
  4. L’argomento viene sviscerato in tutti i suoi aspetti anche sul sito brasiliano www.jus.com.br  (ottobre 2017), sotto il titolo Infanticidio indigena. Si legge nell’introduzione: “La pratica tradizionale dell’ ‘infanticidio indigeno’ consiste nell’omicidio di creature indesiderate dal gruppo ed è comune a diverse tribù brasiliane”. Nella conclusione l’affermazione è netta: “In nessun modo il diritto alla diversità culturale può legittimare la violazione del diritto alla vita. Pertanto qualsiasi tentativo di giustificare la pratica dell’infanticidio non può trovare sostegno in nessuna legislazione internazionale”. Pure il quotidiano brasiliano O Globo (biecamente reazionario come Repubblica Lettera 43…) ha pubblicato il 7 dicembre del 2014 i risultati di un’indagine di un’équipe giornalistica chiamata Fantastico (appartenente al quotidiano) sugli Yanomami. L’indagine conferma che, quando nasce un bambino, la madre va col figlio nella foresta, esamina il bambino e, se questi ha una disabilità, normalmente torna a casa da sola. Oppure: se si è in presenza di gemelli, la madre ne riconosce solo uno. L’atto di riconoscimento è simboleggiato dall’allattamento e il bambino viene allora considerato un essere vivente dalla comunità.
Osservava ieri il cardinal Barreto: “Non ho mai sentito dire che venti popoli amazzonici praticano l’infanticidio”. E si è rifiutato di credere (con forza, anche a margine del briefing,) che in un sito della Chiesa brasiliana fosse stato pubblicato un articolo che si oppone all’abolizione dell’infanticidio tra gli indios. Gli abbiamo fornito un po’ di informazioni in materia. E non potrà che ricredersi.  

SINODO/INFANTICIDIO IN ALCUNE TRIBU’ INDIE: RISPOSTA AL CARD. BARRETO – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 9 ottobre 2019
Infanticidio in Amazzonia. C’è chi lo difende, anche nella Chiesa
Nell’affollata conferenza stampa di martedì 8 ottobre sul sinodo dell’Amazzonia il giornalista svizzero Giuseppe Rusconi ha posto la seguente domanda:
“Uno dei leitmotiv di questo sinodo è la rappresentazione dei popoli indios come se abitassero il paradiso terrestre prima del peccato originale. Di loro viene vantata la purezza originaria ed esaltato il  rapporto armonioso con la natura. Da loro noi dovremmo imparare a convivere con l’ambiente. Però, ancora oggi, una ventina di popoli amazzonici praticano l’infanticidio. E su un sito della conferenza episcopale brasiliana appare un contributo in cui si giustifica tale pratica. Allora chiedo se per voi i diritti umani hanno una valenza universale oppure se valgono per gli uni e non per gli altri”.
Ha risposto per prima una dei dodici “invitati speciali” al sinodo – al pari di Ban Ki-Moon, Jeffrey D. Sachs, Hans J. Schellnhuber –, la filippina Victoria Lucia Tauli-Corpuz, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene, la quale ha riconosciuto che “non tutti gli indigeni, i popoli originari, sono perfetti”. E ha aggiunto: “Alcuni hanno delle pratiche non coerenti con i diritti umani. Abbiamo discusso a lungo la questione. Nella dichiarazione dell’ONU si è evidenziato che, se gli Stati devono rispettare i diritti delle popolazioni indigene, gli indigeni devono fare in modo che le loro tradizioni siano conformi al diritto internazionale sui diritti umani. Gli indigeni hanno detto che cercheranno di cambiare certe loro tradizioni”.
Dopo di lei è intervenuto il cardinale peruviano Pedro Ricardo Barreto Jimenez, arcivescovo di Huancayo, gesuita, vicepresidente della rete ecclesiale panamazzonica e copresidente del sinodo, il quale ha anche lui riconosciuto che “non sono tutte rose e fiori tra i popoli indigeni”. Per i quali non si può parlare di “purezza originaria, perché ciò significherebbe disconoscere la natura umana”; e tuttavia ”dobbiamo riconoscere la loro saggezza ancestrale, perché hanno arricchito questo bioma che l’Europa sta utilizzando”.
Poi, però, il cardinale ha negato che delle popolazioni amazzoniche pratichino l’infanticidio: “Non l’ho mai sentito dire”. E, togliendosi le cuffie, ha aggiunto che “chi fa affermazioni simili deve portare prove documentate”. Ha comunque rilevato che “ogni vita umana è sacra. Se qualcuno afferma che tali pratiche sono possibili, sta disconoscendo il messaggio del Vangelo. Bisogna difendere la vita sempre”. Ed ha scandito: “Io sono stato evangelizzato dagli indios e loro continuano a evangelizzarmi”. In coda alla conferenza stampa, conversando, il cardinale Barreto ha di nuovo rifiutato di credere che in un sito della Chiesa brasiliana sia stato pubblicato un intervento in difesa dell’infanticidio tra gli indios.
Ma si sbagliava. L’indomani all’alba Rusconi ha messo in rete sul suo blog “Rossoporpora” proprio quelle “prove documentate” che il cardinale Barreto reclamava e che egli ha condensato così, in quattro punti:
1. Il parlamento brasiliano sta discutendo il progetto di legge PL 1057/2007 del deputato Henrique Afonso, che mira a vietare la pratica dell’infanticidio nelle aree indigene. La proposta è stata approvata dalla camera dei deputati il 26 agosto 2015 con 361 sì e 84 no. Se ne sta ora occupando il senato. Nel dibattito, assai vivo, si contrappongono le ragioni dei diritti universali della persona umana riconosciuti dalla costituzione brasiliana e quelli delle comunità indie, in particolare le più isolate, a conservare i propri usi e costumi. L’opposizione al progetto di legge è costituita soprattutto da antropologi cultori estremi dell’identità india.
2. Tra gli antropologi più noti, oppositori del PL 1057/2007, si evidenzia Rita Laura Segato dell’Università di Brasilia, il cui intervento davanti alla commissione dei diritti umani della camera dei deputati è ancor oggi leggibile sul sito del Conselho Indigenista Missionário (CIMI), “organismo vinculado à Conferência de Bispos do Brasil”. Il titolo dell’audizione della Segato è: “Que cada povo trame os fios da sua história [Che ogni popolo intrecci i fili della sua storia]” e nel testo si legge tra l’altro: “Che Stato è quello che oggi pretende di legiferare sul come i popoli indigeni devono preservare i loro bambini? Quale autorità ha tale Stato?”.
3. Che l’infanticidio sia una pratica ancora in uso presso alcuni popoli indigeni dell’Amazzonia è stato riscontrato dal sociologo e antropologo Giuseppe Bonazzi durante una visita ai missionari della Consolata tra la popolazione Yanomami. Intervistato da “la Repubblica” il 16 novembre 2010, Bonazzi ha detto: “Presso questo popolo i neonati più gracili, o quelli a cui la madre non potrebbe prestare attenzione perché ancora impegnata con i fratelli nati prima, non vengono accettati e muoiono”. E questo è l’incipit di un altro articolo pubblicato su “Lettera 43” col titolo “Il Brasile cambierà la legge che permette agli indigeni di uccidere i bambini?”. “Alcune tribù di indigeni in Brasile praticano l’infanticidio. E, per quanto strano possa sembrare, la legge brasiliana permette loro di farlo. Adesso però il Paese sudamericano sta discutendo un disegno di legge che, se approvato, potrebbe mettere questa pratica fuorilegge. Il dibattito è molto acceso. […] La giornalista Cleuci de Oliveira ha scritto un interessante approfondimento per ‘Foreign Policy’. Va detto però che il tema riguarda soltanto una minoranza delle tribù brasiliane: secondo la stima di ‘Foreign Policy’, soltanto 20 gruppi su circa 300 lo praticano: tra questi ci sono gli Yanomami e i Suruwaha”.
4. “O infanticídio indígena” è oggetto di numerosi commenti nel sito giuridico brasiliano “Jus”. Si legge ad esempio nell’introduzione di un intervento dell’ottobre 2017: “La pratica tradizionale dell’ ‘infanticidio indigeno’ consiste nell’omicidio di creature indesiderate dal gruppo ed è comune a diverse tribù brasiliane”. E nella conclusione: “In nessun modo il diritto alla diversità culturale può legittimare la violazione del diritto alla vita. Pertanto qualsiasi tentativo di giustificare la pratica dell’infanticidio non può trovare sostegno in nessuna legislazione internazionale”. Inoltre, il quotidiano brasiliano “O Globo” ha pubblicato il 7 dicembre del 2014 i risultati di un’indagine sugli Yanomami. L’indagine conferma che, quando nasce un bambino, la madre va col figlio nella foresta, esamina il bambino e, se questi ha una disabilità, normalmente torna a casa da sola. Oppure: se si è in presenza di gemelli, la madre ne riconosce solo uno. L’atto di riconoscimento è simboleggiato dall’allattamento e il bambino viene allora considerato un essere vivente dalla comunità.
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Fin qui la documentazione pubblicata da Rusconi all’alba di mercoledì 9 ottobre. Intanto, però, in Brasile qualcuno ha cercato di correre ai ripari.
E come? Rimuovendo dal sito del CIMI, l’organismo indigenista missionario “vinculado” alla conferenza episcopale brasiliana, proprio il testo citato da Rusconi al punto 2, cioè l’intervento dell’antropologa Rita Laura Segato alla commissione dei diritti umani della camera dei deputati, in difesa dell’infanticidio.
Oggi infatti questo intervento non c’è più. È stato però lasciato in bella mostra, nello stesso sito del CIMI, un altro articolo, dal titolo “Estudo contesta criminalização do infanticídio indígena”, nel quale la stessa Segato, commentando il saggio di una sua collega antropologa, Marianna Holanda, definisce il progetto di legge che vuole vietare l’infanticidio “uma forma de ‘calúnia’ aos povos indígenas”.
In ogni caso, le dodici pagine dell’intervento di Segato contro la proposta di legge PL 1057/2007 sono in possesso di Rusconi e di Settimo Cielo, fotocopiate prima della loro sparizione dal sito del Conselho Indigenista Missionário della Chiesa brasiliana.
ettimo Cielo
di Sandro Magister 09 ott

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