VIRI PROBATI, VOCAZIONI. LETTERA DI UN PRETE: È COLPA NOSTRA, NON IRRADIAMO GIOIA.
Cari Stilumcuriali, ci ha scritto un sacerdote per commentare le discussioni relative ai viri probati che hanno accompagnato il Sinodo sull’Amazzonia, appena concluso; e che di sicuro saranno un dei punti in discussione al Sinodo della Chiesa tedesca, che si sta aprendo in questi giorni, e proseguirà per due anni. Ci sembrano, quelle inviate dal sacerdote, considerazioni interessanti, e meritevoli di riflessione, e ve le proponiamo, ringraziando l’Autore per la fiducia mostrata in Stilum Curiae.
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Egregio Sig. Tosatti, non so se ho usato il canale giusto per inviarle queste mie riflessioni, spero vada bene. Mi permetto una mia analisi della situazione “celibato dei preti”. Veda lei se e come usarla. Grazie.
Al termine di un sinodo per l’Amazzonia, decisamente discusso e discutibile, sembra che stia prendendo piede l’opinione, diffusa ormai non solo tra la gente comune, ma anche tra il clero e la gerarchia, che il sacerdozio “celibe” non abbia più ragione di essere. Forse non lo si dice proprio così apertamente, ma si trovano altre scappatoie per giungere alla stessa conclusione: occorre ordinare “laici provati” per sopperire alla mancanza di preti!
Al di là della questione di sopprimere o meno il celibato del sacerdozio, che è una disciplina interna alla chiesa, vorrei che spostassimo un attimo la riflessione su un altro aspetto.
Ci siamo mai chiesti seriamente perché ci sia questa mancanza di persone pronte a dedicare interamente la loro vita al Vangelo? Perché il nocciolo della questione è proprio qui! Non tanto “se sia giusto o no che il prete sia celibe”, ma “come mai mancano preti?”.
Qualcuno superficialmente risponderà che il motivo sta proprio nel celibato: lasciate liberi i preti di sposarsi e vedrete che tornano le vocazioni!
Personalmente non ci credo: ed ho una idea ben diversa.
Il motivo principale per cui mancano i preti è perché la scelta di diventare preti non è associata alla gioia di donare la propria vita!
Oggi fare il prete non è più attrattivo!
E perché non lo è più? Io credo che sia perché noi preti non sappiamo trasmettere la gioia della nostra scelta: siamo felici di essere preti?
Nella maggior parte dei casi io credo di no: o per lo meno non sappiamo dimostrarlo!
Quando uno è felice, sa trasmettere la sua gioia: e oggi, nella maggior parte dei casi, il prete non dimostra di essere felice!
Non possiamo analizzare i motivi di questa mancanza di gioia profonda nell’essere quello che siamo, ma credo che fino al momento in cui continueremo a cercare compensazioni esterne (e l’abolizione del celibato è una di queste) difficilmente potremo riscoprire la gioia della nostra vocazione.
Come faccio a dire ad un giovane: guarda che essere prete è bello, se io per primo non ne sono convinto?
Se penso alla mia gioventù (parlo di 50 anni fa), ricordo il prete che ci seguiva in oratorio, che era lì tutti i giorni a seguire le attività, i gruppi, a gestire le difficoltà e le conquiste che noi giovani facevamo, lasciando trasparire tutta la gioia che il suo compito gli dava. Oggi i preti corrono da tutte le parti, non hanno mai tempo, sono dentro in mille commissioni…
Siamo proprio certi che sia questa la visione giusta da dare? Il prete sembra essere diventato un qualunque manager, di una qualunque impresa!
Un consiglio ai miei “colleghi”, senza pretesa di essere uno che ha capito tutto: siamo più gioiosi, dimostriamo un po’ di più che la nostra scelta è ampiamente ripagata da chi è nostro modello di vita: Gesù Cristo.
Forse vedremo di nuovo rifiorire vocazioni attorno a noi, perché chi chiama è Lui, e noi siamo “servi inutili” che hanno fatto, speriamo, tutto quello che dovevano fare!
Marco Tosatti
10 Novembre 2019
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