“Burke: Sebbene il documento finale [del Sinodo dell’Amazzonia]sia meno esplicito nell’abbraccio del panteismo, non ripudia le affermazioni nel documento di lavoro che costituiscono un’apostasia dalla fede cattolica.
Il documento di lavoro non ha valore dottrinale. E se il papa dovesse mettere il suo timbro su quel documento? La gente dice che se non lo accettassi, sarei scismatico – ma io ribadisco che non sarei scismatico io perché il documento contiene elementi che difettano della tradizione apostolica. Quindi il mio punto sarebbe che è scismatico il documento. Non io.
Douthat: Ma come può essere possibile? Sta effettivamente insinuando che il papa guiderebbe uno scisma.
Burke: Sì.”
Così alcuni passaggi di questa importante intervista che il Card. Raymond Burke ha concesso a Ross Douthat del New York Times, che Annarosa Rossetto ha tradotto per i lettori di questo blog.
Cardinale Raymond Burke: Beh, sono cresciuto in una piccola fattoria nel Wisconsin rurale. I miei genitori erano devoti cattolici. A quei tempi era naturale: ogni ragazzo pensava di essere un prete Ma quando ero in seconda elementare, nel 1955, a mio padre fu diagnosticato un tumore al cervello. Ed è stato operato alla Mayo Clinic, ma in realtà non potevano fare molto. Era a casa durante gli ultimi mesi della sua vita, e il sacerdote era solito venire per ascoltare la confessione di mio padre e portargli la Santa Comunione. In quei giorni, quando il sacerdote veniva per la Santa Comunione, si andava alla porta e lo si riceveva con una candela accesa. C’era una piccola processione verso la camera da letto dove mio padre era nel suo letto di malattia, e il sacerdote ascoltava la sua confessione e poi ci invitava a rientrare per il rito della Santa Comunione. Questo mi ha impressionato moltissimo. Solo negli anni successivi ho compreso l’intero significato della sofferenza e della morte di mio padre. Ma ebbi la percezione di un bambino riguardo a quello che stava succedendo. Ho visto come questo prete portava, da quello che potevo percepire, l’aiuto più importante a mio padre.
Quindi l’idea è cresciuta in me. Quando ero in terza media, chiesi a mia madre se potessi entrare nel seminario minore della diocesi. Era un po’ preoccupata. Ero il più piccolo di sei figli ed ero piuttosto fragile e il seminario era un po’ come una scuola militare. Ma alla fine accosentì.
Dopo il seminario minore, Burke continuò la sua formazione a Washington, DC, arrivando nell’autunno del 1968, quando lo sconvolgimento politico fu accompagnato da uno sconvolgimento nella Chiesa. (“Fu scioccante in quegli anni, il numero di uomini che lasciarono il seminario”.) Da lì andò a Roma, dove fu ordinato sacerdote da Papa Paolo VI nel 1975.
Douthat: E come fa un prete a diventare cardinale?
Burke: Ho iniziato come assistente del parroco nella cattedrale di La Crosse, Wis. E poi mi è stato chiesto di insegnare al liceo cattolico, e dopo tre anni di insegnamento il vescovo mi ha chiesto di studiare Diritto Canonico. Non ne ero proprio entusiasta, ma sono tornato all’Università Gregoriana di Roma. C’erano alcuni preti eccezionali lì, e uno di loro ha scoperto che non ero molto felice di essere lì. E così mi prese sotto la sua ala. E mi sono appassionato al Diritto Canonico …
Il Diritto Canonico alla fine condusse Burke ad un incarico alla Segnatura Apostolica, la Corte Suprema della Chiesa. Nel 1994 è stato nominato vescovo di La Crosse; nel 2004 divenne arcivescovo di St Louis; e poi nel 2008, sotto Papa Benedetto XVI, fu richiamato a Roma per diventare il Prefetto della Segnatura (il Tribunale Supremo, ndr) e diventare cardinale nel 2010.
Douthat: Già a quel tempo lei aveva una reputazione non solo di conservatore, ma di uno tra i più importanti “tradizionalisti”. Questo era dovuto in parte per la sua reputazione di rigoroso avvocato canonico, ma in parte aveva a che fare con la sua affinità con la liturgia tradizionale, la Messa in Latino. È giusto?
Burke: Deve sapere che nella Chiesa, anche prima del Concilio Vaticano II, ma soprattutto dopo, c’è stata una perdita di rispetto per la legge della Chiesa, come una sensazione che il Codice del Diritto Canonico non fosse più adatto. E mi convinsi dell’importanza del Diritto Canonico – ero particolarmente preoccupato per la facile concessione di dichiarazioni di nullità del matrimonio. E ciò avrebbe contribuito in parte alla mia reputazione di essere freddo, legalista, rigido, come si suol dire.
Sulla questione liturgica, ovviamente sono cresciuto con quella che ora viene chiamata la Forma Straordinaria del Rito Romano , la messa che era esistita fino alla riforma dopo il Concilio Vaticano II. E ho apprezzato moltissimo la bellezza di questo rito. Quindi, quando Giovanni Paolo II ha permesso la sua celebrazione, mi sono interessato. Ho sempre celebrato entrambe le forme. La gente dice che parlo contro la forma ordinaria della messa. No, parlo contro un modo di celebrare la forma ordinaria che non è propriamente trascendente. Ma suppongo che lei abbia ragione a dire che questo mi possa aver marchiato.
Douthat: Da persona che ha vissuto la transizione attraverso il Concilio Vaticano II e poi il seguito, pensa che i riformatori di quell’epoca abbiano avuto ragione? Pensa che la Chiesa pre-Vaticano II fosse troppo formale, legalistica, rigida? Ha paragonato la sua esperienza di seminario minore con una scuola militare.
Burke: Beh, questa euforia si è manifestata durante gli anni del Concilio e dopo. Ora improvvisamente siamo tutti liberi. La disciplina del seminario veniva considerata repressiva e ogni tipo di controllo sulla volontà dell’individuo veniva considerato negativo. Ma ora guardo indietro e vedo tutte quelle regole orientate a frenare gli effetti del peccato originale e a disciplinarci in modo da poter davvero essere buoni uomini. E funzionava. Ma nel 1968, il libro delle regole del seminario fu buttato via e ne conseguì il caos. E sappiamo, per esempio, che un sacco di abusi sessuali su minori hanno avuto luogo in quel periodo, quando c’era l’ idea che qualsiasi tendenza io abbia, poiché questa è la mia tendenza, è buona. Bene, questo non è vero.
Douthat: Ma molti di quegli abusatori e chi permetteva loro di agire si sono formati in quel mondo di un tempo che lei ha descritto. Se si guardano le statistiche sull’abuso sessuale, c’è un picco negli anni ’60 e ’70 – ma parte di questo picco include uomini che sono stati ordinati prima del Concilio Vaticano II. Quindi ci doveva essere già stato qualche problema.
Burke: Sì, mi è chiaro che la corruzione risale a diversi decenni fa: quando si trovano questi noti casi di prelati che hanno abusato di minori negli anni ’40. Ma in quelle situazioni, essi non stavano seguendo le regole della legge canonica. Queste persone stavano commettendo atti gravemente contrari alla legge e in qualche modo si chiudeva un occhio. Ma non era colpa della regola. Era colpa degli uomini che avrebbero dovuto applicarla.
Douthat: Ma cosa succede se è nella natura di una gerarchia consentire alle persone in posizione di autorità di sospendere le regole? E se ci fosse bisogno di una maggiore responsabilità democratica, in qualche modo, altrimenti la legge non verrà applicata?
Burke: Beh, chiaramente Cristo ha costituito la Chiesa come una comunione gerarchica. Nel suo ministero pubblico prese immediatamente da parte quei 12 uomini e li preparò. Non erano nemmeno tutti degli angioletti, come sappiamo. Ma c’è sempre la tentazione dell’infedeltà nel ministero pastorale, di lasciar correre cose cattive se si tratta di un amico. Questo, a proposito, è il “clericalismo”. Il clericalismo non ha nulla a che fare con l’interesse per la liturgia o il voler indossare una tonaca. No, il clericalismo è l’abuso dell’ufficio del chierico per scopi peccaminosi.
Quindi, sì, ci devono essere controlli ed effettivamente esistevano nel Codice di Diritto Canonico del 1917. Fino alle riforme del Concilio Vaticano II c’erano tutta una serie di rituali per la degradazione di un chierico che aveva tradito la santità del suo ministero.
Douthat: Alcuni di questi erano riti molto vividi.
Burke: Molto vividi. Ad esempio, se si fosse trattato di un arcivescovo o di un vescovo, lo avrebbero fatto vestire con tutti i paramenti e poi glieli avrebbero tolti uno per uno, con delle formule molto severe e poi, alla fine, gli avrebbero raschiato con un coltello le mani che erano state unte all’ordinazione per indicare che questa persona aveva completamente tradito il ministero.
Douthat: Le piacerebbe vedere un tale rito applicato, ad esempio, all’ex cardinale Theodore McCarrick?
Burke: Direi che è la strada giusta da percorrere.
La nostra conversazione è poi finita sull’era di Francesco, in cui l’“euforia” è senza dubbio riapparsa, appena le controversie che Giovanni Paolo II aveva cercato di chiudere – su divorzio e seconde nozze, intercomunione con i protestanti, preti sposati – sono state riaperte dal nuovo pontefice.
Douthat: Parliamo di come è cambiata la sua posizione sotto questo papa.
Burke: Potrebbe essere utile iniziare con il Sinodo dei vescovi del 2014 sul matrimonio e la famiglia. Ero ancora prefetto della Segnatura Apostolica. E ho parlato con forza a favore della tradizionale disciplina della Chiesa per quanto riguarda il matrimonio e il divorzio.
Douthat: questo era un sinodo convocato da Papa Francesco, in cui uno dei punti controversi centrali era se ai cattolici divorziati risposati fosse permesso di ricevere la comunione senza un annullamento.
Burke: Sì, ci hanno detto più volte che non è questo il tema del Sinodo, ma alla fine si trattava proprio di quello. E si trattava di ripensare l’insegnamento della Chiesa sulla sessualità umana, con discorsi sul trovare elementi buoni negli atti genitali tra persone dello stesso sesso, trovare gli elementi buoni nei rapporti sessuali al di fuori del matrimonio.
Durante una delle pause, il cardinale Caffarra [Carlo Caffarra, il defunto arcivescovo di Bologna], che era un mio caro amico, venne da me e mi disse: che sta succedendo? Mi hanno detto che quelli di noi che stavano difendendo l’insegnamento e la disciplina della Chiesa ora sono chiamati nemici del papa. E questo è paradigmatico di quello che è successo. Durante il mio sacerdozio, sono stato sempre criticato per essere troppo attento a ciò che il papa diceva. E ora mi trovo in una situazione in cui sono chiamato nemico del papa, cosa che non sono.
Io non sono cambiato. Sto ancora insegnando le stesse cose che ho sempre insegnato e non sono idee mie. Ma ora improvvisamente questo è percepito come qualcosa contrario al pontefice romano. E penso che qui ciò che è si è inserita è una visione molto politica del papato, in cui il papa è una specie di monarca assoluto che può fare quello che vuole. Non è mai stato così nella Chiesa. Il papa non è un rivoluzionario, eletto per cambiare l’insegnamento della Chiesa. E gran parte della visione secolare riguarda persone che guardano la Chiesa ma non ne capiscono la sua realtà profonda.
Douthat: Ma questa non è solo un punto di vista laico.
Burke: Oh, no. È dentro il corpo della Chiesa. Senza dubbio. L’ho sentito dai cardinali durante il Sinodo del 2014.
Douthat: Mi faccia un esempio …
Burke: Beh, uno ha detto che in fin dei conti dobbiamo renderci conto che il matrimonio è un ideale che non tutti possono raggiungere e quindi dobbiamo adattare l’insegnamento della Chiesa alle persone che non riescono a mantenere le promesse matrimoniali. Ma il matrimonio non è un “ideale”. Il matrimonio è una grazia e quando una coppia si scambia i voti, entrambi ricevono la grazia di vivere un legame fecondo e fedele per tutta la vita.
Anche la persona più debole, la persona meno formata, riceve la grazia per vivere fedelmente l’alleanza matrimoniale. Nella mia esperienza pastorale ho incontrato persone in ogni tipo di situazione e insistere sui punti fermi della questione non è facile. Ma ho scoperto che le persone, alla fine, ne sono davvero grate. Ho vissuto abbastanza a lungo da avere persino persone che mi avevano contrastato molto duramente, anni dopo mi hanno scritto dicendo che avevano finalmente capito quello che avevo fatto. Queste cose sono naturali, ma non credo proprio che la Chiesa possa servire la sua missione compromettendosi con il mondo.
Douthat: Tornando dal Santo Padre, lei ha detto che le persone l’hanno accusato di essere nemico del papa. Pensa che Francesco la consideri come suo nemico?
Burke: No, non lo penso. Non me lo ha mai detto. Non lo incontro spesso, ma negli incontri che ho avuto non mi ha mai rimproverato o accusato di avere pensieri o atteggiamenti ostili nei suoi confronti.
Douthat: Ma sicuramente l’ha retrocessa.
Burke: Sì.
Douthat: Può ripercorrere i suoi cambiamenti di ufficio?
Burke: Beh, nel dicembre del 2013 mi ha rimosso dalla congregazione dei vescovi. Poi mi ha rimosso dalla Segnatura Apostolica, per nominarmi Cardinale Patrono dell’Ordine dei Cavalieri di Malta. E poi, nel 2016, me lo ha tolto – mi ha lasciato con un titolo, ma senza la funzione.
Douthat: Quindi ora lei è un cardinale “senza portafoglio”.
Burke: Sì, è corretto. È chiaro che il papa non mi vuole in nessuna posizione di comando, che non mi vede come il tipo di persona cui voglia lasciar dare una direzione forte alle cose. Ma non ho mai avuto l’impressione che pensi che io sia suo nemico.
Douthat: Ma a partire dal Sinodo sulla Famiglia, lei è stato un critico coerente di atti specifici e di tendenze generali di questo pontificato.
Burke: sostengo che quello è il mio dovere di cardinale. Ho cercato di comunicare sempre direttamente con il papa al riguardo: non mi piace prendermi gioco delle persone, fingere di pensare una cosa mentre penso il contrario. Non mi troverete mai a criticare il papa come persona. Ma quando ho visto quelle che ho giudicato direzioni dannose nella Chiesa, quando ho visto tutta questa discussione nel Sinodo sulla Famiglia che metteva in discussione le basi dell’insegnamento della Chiesa sulla sessualità umana, ho dovuto parlare perché era mio dovere.
L’ultima risposta di papa Francesco a quella discussione fu un’esortazione papale, Amoris Laetitia , che includeva una nota a piè di pagina che sembrava, in modo ambiguo, offrire il permesso a diverse diocesi e paesi di consentire la comunione per i risposati. Per Burke, questo permesso rappresentava una deroga al dovere papale.
Douthat: Come sintetizzerebbe la sua critica su come il papa sta gestendo le discussioni che ha avviato?
Burke: Suppongo che potrebbe essere sintetizzato in questo modo: c’è una rottura dell’autorità centrale di insegnamento del pontefice romano. Il successore di San Pietro esercita un incarico essenziale di insegnamento e disciplina e papa Francesco, per molti aspetti, ha rifiutato di esercitare tale incarico. Ad esempio, la situazione in Germania: la Chiesa cattolica in Germania sta per diventare una Chiesa nazionale con pratiche che non sono in accordo con la Chiesa universale.
Douthat: Quali pratiche?
Burke: Chiedere un rito speciale per le persone dello stesso sesso che vogliono sposarsi. Permettere al coniuge non cattolico in un matrimonio misto di ricevere regolarmente la Santa Eucaristia. Queste sono questioni molto serie e in pratica sono state lasciate diffondersi senza controllo.
Douthat: Ma la decisione su quando esercitare l’autorità non è inerente all’autorità stessa del papa? Perché non è in suo potere tollerare esperimenti locali?
Burke: In realtà non ha scelta in merito se si tratta di qualcosa di contrario all’insegnamento della Chiesa. L’insegnamento è sempre stato che il papa ha la pienezza del potere necessario per difendere la fede e promuoverla. Quindi non può dire: “Questa forma di potere mi dà l’autorità di non difendere la fede e di non promuoverla”.
Douthat: Se Francesco le chiedesse di smettere di pubblicare critiche nei suoi confronti, lo farebbe?
Burke: No se pensassi che fosse una questione di verità. Se mi dicesse, stai affermando bugie, stai attaccando il ministero del romano pontefice, allora smetterei. Ma non è quello che faccio. Cerco di non dire bugie. E non ho mai attaccato il ministero.
Questa distinzione tra il ministero e l’uomo è il modo in cui Burke concilia le sue critiche con una continuativa convinzione nell’autorità e nell’infallibilità papale. Un papa può erroneamente tollerare l’eresia, ha suggerito, o promuovere errori “in un contesto molto colloquiale, conferenze stampa in aeroplano e cose del genere”, anche se lo Spirito Santo continua ad impedirgli di insegnare l’eresia in modo formale.
Questa è una visione più ristretta dell’autorità papale rispetto a quella che molti cattolici conservatori sostenevano nelle epoche di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, sebbene abbia un ragionevole pedigree storico all’interno della Chiesa. Ma ho insistito con il cardinale sul fatto che sia davvero una posizione sostenibile.
Douthat: Il problema non è solo ciò che papa Francesco potrebbe tollerare o dire casualmente a un intervistatore, giusto? Un documento come Amoris Laetitia è chiaramente un atto ufficiale. E la sua apparente autorizzazione crea una realtà in cui un osservatore ragionevole vede un insegnamento nuovo o un cambiamento. In tal caso, i cattolici conservatori non sono rimasti aggrappati ad una sorta di religione esoterica, che esiste nei documenti più antichi ma non sembra influenzare la vita attuale della Chiesa?
Burke: Beh, questa non è la mia esperienza. Viaggio molto, compresi luoghi che sono considerati molto progressisti come la Germania, la Francia. E ovunque vada, trovo un numero significativo di giovani coppie con bambini, di giovani single, di giovani sacerdoti che fanno tesoro della loro tradizione, che è considerata vecchia o rigida e pietrificata o qualunque termine si voglia usare. Ardono di passione. E non trovo i giovani interessati a questa agenda di adeguamento al mondo. I giovani hanno sperimentato il fallimento della cultura. Molti di loro hanno sofferto per il divorzio nelle loro famiglie o sono stati tormentati dal male della pornografia. E vogliono una Chiesa che insegni loro chiaramente la via della salvezza eterna, il modo di condurre una vita buona e onesta sulla terra.
Douthat: Sono d’accordo che la sottocultura cattolica che lei descrive esiste. Ma vedo anche, con l’avanzare di questo pontificato, una crescente paranoia e alienazione tra i cattolici conservatori, una tentazione verso le teorie della cospirazione che sfociano nel sedevacantismo, la convinzione che il papa non sia il papa. Sono curioso di sapere se lei si preoccupa che le critiche al papa contribuiscano a questo.
Burke: È vero che nonostante tutto il bene che fanno i social media, danno anche voce a queste posizioni estreme. E nelle mie critiche sono stato profondamente preoccupato di non mettere in discussione il rispetto per il ministero papale.
Douthat: Crede che Francesco sia un papa legittimo?
Burke: Sì, sì. Ci sono state persone che mi hanno presentato tutti i tipi di argomenti che mettono in discussione l’elezione di Papa Francesco. Ma lo nomino ogni volta che offro la Santa Messa, lo chiamo Papa Francesco, non è un discorso vuoto da parte mia. Credo che sia il papa. E provo a dirlo in modo coerente alle persone, perché lei ha ragione – secondo la mia percezione, le persone stanno diventando sempre più estreme nella loro risposta a ciò che sta accadendo nella Chiesa.
Ho anche chiesto a Burke se questo estremismo è legato al populismo di destra che sta tormentando la politica occidentale. Certamente la cerchia interna di Francesco considera le critiche conservatrici di questo pontificato come il trumpismo negli Stati Uniti, una variazione dello stesso impulso reazionario.
Il cardinale ha un po’ evitato la domanda più ampia, ma era ansioso di prendere le distanze da uno specifico esempio di populismo.
Douthat: E la sua relazione con Steve Bannon, che è stata una fonte di grande suggestione mediatica?
Burke: Ho conosciuto Steve Bannon grazie al mio coinvolgimento con il Dignitatis Humanae Institute, un’associazione fondata per aiutare i parlamentari europei a seguire le esigenze della legge morale. Alla fine, anche Bannon è stato coinvolto nel suo lavoro. Mi sono incontrato con lui in tre o quattro occasioni, per quanto ricordo, per discutere con lui dell’insegnamento cattolico. Dal mio punto di vista, erano conversazioni di un prete con un membro del laicato cattolico, che riguardavano il dovere morale di un cattolico nella vita pubblica. Quando i media hanno presentato sempre più la mia relazione come la mia cooperazione nel suo particolare programma politico, ho dovuto chiarire la questione.
L’ultima goccia è stata l’annuncio del suo piano di realizzare un film del libro di Frédéric Martel, “Sodoma”, un progetto [concernente l’omosessualità segreta nel clero cattolico] con il quale ero in completo e chiaro disaccordo. Mi è stato necessario chiarire che non ho mai fatto parte dell’organizzazione politica di Bannon. Nel mio rapporto con lui, ho cercato di adempiere alla mia missione, come sacerdote, di insegnare la fede e la morale per il bene comune.
Questa circospezione sulla politica, tuttavia, è scomparsa quando ci siamo messi a parlare del Sinodo Amazzonico. Burke si è opposto sulle considerazioni emerse sui preti sposati ma, come molti tradizionalisti, è sembrato molto preoccupato per l’atteggiamento del Sinodo nei confronti della religione indigena – a cominciare dal documento preparatorio, lo schema dell’assemblea.
Burke: Per esempio, ciò che è stato proposto nel documento di lavoro, ho detto, e credo, è un’apostasia rispetto la fede cattolica. Una negazione dell’unicità e dell’universalità dell’incarnazione redentrice dell’opera salvifica di nostro Signore Gesù.
Douthat: Intende le parti che parlano del valore spirituale delle tradizioni religiose precristiane in Amazzonia?
Burke: intendo l’idea che la grazia di Gesù è un elemento nel cosmo – ma è il cosmo, il mondo, che è la rivelazione finale. E quindi, anche andando in una regione come quella pan-amazzonica, non ci si dovrebbe preoccupare di predicare il Vangelo perché lì si riconosce già la rivelazione di Dio. Questo è un allontanamento dalla fede cristiana.
Durante il sinodo, è scoppiata una controversia su una statua lignea di una donna nuda incinta in ginocchio, utilizzata dai partecipanti indigeni in un servizio di preghiera e esposta nelle chiese di Roma. A volte è stata descritta come un’immagine della Vergine Maria, a volte come incarnazione della fertilità o della natura o della Madre Terra. Questa ambiguità ha convinto molti tradizionalisti, incluso Burke, che un culto pagano veniva clandestinamente introdotto nella Chiesa: “La statua in questione è un idolo”, mi ha detto categoricamente.
Negli ultimi giorni del sinodo, un giovane cattolico tradizionalista ha preso una delle statue da una Chiesa romana e l’ha scagliata nel fiume Tevere. Successivamente si è rivelato come un austriaco di nome Alexander Tschugguel, e su Instagram c’era una foto che lo mostrava con Burke. Quando chiesi dell’incidente, mi aspettavo che il cardinale non riconoscesse alcuna conoscenza personale del giovane.
Burke: Sebbene io conosca abbastanza bene e rispetti molto Alexander Tschugguel, soprattutto per il suo lavoro coraggioso e instancabile nel difendere l’inviolabilità della vita umana innocente e l’integrità della famiglia, non ho avuto nulla a che fare con la sua rimozione degli idoli pagani dalla Chiesa di Santa Maria in Traspontina e il suo lancio nel Tevere.
Allo stesso tempo, conoscendo la sua profonda fede cattolica, posso capire perché trovasse intollerabile che gli idoli pagani fossero esposti in una Chiesa cattolica. Mi ricorda situazioni simili ai tempi dell’Antico Testamento, ad esempio il caso dei fratelli Maccabei e il caso di tanti confessori e martiri, che non tollererebbero che la fede cattolica venga negata attraverso il culto degli idoli pagani. Avendo ascoltato la dichiarazione di Alexander riguardo alle sue azioni, posso solo esprimere il mio rispetto per lui e la mia gratitudine per la sua coraggiosa testimonianza della fede.
È stato discutendo del sinodo amazzonico che Burke ha menzionato anche lo spettro che incombe sui dibattiti dell’era di Francesco, l’idea di uno scisma nella Chiesa.
Burke: Sebbene il documento finale sia meno esplicito nell’abbraccio del panteismo, non ripudia le affermazioni nel documento di lavoro che costituiscono un’apostasia dalla fede cattolica.
Il documento di lavoro non ha valore dottrinale. E se il papa dovesse mettere il suo timbro su quel documento? La gente dice che se non lo accettassi, sarei scismatico – ma io ribadisco che non sarei scismatico io perché il documento contiene elementi che difettano della tradizione apostolica. Quindi il mio punto sarebbe che è scismatico il documento. Non io.
Douthat: Ma come può essere possibile? Sta effettivamente insinuando che il papa guiderebbe uno scisma.
Burke: Sì.
Douthat: Non è questa una contraddizione profonda di come i cattolici pensano all’ufficio del papato?
Burke: Certo. Esattamente. È una contraddizione totale. E prego che ciò non accada. E ad essere sincero, non so come affronterei una situazione del genere. A quanto so, non esiste alcun meccanismo nella legge universale della Chiesa per affrontare una situazione del genere.
Un meccanismo al di fuori di quella legge sarebbe il tipo di scisma aperto che i critici di Burke lo accusano di fomentare. Gli ho chiesto se fosse immaginabile.
Douthat: Riesce a immaginare una situazione che giustifichi l’equivalente di ciò che fece l’arcivescovo Marcel Lefebvre negli anni ’70, quando come leader di una comunità di cattolici tradizionalisti consacrò i suoi stessi vescovi sfidando Roma?
Burke: Uno scisma non può mai essere la volontà di Cristo. Cristo non potrà mai volere una divisione nel suo corpo. La gente viene da me e dice: guardi, cardinale, è il momento, dobbiamo fare uno scisma. E io dico di no, non è possibile. Nostro Signore non può volerlo, e io non farò parte di alcuno scisma.
Douthat: Tutto ciò influisce sulla sua fede?
Burke: No, mi fido di nostro Signore. Ha detto, sono sempre con voi fino alla fine dei tempi. E quindi non mette alla prova la mia fede. Mi preoccupa la mia saggezza e il mio coraggio di saper affrontare una situazione del genere. E nel bene o nel male, sono un cardinale della Chiesa, con una grande responsabilità.
Douthat: Ma la maggioranza dei cardinali per le prossime elezioni papali ora è stata nominata dallo stesso Papa Francesco. E per chiunque guardi questi dibattiti dall’esterno, da una prospettiva laica, sembra una storia familiare: ci sono progresso, resistenza, la resistenza viene superata, l’istituzione va avanti. Così i personaggi come lei, non necessariamente come terrificanti inquisitori, ma come ben intenzionati uomini anziani che hanno perso il contatto con l’inevitabile futuro.
Burke: Se la Chiesa cattolica fosse semplicemente un’istituzione politica, penso che la sua descrizione sarebbe abbastanza accurata: che ci sono dei conservatori che resistono a un cambiamento, ma la maggioranza è favorevole e va avanti. Ma la Chiesa è sempre governata dalla tradizione vivente, che è una questione di grazia, di grazia divina nella Chiesa. Quindi confido che in qualche modo il Signore porterà tutto questo ad una buona conclusione. Ma penso che ci sarà molta sofferenza da sopportare in futuro.
Da parte mia, volevo semplicemente poter dire, con San Paolo, che ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. E non mi importa se la gente dice, beh, è solo un vecchio che ha perso contatto con il mondo ed è triste, ha creato questo trambusto, ora è finito e andiamo avanti.
So che devo rendere conto a nostro Signore e vorrei potergli dire che anche se avessi commesso degli errori, ho cercato di difenderlo, di servirlo. Sembra un commento pio, ma è ciò che mi spinge davvero – tutto qui.
Di Annarosa Rossetto
https://www.sabinopaciolla.com/card-burke-so-che-devo-rendere-conto-a-nostro-signore-e-vorrei-potergli-dire-che-anche-se-avessi-commesso-degli-errori-avevo-cercato-di-difenderlo-di-servirlo/
Sì, si e NO, no analisi chiara alle parole del cardinale Sarah
Amici, sappiamo tutti della grave confusione interna alla Chiesa. Sabato 9 ottobre, il cardinale Sarah ha fatto un ottimo e doloroso intervento su questa crisi e la resistenza per uscirne fuori - vedi qui il testo ed altro https://cooperatores-veritatis.org/20... - Ebbene, SENZA RISPARMIARE a Sarah le nostre domande legittime ad un certo suo comportamento anomalo, entriamo però anche con lucidità nel vivo delle sue raccomandazioni pastorali, che dobbiamo condividere....
Enzina Pasquali
https://www.youtube.com/watch?v=_2jnW75EN5s
Sì, si e NO, no analisi chiara alle parole del cardinale Sarah
Amici, sappiamo tutti della grave confusione interna alla Chiesa. Sabato 9 ottobre, il cardinale Sarah ha fatto un ottimo e doloroso intervento su questa crisi e la resistenza per uscirne fuori - vedi qui il testo ed altro https://cooperatores-veritatis.org/20... - Ebbene, SENZA RISPARMIARE a Sarah le nostre domande legittime ad un certo suo comportamento anomalo, entriamo però anche con lucidità nel vivo delle sue raccomandazioni pastorali, che dobbiamo condividere....
Enzina Pasquali
Quali sono le “intenzioni del sommo pontefice”?
Cari amici di Duc in altum, giorni fa, rispondendo alle sollecitazioni di alcuni lettori, monsignor Nicola Bux ha scritto un sintetico pro memoria su che cosa significa pregare secondo le intenzioni del sommo pontefice. In seguito gli è stato chiesto di entrare più nel dettaglio, cosa che monsignor Bux ha fatto volentieri. Buona lettura.
A.M.V.
***
La precisazione è relativa al culto delle indulgenze, materia di fede cattolica che attiene alla salvezza eterna delle anime, per le quali Pietro e i suoi successori hanno una responsabilità fondamentale, avendo il “potere delle chiavi”, appunto di salvare o meno le anime, aprendo o chiudendo le porte del Cielo.
Per ottenere le indulgenze, tra le condizioni v’è quella di pregare “secondo le intenzioni del sommo pontefice”, che, per la materia in questione, non sono desideri opinabili del papa ma fini fondamentali, oggettivi della Chiesa, che qui ripropongo:
1. l’esaltazione della Chiesa cattolica: perché il Signore l’ha fondata e l’ha posta quale segno e strumento di salvezza per il mondo, come ha riaffermato, in Lumen gentium, il concilio ecumenico Vaticano II e come si professa nel Credo.
- la propagazione della fede: perché il Signore ha comandato agli apostoli e ai loro successori di insegnare il vangelo e di fare discepole tutte le nazioni:
- l’eliminazione dell’eresia: perché il Signore ha chiesto ai suoi discepoli e a quanti avrebbero creduto in lui di seguire la verità tutta intera e non di scegliere parti di essa, assolutizzandole e facendole impazzire. Quelle “verità” che i fratelli separati dicono di aver conservato, già si trovano nella verità cattolica.
- la conversione dei peccatori: perché il Signore è venuto a salvare tutte le anime mediante la sua parola divina e l’istituzione dei sacramenti.
- la vera concordia tra le nazioni: perché il Signore ha fatto cadere con la sua croce il muro di inimicizia che si frappone tra esse. Si ricorda che i papi hanno ritenuto tutti i popoli, specie quelli cristianizzati, loro figli e, specie in caso di guerra, non hanno parteggiato, tanto meno affermato di ritenersi onorati se qualcuno di essi li avesse criticati.
Queste sono le principali “intenzioni del papa” secondo la tradizione apostolica, il magistero perenne della Chiesa e i teologi e autori più autorevoli. Non ci si riferisce, quindi, a quelle soggettive, personali, che non siamo tenuti a conoscere, e nemmeno a quelle particolari che il papa affida a una associazione, per esempio, all’Apostolato della preghiera.
È vero che l’Enchiridion delle indulgenze, aggiornato da Paolo VI nel 1967, non le esplicita, a differenza di quello del 1955, ma ciò che non è esplicito si ritiene implicito, ciò che non è stato proibito rimane valido, oltre per il fatto che ciò che era sacro rimane tale, nella continuità dell’unico soggetto Chiesa. Anche nelle rubriche della Messa ciò che non è esplicitamente abolito resta in vigore.
Per il papa vale quanto è previsto per chiunque debba battezzare in caso di pericolo: deve farlo secondo l’intenzione della Chiesa (anche se non la conoscesse nei particolari, dato che anche un non credente può compiere tale atto); lo stesso è previsto per chi amministra gli altri sacramenti, in specie il sacerdote che celebra la Messa, che deve farlo usando la materia e la forma previste (pane e vino e parole dette da Gesù quando ha istituito l’eucaristia), nonché appunto l’intenzione della Chiesa.
Insomma, il cattolico deve pregare secondo le intenzioni che oggettivamente deve avere un papa per essere tale e, nel caso in cui si dubita che sia vero papa o faccia il papa, pregherà affinché si converta. Gesù, prevedendo le tentazioni a cui satana avrebbe sottoposto Pietro, ha aggiunto: “Ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno: e tu, quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli”(Lc 22,33).
Se il papa ricusasse le intenzioni che oggettivamente deve avere – cosa non facile da sapere, nemmeno per deduzione da suoi interventi o atti, perché non è facile fare il processo alle intenzioni – la responsabilità ricadrebbe su di lui.
Nel Canone Romano si prega in unione con il papa, il vescovo e “con tutti quelli che custodiscono la fede cattolica trasmessa dagli apostoli”. Questa formula esprime bene in che senso noi siamo in comunione col papa pro tempore, che il Signore ha donato, permesso o inflitto alla Chiesa, come dice san Vincenzo di Lerins. Non siamo infatti noi che scegliamo il papa, ma è Dio che lo dona, lo permette o lo infligge. I santi lo avevano chiaro, non si preoccupavano molto di chi fosse fisicamente il papa, e talvolta nemmeno lo sapevano. Nel Quattrocento, al tempo del grande scisma, san Vincenzo Ferrer e santa Caterina da Siena, senza saperlo, parteggiavano chi per quello che riteneva papa e chi per quello che, in seguito, si scoprì essere l’antipapa. Dunque, il fedele cattolico deve pregare per il papa, indipendentemente dalla persona fisica, che abbia rivestito o al contrario usurpato l’incarico.
Ubi Petrus ibi Ecclesia, dicevano sant’Ambrogio e altri santi padri; ossia dove è Pietro (e il suo successore) lì è la Chiesa. Ciò vale quando il papa si comporta come papa e capo della Chiesa; nel caso contrario, né la Chiesa è in lui, né lui nella Chiesa. Ma questo non lo può decidere nessuno, in quanto non esiste uno superiore al papa; però, se alcuni cardinali e vescovi sollevassero dubbi e producessero prove sulla legittimità o sulla condotta del papa, i fedeli con prudenza prenderanno le distanze, ovvero sospenderanno prudenzialmente l’assenso, la convivenza, correggeranno e resisteranno in faccia, come fece Paolo con Pietro.
Dunque il cattolico sa che deve pregare secondo le intenzioni oggettive del sommo pontefice – si usa questa espressione, sommo pontefice, perché esprime la funzione oggettiva di Gesù Cristo, ponte tra Dio e l’uomo – specialmente per ottenere le indulgenze, che, in quanto materia da amministrare con oggettività, richiedono atti e intenzioni altrettanto oggettive, nei fedeli e nei pastori.
Nicola Bux
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