ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 11 novembre 2019

Si ritirerà in un convento per riflettere ?

Condannato il prete anti Salvini: "Multa e danni per gli insulti"

Per i pesanti insulti rivolti al leader del Carroccio, l'ex parroco di Monte a Rovagnate dovrà versare 7.500 euro di ammenda, oltre ai 7mila da corrispondere quale risarcimento

Il processo nei suoi confronti fu rinviato durante la seduta del 23 settembre scorso, ma oggi, 11 novembre, il giudice monocratico del tribunale di Lecco Nora Lisa Passoni si è pronunciata, condannandolo.
L'ex parroco di Monte a Rovagnate (Lecco) don Giorgio De Capitani dovrà dunque pagare 7.500 euro, oltre ad ulteriori 7mila come risarcimento del danno di diffamazione ai danni di Matteo Salvini.

I fatti contestati, e per i quali il religioso era stato querelato dal leader del Carroccio, risalgono al 2015. Per la precisione ad un periodo compreso tra i mesi di marzo ed ottobre, con specifico riferimento al contenuto di post dal contenuto offensivo e diffamatorio diffusi da don Giorgio sia sul suo blog personale che tramite social network.
Il pm Paolo Del Grosso, che aveva richiesto una condanna al risarcimento pari a 10mila euro, ha parlato di "attività diffamatoria reiterata nel tempo", come riportato da "Lecco Notizie". Il magistrato ha interpretato gli insulti e l'invettiva come strumento di attacco a un'ideologia politica. "Parte dal dissenso politico, un valore in sé da tutelare nella nostra democrazia. Ma la critica deve avvenire nei modi e nei termini previsti dalla legge, senza insulti e offese", conclude Del Grosso.
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Una tesi che non ha invece convinto il legale del Carroccio Claudia Eccher, secondo la quale si tratta di un attacco mirato, pesante, ossessivo e reiterato."Sono offese ad personam. Non si critica un’ideologia ma si punta il dito contro Salvini e contro i leghisti, volgarizzandoli, senza giustificazione o riferimenti a fatti o atti politici specifici", ricorda l'avvocato. Neppure durante il procedimento a suo carico, poi, il religioso si era fermato. "Una produzione ossessiva quella di Don Giorgio e mai ritrattata, rifiutando ogni offerta di composizione bonaria, senza un ravvedimento nei toni, anzi, il prelato ha continuato a pubblicare post offensivi anche durante le fasi di questo processo", fa notare il legale.
Non solo, dinanzi alla proposta di ritirare la denuncia in cambio di scuse ed una cifra da donare ai bisognosi, don Giorgio aveva risposto con un'ulteriore provocazione."Si è fatto bello dicendo che lui sarebbe pronto a ritirare la querela purché io chieda scusa e sborsi una certa cifra per i bisognosi. Mi ritirerò in un convento per riflettere sulla proposta, e dopo un anno di meditazione silenziosa darò la risposta. L'offerta ho già scelto a chi darla: ai primi profughi clandestini che arriveranno in Italia", aveva detto a settembre.
"Idiozia, pezzo di m***a, morto di fame, la m***a richiama m***a, Salvini è uno schizzo salito un po' più in alto, pluri-assenteista di m***a” , ricorda la Eccher. Per espressioni come queste, oltre che per l'augurio della morte a Salvini, il religioso dovrà ora pagare quasi 15mila euro.

I cattolici impegnati sono diminuiti e votano di più la Lega. Alto gradimento anche per Salvini

É la sintesi di un intervento del presidente di Ipsos, Nando Pagnoncelli. Il sondaggista sottolinea che in 15 mesi la Lega, da quarto partito nel 2018, è diventato il primo come preferenze tra i credenti, precedendo Pd, M5S e Forza Italia


I cattolici impegnati sono diminuiti ma sono molto vicini alla Lega in termini di voto e anche Matteo Salvini ha un alto gradimento tra i credenti di questa religione.
É la sintesi di un intervento del presidente di Ipsos, Nando Pagnoncelli, che uscirà il 14 novembre sulla rivista Vita e Pensiero, periodico dell'Università cattolica del Sacro Cuore.
Pagnoncelli spiega che oggi i cattolici impegnati sono il 9% della popolazione e sono calati di circa due punti percentuali nell’ultimo decennio. Stessa cosa per i cattolici assidui che attualmente sono il 14% mentre nel 2009 erano il 21% degli italiani adulti. In diminuzione anche quelli saltuari, cioè i cattolici che non frequentano con regolarità le funzioni religiose. In questo caso sono passati dal 39% di dieci anni fa al 34% attuale. Stabili invece al 12% i non praticanti, mentre sono quasi raddoppiati i non credenti, passando dal 14% di dieci anni fa al 27% di oggi.
Il presidente di Ipsos sottolinea che alle ultime elezioni Europee la Lega è stato il partito più votato tra i cattolici, sia tra i praticanti assidui (32,7%) sia tra coloro che hanno una frequenza alla messa più saltuaria (38,4%) o occasionale (35,4%). Basti pensare che “nel breve volgere di 15 mesi - evidenzia Pagnoncelli - dalle politiche alle europee, tra i credenti, indipendentemente dalla frequenza alla messa, la Lega da quarto partito nel 2018 (dopo Movimento 5 Stelle, Partito democratico e Forza Italia) è diventato il primo partito, precedendo Pd, M5S e Forza Italia”. Il sondaggista ricorda che il Pd ha ottenuto il miglior risultato tra i praticanti assidui (26,9%), mentre i grillini hanno avuto il consenso più alto tra i non credenti (18,9%). Sommando i voti delle due coalizioni, il centrodestra (Lega, Fi e Fratelli d’Italia) supera il centrosinistra nelle preferenze dei credenti ed è al 48,2% tra i praticanti assidui e addirittura oltre il 50% tra quelli saltuari (55,9%) e gli occasionali (53,2%).
Per quanto riguarda i leader politici, Salvini ha mantenuto alto il gradimento sia tra i cattolici assidui con il 51%, sia tra quelli saltuari con il 48%. Pagnoncelli sottolinea che l’elevato apprezzamento per il numero uno della Lega deriva sia dalle posizioni nette e decise su immigrazione e sicurezza ma anche dal suo linguaggio semplificato e dall’uso di frasi e immagini rassicuranti, che hanno controbilanciato espressioni talvolta dure e aggressive.
Il presidente di Ipsos precisa che “la lettura di queste dinamiche induce a sottolineare un paio di elementi. Il primo è la conferma che non esiste una vera specificità cattolica nell'approccio alla politica e nelle scelte di voto. Il secondo tema - prosegue - riguarda la relazione tra la Chiesa e le opinioni dei cattolici. Come abbiamo visto in diversi casi le opinioni non sono allineate, anche nei segmenti più attenti al magistero della Chiesa”.
Andrea Pegoraro 
Il giornalismo di regime, come è noto, soffre della grave malattia che, oltre ad altri malanni, induce a vedere e a far vedere la realtà in modo capovolto. Una malattia che non ammette cure palliative e pare ormai incurabile. Anche quando la gran parte dei lettori vittime dell’inganno vengono svegliati dalla evidenza delle cose e non credono più a quello che leggono, gli illusionisti della penna di regime non cedono ai ripensamenti e neppure ai sensi di colpa e continuano a raccontare tranquillamente la stessa favola secondo copione, senza pentimenti.
Un caso emblematico, ma anche particolarissimo, è quello di Giuliano Ferrara, che dopo aver inalberato a lungo la bandiera del pensiero non allineato, oggi è ferocemente asserragliato nella fortezza dell’impero militare e finanziario, intento a sventare i tentativi di fuga dei prigionieri, cioè di noi che vi siamo rinchiusi.
Personalità complessa e contraddittoria, che le circostanze e la fantasia hanno portato di volta in volta dall’albergo sovietico in cui è cresciuto alle Frattocchie, dalla Cia a casa Berlusconi, fino ai dintorni del Quirinale passando per il Nazzareno. Uno che dopo essere stato affascinato dalle raffinate modulazioni del pensiero ratzingeriano si è trovato subito a proprio agio con la grossolana blasfemia del successore, passando così dai principi non negoziabili a quelli fai da te. Che ha potuto inventarsi un partito antiabortista ma sul presupposto che in ogni caso vada rispettata la volontà abortiva delle donne, che ci ha fatto portare in piazza Duomo l’acqua per Eluana Englaro condannata a morte dai giudici della Repubblica pur continuando a celebrare l’apoteosi in vita di Pannella e Bonino.
Quando poi è arrivato dal cielo lo sfregio all’amata Manhattan, si è incarnato in Bush figlio, ha ripetuto con lui che il male andava sradicato in medioriente da dove veniva e dove si ammassavano in un furgone color panna le armi di distruzione di massa, pronte per essere utilizzate contro la popolazione civile a destra e a manca. Così gli è andato bene tutto, perché tutto era a fine democratico e di pace eterna. Iraq, primavere arabe spontanee come i bonsai, la c.d rivoluzione ucraina. Tanto per non perdere un colpo. Certo con qualche riflessione filosofica sulla esportabilità della democrazia per non sembrare a corto di pensiero e sfoggiare quel dubbio metodico che è gioiello sofisticato indispensabile nel guardaroba intellettuale di chiunque voglia tenersi discosto dal volgo profano.
Poi però il giornale di élite e destinato alle élites ha dovuto fare i conti con le centinaia di migliaia di morti ammazzati dagli importatori di democrazia. Con l’incendio dei pozzi petroliferi. Con l’impiccagione di Saddam all’uso del far west: il sensale si attacca la stella di sceriffo, stringe il cappio e sprona via il cavallo da sotto il prigioniero. Quello che si dice il valore della tradizione. Ha dovuto fare i conti con la distruzione di una storia e di una sovranità.
Ma una personalità complessa, geniale e passionale, le cui contorsioni si riflettono spesso in un periodare sconnesso, ateo morso dal genio del cristianesimo, non poteva non affrontare il problema della responsabilità e quello contiguo della colpa. Del senso di colpa di chi è stato moralmente vicino al carnefice e ha spiegato a tutti che uomo di buon cuore fosse costui, ma non vuole ammettere di avere preso lucciole per lanterne.
Di qui un curioso articolo comparso in prima pagina sul “Foglio” di sabato scorso che la dice lunga su come si possa capovolgere la realtà per accordarla meglio con la propria coscienza, per non dover mortificare un ego ingombrante e qualunque puntiglioso pregiudizio politico di aver creduto ad una realtà vergognosamente falsificata e di continuare a volerla credere tale, come il famoso marito cornuto.
Non è per mero interesse psicoanalitico che vale la pena di leggere quell’articolo. Va letto perché spiega bene come possa accadere che, di fronte ai soprusi inauditi perpetrati sulle moltitudini, queste oggi stentino a ribellarsi in modo efficace, e possano essere tenute in scacco dal potere di pochi, anche solo in virtù della propria acquiescenza. Una acquiescenza che la penna di certi cantori di regime sono in grado di indurre ogni giorno con discorsi più scervellati che scellerati.
Ecco dunque che Ferrara ammette di soffrire, e molto, perché moltitudini di povericristi partiti a piedi dall’Africa subsahariana con mogli e figli piccoli, invece di trovare lo stato ben ordinato che avevano immaginato, trovano l’inferno tribale scatenato dalle follie colonialiste europee con il riluttante appoggio obamiano. E non dice che quelle traversate non potrebbero mai avvenire se non fossero pianificate organizzate e finanziate da altri interessati. Soffre perché paghiamo il despota turco per deportare come gli conviene i profughi siriani, ma non si ricorda da dove vengono i profughi siriani.
Soffre per i tagliagole jihadisti disumanizzati in spaventosi campi curdi, ma si scorda di dire che quei poveri tagliagole sono stati reclutati, organizzati e pagati da altrettanti figuri in giacca e cravatta o in palandrana islamica per creare il caos in cui sguazzare, e che alcune migliaia di essi sono stati rimessi in arnese e già spediti in Albania dove si scaldano in attesa di nuovi ordini superiori.
Ma soprattutto, e qui viene il bello, trova disgustoso e immorale che ci si accordi con gli “assadisti” dopo una lunga guerra di sterminio e assedio del popolo e della nazione siriana. E a questo punto ci si deve chiedere a chi ascriva Ferrara la guerra di sterminio e di assedio del popolo e della nazione siriana. Per caso proprio a quelli che chiama con evidente disprezzo “assadisti” ovvero seguaci di Assad? Così suggerirebbe la sua sintassi.
Ma non basta ancora, perché saltando di palo in frasca, senza vedere il fosso, vola agli annegamenti, “uno ogni due fermati”, dovuti alla linea continua che unisce Minniti a Salvini oltre “lo squallore dell’esibizionismo nazipop” (sic!). Ora, dice, per fortuna c’è un altro governo al quale tanti benpensanti possono chiedere democraticamente conto del modus procedendi, perché discutere è sempre fecondo, come lo fu ai tempi dell’11 settembre, e delle successive guerre americane e, pensa a… Guantanamo, “come un miraggio di equilibrio giuridico, politico e militare…” (!).
Ed ecco finalmente il nocciolo ideale di questo farneticare a ruota libera: “quella stagione di guerra occidentale ebbe un senso dichiarato, si voleva rifare la mappa del medio oriente in nome di una idea regolatrice di libertà”, anche se poi “il pacifismo occidentale rovinò il progetto”. Accidenti! Dunque ci siamo. C’era di mezzo il grandioso, alto ideale di volere rifare una parte del pianeta secondo un altrettanto elevato ideale. Peccato che sia sfumato dopo tanto spreco di bombe. L’orso russo deve avere rovinato la festa e spento quelle grandi speranze. Questa però ce la risparmia.
Alla fine dopo essersi immedesimato in una coscienza collettiva già globalizzata di cui sembra farsi portavoce, gli rimangono due certezze: 1) Non si sente in colpa perché, alla fine, lager, usurpazioni territoriali, ammazzamenti e naufragi fanno parte di un atroce destino storico. Hic sunt leones, qui voleva andare a parare. Il misterium iniquitatis in fondo può anche essere un buon modo per risolvere il problema delle cattive coscienze. 2) Sente invece, appunto in quanto membro e rappresentante della comunità internazionale, la responsabilità politica di detta comunità che non ha saputo governare l’inferno.
Allora bisognerebbe spiegargli che la colpa c’è ed è anzitutto quella di continuare a nascondere la colpa, incommensurabile, di chi si è sentito tanto forte da poter potere schiacciare l’aggredito, attraverso i milioni di morti, nella furia di volersi appropriare della roba d’altri, e in un delirio di onnipotenza quasi più demenziale che diabolico. Purtroppo le farneticazioni di un soggetto confuso e contraddittorio diventano il non pensiero di onesti e disarmati lettori che affidano ad altri la fatica di pensare a posto loro, e si liberano anche della possibilità di ricredersi.
Sotto il pezzo di Ferrara, il Foglio ha esibito anche una invettiva del meno immaginifico direttore sulla sedicente lotta, sempre rinverdita in mancanza di meglio, dal pensoso governo presidenziale all’antisemitismo che, esalato dal sostrato nazipop, pare stazioni in permanenza come una nube tossica sulle immacolate coscienze democratiche e quirinalizie.
Il direttore del “Foglio” è anche lui troppo immacolato per essere sfiorato non solo dal dubbio metodico, ma neppure da quello più terra terra che una certa signora di veneranda età possa essere stata assunta quale scudo umano per poter sparare liberamente sugli ultimi lacerti della libertà di pensiero. Mentre si avvia la costruzione di nuovi lager in cui chiudere appunto le orde ancora a piede libero dei famigerati nazipop.
Insomma c’è veramente da preoccuparsi, ma per ragioni che il direttore del “Foglio”, troppo emotivamente e moralmente impegnato, non può cogliere. Infatti quando la scemenza si organizza, e prende in mano il potere, e produce norme, allora diventa molto pericolosa. Basta elencare tutte le più recenti conquiste di civiltà, quelle che essa ha prodotto specie in quest’ultimo decennio, volte a garantire la involuzione della specie sui ben noti modelli parlamentari più progrediti, con il concorso esterno della ex chiesa cattolica.
Insomma bastava avere la pazienza e lo stomaco di leggere quella prima pagina del “Foglio” di sabato per capire come da un lato ci si possa concedere ancora il lusso di imbrogliare la gente, coprendo la realtà e il senso di colpa con la carta velina dei propri miraggi. E dall’altro, come un potere ottuso, incapace di elaborare nulla di sensato, tenti di tenersi in piedi brandendo la maschera tragicomica dei falsi principi, ma trovando anche il sostegno di chi è sempre disposto a smerciare in prima pagina l’aria fritta già cucinata nel retrobottega governativo.
Ma forse, di fronte al disincanto ormai diffuso, questa stampa cieca, sorda e pur sempre libera da sensi di colpa, si avvia a diventare più inutile che dannosa.
Patrizia Fermani Novembre 11, 2019


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