ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 16 novembre 2019

Reductio ad Bergoleum

LA MEMORIA SELETTIVA DI PAPA BERGOGLIO, E LA REDUCTIO AD HITLERUM

Abbiamo sotto gli occhi (li trovate in calce) riportate da Vatican News e da Il Giornale le parole che il Pontefice regnante ha pronunciato ieri parlando in udienza a una platea di penalisti.
Eccole: “Non è un caso che a volte ricompaiano emblemi e azioni tipiche del nazismo. Io vi confesso che quando sento qualche discorso, qualche responsabile dell’ordine o del governo, mi vengono in mente i discorsi di Hitler nel ’34 e nel ’36”.

Così anche il Pontefice si è allineato alla narrazione e alla propaganda dei partiti di sinistra in Italia (e altrove) che vedono nelle formazioni politiche non globaliste, non mondialiste, attente ai valori della sovranità nazionale delle forme di possibile ritorno al nazismo. Non c’è da stupirsene, considerando chi sono i suoi consiglieri in questo campo (Spadaro sj, i vescovi e cardinali in quota PD, come Zuppi di Bologna e compagnia marciante); e le sue letture quotidiane (Repubblica!).
Ma quello che sbalordisce invece, venendo da un gesuita, cioè da un élite di Chiesa in cui il discernimento dovrebbe regnare principe, è che la propaganda sui timori (irreali, e diffamatori, e interessati) futuri cancelli la visione della realtà.
Più che i discorsi di Hitler del ’34 e ’36 Sua Santità dovrebbe essere preoccupata dalle azione Staliniste (non le ricordano nulla, queste?) della Cina comunista, dove l’accordo improvvidamente firmato dalla Chiesa con un regime dittatoriale costituisce l’ombrello per una repressione religiosa più intensa di prima, per non parlare dei Laogai e delle limitazioni della libertà. Dovrebbe essere preoccupata dal fatto che i manifestanti di sinistra cileni (non quelli nazisti…) diano fuoco alle chiese. Dovrebbe forse essere preoccupato dal fatto che in Nicaragua il regime neo-sandinista, di sinistra, di Daniel Ortega impedisce che un sacerdote celebri, in chiesa, messa per i familiari degli oppositori politici in prigione.
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No, di questo non c’è memoria perché sono di sinistra, e allora il Pontefice tace. E del Venezuela, non c’è memoria? Va tutto bene lì, non ci sono preoccupazioni?
E poi ci si stupisce se la gente, i cattolici comuni, ma pensanti, disertano le udienze generali e gli Angelus. E smettono di dare l’8 per mille alla Chiesa. Qui, negli Usa e in Germania.

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“Quando sento qualche discorso, qualche responsabile dell’ordine o del governo, mi vengono in mente i discorsi di Adolf Hitler nel 1934 e nel 1936”.
Ricevendo i partecipanti al XX congresso mondiale dell’Associazione internazionale di diritto penale, come riporta il sito online Vatican News, papa Francesco torna a denunciare la “cultura dell’odio”, che a suo avviso sta rapidamente degenerando nel riemergere di episodi e azioni “tipiche del nazismo”, e il “sentimento di antipolitica” di cui “beneficiano coloro che aspirano a esercitare un potere autoritario”.
Il nazismo di ritorno
Non è certo la prima volta che Bergoglio alza i toni per criticare con asprezza i leader politici che guidano le sorti del mondo. In più di un’occasione si è, infatti, espresso contro le formazioni nazionaliste che stanno prendendo il sopravvento in molti Paesi. Quest’estate, per esempio, aveva accusato apertamente i partiti sovranisti accusandoli di “portare alle guerre” e invitando gli altri partito a “salvare l’Unione europea”. “I populismi ci portano a sovranismi – aveva detto in una intervista alla Stampa – quel suffisso, ‘ismi’, non fa mai bene”. Il perno del suo pensiero ruota soprattutto intorno all’accoglienza degli immigrati. “Le porte vanno aperte, non chiuse”, aveva poi incalzato invitando “chi amministra” un Paese a “ragionare su quanti migranti si possono accogliere”. Oggi è tornato sull’argomento chiedendo all’Associazione internazionale di diritto penale di vigilare contro le nuove “persecuzioni degli ebrei, degli zingari e delle persone di orientamento omosessuale”. Come aveva già denunciato in passato, è tornato a ripetere che “la cultura dello scarto, combinata con altri fenomeni psico-sociali diffusi nelle società del benessere, sta manifestando la grave tendenza a degenerare in cultura dell’odio”. In questo momento storico, a detta del Santo Padre, si riscontrano “episodi purtroppo non isolati” nei quali “trovano sfogo i disagi sociali sia dei giovani sia degli adulti”. “Non è un caso che a volte ricompaiano emblemi e azioni tipiche del nazismo, che, con le sue persecuzioni contro gli ebrei, gli zingari, le persone di orientamento omossessuale, rappresenta il modello negativo per eccellenza di cultura dello scarto e dell’odio”. Da qui, appunto, l’appello a vigilare, “sia nell’ambito civile sia in quello ecclesiale”, per “evitare ogni possibile compromesso con queste degenerazioni”.
La legittima difesa
Nel suo intervento al congresso dell’Associazione internazionale di diritto penale, papa Francesco ha affrontato anche il tema della legittima difesa facendo leva soprattutto sui casi di abuso che starebbero portando, a suo dire, a una demagogia punitiva che accompagna pregiudizi razzisti. “In diversi Paesi – ha spiegato il Pontefice – sono state attuate riforme dell’istituto della legittima difesa e si è preteso di giustificare crimini commessi da agenti delle forze di sicurezza come forme legittime del compimento del dovere”. Secondo Bergoglio è, dunque, importante che “la comunità giuridica difenda i criteri tradizionali per evitare che la demagogia punitiva degeneri in incentivo alla violenza o in sproporzionato uso della forza”. Queste, per il Santo Padre, sono “condotte inammissibili” in uno Stato di diritto e, più in generale, “accompagnano i pregiudizi razzisti e il disprezzo verso le fasce sociali di emarginazione”.
Marco Tosatti
16 Novembre 2019 Pubblicato da  15 Commenti --

https://www.marcotosatti.com/2019/11/16/la-memoria-selettiva-di-papa-bergoglio-e-la-reductio-ad-hitlerum/

EMILIA-ROMAGNA. SPALLONE: CATTOLICI, MANDATE A CASA IL GOVERNO PIÙ ANTICRISTIANO DELLA STORIA RECENTE.


Carissimi Stilumcuriali, il dott. Giorgio Spallone ci ha inviato una sua riflessione sulle prossime elezioni regionali in Emilia Romagna. Come sapete il dott. Spallone vive e opera a Bologna; per cui ha il polso effettivo della realtà della città, e della regione. Ma la sua riflessione spazia ben oltre….Buona lettura.

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Il voto e i cattolici.
Il 26 Gennaio 2020, in Emilia Romagna si voterà per le elezioni politiche.
No, nessun lapsus: quelle per il rinnovo del Consiglio Regionale e la scelta del Governatore sono, esattamente, elezioni politiche.
Infatti, ad onta dei fragili tentativi di chi teme di perderla, la valenza politica di questa consultazione sopravanza di gran lunga il carattere locale, già di per sé di grande importanza.
Ciò, per la sufficiente ragione data dall’inevitabile caduta dal governo nazionale in caso di prevalenza della candidata del centrodestra, sul governatore uscente, candidato della sinistra.
Altro motivo, non meno rilevante, è il mandato di rappresentanza – tanto tacito, quanto pieno ed ineludibile – che gli emiliano-romagnoli hanno ricevuto dagli elettori di altre regioni ai quali, invece, dopo la caduta del precedente governo, è stata preclusa la possibilità di votare.
Di questa realtà, oltre al mondo politico nazionale, sono perfettamente consapevoli le gerarchie ecclesiastico-politiche, in servizio permanente effettivo, che da tempo si agitano nel timore che dopo 50 anni in questa Regione possa verificarsi, ciò che consiglia la regola fondante di ogni democrazia, una salutare alternanza.
Esempio di questo agitarsi è l’attivismo del Cardinale del capoluogo di questa Regione, la cui agenda è fitta di impegni per presentazioni libri, dibattiti di natura politica, interviste televisive in prima serata; insomma, tutto quello che un buon politico deve fare per sostenere le proprie idee politiche e la propria parte politica attualmente al governo regionale e nazionale.
Ora, gli ultimi sondaggi riguardanti l’Emilia-Romagna dicono di un sostanziale equilibrio tra i due schieramenti.
Dicono però, anche, dell’esistenza di circa un 40% fra indecisi ed astenuti.
Questa fascia di elettorato, che verosimilmente sarà decisiva per l’esito della consultazione, con tutte le ricadute sul governo nazionale, è composta, in larga misura, da cattolici, non meno di altri, delusi e rassegnati alla sostanziale irrilevanza della propria voce che, anche quando espressa in termini inequivocabili, quasi mai trova un riflesso concreto nelle scelte di chi governa.
Leggiamo anche, pur se non nella stampa a maggior diffusione, dello scollamento fra le indicazioni di voto o, rectius, di non voto, delle gerarchie ecclesiastiche e quelle che, invece, sono le scelte politiche dell’elettorato cattolico, che vede una divaricazione vicina ai 180°.
Orbene, i cattolici emiliano-romagnoli, in particolare quelli che nelle ultime consultazioni si sono astenuti, hanno ora un’occasione straordinaria per ritornare determinanti, sia per l’esito del voto regionale, sia per mandare a casa il governo più anti-cristiano che la Repubblica Italiana abbia potuto annoverare nella sua storia.
Mandare a casa un governo sostenuto da forze che fanno della propria identità politica la negazione di quei principi non negoziabili, ormai anche da molti Pastori derubricati a reperti di storia della Chiesa Cattolica, quando invece presenti a chiare lettere nel suo Catechismo e poderosamente richiamati in Veritatis Splendor: tutela della vita dal suo concepimento sino al termine naturale, tutela della famiglia naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, libertà educativa della famiglia, difesa della fede e tradizione cristiana.
Mandare a casa, ad esempio, un Ministro della Pubblica Istruzione che vorrebbe sostituire il Crocifisso, nelle aule, con una carta geografica del mondo.
Mandare a casa un Ministro per la Famiglia, la cui idea di famiglie non ha nulla a che vedere con il modello inscritto nel diritto naturale.
Insomma, un’occasione straordinaria per far sentire la propria voce di cristiani, come più volte invitati dai Vescovi, però secondo scienza, coscienza e responsabilità personale; dunque ignorando le indicazioni di voto dagli stessi provenienti, in termini fin troppo inequivocabili.
E dire questo – mi rivolgo al mio Pastore bolognese – non significa dividere la Chiesa, ma restituire ai cattolici la libertà nelle questioni non di Chiesa, richiamandoli, nel contempo, alle proprie responsabilità di testimonianza della fede anche nelle scelte della vita civile e per il bene comune, cui, al pari di tutti i cittadini, hanno il dovere di contribuire.
La fin troppo abusata citazione di San Paolo VI, secondo cui la politica è la forma più alta di carità, impone ai cattolici dell’Emilia Romagna, il 26 Gennaio 2020, innanzitutto un dovere: andare al seggio. Con la Costituzione in mente ed il Vangelo nel cuore.
Molti, cattolici e non, del resto d’Italia, ce ne saranno grati.
Bologna, 15 novembre 2019
Giorgio Spallone
Marco Tosatti
16 Novembre 2019 Pubblicato da  35 Commenti --

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