ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 22 dicembre 2019

Non siamo più nella cristianità

FRANCESCO: SPAGNA, PRESEPE, MIGRANTI, CURIA (CON QUALCHE NOTA)

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Un florilegio di citazioni tratte da alcuni degli interventi più recenti (non solo orali) dello straripante Jorge Mario Bergoglio. Con qualche nota (anche sulla nuova turiferaria sgomitante, vera e propria sardina, di ‘Avvenire’)

MARTIRI SPAGNOLI: CONTINUITA’ CON I DUE PREDECESSORI
L’11 dicembre papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei santi a promulgare i decreti riguardanti il martirio di 27 cattolici spagnoli uccisi dai ‘rossi’ nel 1936-37, nella prima fase  della Guerra civile. Si ricorderà che le cause in materia si erano sbloccate grazie a Giovanni Paolo II, dopo anni di continui rinvii dovuti a ragioni di opportunità politico-religiosa (si sa che ai catto-sinistri dà fastidio la rievocazione dei crimini della sinistra). Quel 29 marzo 1987 c’eravamo anche noi (con il coro di Pablo Colino) nella Basilica di San Pietro per la prima beatificazione di martiri della Guerra civile spagnola, tre religiose carmelitane scalze. Un rito che ricordiamo molto sentito, gioioso, identitario per le migliaia di spagnoli che affollavano la Basilica.
Da allora di martiri spagnoli (anche laici) ne sono stati beatificati tanti altri, quasi duemila (oltre 400 con papa Wojtyla, oltre 500 con papa Ratzinger, un migliaio con papa Bergoglio), tutti uccisi dai ‘rossi’ e sempre in ogni caso una minoranza rispetto ai circa settemila consacrati massacrati in odium fidei come avvenne per altre migliaia di laici cattolici (i primi assassinati lo furono nel 1934 nelle Asturie). Su questo preciso argomento si rivela una indubbia continuità tra il pontefice argentino e i suoi due predecessori. I media cattolici turiferari però - in nome del politicamente corretto che comporta l’irriconoscenza e il dileggio verso chi garantì la sopravvivenza della Chiesa spagnola proteggendola dall’odio del Fronte popolare (il generalissimo Franco) e il fastidio verso la Spagna cattolica (appoggiata dal Vaticano) che per Franco combatté e a Franco era giustamente molto grata – continuano a nascondere il più possibile le responsabilità della sinistra nella mattanza. I martiri sarebbe stati uccisi da entità innominate o un po’ vaghe tanto da non essere immediatamente riconoscibili per chi non è docente di storia contemporanea (non essendo ‘fasciste’). Siamo però onesti: si può forse pretendere che dei turiferari incalliti non siano anche codardi?
Nell’udienza generale dell’11 dicembre papa Francesco ha pure evocato il tema del martirio dei cristiani con parole nette: "Io vengo dalla basilica di San Pietro e lì ho avuto una prima udienza, questa mattina, con i pellegrini ucraini, di una diocesi ucraina. Come è stata perseguitata, questa gente; quanto hanno sofferto per il Vangelo! Ma non hanno negoziato la fede. Sono un esempio. Oggi nel mondo, in Europa, tanti cristiani sono perseguitati e danno la vita per la propria fede, o sono perseguitati con i guanti bianchi, cioè lasciati da parte, emarginati … Il martirio è l’aria della vita di un cristiano, di una comunità cristiana. Sempre ci saranno i martiri tra noi: è questo il segnale che andiamo sulla strada di Gesù. E’ una benedizione del Signore, che ci sia nel popolo di Dio, qualcuno o qualcuna che dia questa testimonianza del martirio".

IL PAPA INSISTE SUL PRESEPE.
Il primo dicembre il Papa è andato in pellegrinaggio a Greccio e vi ha firmato la bellissima Lettera apostolica Admirabile Signum (di cui non finiremo mai di raccomandare la lettura pura e semplice, senza bisogno di introduzioni e precisazioni) e il 9 dicembre ha voluto visitare la Mostra dei Cento presepi in Vaticano, ospite d’onore l’Ungheria che organizzerà il prossimo Congresso eucaristico internazionale (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/915-francesco-lettera-sul-presepe-messa-congolese-con-qualche-nota.html e vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/916-valore-del-presepe-il-papa-insiste-e-raddoppia.html ). Sull’importanza del Presepe Francesco ha voluto però insistere anche in occasioni successive.
13 dicembre 2019, udienza a membri di associazioni, congregazioni, movimenti dedicati alla misericordia in Francia: “In questo tempo di preparazione al Natale, vi propongo di contemplare il presepe. [Esso] è un invito a ‘sentire’, a ‘toccare’ la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione”.
13 dicembre 2019, udienza a organizzatori e artisti del ‘Concerto di Natale’ in Aula Nervi: “Quest’anno, sulle orme di San Francesco d’Assisi, ho riproposto il presepe come segno semplice e mirabile del mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio”.
15 dicembre 2019, saluti dopo l’Angelus domenicale: “Saluto voi, cari ragazzi, che siete venuti con le statuine di Gesù Bambino per il vostro presepe. Alzate le statuine! Le benedico di cuore. ‘Il presepe è come un Vangelo vivo’ “.
18 dicembre 2019, udienza generale: “Tra una settimana sarà Natale. In questi giorni, mentre si corre a fare i preparativi per la festa, possiamo chiederci:’Come mi sto preparando alla nascita del Festeggiato?’. Un modo semplice ma efficace di prepararsi è fare il presepe. Anch’io quest’anno ho seguito questa via: sono andato a Greccio, dove San Francesco fece il primo presepe, con la gente del postoE ho scritto una lettera per ricordare il significato di questa tradizione, cosa significa il presepe nel tempo del Natale. (…)
Il presepe ci offre un altro insegnamento di vita. Nei ritmi a volte frenetici di oggi è un invito alla contemplazione. Ci ricorda l’importanza di fermarci. Perché solo quando sappiamo raccoglierci possiamo accogliere ciò che conta nella vita. Solo se lasciamo fuori casa il frastuono del mondo ci apriamo all’ascolto di Dio, che parla nel silenzio. Il presepe è attuale, è l’attualità di ogni famiglia. Ieri mi hanno regalato un’immaginetta di un presepe speciale, piccolina, che si chiamava: ‘Lasciamo riposare mamma’. C’era la Madonna addormentata e Giuseppe con il Bambinello lì, che lo faceva addormentare. Quanti di voi dovete dividere la notte fra marito e moglie per il bambino o la bambina che piange, piange, piange. ‘Lasciate riposare mamma’ è la tenerezza di una famiglia, di un matrimonio. (…)
Cari fratelli e sorelle, dal presepe possiamo cogliere infine un insegnamento sul senso stesso della vita. Vediamo scene quotidiane: i pastori con le pecore, i fabbri che battono il ferro, i mugnai che fanno il pane; a volte si inseriscono paesaggi e situazioni dei nostri territori. È giusto, perché il presepe ci ricorda che Gesù viene nella nostra vita concreta. E, questo è importante. Fare un piccolo presepe a casa, sempre, perché è il ricordo che Dio è venuto da noi, è nato da noi, ci accompagna nella vita, è uomo come noi, si è fatto uomo come noi. Nella vita di tutti i giorni non siamo più soli, Egli abita con noi. Non cambia magicamente le cose ma, se Lo accogliamo, ogni cosa può cambiare".

MIGRANTI: AH… L’INGIUSTIZIA, RADICE (SECONDO FRANCESCO) DI OGNI MIGRAZIONE E DEI PORTI CHIUSI…
Il 19 dicembre 2019 Jorge Mario Bergoglio ha incontrato un gruppo di rifugiati arrivati in Italia da Lesbo grazie ai ‘corridoi umanitari’ della Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con l’Elemosineria apostolica. Papa Francesco ha mostrato un giubbotto (posto intenzionalmente su una croce) donato dalla nota Ong Mediterranea (quella di cui è capo-missione quel Luca Casarini recentemente canonizzato dai cattofluidi di Avvenire ) e ha detto che il giubbotto “è appartenuto a un migrante scomparso in mare lo scorso luglio. Nessuno sa chi fosse o da dove venisse”. Così sentenziando: “Siamo di fronte ad un’altra morte causata dall’ingiustizia. Già, perché è l’ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre. È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e a subire abusi e torture nei campi di detenzione. È l’ingiustizia che li respinge e li fa morire in mare”. Non è finita: “La nostra ignavia è peccato! (…) Non è bloccando le loro imbarcazioni che si risolve il problema”.
A qualcuno tali asserzioni ripetute potranno richiamare l’insostenibile leggerezza della futilità di pensiero in ambito politico (oltre che dell’entrata a gamba tesa nell’ambito di specifiche decisioni immigratorie nazionali). Eppure s’alzerà il coro dei turiferari: come si può non essere d’accordo quando si addebita all’ ingiustizia l’immigrazione? Ma è lapalissiano. E’ a causa dell’ingiustizia che molti migranti lasciano le loro terre e attraversano deserti per poi essere torturati: non certo perché sono attratti dalla possibilità di guadagnare di più. E’ a causa dell’ingiustizia che un ministro e un governo hanno bloccato i porti, impedendo per qualche tempo alle soccorrevoli, generose, umanissime navi delle Ong di attraccare: non certo per onorare il giuramento prestato alla Repubblica. E poi: La nostra ignavia è peccato!  O Signur, i molti cattolici che vorrebbero un’accoglienza vera e non un’invasione pilotata dalla criminalità, sono disgustati dal turpe business dell’immigrazione incontrollata e votano magari Lega e Fratelli d’Italia sono tutti in stato di peccato, devono confessare  assolutamente e urgentemente il loro crimine, rischiano di non ricevere la Comunione?
Da notare poi che le esternazioni filosofiche-politico-teologico-canoniche di Bergoglio avvengono in singolare coincidenza con la richiesta di processo a Matteo Salvini per avere a fine luglio, per fedeltà alle leggi della Repubblica di cui era ministro, ostacolato per tre giorni (“sequestro di persona”) lo sbarco di 131 migranti dalla nave Gregoretti. E bravo Jorge Mario in veste di politico… è così che si incoraggia la caccia alle streghe, è così che si alliscia la sinistra – più o meno sardina, ma sempre, sempre e ancora sempre intollerante e totalitaria – ed è così che si perde la credibilità tra molti cattolici che cercano di pensare con la loro testa.

EMERGE SU AVVENIRE LA TURIFERARIA SGOMITANTE
Le asserzioni di Jorge Mario Bergoglio sull’immigrazione, ça va sans dire, entusiasmano anche i turiferari di AvvenirePer tutti citiamo  l’arcigna Marina Corradi , che – fulminata non molto tempo fa dal verbo antisalviniano - nell’editoriale di venerdì 20 dicembre scrive di parole nette, non eludibili. Ed evoca con toni inquietanti il Papa: se blocchiamo i porti, “il Signore ce ne chiederà conto al momento del giudizio”. 
E’ del resto la stessa turiferaria sgomitante (ormai una pericolosa concorrente per la storica Turiferaria della casa) che nel medesimo testo fa paragoni storicamente osceni fra i boat people vietnamiti e i migranti odierni e grida al (presunto) razzismo diffuso in Italia, dando credito ad esempio a una fake news come quella di un odioso caso di intolleranza anti-africana a Sondrio, denunciato da una sardina appariscente (tale Francesca Gugiatti, consigliere comunale a Sondrio in una lista civica di sinistra).
Del resto nel suo sgomitare la Marina si è fatta ultimamente molto notare: ad esempio nel numero del 17 dicembre ha intervistato con straripante piacere un vignettista molto raffinato (amatissimo dal Turiferario direttore)… sì, proprio lui, lo Staino congedato da Avvenire (insieme con il suo Jesus anti-Salvini) qualche mese fa a furor di popolo cattolico. Nel memorabile incipit dell’intervista Jesus (“sempre dentro l’attualità, sempre paragonato con l’oggi” osserva con palese compiacimento la Turiferaria sgomitante), annota che, se a Gerusalemme quel giorno ci fossero state le sardine, non sarebbe stato condannato a morte. Il 7 dicembre era poi apparso su Avvenire un altro editoriale della Marina su un party universitario bolognese blasfemo: la Turiferaria sgomitante (a imitazione perfetta del suo direttore) ne aveva approfittato per attaccare molto di più … Matteo Salvini. Leggiamo ad esempio: (gli universitari bolognesi di Uni Lgbt) “sono ragazzi, cerchi di dirti comunque, pensando a quanti, dei goliardi di un tempo, si sono poi convertiti, o riposano ora sotto a una croce. Invece non è un ragazzo Matteo Salvini”. Il quale fa un “ uso improprio della Madonna, a fini elettorali; e dispiace che non pochi credenti non vogliano vedere questa strumentalizzazione”. Ma come vi permettete? Non dare tale dolore alla Marina in rampa di lancio! Consolate invece la novella sardina....magari con un bel voto tipo quello umbro, regalandole cioè (anche fuori stagione) un cappottone da meno venti.

AI CURIALI: NON SIAMO NELLA CRISTIANITA’, NON PIU’! E POI QUELLA RIGIDITA’ ASSOCIATA ALLO SQUILIBRIO…
21 dicembre 2019, discorso alla Curia Romana per gli auguri di Natale:
. (Papa Francesco si riferisce alla Congregazione per la Dottrina della Fede e a quella per l’Evngelizzazione dei Popoli): "Quando queste prime due Congregazioni citate furono istituite, si era in un’epoca nella quale era più semplice distinguere tra due versanti abbastanza definiti: un mondo cristiano da una parte e un mondo ancora da evangelizzare dall’altra. Adesso questa situazione non esiste più. Le popolazioni che non hanno ancora ricevuto l’annuncio del Vangelo non vivono affatto soltanto nei Continenti non occidentali, ma dimorano dappertutto, specialmente nelle enormi concentrazioni urbane che richiedono esse stesse una specifica pastorale. Nelle grandi città abbiamo bisogno di altre “mappe”, di altri paradigmi, che ci aiutino a riposizionare i nostri modi di pensare e i nostri atteggiamenti: Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più!"
."Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica. Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata. Ciò fu sottolineato da Benedetto XVI quando, indicendo l’Anno della Fede (2012), scrisse: 'Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone'."
."Al Dicastero per la Comunicazione è stato affidato il compito di accorpare in una nuova istituzione i nove enti che, precedentemente, si occupavano, in varie modalità e con diversi compiti, di comunicazione (…). Questo accorpamento, tuttavia, in linea con quanto detto, non si proponeva un semplice raggruppamento ‘coordinativo’, ma di armonizzare le diverse componenti in ordine a produrre una migliore offerta di servizi e anche a tenere una linea editoriale coerente. La nuova cultura, marcata da fattori di convergenza e multimedialità, ha bisogno di una risposta adeguata da parte della Sede Apostolica nell’ambito della comunicazione. Oggi, rispetto ai servizi diversificati, prevale la forma multimediale, e questo segna anche il modo di concepirli, di pensarli e di attuarli. Tutto ciò implica, insieme al cambiamento culturale, una conversione istituzionale e personale per passare da un lavoro a compartimenti stagni – che nei casi migliori aveva qualche coordinamento – a un lavoro intrinsecamente connesso, in sinergia". 
. "Legata a questo difficile processo storico (NdR: del cambiamento), c’è sempre la tentazione di ripiegarsi sul passato (anche usando formulazioni nuove), perché più rassicurante, conosciuto e, sicuramente, meno conflittuale. Anche questo, però, fa parte del processo e del rischio di avviare cambiamenti significativi. Qui occorre mettere in guardia dalla tentazione di assumere l’atteggiamento della rigidità. La rigidità che nasce dalla paura del cambiamento e finisce per disseminare di paletti e di ostacoli il terreno del bene comune, facendolo diventare un campo minato di incomunicabilità e di odio. Ricordiamo sempre che dietro ogni rigidità giace qualche squilibrio. La rigidità e lo squilibro si alimentano a vicenda in un circolo vizioso. E oggi questa tentazione della rigidità è diventata tanto attuale". NdR: ah… la sempre, sempre e ancora sempre evocata “rigidità”, in verità un concetto assai vago. E alla “rigidità” è associato ormai immancabilmente lo “squilibrio”, che si è indotti a interpretare come “squilibrio mentale”. In altre parole: i critici “rigidi” sono dei matti a gradazione varia e a piede libero. Dei matti comunque pericolosi che “seminano paletti e ostacoli” e riducono la Chiesa a “campo minato”. Allora che fare? I ‘rigidi’ preoccupano palesemente Jorge Mario Bergoglio (“Oggi la tentazione della rigidità è diventata tanto attuale”): li lasciamo in libertà o li rinchiudiamo entro quattro mura, magari con un bel bavaglio preventivo alla bocca per ulteriore sicurezza?
FRANCESCO: SPAGNA, PRESEPE, MIGRANTI, CURIA (CON QUALCHE NOTA)  – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 21 dicembre 2019

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