ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 1 dicembre 2019

Sassolini papali nelle scarpe

IL PONTEFICE, STILUM, E QUALCHE SASSOLINO NELLE SCARPE…


Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ho visto una cosa che mi ha creato disagio. Il Pontefice regnante è andato in visita alla Cittadella della Carità  in occasione del 40° anniversario dell’istituzione della Caritas diocesana a Roma. Ecco, la cosa che mi ha creato un certo –come dire? – fastidio è stato il modo in cui si è congedato dalle persone che erano lì. Guardate il video. Il suo congedo è stato: “Adesso chiederò al Signore che benedica tutti voi, tutti voi. Dio benedica tutti voi e vi accompagni nel cammino della vita. Amen”. E va bene, direte voi, che vuoi che sia…ma il fatto è che l’ha ripetuto: vale a dire che ricevendo i ragazzi e i bambini – una quantità – per il ricordo della sua enciclica ecologica Laudato Sì, alla fine li ha di nuovo esortati a pregare l’uno per l’altro, senza dare la benedizione. Come potete vedere qui

Parole gentili e piene di sentimento. Ma sarò un po’ stupido, sarò un po’ formalista, se il Vicario di Cristo in terra mi saluta trovo che una benedizione: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo sia più confortante. E se vogliamo, senza voler insegnare il mestiere a nessuno, figuriamoci, forse rientrerebbe meglio nel personaggio: è il Papa, e se non benedice lui nel nome della Trinità…poi sta a chi lo ascolta ricevere o meno la benedizione. Come mi hanno sempre detto i miei amici ebrei, una berakà non si nega a nessuno. E se questa omissione è dovuta al pensiero che lì, nella platea, potevano essere presenti persone di altre fedi, il disagio cresce. Non credo che a nessun imam venga in mente di non dire “Bismillah”, per non offendere (?) i diversamente credenti, o a un ebreo di togliersi la kippah per lo stesso motivo. E allora perché privare del calore di una benedizione nel nome della Trinità i molti cristiani presenti?

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È giornata di sassolini papali nelle scarpe. Il secondo è cinese. Sull’aereo che lo riportava a Roma dal Giappone gli è stata posta questa domanda:
– Santo Padre, sul volo da Bangkok a Tokyo ha mandato un telegramma a Carrie Lam di Hong Kong. Che cosa pensa della situazione lì, con le manifestazioni e con le elezioni comunali? E quando potremo accompagnarla a Pechino? –
“I telegrammi si mandano a tutti i Capi di Stato, è una cosa automatica di saluto ed è anche un modo cortese di chiedere permesso di sorvolare il loro territorio. Questo non ha un significato né di condanna né di appoggio. È una cosa meccanica che tutti gli aerei fanno quando tecnicamente entrano, avvisano che stanno entrando, e noi lo facciamo con cortesia. Questo non ha alcun valore nel senso della sua domanda, ha soltanto un valore di cortesia. Per l’altra cosa che lei mi dice: se ci pensiamo, poi, non è soltanto Hong Kong. Pensi al Cile, pensi alla Francia, la democratica Francia: un anno di gilet gialli. Pensi al Nicaragua, pensi ad altri Paesi latinoamericani che hanno problemi del genere e anche a qualche Paese europeo. È una cosa generale. Che cosa fa la Santa Sede con questo? Chiama al dialogo, alla pace, ma non è solo Hong Kong, ci sono varie situazioni con problemi che io in questo momento non sono capace di valutare. Io rispetto la pace e chiedo la pace per tutti questi Paesi che hanno dei problemi, anche la Spagna. Conviene relativizzare le cose e chiamare al dialogo, alla pace, perché si risolvano i problemi. E infine: mi piacerebbe andare a Pechino, io amo la Cina”.
Ecco, io penso tutto il male possibile della repressione in Francia (se avvenisse in qualsiasi altro Paese, magari con un governo di destra, li sentireste gli strilli dei mass media italiani e non….) ma paragonare Parigi e Santiago e Madrid a Pechino, cuore di una delle dittature più crudeli presenti attualmente sul pianeta, è una banalizzazione eccessiva. Poi, dire che non sa valutare…suvvia: solo su migranti e sovranismo si sente in grado di parlare a raffica? Si capisce tutto: il desiderio di essere il primo papa a giungere a Pechino, fare quello che nessun altro ha fatto, e per cui è stato siglato un accordo provvisorio che ha dato mano libera al governo comunista nello stringere la morsa sulla Chiesa cattolica. Però…e la mozione degli affetti finale: “Io amo la Cina”!

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Il terzo sassolino sono le parole pronunciate alla Commissione Teologica Internazionale.
Venerdì scorso il Pontefice ha detto, fra l’altro: “E vorrei ribadire alla fine una cosa che vi ho detto: il teologo deve andare avanti, deve studiare su ciò che va oltre; deve anche affrontare le cose che non sono chiare e rischiare nella discussione. Questo però fra i teologi. Ma al popolo di Dio bisogna dare il “pasto” solido della fede, non alimentare il popolo di Dio con questioni disputate. La dimensione di relativismo, diciamo così, che sempre ci sarà nella discussione, rimanga tra i teologi – è la vostra vocazione -, ma mai portare questo al popolo, perché allora il popolo perde l’orientamento e perde la fede. Al popolo, sempre il pasto solido che alimenta la fede”.
Ecco, detto da chi con Amoris Laetitia ha sparso incertezze epocali, divisione e confusione da tempo sconosciute nella Chiesa, e che si è rifiutato, e si rifiuta di rispondere a richieste di chiarimenti, petizioni, o anche semplicemente dare udienza a cardinali che proprio questo vorrebbero: avere da lui il pasto solido della fede, beh insomma, come vogliamo definirlo? Clericalismo?

Marco Tosatti 30 Novembre 2019

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