Natività – Gerard van Honthorst (Copia Museo Colonia)
 Con l’approssimarsi del Natale si leggono con più frequenza (nella stampa e in rete) i messaggi secondo cui la data del 25 dicembre è un’invenzione tarda e i Cristiani, non avendo notizie certe della data di nascita di Gesù, si sarebbero impadroniti di una festività pagana celebrata il 25 dicembre (quella del Sole Invitto) e l’avrebbero fatta propria. Qualcuno si spinge oltre, e ne trae spunto per affermare che Gesù è un personaggio mitico, è una raffigurazione simbolica del sole, mentre i dodici apostoli sono i dodici mesi (o i dodici segni dello Zodiaco), la sua vita raffigura il ciclo naturale, la Resurrezione è la primavera che rianima la natura, e via dicendo: amenità talmente puerili agli occhi dello storico che non meriterebbero neppure di essere richiamate, se non fosse che mi è capitato di rileggerle ancora in anni recenti in articoli di miei colleghi linguisti.

Non entro sulla questione della data, che presenta aspetti complessi, e mi limito a qualche osservazione. Chi volesse avere notizie più precise sul piano storico può consultare il bel libro di Giorgio Fedalto, Storia e metastoria del Cristianesimo, Casa Editrice Mazziana, Verona, 2006, dove trova un’esauriente e aggiornata rassegna della documentazione in nostro possesso. Il libro si schiera nettamente a favore della data tradizionale (25 dicembre dell’anno 1 d.C. o forse 1 a.C.: altri propongono datazioni che vanno dal 4 a.C. fino al 12 a.C.), e tra le molte fonti che cita ne richiamo solamente una, perché è poco nota e generalmente ignorata. Un documento rinvenuto nelle grotte di Qumran e datato attorno al II sec. a.C., il Libro dei Giubilei, ha consentito una ricostruzione precisa della scansione cronologica secondo cui le diverse classi sacerdotali dovevano provvedere al servizio nel Tempio: come sappiamo (I Cronache 24, 3 ss.) il re Davide aveva stabilito che i figli di Aronne fossero suddivisi in ventiquattro classi, ognuna delle quali doveva prestare il servizio liturgico per una settimana due volte l’anno. Da questo testo risulta che la classe di Abia, a cui apparteneva Zaccaria (Luca 1, 5), era incaricata del servizio nell’ultima parte dell’ottavo mese del calendario ebraico, corrispondente all’incirca all’ultima settimana di settembre del nostro calendario. Ora, il 24 giugno è la data liturgica in cui si commemora la nascita di Giovanni Battista: fatti i conti, gli ultimi giorni di settembre, periodo in cui Zaccaria officiava il servizio sacerdotale, sarebbero quelli in cui un angelo gli sarebbe apparso ad annunziare il concepimento del bimbo: perfetta coerenza di date dunque. Per diretta conseguenza, essendo Elisabetta incinta di sei mesi quando l’Arcangelo Gabriele si presentò alla Madonna, si arriva alla fine di marzo, e la collocazione della nascita di Gesù negli ultimi giorni di dicembre risulta, se non certa, quanto meno altamente plausibile. Detto questo, mi permetto di proporre qualche riflessione personale sulla questione.
  1. Il fatto che non abbiamo una documentazione obiettivamente certa della data di nascita di Gesù non aggiunge e non toglie nulla alla biografia di Gesù. Anche di altri grandi personaggi dell’epoca moderna abbiamo incertezze circa la data (o addirittura l’anno) di nascita, ma questo non causa nessun disagio agli storici. Ad esempio, noi festeggiamo il 16 dicembre il compleanno di Beethoven, ma non siamo del tutto certi dell’esattezza di questa data: di Beethoven noi abbiamo notizia certa del battesimo in data 17 dicembre 1770, e sappiamo che in quell’epoca e in quella zona era usanza consolidata che i bambini fossero battezzati il giorno successivo alla nascita: però contemporanei e familiari del musicista indicano le date del 15 o del 17: l’incertezza del giorno non inficia né la biografia del musicista né la sublimità della sua musica: è solo un piccolo particolare che non sappiamo definire con certezza assoluta. Si noti che qui siamo di fronte a un personaggio del XVIII-XIX secolo, per il quale possediamo un’infinità di documenti che ci sogneremmo di avere per fatti e personaggi di circa ventuno secoli fa. Anche di Buddha e di Maometto non conosciamo anno e giorno della nascita, ma questo non costituisce problema né per lo storico né tantomeno per il fedele.
  2. Le fonti antiche spesso non sembrano interessate a fissare con la precisione che noi moderni desidereremmo le date dei grandi avvenimenti. Nel caso di Gesù vi sono due aspetti che rendono il tutto ancora più speciale. La straordinaria grandezza delle opere e delle parole del Redentore ha fatalmente messo in ombra l’interesse per molti aspetti puramente cronologici. Oltre tutto, nell’area in cui si svolse la vita terrena di Gesù erano in concorrenza fra loro tre diversi modi di scansione del tempo: il calendario ebraico, fondato sul ciclo lunare, il calendario greco (comunemente diffuso in tutta l’area orientale del Mediterraneo) fondato sulle Olimpiadi e il calendario latino (essendo Roma la potenza dominante dell’area) che si fondava sulla nascita di Roma. Tre calendari, che misuravano il tempo secondo criteri diversi, e in quattro lingue diverse, perché l’ebraico era la lingua dell’uso liturgico e della Bibbia, ma l’aramaico (nelle sue diverse varietà) era la lingua dell’uso corrente. Pretendere uniformità e certezze in questo crogiolo di culture sarebbe difficile.
  3. Ricordo di passaggio (e rimando al già citato libro di Fedalto i lettori interessati a informazioni più precise), che l’interesse degli autori cristiani che redassero le prime cronache e i primi calcoli intesi a stabilire la cronologia di Gesù era rivolto più alla data dell’Annunciazione che a quella del Natale, perché l’inizio della storia della salvezza è posto nel momento in cui il Redentore si fa presente tra gli uomini, e quindi dal Concepimento di Maria. Oltre tutto, in qualche autore si tenta di mettere in relazione la data dell’Annunciazione (25 marzo) con la data della Passione e Morte, facendo coincidere la data della morte fornita dai Vangeli (14 del mese di Nisan) col 25 marzo.
  4. Gesù è un personaggio storico, che interagisce con personaggi storici di cui abbiamo notizie certe e positive dalle fonti contemporanee e dagli storici. La sua biografia ci è nota attraverso documenti storici, quali sono i Vangeli, risalenti a una generazione di persone che hanno conosciuto direttamente Gesù o i suoi primi discepoli. Non sono biografie nel senso moderno del termine: solo il Vangelo di Luca, uomo di cultura che si rivolgeva anche ai gentili, col suo costante rinvio a documenti e fatti della storia profana, è quello che più si avvicina allo standard moderno di biografia. Neppure le Vite di Plutarco sono biografie nel senso che intendiamo noi oggi, ma questo non toglie che siano documenti di storia (che devono essere naturalmente valutati criticamente e col supporto di dati e notizie provenienti da altre fonti).
  5. Luca per ricostruire le vicende dell’infanzia del Salvatore (praticamente assenti negli altri Vangeli) aveva intervistato la Mamma di Gesù, che manteneva un profondo ricordo di quelle vicende grandi e misteriose (dietērei dice esattamente Luca 21, 51; ‘custodiva con tutta sé stessa’). La data tradizionale del Natale, benché non confermata da documenti oggettivi, può quindi rifarsi a tradizioni orali antichissime e tramandate attraverso la viva voce per generazioni.
  6. Infine, la questione del Sol invictus. Più volte nei Vangeli Gesù è messo in correlazione con l’idea della luce: Gesù è il Messia che dà luce all’umanità che vaga nelle tenebre: bastino le parole con cui Zaccaria ne preannuncia la nascita: «ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace» (Lc. 1, 78-79), e Gesù stesso presenta sé stesso dicendo «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita» (Giovanni 8, 12). Si tratta di una metafora che corrisponde pienamente a ciò che anche l’attesa messianica aveva prefigurato: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse». (Isaia9,1). La Resurrezione di Gesù avvenne nel giorno che i Romani dedicavano al Sole, e in questo giorno (detto poi Dies dominica, Giorno del Signore) i primi Cristiani decisero di porre la festa settimanale in luogo della festività ebraica del sabato. Come scrive Giustino, Padre della Chiesa e apologeta vissuto all’inizio del II secolo, «Ci raccogliamo tutti insieme nel giorno del Sole, poiché questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore, risuscitò dai morti. Infatti Lo crocifissero la vigilia del giorno di Saturno, ed il giorno dopo quello di Saturno, che è il giorno del Sole, apparve ai suoi Apostoli e discepoli, ed insegna proprio queste dottrine che abbiamo presentato anche a voi.» (I Apol. 68).
Ma tutto questo non ha nulla a che fare col culto del Sole invitto (Sol Invictus). Questo è un culto misterico proveniente dall’Oriente ed estraneo alla tradizione religiosa romana, che fu introdotto a Roma nei secoli dell’impero, molti decenni dopo la nascita di Gesù. Il primo tentativo di introdurre a Roma il culto del Sol invictus fu operato da Eliogabalo, un ragazzo proveniente dalla città di Emesa in Siria (oggi Ḥoms), dove era appunto sacerdote di questo culto. Divenuto imperatore nel 218 all’età di quattordici anni dopo vicende complesse e turbolente, il giovane imperatore si adoperò in ogni modo (con editti e con la costruzione di un sontuoso tempio sul Palatino) per diffondere a Roma il culto di questa divinità straniera, incontrando una fortissima opposizione da parte del senato e della guardia pretoriana, e alla fine fu ucciso: la sua politica religiosa finì per qualche tempo nel nulla. L’introduzione ufficiale e definitiva del culto è dovuta all’imperatore Aureliano: dopo la vittoria su Zenobia, autoproclamatasi regina del territorio ribelle e secessionista di Palmira (272), l’imperatore dichiarò di dovere la vittoria all’aiuto del Sole di Emesa, che era apparso alle truppe in un momento di difficoltà e le aveva rinfrancate. Per questo ne introdusse il culto a Roma dedicandogli un tempio alle pendici del Quirinale e una festa alla fine di dicembre, in prossimità del solstizio d’inverno, quando le giornate riprendono ad allungarsi.
Come si vede, il culto del Sole Invitto diviene ufficiale solo alla fine del III secolo, quando il Cristianesimo era già largamente diffuso nell’impero. A questo punto, sarebbe da chiedersi se realmente si debba parlare di un tentativo di cristianizzazione di una festività pagana da parte della Chiesa o piuttosto di un tentativo da parte dello Stato romano di proporre un culto di origine straniera, ma in qualche modo compatibile con la tradizione romana, per frenare la diffusione del Cristianesimo ridando alla popolazione qualcosa di diverso a cui credere, di fronte all’ormai irrimediabile perdita di interesse per le divinità tradizionali. Faccio osservare due elementi. Innanzitutto, non si tratterebbe di un tentativo isolato di limitare la pratica cristiana contrapponendovi simboli o immagini pagane. L’imperatore Adriano (121-138), che figura tra i più tolleranti nei confronti del Cristianesimo, fece costruire templi pagani in varie località dove erano frequenti i pellegrinaggi di Cristiani (circostanziata testimonianza di San Gerolamo, Lettera 58: «i persecutori immaginavano che contaminando i sacri luoghi con gli idoli, sarebbe svanita la fede nella passione e resurrezione»), e in particolare attorno alla grotta della Natività fu istituito un bosco sacro ad Adone. (Il che significa anche che varie generazioni dopo la vita di Gesù vi erano ricordi significativi delle circostanze della sua Nascita). In secondo luogo, i tentativi di impadronirsi delle festività cristiane sostituendovi cerimonie di altri culti non erano isolati. Un autore antico, Epifanio di Salamina  (ca. 315-403) ricorda che ai suoi templi ad Alessandria gli gnostici nella notte tra il 5 e il 6 gennaio celebravano con una solenne processione la nascita del dio gnostico Aion (l’Eternità) da Kore (la vergine) e che altre cerimonie simili si svolgevano in altre località dell’Oriente cristiano. Epifanio condanna in maniera decisa questa prassi come tentativo di appropriarsi della festività cristiana e di generare confusione tra i fedeli.
Iniziato ai misteri del Sole invitto e profondamente votato al suo culto fu l’imperatore Giuliano (331-363), che tentò una restaurazione del culto pagano, quasi un ultimo sussulto di reviviscenza per il paganesimo, emanando anche provvedimenti ostili ai cristiani. Nel discorso a Helios Re, scritto ad Antiochia nei giorni precedenti il solstizio invernale del 362, Giuliano afferma che Helios, il Sole, è l’ipostasi intellegibile del bene e che la luce del sole è l’energia intellettuale che illumina gli spiriti. Vi leggiamo frasi come la seguente (paragr. 19): «Dobbiamo affermare dunque che Helios re è unico e procede come da un unico dio, cioè dal mondo intelligibile, che è uno anch’esso». Difficile non percepire echi e reminiscenze di provenienza cristiana in questa frase. A questo punto, posto che il culto del Sol invictus è posteriore di secoli all’Avvento del Cristianesimo, ci pare che non abbia nessuna legittimità, e che non vi sia dunque ragione per ripeterla in continuazione, l’ipotesi di una riappropriazione cristiana di culti pagani o misterici.

di Moreno Morani

E al posto di Elisabetta spuntò la Pachamama

Per il Natale 2019 l’ong dei francescani, Franciscans International, invia un raccapricciante biglietto d’auguri che raffigura Maria e la Pachamama. Stanno una di fronte all’altra, entrambe incinte, sotto il titolo Visitatio Mariae, e il messaggio augurale, in inglese, dice: «Nel contesto della natività Luca ci racconta l’incontro tra Maria e sua cugina Elisabetta. Le due donne, entrambe in attesa di un bambino, si incontrano con attenzione e sensibilità. All’apertura del Sinodo, papa Francesco ci ha chiesto di avvicinarci in punta di piedi alla gente dell’Amazzonia. In questa immagine vedete Maria, che noi onoriamo come nuova Eva o Madre della Vita, insieme alla Pachamama, che alcuni popoli indigeni onorano come madre della terra. Anche Francesco d’Assisi descrive la terra come nostra madre nel Cantico. Celebrando il Natale, desidero che ci avviciniamo a Dio e ci avviciniamo l’un l’altro in punta di piedi, in modo da sperimentare in questi incontri la vita reale».
Segue la firma del responsabile, Markus Heinze OFM, direttore esecutivo, e infine c’è una celebre frase del filosofo ebreo Martin Buber: «All real living is meeting», ovvero «Ogni vita vera è incontro».
Ora, mi vengono spontanee alcune osservazioni.
Come sappiamo, quella che chiamiamo la Visitazione della Beata Vergine Maria ricorda la visita che  Maria, dopo aver ricevuto l’annuncio che sarebbe diventata madre di Gesù per opera dello Spirito Santo, fece alla cugina Elisabetta. Come ci racconta Luca (1, 39-45) in un passo molto bello e intenso, Maria andò da Elisabetta per aiutarla negli ultimi mesi della gravidanza, che per la cugina avvenne in tarda età, e per ricevere qualche consiglio dalla parente più esperta: è molto bello: «In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”».
L’episodio di Giovanni il Battista che sussulta nel grembo di Elisabetta non appena sente il saluto di Maria è uno dei più noti del Vangelo. Giovanni avverte che nel grembo di Maria c’è Gesù e ha una reazione di gioia. Al momento della Visitazione, dunque, non si incontrano solo la giovane Maria e l’anziana Elisabetta, che era stata creduta sterile. Per la prima volta si incontrano Gesù e Giovanni il Battista, il Messia e il suo Precursore. E il grande protagonista, sebbene invisibile, è lo Spirito Santo, che ha scelto Maria per concepire il Salvatore e ha donato la gravidanza all’anziana moglie di Zaccaria.
Così come viene proposta dal biglietto d’auguri di Francescans International la Visitazione diventa invece una questione tutta orizzontale e tutta terrena, che riguarda l’incontro fra due culture. Ecco così l’incredibile presenza della Pachamama (presenza ormai fissa in certi ambienti «cattolici») al posto di Elisabetta, ed ecco l’annotazione che le due donne si «incontrano con attenzione e sensibilità», il che è vero, ma ancor più vero è che non tutto si riduce lì. Quell’attenzione e quella sensibilità non nascono dal semplice rispetto e dall’affetto recirpoco. Lì non ci sono solo due donne incinte. Lì ci sono due donne incinte consapevoli di essere parte di un disegno ben più grande, qualcosa di incommensurabile, che va al di là delle loro persone, perché è volontà di Dio.
Il messaggio d’auguri fa poi riferimento al recente sinodo e alla richiesta di Francesco di avvicinarci «in punta di piedi alla gente dell’Amazzonia», ma che c’entri tutto questo con la Visitazione non è chiaro, e sorprendenti sono le parole che vengono dopo, là dove si lascia intendere che l’accostamento tra Maria e la Pachamama sia del tutto naturale,  visto che noi onoriamo Maria «come nuova Eva o Madre della Vita» e la Pachamama è onorata da alcuni popoli indigeni come madre della terra.
Mettere sullo stesso piano Maria Madre della Vita (ma perché non dire Madre di Dio? Forse il dogma della maternità divina di Maria è poco spendibile dal punto di vista del politicamente corretto?) e la Pachamama madre della terra è arbitrario, ingiustificato, assurdo. Maria non può essere in alcun modo accomunata a un idolo pagano di estrazione panteistica. Il parallelo non regge e diventa ben più che irriverente. È sacrilego.
Quanto meno fuorviante è poi l’affermazione secondo cui «anche Francesco d’Assisi descrive la terra come nostra madre nel Cantico», quando invece nel Cantico delle creature san Francesco non loda sorella madre terra in sé e per sé, ma loda il Signore per averci donato sorella madre terra: «Lodato sii mio Signore, per nostra sorella madre terra, la quale ci dà nutrimento e ci mantiene: produce diversi frutti variopinti, con fiori ed erba».
Nel messaggio d’auguri di Franciscans International c’è insomma un bel po’ di confusione. Che purtroppo appare voluta ed è consequenziale a quella troppo spesso seminata a piene mani dall’attuale magistero papale.
A.M.V.

A Maria, Vergine Santissima! - Danilo Quinto - 24.12.'19

Tu sapevi. Per questo eri pensierosa e triste, quella notte, come lo saresti stata ai piedi della Croce, trafitta da un'indicibile sofferenza. Gli uomini non avrebbero accolto Tuo Figlio. L'avrebbero percosso, seviziato, dilaniato e messo in Croce.

L'avrebbero tradito e abbandonato.


Eppure fosti proprio Tu a dire ai servi preoccupati che non ci fosse più vino, di fare quello che Lui avrebbe detto loro, facendo così iniziare il "tempo dei miracoli" e iniziando a svolgere il Tuo ruolo di Mediatrice fra Tuo figlio e l'umanità intera.

A Te, piena di Grazia fin dalla Tua nascita, che ti abbandoni al volere di Dio, sottomessa, quando l'Angelo Ti annuncia la nascita del Salvatore, Immacolata perchè senza l'ombra del peccato del peccato originale, Assunta in Cielo in Corpo e Spirito, si rivolgono da sempre gli uomini e le donne di buona volontà, che in Te vedono la loro Avvocata.

Tu, che hai messo al mondo il Salvatore, per volontà di Dio e con l'aiuto dello Spirito Santo, sei Corredentrice dell'umanità, intrisa e corresponsabile del peccato originale.

Ti chiediamo perdono, Maria, per le bestemmie che ti vengono rivolte, per le offese che ti arrecano gli uomini malvagi, privi di scrupolo e proni a svilire tutto e a costruire simulacri di verità. Pure menzogne per loro tornaconto personale.

Tu sei il nostro approdo sicuro. La fiamma che ci arde dentro di luce viva, spirituale. Senza di Te non possiamo arrivare a Gesù. Non possiamo neanche comprenderLo e penetrare il mistero. Non possiamo fare nulla.

Con le Tue apparizioni, ci indichi la strada e profetizzi il futuro di sofferenze che attende la Sua Chiesa, che saranno molto più serie e drammatiche di quelle che ora viviamo.

Chiediamo la Tua benedizione, Maria, Vergine Santissima. Che il Tuo manto ci protegga, il Tuo sguardo pieno di lacrime e di obbedienza a Dio ci guidi per tutta la nostra vita, la Tua mano si posi sul capo dei nostri figli e li conduca a Te.

Maria, Madre di Dio e Madre Nostra, noi Ti amiamo, come i figli amano di amore immenso la propria madre. Tu sola ci puoi condurre, mano nella mano, nella città di Dio, a contemplare la Maestà di Tuo Figlio, Re del Cielo e della Terra. Tu sola puoi consolarci delle pene e delle sofferenze che patiamo in questa città che temporaneamente viviamo, nella quale istante dopo istante ci consoliamo con il pensiero di non appartenerle.

Grazie, Maria, per tutto quello che ogni giorno ci doni e grazie a te, caro San Giuseppe, che sei stato accanto alla Tua Sposa con amore e hai custodito insieme a Lei, su questa terra, Nostro Signore Gesù Cristo.

Danilo Quinto
https://gloria.tv/post/3pfyRHGrY44gAYB4xLkCBkvYS

“HIC DE VIRGINE MARIA IESUS CHRISTUS NATUS EST” ~ l’augurio di un sereno Santo Natale a tutti


“HIC DE VIRGINE MARIA IESUS CHRISTUS NATUS EST”,questo recita l’iscrizione posta sulla stella incastonata nel luogo dove la tradizione vuole sia nato Nostro Signore Gesú Cristo, nella grotta della basilica in Betlemme:
Qui dalla Vergine Maria è nato Gesù Cristo“.
Un sincero augurio di trascorrere un felice e sereno Santo Natale a tutti, e che il nuovo anno sia portatore di tutte quelle grazie, materiali e spirituali, ad ognuno necessarie.
Don Curzio Nitoglia