ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 28 dicembre 2019

Tempo di mangiatoie..!

Chiese chiuse e porti aperti

C’è un prete a Genova che ha capito tutto e perciò ha deciso la serrata della sua chiesa di San Torpete. L’ha chiusa per tutte le vacanze di Natale, per protestare contro l’insensibilità verso i migranti, i poveri, la carità. Vorrei dire al prete, ormai famoso e recidivo, don Paolo Farinella, che se negli ultimi duemila e venti anni tutti i suoi predecessori in ogni parte del mondo avessero seguito il suo esempio, tutte le chiese sarebbero rimaste chiuse, e ininterrottamente. Anzi non le avrebbero nemmeno edificate.
Perché l’egoismo, l’indifferenza, l’ingiustizia, le violenze, le guerre, le mafie, gli abusi e lo sfruttamento accompagnano e permeano la storia dell’uomo, prima, dopo Cristo e perfino durante, a Genova come nel resto del pianeta. Anche quando nacque Gesù era così; che vuoi festeggiare il Natale se c’è Erode che vuol massacrare il Neonato e c’è un popolo che poi lo condannerà a morte, su indicazione del sinedrio ed esecuzione dei romani?
Se per protesta contro il Male che c’è nel mondo noi sospendiamo il Bene, o ciò che perlomeno lo rappresenta, allora abbiamo consegnato il mondo al Male, in direttissima, senza contrastarlo. Abbiamo perso la speranza, non confidiamo nel miracolo, nella Divina Provvidenza, nei santi, negli angeli e nelle opere di bene. Lasciamo libero e indisturbato il campo alle forze del male.
Decisioni di questo genere rientrano in una specie di populismo clericale e mediatico di tipo sensazionalistico ben riassunto nella formula “Chiese chiuse, porti aperti”; un gesto così serve a lanciare come una star nei social il prete protestante (nel senso di protestatario), serve a far risaltare il protagonismo senile del parroco antagonista; serve a farlo sentire Anima Bella rispetto al Mondo Brutto e Cattivo. Ma queste scenate, stavo per scrivere scemate, non servono alla fede né ai fedeli, non servono alla Chiesa né alla comunità, non servono a fronteggiare il male e nemmeno ad arginarlo, a denunciarlo. Anzi mi ricordano quanti vogliono abolire le processioni e le feste patronali solo perché in alcuni luoghi del sud si insinuano nelle cerimonie esibizioni di mafia, ‘ndrangheta e camorra. Che facciamo, aboliamo la fede per impedire che la strumentalizzi don Calogero, abroghiamo il culto della Madonna e la devozione a Padre Pio per evitare che se ne impossessi don Rafé? Queste decisioni alla don Farinella scavano fossati nell’abisso; con l’illusione di denunciarli, li aggravano. Anzi, questi atti simbolici sono prove tecniche di eutanasia della cristianità, del cattolicesimo, e infine del cristianesimo. Una Chiesa chiusa è un messaggio cupo, un segno di morte spirituale, religiosa, evangelica. Una resa, una ritirata, un abdicare al suo ruolo di Magistra Vitae e di guida dei fedeli. Che la Chiesa poi chiuda e i porti si aprano è il segno della fine di una civiltà, la sostituzione della cristianità con i migranti, in larga parte islamici.
Lasciamo il bergoglismo stradale e portuale dei nostri giorni e trasferiamoci su un altro terreno, provando a vedere le cose dall’alto e da lontano. E qui ci imbattiamo in una visione terribile della cristianità.
Il cattolicesimo estinto da secoli, le tradizioni del suo culto perdute, le cattedrali come grandi carcasse di navi, anzi gigantesche conchiglie cesellate e arenate, svuotate della vita che le abitò e ormai incapaci di offrire, all’orecchio che si fosse chinato su di esse, quei suoi, quelle armonie, quel rumore vago di una volta; ridotte ormai a gelide reliquie da museo. Monumenti di una credenza dimenticata, come le rovine romane, le cattedrali sopravvivono ormai dissacrate e mute. Non celebrando più il sacrificio della carne e del sangue del Cristo, le chiese sono ormai senza più vita. Sono parole scritte nel 1904 da Marcel Proust che pubblicò questo suo scritto profetico su Le Figaro, immaginando la fine del cristianesimo e la morte delle cattedrali. Uno scritto che poi tradusse Cristina Campo e che mi è tornato in mente pensando a due cose accadute nei nostri giorni. Una è l’incendio che ha devastato la Cattedrale di Notre-Dame a Parigi lo scorso 15 aprile del morente anno domini 2019. L’altra sono le parole che ha detto il Papa prima di Natale, “Non siamo più nella cristianità”. Un segno funesto e una dichiarazione tremenda, perché pronunciata da un Papa, che sembrano confermare quel che Proust antevedeva, ma che ottimisticamente riteneva nei secoli a venire. Alla fine della cristianità dedicai molte pagine in un libro di un paio d’anni fa, Tramonti. Quel processo procede da lungo tempo, e si chiama secolarizzazione, e poi scristianizzazione; Bergoglio lo ha solo esplicitato e radicalizzato. Ma quella denuncia è in fondo anche un’autodenuncia. È la vittoria del tempo sull’eterno, del globale sullo spirituale, della Chiesa ridotta a crocerossa più che a crocifisso. La serrata della Chiesa da parte di un prete è figlia di quell’abdicazione, di quella perdita, di quel baratto tra la beatitudine eterna e il riscatto sociale, di quella riduzione della cristianità a mera umanità. E fa il paio con le chiese dove è possibile intonare Bella Ciao o schitarrare canzoni socio-mielose, ma non è possibile ascoltare Mozart…
Precorrendo un tema dei nostri giorni, Proust ammoniva che non si può cambiare destinazione d’uso alle chiese, l’aura del sacro non è commutabile; una chiesa non si salva che lasciandola a se stessa, alla sua identità originaria benché solitaria. Ite missa est, andate in pace.
MV, La Verità 27 dicembre 2019

Si riapre la mangiatoia dell'accoglienza I giallorossi stanziano 6mila euro a immigrato

Dal governo 8,3 milioni di euro per favorire l'integrazione dei nuovi arrivati

Roma Il governo giallorosso ripristina a tutti gli effetti la protezione umanitaria, abolita con il primo decreto Sicurezza, e mette in campo diversi programmi di aiuto destinati a quanti, stranieri con la scadenza del titolo a fine anno, sarebbero stati considerati clandestini.
Foto d'archivio
E invece, da adesso in poi, partiranno periodicamente progetti pertinenti a favorire l'integrazione e l'inclusione di quanti immigrati sono ritornati a essere titolari di protezione umanitaria. Anche con tanto di proroga su eventuali scadenze.
Peraltro il cambio di passo del governo giallorosso senza di fatto l'abrogazione della legge 113/2018 voluta da Matteo Salvini, viene anche legittimato dal Tar del Veneto che conferma, ai migranti richiedenti asilo prima dell'entrata in vigore del decreto Sicurezza, di mantenere la protezione umanitaria e avere il diritto all'accoglienza. Ed ecco che quello che sarebbe potuto essere un problema viene risolto con poche righe su una circolare. Quanto invece al proseguimento dell'accoglienza di costoro sono già pronte le risorse finanziarie.
Per i primi 1.400 stranieri appena sfornati dai centri di accoglienza è stato già predisposto il primo intervento: costa alle casse dell'erario 8,3 milioni (precisamente 8.296.880) e riguarda aiuti abitativi, lavorativi, sociali nonché l'accompagnamento amministrativo per orientarsi nella palude della burocrazia italica e sarà in vigore fino al 30 giugno 2020. Un supporto che, stando ai numeri vale circa 6.000 euro a immigrato. Una bella somma ma, a quanto scrive il Viminale sul documento per realizzarlo e motivarlo, questo progetto è per «prevenire il rischio di una emergenza sociale sul territorio a causa della cessazione delle misure di presa in carico sia delle persone ancora accolte che di quelle portatrici di specifiche vulnerabilità».
Affianco a queste considerazioni d'impatto collettivo ce ne sono alcune supportate da una precisa valutazione statistica. Il ministero dell'Interno stima che i prossimi progetti riguarderanno altri 3.820 stranieri ai quali nel prossimo trimestre sarà in scadenza il titolo per rimanere in Italia. Sicché, per non fare torto a nessuno, anche costoro verranno inseriti nei nuovi programmi di aiuto umanitario. Il costo? Quasi triplicato ovviamente: 22,6 milioni di euro.
Quello che invece lascia perplessi è il risultato dei progetti attuati: su 3.820 immigrati titolari di protezione umanitaria solo una sessantina stima il Viminale avranno trovato una soluzione abitativa autonoma e sempre tra questi, solo una sessantina risulteranno inseriti in un contesto lavorativo definito. Quanto agli altri, ossia la stragrande maggioranza, nella determinazione a procedere del dipartimento Libertà civili e immigrazione, non v'è una risposta adeguata. Niente di più facile però che nuovi progetti verranno aggiornati e altri fondi verranno elargiti.
Del resto non è nuovo il Viminale a integrazioni e addendum. Negli ultimi giorni il Consiglio italiano per i rifugiati, l'organizzazione umanitaria nata nel 1990 e presieduta da Roberto Zaccaria, è stata destinataria di un incremento di denari pari a 900 mila euro per realizzare un programma che favorisca i rimpatri volontari assistititi (Rva). La onlus già aveva ricevuto ben oltre un milione di euro per il progetto qualche mese fa ma poiché «ha rappresentato di voler richiedere un ampliamento del target numerico dei destinatari di Rva previsti dalla proposta originaria in considerazione della crescente domanda di Rva nonché del numero di richieste registrate in piattaforma» si è arrivati a elargire fino a 2.024.970.
Una misura che potrebbe essere quanto mai discutibile visto che per accedere ai fondi ministeriali si partecipa all'apposito bando di gara. Già, curioso. In questo caso invece si potrebbe avanzare, per il convenuto, un pagamento a piè di lista.

MCCARRICK, TRE PAPI, I SOLDI, IL POTERE. IL WASHINGTON POST.

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ho letto con attenzione l’articolo che il Washington Post ha dedicato ai soldi che l’ex cardinale McCarrick elargiva a prelati, nunzi e anche – a quanto sembra – a pontefici. Vi consiglio di leggerlo nell’originale; se non padroneggiate bene l’inglese provate a tradurlo con uno dei sistemi di traduzione automatica della rete. Va letto nella sua interezza; altrimenti si rischia di non capire.
E soprattutto bisogna capire che immediatamente alcuni fra i giornalisti bergoglisti più sfegatati hanno profittato dell’occasione per vantare il fatto che mentre McCarrick avrebbe inviato denaro a Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI, non c’è nessun assegno a nome di Jorge Mario Bergoglio. Cioè, hanno cercato di gettare un po’ – o tanto – fango su Wojtyla e Ratzinger.
E non si accorgono che in questo modo rafforzano la convinzione di uno stretto legame fra i due: McCarrick manda soldi per guadagnarsi la simpatia di chi non gli è amico, o non lo è ancora. Un tentativo di conquistare benevolenza. McCarrick non ha bisogno di conquistarsi la benevolenza di papa Bergoglio, che subito dopo l’elezione lo libera dai legami imposti da Benedetto XVI. E che si sdebita certamente facendo sì che la Papal Foundation di cui è fondatore e presidente risponda positivamente alla richiesta personale del Pontefice di un finanziamento gigantesco (25 milioni di dollari richiesti, poi ridotti sensibilmente) per finanziare l’IDI, l’Istituto in fallimento.
La lettura dell’articolo è interessante, e mi ha suggerito alcune riflessioni.
La prima è che McCarrick ha ricevuto sul suo conto personale e gestito solo da lui nell’arco di una quindicina di anni oltre sei milioni di dollari da numerosi donatori. E che la maggior parte di questi soldi sono stati devoluti a opere caritative. Senza voler prendere le difese di nessun, e tantomeno di McCarrick, non c’è dubbio che questo testimonia a suo favore.
Circa seicentomila dollari sempre in quell’arco di tempo sono invece andati a prelati a Roma e altrove.
Sarei curioso di sapere chi ha preso quelli destinati a Giovanni Paolo II, che non ha mai posseduto un conto in banca: né quando era vescovo a Cracovia, e nemmeno da papa, come è risultato evidente dalle sue ultime volontà.
È molto probabile che quei soldi siano confluiti nell’Obolo di San Pietro, gestito, come sappiamo, dalla Sezione Economica della Segreteria di Stato. E credo – visto il tenore di vita che conduceva da papa, e ora da papa emerito, che una sorte analoga abbiano avuto le donazioni a Benedetto XVI.
Una cosa è sicura. Se McCarrick aveva cercato di rendersi amico papa Ratzinger, non ha avuto successo. Non bisogna dimenticare – cosa che i colleghi super-bergoglisti fanno volentieri – che è stato proprio Benedetto XVI, a chiedere, con una lettera privata ma ufficiale inviata non solo a lui ma anche all’arcidiocesi di Washington, di abbandonare il seminario dove viveva, di condurre una vita ritirata di preghiera, e fuori dall’attività pubblica, e di non viaggiare. Che McCarrick, con la complicità dell’allora arcivescovo, Wuerl, e probabilmente della Segreteria di Stato vaticana, abbia spesso eluso questi obblighi, è un altro discorso. Ma resta il fatto che Benedetto XVI ha agito nei suoi confronti, e che papa Bergoglio lo ha liberato da quei legacci mandandolo come suo rappresentante personale in giro per il mondo.
Nonostante che nel famoso colloquio del 23 giugno 2013 mons. Viganò, su sua esplicita richiesta, gli avesse detto chiaramente con chi aveva a che fare. E sottolineiamo: su sua esplicita richiesta, non per iniziativa dell’allora nunzio a Washington. È un peccato che la centralina di registrazione che il Pontefice si porta addosso da agosto scorso non fosse già operativa all’epoca…potremmo avere un verbale dell’incontro.
E questo nella storia di McCarrick, resta il punto nodale. Perché un’azione di limitazione dei danni, tardiva (il Washington Post ricorda gli allarmi lanciati precedentemente, e in particolare l’azione di Viganò, allora in Segreteria di Stato) ma comunque adottata è stata nei fatti sconfessata dal papa successiva a quello che l’aveva presa.
Resta, ovviamente, la sorpresa nel vedere che – secondo quanto ha dichiarato il card. James Harvey – è abituale che fra prelati ci si facciano doni in denaro. E che indipendentemente dal caso McCarrick questa sia, o fosse, una prassi. Devo dire che l’unica, piccola consolazione, in questa vicenda miserevole, è che la maggior parte dei soldi ricevuti privatamente da McCarrick sono andati in reali opere di bene. E che probabilmente anche i 380mila dollari che sarebbe stati inviati ai papi hanno fatto una fine analoga, nell’Obolo di San Pietro.
Nei prossimi mesi dovrebbe uscire il rapporto della Santa Sede sul card. McCarrick. Questa anticipazione, uscita non si sa da dove (ma i documenti sul conto corrente fanno parte del materiale inviato alla Santa Sede) fa capire quale sarà, probabilmente, la strategia del regime. Una chiamata di correo così estesa che alla fine nessuno sarà colpevole, o al massimo un qualche capro espiatorio…ma il nodo resta sempre quello: qualcuno aveva agito, contro il colpevole, e qualcun altro ha disfatto la tela. Perché? Vecchie amicizie? Un debito elettorale (peraltro rivendicato da McCarrick)? Appartenenza alla stessa lobby che ha portato al Soglio di Pietro Jorge Mario Bergoglio?
Marco Tosatti
28 Dicembre 2019 Pubblicato da  5 Commenti --



Finisce un anno surreale, il 2020 non sarà da meno


Il 2019 volge al termine e, come sempre, è tempo di bilanci. Quello che finisce è stato un anno straordinario. Nella politichetta italiana, è stato l’anno delle più mirabolanti giravolte politiche, dei trasformismi, dei poltronismi e... dei tradimenti. Il 2019 che ci lascia è stato l’anno degli scafisti osannati come salvatori della patria e di pirati applauditi dal parlamento europeo. È stato l’anno di Santa Greta protettrice delle barche a vela; l’anno delle proteste di piazza contro l’opposizione (?) sotto il nome di un movimento dal ridicolo nome ittico; l’anno dei “200 messaggi di odio al giorno” nei confronti della senatrice Liliana Segre rivelatisi una notizia inventata di sana pianta; l’anno della marcia di Radetzky epurata perché nazista; l’anno di “si sono pentiti della Brexit” e poi alle elezioni stravince Boris Johnson con la sua turbo-Brexit; l’anno del “cardinale elettricista” e della sbandata presa da porporati vaticani per un noto idolo sudamericano; l’anno della ennesima rivelazione di Eugenio Scalfari sulla personale concezione della fede di Bergolio («Gesù di Nazareth, una volta diventato uomo, sia pure un uomo di eccezionali virtù, non era affatto Dio») e la simpatica scrollata di spalle del papa sull’accusa di eresia mossagli da più parti: «La prendo con umorismo».

Insomma: il 2019 è stato un anno fantastico, e certamente la piccola carrellata di perle e di situazioni memorabili appena elencata è soltanto parziale. Salutando quest’anno meraviglioso che ci lascia, è legittimo domandarci se dal 2020 possiamo attenderci altrettanto. Ahinoi, temiamo di sì. Perché pare che i fenomeni surreali appena accennati siano tutt’altro che passeggeri. Santa-Greta-orapronobis e i suoi adepti continueranno a fracass… ricordarci con pacatezza, garbo e soprattutto la ben nota competenza che dobbiamo rottamare i nostri mostruosi pandini inquinanti, che dobbiamo ridurre a zero le emissioni di anidride carbonica e altre amenità, dimenticando che Cina ed India e in generale i paesi in via di sviluppo inquinano come se non ci fosse un domani. Ma a loro nessuno fracass… ricorda con pacatezza, garbo e la ben nota competenza che inquinare è brutto brutto brutto e che ci hanno rubato il futuro.

Nella nostra disastrata Italia pare che la pantomima politica continuerà ancora a proporci i consueti campioni di trasformismi e di manifestazioni di piazza senza un perché; dai girotondini al popolo viola, fino all’attuale movimento sardinesco, in Italia siamo specialisti nello scendere in piazza per la fuffa, mentre per questioni che davvero riguardano il futuro e l’indipendenza della nazione nessuno batte ciglio.

C’è poi la strampalata deriva ideologica, per cui a 75 anni dalla fine della guerra, il nazismo e il fascismo sono tornati di grande attualità. Un po’ come i dinosauri, che a 65 milioni di anni dalla loro estinzione sono diventati un fenomeno di massa con i cartoni animati dei bambini e il film-kolossal. Solo che, a differenza dei dinosauri, nell’anno del Signore 2019 c’è gente che vede fascismo e nazismo dappertutto e che pretende di epurare, tagliare, cancellare anche la storia.

Nella Chiesa, ahinoi, siamo messi talmente male che ogni commento è superfluo. Ma siamo messi male da almeno mezzo secolo, dall’epoca dalla artistica interpretazione del Vaticano II, e non è difficile immaginare che le cose, al posto di migliorare, continueranno a peggiorare. A meno che non siano i cattolici, in prima fila, a cambiare le carte in tavola. Il cattolicesimo ha cambiato il mondo. Nell’attuale contesto di demenziale dissoluzione, può tornare a cambiarlo. Ma dipende da noi.
di Giorgio Enrico Cavallo
http://campariedemaistre.blogspot.com/2019/12/finisce-un-anno-surreale-il-2020-non.html

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.