ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 8 dicembre 2019

Un nuovo stile di comunicazione

Famiglie ferite e ospedali da campo
 La neolingua della neochiesa





Cosa c’è di meglio di un linguaggio astruso, ambiguo, fumoso, per anestetizzare il gregge di Cristo, in modo che non si renda conto di dove lo stanno conducendo? Ad esempio parlare di “accompagnamento delle fragilità”, senza specificare la destinazione, senza precisare se trattasi di peccati mortali, per i quali senza pentimento e ravvedimento non c’è salvezza eterna, oppure di pinzillacchere, per dirla alla Totò; inoltre, senza portare seco precetti, comandamenti, stili di vita virtuosi, in una parola la dottrina cattolica bimillenaria, con l’invito alla conversione, al pentimento ed  alla cessazione di comportamenti contrari alla legge di Dio; ciò poiché tali precetti sarebbero niente di meno che vere e proprie pietre scagliate conto persone fragili e indifese, anzi povere famiglie ferite (!?).





Già nell’ormai lontano 2011 gli ottimi apologeti cattolici Gnocchi e Palmaro (R.I.P.) così si esprimevano al riguardo “un mondo cattolico che ha depotenziato il proprio linguaggio a scopo di dialogo, fino a mutarne termini e significati … parroco diventa operatore pastorale, messa diventa cena, autorità diventa servizio” (“La bella addormentata”, pag. 174, Vallecchi editore, 2011- https://www.hoepli.it/libro/la-bella-addormentata-/9788884272287.html); niente da meravigliarsi, quindi, se la natura umana corrotta dal peccato originale diventa “fragilità” e le colpe coscientemente commesse divengono “ferite”.
Sempre secondo i suddetti autori “Prima del Concilio, la Chiesa si esprimeva in modo apodittico … con il Concilio Vaticano II si inaugura un nuovo stile di comunicazione, nel quale la sintassi si allunga e la lettura si fa, insieme alla comprensione, più faticosa … E’ a causa di questo modo  di esprimersi verboso e ambiguo che nel postconcilio si è consolidato un catechismo fumoso e inconsistente” (ibid, pag. 181), ragion per cui, concludevano  “E’ dunque un fatto che dopo il CV II il catechismo, fatte salve le solite eccezioni, no insegni nulla di preciso” (ibid, pag. 182).

Non solo il catechismo, però, ma anche la pastorale, nel nostro caso la pastorale familiare che, anziché edificare e confermare nella fede, semina dubbi e confusione.
Infatti, la sciropposa definizione di “famiglie ferite” induce a ritenere che altri siano i responsabili del ferimento, e non gli stessi componenti di tali famiglie. Ferite da chi, quindi, tali famiglie, se non da colui/lei che scioglie il vincolo coniugale, cioè da loro stessi? Con il solito mantra della  “pastorale dell’accompagnamento”  si compie solamente un  mieloso esercizio di pelosa carità, dato che l’unico e solo rimedio per chi si è autoferito, è quello di ristabilire lo stato legittimo originario e precedente.

Già in tempi non sospetti, nel 1966,  il “toscanaccio” Giuseppe Prezzolini, dichiaratamente ateo ma dotato di una saggezza e di un acume non comuni, affermava  “Sotto la spinta del Concilio Vaticano II si sta procedendo alla liquidazione della religione”. Ancor più profetico il suo giudizio sul dialogo interreligioso, ecumenico, risalente addirittura al 1950 : “L’interfede è l’apologia della tiepidezza religiosa, cioè la contraddizione della religione. Le religioni assumono di dare all’uomo il senso della  verità assoluta. In scienza si può dubitare. In filosofia si deve discutere. Ma in religione, no; se no, la religione stessa se ne va”.
https://www.aldomariavalli.it/2019/12/05/prezzolini-e-la-chiesa-
ovvero-le-profezie-di-un-ateo-che-aveva-capito-tutto/

L’occasione di queste riflessioni ci è fornita da un articolo del settimanale diocesano bellunese “L’amico del popolo”, contenente il resoconto dell’incontro tenutosi lo scorso primo dicembre a Belluno tra il vescovo mons. Renato Marangoni ed un gruppo di “famiglie ferite”,  alle quali il presule desiderava porgere le proprie scuse per come tali coppie sono state trattate in passato dalla Chiesa Cattolica; di questa singolare iniziativa abbiamo già parlato nel nostro precedente articolo dal titolo “Tante scuse … di nuovo tante scuse” (http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV3265_Catholicus_Tante_scuse.html).




All’uscita della lettera del vescovo, un sacerdote della diocesi di Belluno, don Floriano Pellegrini, ha coraggiosamente pubblicato un articolo in cui criticava severamente l’operato di mons. Marangoni. A parer suo, infatti,  la lettera  in questione  sarebbe  “un capolavoro di falsità, sorprende e indigna”, poiché, afferma questo sacerdote bellunese, il vescovo “deve chiedere scusa ai preti. Deve capire che ha offeso noi preti e chieder scusa a noi, dal profondo, per averci accusato di aver mancato di carità e di saggezza pastorale” “Chiede scusa perché abbiamo per un lungo tempo dichiarato che non potevate essere pienamente ammessi ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia”,  soggiunge, rivolto idealmente alle coppie irregolari, precisando subito però “non è forse questa la dottrina della Chiesa di sempre? Come preti, non siamo stati degli stupidi ma degli obbedienti al Vangelo e il Vangelo parla chiaro. Al contrario, il vescovo doveva incoraggiare e ringraziare i preti per quanto fatto: ma non si rende conto che è facile fare i buonisti e difficile e doloroso dover dire a volte dei no? Ma per il Marangoni, che pure ha studiato teologia come tutti noi, non esiste più il peccato? Glielo chiedo, perché non ne parla più, parla solo di ferite psicologiche… Poveri noi! ”
Piccata e risentita la conclusione dello sfogo di don Floriano “Il vescovo Marangoni, perciò, DEVE capire che ha offeso noi preti, a parte i soliti lecchini, e chieder scusa a noi, dal profondo, per averci accusato di aver mancato di carità e di saggezza pastorale, quando invece si è sempre cercato, riuscendoci più o meno, di essere dei veri sacerdoti!
http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/
chiesa-cattolica/8113-deve-chiedere-scusa-ai-preti

Tornando al resoconto dell’incontro pastorale del primo dicembre, pubblicato dal settimanale “L’amico del Popolo”, vediamo alcuni passi significativi :
Scusate? Ma perché solo ora? – chiede don Renato – perché i tempi si sono fatti maturi”, e ancora “la religione non deve mai prevalere sulla vita … Gesù ha sempre liberato e mai legato … la parola di Gesù è focalizzata a liberare la vita da ogni peso sacrificale, compreso quello religioso. Non si tratta di mortificare la vita sotto la frusta di una legge inumana e patibolare”.
Prosegue poi il presule “siamo chiamati a scolpevolizzarci … grazie se avete l’amore e la pazienza per aiutare noi a non girare la faccia dall’altra parte, come auspica il sogno di papa Francesco”.
Illuminante l’ultima domanda retorica che si pone mons. Marangoni, ponendosi nei panni delle cosidette “famiglie ferite”  “perché la Chiesa è stata così dura con noi?... perché ancora siamo ottusi nel comprendere il Tuo messaggio, Gesù; e non abbiamo ancora accolto il tuo pieno abbraccio di misericordia”.

Com’è possibile affermare che Gesù abbia inteso “liberare la vita da ogni peso sacrificale, compreso quello religioso” per “Non … mortificare la vita sotto la frusta di una legge inumana e patibolare”, e non vedere come una simile affermazione contraddica in pieno le parole di Cristo “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno.” (Lc, 13, 24) e poi,  “Il mio giogo è soave ed il mio peso è leggero” (Mt, 11, 30) ?
“siamo chiamati a colpevolizzarci” afferma inoltre mons. Marangoni, ma quando mai si è udito un vescovo parlare in tal modo? I più grandi santi della Cristianità hanno infatti sempre confessato di sentirsi peccatori e di aver bisogno del perdono di Dio; oggi, invece, poiché “perché i tempi si sono fatti maturi” i prelati moderni (o meglio modernisti) hanno finalmente capito che “la religione non deve mai prevalere sulla vita”.




Ma la rottamazione del peccato dell’adulterio la si riscontra  innegabilmente quando il clero modernista cita il passo del Vangelo di San Giovanni relativo all’adultera  (Gv, 8, 10-11), perché oggigiorno papi, vescovi e preti lo citano a modo loro, senza la parte finale, cioè così “Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?» Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch’io ti condanno”, omettendo la parte finale “va’ e d’ora in poi non peccare più”. In tal modo cercano di far passare il concetto che Gesù non condanna nessuno e non impone nessun “peso sacrificale, compreso quello religioso”, come sostiene il vescovo di Belluno.

Concludendo, notiamo come siano state finalmente cestinate le parole di Cristo “ciò che Dio ha unito, l’uomo non divida” (Mt, 19, 7) ma purtroppo, come dicevamo nel nostro precedente articolo, questa Chiesa in uscita ha sbagliato strada e si ostina a non volerlo riconoscere, orgogliosamente e superbamente, proseguendo sulla via larga e a scorrimento veloce che invece di condurre alle porte del Paradiso conduce a ben diversa e più tenebrosa destinazione e, ciò che è peggio, trascinando con sé il gregge affidatole da Nostro Signore Gesù Cristo.
Non ci rimane che sperare che l’Immacolata, di cui si celebra domani la solenne ricorrenza, illumini la mente e riscaldi i cuori di questo clero, così come fece, a Roma, con Alfonso Ratisbonne a  Sant’Andrea delle Fratte e con Bruno Cornacchiola alle Tre Fontane.



di Catholicus
 

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