ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 8 dicembre 2019

L’obiettivo dei modernisti travestiti da cattolici

FONTI DELL'INDIGENISMO GESUITA




Pachamama o le fonti dell’indigenismo dei gesuiti. I Gesuiti al timone della Chiesa? Tra Marxismo, Teologia della liberazione e lo sdoganamento dei "Culti indigeni" in vista della creazione di un "Sincretismo" cattolico-pagano 
di Francesco Lamendola  
  
 http://www.accademianuovaitalia.it/images/gif/000-TRISNUOVO/000-MONACO_ROSSO_SUPER.gif 

L’improvvisa e sconcertante apparizione di Pachamama sulla ribalta del cattolicesimo, l’adorazione di questo brutto idolo pagano da parte di esponenti della gerarchia e l’ossequio, se non la venerazione, verso di esso mostrato perfino dal pontefice romano (o meglio da colui che si spaccia per tale) ha rivelato, di colpo, l’estensione e la profondità del fascino inquietante e blasfemo che il paganesimo indigeno del Sud America esercita su settori non piccoli della chiesa cattolica, partendo da quella tedesca. 

Tedesca, infatti, è la regia del sinodo per l‘Amazzonia dell’ottobre 2019; tedesca, anzi austriaca, è la sua eminenza grigia, il vescovo Erwin Kräutler (benché naturalizzato brasiliano), quello che si vanta di in aver convertito né battezzato un solo indigeno nell’arco di quarant’anni di “missione”; e tedesca la volontà di servirsi del sinodo per operare dall’interno uno scardinamento della disciplina, della pastorale e della stessa dottrina cattolica, introducendo il matrimonio per i sacerdoti, il sacerdozio o almeno il diaconato femminile, e sdoganando i culti indigeni in vista della creazione di un sincretismo cattolico-pagano. Così come tedeschi sono in gran parte i finanziamenti che giungono in Vaticano dalle Conferenze episcopali, delle quali la più ricca è, di gran lunga, quella tedesca, cosa che evidentemente le dà l’audacia di dettare lei la linea pastorale e dottrinale, come il cardinale Marx non si stanca mai di evidenziare, anche in tema di normalizzazione e piena accettazione della sodomia.

 http://www.accademianuovaitalia.it/images/ULTIME/0000-PACHAMAMA_2.jpg
Perché tirar fuori proprio un idolo sconcertante e repulsivo come Pachamama, con il corpo nudo, il ventre gravido e il feto dipinto come se fosse visibile: ma chi sarà il nascituro?, non cero il divino Bambino, Gesù Cristo!

Resta, tuttavia, una domanda: se l’obiettivo dei modernisti travestiti da cattolici è di realizzare il sogno di Ernesto Buonaiuticambiare Roma con Roma, ossia fare in modo che l’apostasia della chiesa parta dal vertice della chiesa stessa, che bisogno c’era di pescare i materiali dell’eresia programmata e pianificata da un fondo di magazzino così remoto e improbabile? Perché questi vescovi massoni e anti-cattolici non hanno messo le carte in tavola in Europa, servendosi di argomenti europei, come la necessità di proseguire e approfondire il dialogo con il mondo moderno, che poi è il loro mantra preferito; perché prendere argomenti e provocazioni dal paganesimo dei popoli indigeni sudamericani? Insomma: perché tirar fuori proprio un idolo sconcertante e repulsivo come Pachamama, con il corpo nudo, il ventre gravido e il feto dipinto come se fosse visibile: (ma chi sarà il nascituro?, non cero il divino Bambino, Gesù Cristo). La quale Pachamama, parola che significa Madre terra e quindi è la dea dell’agricoltura e della fertilità, oltretutto non è neppure una divinità amazzonica, bensì andina, e ha tuttora i suoi attardati adoratori nella regione posta a cavallo fra Bolivia e alto Perù, terra d’origine del popolo quechua, fondatore dell’antico impero incaico, e del popolo aymarà E perché il Sud America, poi? Perché non attingere ad altre tradizioni e altre religioni del Sud del mondo, quelle dell’Africa o dell’Asia, per esempio, le quali, bene o male, sono già un po’ meno lontane dalla nostra mentalità e dalla nostra sensibilità europea? Partiamo da quest’ultima domanda.

 http://www.accademianuovaitalia.it/images/ULTIME/0000-ribera_2.jpg
Dall’America Latina viene la teologia della liberazione, massimo cedimento della teologia cattolica al marxismo!

Molti di noi tendono a dimenticarsi che da anni la maggior parte dei cattolici del mondo non vive più in Europa, ma in America Latina, fra il Rio Grande e Capo Horn: dal Messico all‘Argentina e al Cile; senza contare il fatto, non certo trascurabile, che il pontefice oggi regnante (peraltro illegittimamente) è un sudamericano. E dall’America Latina viene la teologia della liberazione, massimo cedimento della teologia cattolica al marxismo, dal quale mutua tutta l’impalcatura generale dell’analisi economica e sociale, tradendo, così, sia il Magistero che l’autentica dottrina sociale cattolica. Ma perché la teologia della liberazione è nata proprio in questa parte del mondo, e non, poniamo, in Africa o in Asia, dove pure il colonialismo e il neocolonialismo hanno agito in profondità nelle strutture sociali e culturali e dove l’intensità dello sfruttamento dei poveri da parte dei ricchi raggiunge un’evidenza anche maggiore? Riteniamo che la ragione principale sia la potenza e il radicamento che l’ordine dei gesuiti ha raggiunto in America Latina. Ovunque sono arrivati, sin dalla loro fondazione, i missionari gesuiti si sono contraddistinti da un lato per il loro zelo e il loro spirito d’intraprendenza, dall’altro per la loro spiccata tendenza a far parte per sé, a isolarsi dagli altri ordini religiosi e ad agire come se la chiesa cattolica fosse tutt’uno con loro, ed essi con lei. Ovunque seguirono la strategia di predicare il Vangelo in modo tale da non urtare frontalmente gli usi e le credenze locali; ogni volta che fu possibile, permisero che la gente seguitasse a praticare le sue vecchie cerimonie, pur accettando di farsi battezzare e divenire formalmente cristiana. Per i gesuiti, l’importante era espandersi in ogni regione e in ogni strato sociale, dai più umili ai più potenti, sfruttando ogni occasione e non lasciandosi imbarazzare da compromessi e calcolate ambiguità. Ma le ambiguità c’erano, e alla fine esplosero: ciò accadde sia in India che in Cina, per la questione dei riti locali – riti mala barici e riti cinesi - che essi tolleravano accanto alle pratiche della fede cattolica, ma che gli altri ordini missionari, specialmente i francescani e i domenicani, giudicavano in tutt’altro modo. La cosa fu portata a Roma presso il papa Gregorio XV, ma la decisione definitiva arrivò solo nel 1742, allorché Benedetto XIV, con la bolla Ex quo singulari, decise in favore dei domenicani, imponendo ai gesuiti di attenersi alla maniera tradizionale di evangelizzare; non solo: fissò 16 punti precisi cui tutti i missionari si dovevano attenere, e impose un giuramento in tal senso, che ricorda per certi versi quello antimodernista voluto da san Pio X nel 1910.

 http://www.accademianuovaitalia.it/images/ULTIME/0000000-SCACCO_GESUITA.jpg
I gesuiti hanno preso in prima persona il timone della chiesa, sorvolando sull’insignificante dettaglio che ciò viene escluso in maniera esplicita del loro stesso statuto! Ottenendo così non solo di poter seguitare per la loro strada incuranti di critiche e opposizioni (l’ultima seria opposizione che dovettero affrontare era stata quella di Giovanni Paolo II, che dopo averli commissariati giunse a un passo dalla decisione di scioglierli), ma addirittura di riformare la dottrina oltre che la pastorale!

La vicenda si era trascinata così a lungo perché i gesuiti avevano puntato i piedi e, a un certo punto, avevano addirittura attuato una specie di sciopero missionario, sospendendo l’amministrazione dei sacramenti, poiché sostenevano che, se si fosse adottata la linea di Roma, evangelizzare i popoli indigeni sarebbe divenuto impossibile. Già allora essi avevano assunto una posizione di superiorità rispetto agli altri ordini religiosi, i quali negavano una cosa del genere; atteggiamento che non li avrebbe più abbandonati e che riemerse, in tempi a noi vicini, col padre generale Pedro Arrupe, basco, gran fautore della teologia della liberazione, della chiesa dei poveri e della critica radicale, di segno marxista, all’ordine sociale ed economico esistente. Ma con padre Arrupe torniamo in Sud America: ci resta da spiegare perché qui, e non già in India o in Cina, e neppure in Africa, ha preso corpo la fascinazione missionaria nei confronti del primitivo, dell’esotico e del barbarico, che da ultimo abbiamo visto riemergere e trionfare nel grottesco culto della dea Pachamama durante i lavori del sinodo per l’Amazzonia, sotto l’occhio compiaciuto del signor Bergoglio. La spiegazione ci pare questa: in America Latina, e non altrove, i gesuiti raggiunsero un grado di potenza e di  autonomia quale mai ebbero nelle altre terre di missione. In particolare, durante l’esperimento delle reducciones del Paragay, nelle quali erano pressoché liberi di costruire una teocrazia del tutto autonoma da qualsiasi altro potere o interferenza, si abituarono a gestire le questioni indiane come se loro fossero la suprema istanza in fatto di pastorale missionaria, e si ritagliarono quel grado di libertà che non avevano potuto avere, o conservare, in India e in Cina. Le reducciones vennero chiuse per le manovre della massoneria portoghese nella seconda metà del XVIII secolo e lo stesso ordine dei gesuiti venne sciolto, ma l’esperienza era rimasta e aveva lasciato un profondo ricordo sia nelle popolazioni indigente, sia nei gesuiti stessi. La teologia della liberazione, più tardi, non ha fatto altro che riprendere e rivitalizzare una sensibilità e un orientamento missionario che avevano le loro radici nei tempi in cui l’ordine di Sant’Ignazio era una vera e propria potenza secolare, e le reducciones, per certi aspetti, erano degli Stati veri e propri, prosperi e ben amministrati. Abituati a far da sé, a decidere da sé, e a considerare una sciagura l’intervento del pontefice nella loro linea pastorale, i gesuiti hanno fatto il passo successivo e in fondo il più logico: quello di prendere in prima persona il timone della chiesa, sorvolando sull’insignificante dettaglio che ciò viene escluso in maniera esplicita del loro stesso statuto, e di ottenere così non solo di poter seguitare per la loro strada incuranti di critiche e opposizioni (l’ultima seria opposizione che dovettero affrontare era stata quella di Giovanni Paolo II, che dopo averli commissariati giunse a un passo dalla decisione di scioglierli), ma addirittura di riformare la dottrina oltre che la pastorale. Cosa che hanno cominciato a fare col Concilio Vaticano II, allorché sono riusciti a sostituire al tomismo la teologia di Karl Rahner nei seminari e nelle facoltà teologiche. Quanto all’America Latina come scenario della svolta, non si dimentichi la sopravvivenza, colà, di un mito tenace: che le società precolombiane fossero un paradiso in terra prima dell’arrivo dei bianchi e che pertanto quel modello abbia molto da insegnare in fatto di giustizia sociale, rispetto delle risorse naturali e tutela dell’ambiente.

 http://www.accademianuovaitalia.it/images/ULTIME/000-lawrence_libro.jpg
 David Herbert Lawrence scrisse nel 1924 la sua opera più strana e intrigante, Il serpente piumato (The Plumed Serpent, 1926)

Pachamama o le fonti dell’indigenismo dei gesuiti


di Francesco Lamendola

 continua su:



Vedi anche:
 http://www.accademianuovaitalia.it/images/gif/stati-persone/0-fissi-piccoli-bandiere/0-clicca-qui.gif
Radici psicologiche e culturali del neoprimitivismo - LE RADICI DEL NEOPRIMITIVISMO



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.