Card. San John Henry Newman
Card. San John Henry Newman
Nella lettera canonica di San Giuda si legge:
«Carissimi, avevo un gran desiderio di scrivervi riguardo alla nostra salvezza, ma sono stato costretto a farlo per esortarvi a combattere per la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte» (Gd 3).
Al contrario, il Padre Alberto Maggi recentemente ha asserito:
“La dottrina della Chiesa è in evoluzione, non è qualche cosa stabilito una volta per sempre” (vedi qui)
Per giustificare posizioni analoghe a quella espressa da Alberto Maggi, spesso si fa riferimento all’autorità del beato Card. John Henry Newman, e in particolare al suo trattato “Lo sviluppo della dottrina cristiana” (1845), scritto in coincidenza con la sua definitiva conversione alla Chiesa Cattolica. Di questo trattato, o di altri scritti di Newman sull’argomento, si è soliti citare frasi quali: «Lo sviluppo [growth] è la sola evidenza della vita»; ovvero: «Vivere significa cambiare, ed essere perfetti significa aver cambiato spesso».
In realtà queste citazioni sembrano confermare l’idea che la dottrina della Chiesa sia «in evoluzione», cioè in uno stato di sostanziale mutabilità, soltanto perché sono avulse dal contesto. Il vero pensiero di Newman può essere bene illustrato da un parallelo che egli suggerisce, nel trattato sopra ricordato, tra lo sviluppo dottrinale della fede e il mistero dell’incarnazione, come viene espresso dall’antica liturgia della Chiesa in un’antifona del tempo di Natale. Vi si legge: «Deus homo factus est; id quod fuit, permansit, et quod non erat, assumpsit». Il trattato di Newmn presenta lo sviluppo dottrinale della Chiesa proprio in questa prospettiva: la Chiesa rimane se stessa e, senza mutare la propria dottrina, assume nuove prospettive e apre nuovi orizzonti. Al contrario, molti moderni seguaci dell’evoluzione della dottrina cristiana sembrano voler mutilare l’antico dettato liturgico, fino a sostenere una dottrina contraddittoria, espressa dalla formula monca: «Quod non erat assumpsit». Per poter assume qualcosa, prima bisogna esistere, e per esistere bisogna avere un’identità ben definita. Chi non ha un identità, assumendo altro da sé, si dissolve nel nulla.
È molto opportuno ricordare oggi, di fronte a certe prese di posizione, la pagina finale de “Lo sviluppo della dottrina cristiana” del Beato Newman. Da essa il senso del suo pensiero appare in modo inequivocabile e rigorosamente contrario alle nuove tendenze. Lo riportiamo integralmente in traduzione italiana.
Il salmista dice: «Ci ha fatto passare per il fuoco e l’acqua» (Sl 65, 12), e non è possibile immaginare tribolazioni più violente e svariate di quelle da cui il cattolicesimo è uscito illeso, come dal Mar Rosso o dalla fornace di Babilonia. Nei primi secoli vi furono le crudeli persecuzioni dell’impero pagano; seguì la sua improvvisa conversione, la libertà per il culto cristiano, lo sviluppo del culto dei santi e l’accoglimento del monachesimo nel sistema ecclesiastico. Venne poi l’invasione dei barbari e l’occupazione dell’orbis terrarum, da parte loro dal nord e da parte dei saraceni dal sud. Frattanto l’ansiosa controversia, protrattasi a lungo, sull’incarnazione incombeva come una terrebile malattia sulla fede della Chiesa. Sopraggiunse il tempo di una fitta oscurità e, in seguito, due grandi lotte con le potenze del mondo, una con il suo potere materiale, l’altra con il suo potere intellettuale, che si conclusero con la monarchia ecclesiastica e con la teologia delle scuole. E infine vennero i grandi cambiamenti derivanti dalle controversie del sedicesimo secolo. È concepibile che una qualsiasi di quelle eresie di cui abbonda la storia ecclesiastica attraversasse la centesima parte di queste traversie e ne uscisse pressoché immutata rispetto a ciò che era prima così come ha fatto il cattolicesimo? Avrebbe potuto una teologia come quella ariana perseverare nel contesto scolastico? O il montanismo avrebbe potuto tollerare di possedere il mondo senza addivenire ad una crisi e fallire? E il sistema manicheo, avrebbe potuto sfuggire alla manifestazione della sua stupidità, in quanto religione, se fosse stato condotto ad un conflitto con i barbari dell’impero o con il sistema feudale?
Un analogo contrasto si manifesta nei rispettivi effetti e svolgimenti di certi principi o usi che, come si sono introdotti nel sistema cattolico, così si sono visti all’opera anche in altre situazioni. Quando un sistema è realmente corrotto, allorché agenti potentemente efficaci vengono applicati ad esso, essi non fanno che sviluppare maggiormente la sua corruzione e condurlo più speditamente alla fine. Lo stimolano con un’energia superiore alla sua natura ed esso mette in azione la sua forza e soccombe con qualche atto memorabile. Molto diversa è stata la storia del cattolicesimo quando si è lasciato esporre a tali formidabili influenze. Esso ha sopportato, e può sopportare, principi e dottrine che in altri sistemi di religione rapidamente degenerano nel fanatismo o nell’infedeltà. Ciò si potrebbe dimostrare dettagliatamente nella storia della filosofia aristotelica dentro e fuori la Chiesa, o nella storia del monachesimo, o del misticismo. Non che non ci sia stato all’inizio un conflitto tra questi elementi potenti e ribelli e il sistema divino in cui essi si stavano introducendo, ma il conflitto finì con la vittoria del cattolicesimo. La teologia di San Tommaso, anzi della Chiesa del suo tempo, è costruita su quello stesso aristotelismo che i primi Padri denunciano come la fonte dell’errore, e in particolare delle eresie ariana e monofisita. Gli esercizi ascetici, che sono così seducenti in Sant’Antonio, così commoventi in San Basilio e così impressionanti in San Germano, divengono nient’altro che una superstizione malinconica ed uggiosa anche nelle persone più devote che sono tagliate fuori dalla comunione cattolica. E mentre la più alta pietà nella Chiesa è quella mistica e la contemplazione è stata il segno distintivo dei santi più singolarmente favoriti, non abbiamo bisogno di cercare a lungo nella storia delle moderne sette per trovare prove degli eccessi nel comportamento o degli errori nella dottrina a cui sono stati solitamente condotti i mistici che hanno vantato il possesso personale di verità riformate e hanno rigettato ciò che essi chiamavano la corruzione del cattolicesimo.
È vero: ci sono state stagioni in cui, ad opera di cause esterne ed interne, la Chiesa è stata precipitata in uno stato che era una sorta di deliquio; ma i suoi meravigliosi risvegli, mentre il mondo celebrava i propri trionfi su di lei, sono un’ulteriore prova dell’assenza di corruzione nel sistema di dottrina e di culto in cui essa si è sviluppata. Se la corruzione è un’incipiente disorganizzazione, certamente un repentino e assoluto ritorno al precedente stato di vigore, dopo un intervallo, è ancora meno concepibile di una corruzione che sia permanente. Ora questo è proprio il caso dei risvegli di cui sto parlando. Dopo uno sforzo violento gli uomini sono esausti e cadono addormentati, ma si risvegliano come prima, rinfrancati dalla cessazione temporanea dell’attività. E tale è stato il sonno, tale il ripristino della Chiesa. Essa si arresta nel suo corso e quasi sospende le sue funzioni; poi risorge ancora, ed è di nuovo la stessa di prima: tutte le cose sono al loro posto e pronte per l’azione. La dottrina è là dove essa era, e così i comportamenti, le priorità, le linee di azione sociale. Possono esservi dei cambiamenti, ma essi sono consolidamenti o adattamenti: tutto è inequivocabile e determinato, con un’identità su cui non vi è da discutere. È infatti una delle più popolari accuse contro la Chiesa Cattolica, proprio ai nostri tempi, che essa è “incorregibile”. Essa non può cambiare, se ascoltiamo Sant’Atanasio o San Leone. Essa non cambierà mai, se crediamo al controversialista o all’allarmista del nostro tempo.
Beato John Henry Newman, “Lo sviluppo della dottrina cristiana” (1845).

di Massimo Lapponi
https://www.sabinopaciolla.com/lattualita-di-una-pagina-del-beato-john-henry-newman/

PG: LA CHIESA CONVERTIRÀ GLI IMMIGRATI. AL PAGANESIMO AMAZZONICO.


Marco Tosatti

Cari Stilumcuriali, Pezzo Grosso, che come sappiamo bene è un grande esperto di macroeconomia e geopolitica, ha letto con attenzione quello che scriveva l’abate Faria dalla sua parrocchia, e a stretto giro di posta ci ha mandato il suo commento. Tutto da leggere e meditare…Buona vigilia di Natale!

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PG a Tosatti. Caro Tosatti ho appena letto l’intervento dell’abate Faria, e credo che meriti un’integrazione di spiegazioni.
Queste spiegazioni le ho trovate nell’intervista a Stephen Smith su La Verità del 16 dicembre. Smith non è un esperto qualsiasi, tipo quelli che frequentano la Pontificia Accademia delle Scienze di Sorondo. no, è stato analista per l’ONU (poi si è stancato di sentirsi imporre ciò che doveva dire), africanista per giornali di cultura di sinistra-gnostica (Liberation, Le Monde) ed è ora professore alla Duke University. In questa intervista rilasciata a Lorenza Formicola dice (in sintesi e di fatto):
-non avendo fatto figli l’Europa si è convinta di dover importare mano d’opera.
-ma ciò non ha senso, se l’obiettivo è economico (produrre Pil e pagare le pensioni) perché arrivano persone non qualificate, inutili a raggiungere questo obiettivo.
-ma in più c’è il rischio che entro 30 anni gli africani (che nel frattempo raddoppieranno arrivando a 2.5 miliardi) ci invadano.
-pur essendo l’Europa povera e senza lavoro, gli africani, ben connessi fra loro (tra Europa e Africa) grazie agli smartphone, sanno bene che l’Europa non è il Paradiso dei migranti, ma è comunque meglio “mendicare” in Europa che stare in certe zone dell’ Africa.
-quello che è interessante è che però non sono i poveri africani (come dice il nostro papa) a volere emigrare; sono i più “ricchi “ cioè la middle class che deve avere come minimo 3.000 dollari per pagarsi il viaggio (spiegatelo al vostro papa). E chi glieli da?
– spesso sono gli aiuti locali allo sviluppo che finanziano l’immigrazione, invece di esser investiti in loco. In pratica spesso siamo noi a pagare…
-mentre qui da voi (in Italia soprattutto) si è creato il Business Della Beneficienza, che non ci pensa neanche a alleviare la situazione dei migranti…
-ma, allegria! la corsa all’immigrazione è appena cominciata. Non è più una fuga di rifugiati da conflitti in Siria, Iraq, Afghanistan. No, ora è partita la migrazione strutturale africana che durerà 30 anni (nota mia: quella voluta dall’ONU. quella voluta e pianificata per realizzare il sincretismo religioso e far interrompere le nascite in Africa mandandoli in Europa…).
Caro Tosatti, l’abate Faria è un inguaribile pessimista. Tutti questi immigrati, Papa Bergoglio, li incoraggia ad entrare per convertirli, uno a uno.
Aspetti! mi lasci concludere, perbacco! Dicevo, per convertirli: ma al paganesimo Amazzonico, molto più attento alla natura-madre terra-casa comune, di quello africano.
Ed in più molto meno “fertile “ (nella procreazione) di quello africano…

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24 Dicembre 2019 Pubblicato da  25 Commenti --


L’eutanasia della Chiesa. Ma Gesù nasce e tornerà nella gloria

Cari amici di Duc in altum, don Alberto Strumia ci ha fatto un bel regalo di Natale: una riflessione appassionata ma anche lucida sulla situazione della Chiesa, senza nascondere la drammaticità di quanto abbiamo sotto gli occhi, ma nella certezza che le tenebre non potranno mai prevalere.
A.M.V.
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Nei primi secoli della sua esistenza la Chiesa, nelle persone dei suoi aderenti, i “cristiani”, veniva perseguitata dal mondo, dai “non cristiani” e il confine era ben netto. Quando malauguratamente accadeva che dei cristiani solo apparenti (i «falsi fratelli», Cor 11,26; Gal 2,4) la tradissero dall’interno, venivano prontamente smascherati, perché erano loro stessi a farsi riconoscere e potevano essere ammoniti o andarsene da soli («Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri», 1Gv 2,19).
Le persecuzioni erano fisiche da parte dal potere politico, denigratorie da parte dei poteri culturali, accusatorie di empietà da parte dei poteri religiosi, non senza secondi fini economici come nel caso della rivolta degli argentieri contro Paolo che vedevano minacciato il loro mercato di idoli di metallo prezioso (cfr. At 19,23-41). Tutto questo per tante ragioni storicamente motivabili, ma più in profondità rinvenibili nell’«invidia del diavolo» (Sap 2,24), e dei suoi adepti, nei confronti di Dio, il Verbo, che aveva deciso di assumere la natura di uomo in Cristo, piuttosto che la superiore natura di angelo, quale era la loro.
Fin qui “tutto normale”, si potrebbe perfino dire! Certo ci sono state epoche pagane della storia in cui la persecuzione è stata più violenta e cruenta. Altre cristiane nelle quali è stata meno presente.
Ma oggi siamo arrivati al colmo, perché la persecuzione è avvenuta dall’interno, per assorbimento volontario, graduale progressivo, di un veleno filosofico che si è fatto ideologia preconcetta, fino a divenire veleno teologico, che teorizza la paganizzazione del cristianesimo (pachamama docet!), il suo livellamento in una prassi tutta orizzontale e in un pensiero che gli sono opposti e comunque estranei, con il quale il DNA delle parole e dei comportamenti cristiani è stato sostituito con quello del mondo.
È il suicidio volontario, l’eutanasia della Chiesa, operata da medici in camice bianco, rosso o viola che sia, medici diligenti, per un “atto di pietà”, per non farla sopravvivere inutilmente in uno stato vegetativo che non è degno di lei, in un’agonia inutile come potrebbe perfino sembrare quella stessa di Cristo in croce.
E quale forma di eutanasia più piacevole può esserci di una bella morte per indigestione, provocata con abbuffate da tenersi nelle chiese più antiche e prestigiose, con la scusa di dar da mangiare agli affamati… i famosi “poveri”, ai quali il Vangelo, tra l’altro, dice di non limitarsi a dar loro da mangiare, ma di annunciare loro l’unica possibilità di Salvezza in Cristo («ai poveri è predicata la buona novella», Mt 11,5).
Una bella mangiata, magari a base di pesce: oggi si trovano delle ottime sardine, mai viste prima sul mercato!
Altro che “ospedale da campo”! Siamo al livello di una elegante clinica nella quale la dolce morte viene praticata addirittura gratuitamente a spese neppure dello stato, ma, perché no, dell’obolo di san Pietro. Che idea geniale! Ma perché non ci si è pensato prima! Finalmente è arrivata la liberazione: quella sessuale con il sessantotto e dintorni, poi quella culturale con lo sdoganamento delle ideologie e delle mode di tutti i tipi, poi quella religiosa con l’equiparazione di tutti i culti, poi quella teologica con il primato della prassi pastorale sui rigidi schemi di una dottrina insensibile, poi quella ambientalistico-eco-alimentare, con la riammissione al Tempio dei mercanti venditori di pesce e di sardine. E con tutte queste quella finale della pratica pietosa dell’eutanasia ecclesiale gratuita, magari con tanto di risarcimento degli astanti non credenti che non vedono l’ora di incamerare i beni ecclesiastici come è sempre avvenuto nelle migliori epoche della storia! A cominciare  dalla scuole cattoliche costrette a chiudere una dopo l’altra.
«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8).
Ne troverà, forse, ancora una “malata” come quella oggi di moda. Ne troverà una vera dove solo Lui sa andarla a cercare: nell’anima dei semplici che non l’hanno voluto a tutti i costi mai abbandonare! Sono quelli che come i pastori di Betlemme si recano «senza indugio» (Lc 2,16) ad adorarlo dinanzi alla grotta dove Egli nasce, come il ciclo del tempo liturgico anche quest’anno non manca, grazie a Dio, di ricordarci per rinsaldare, nonostante tutto, proprio la nostra fede: “Puer natus est nobis. Venite, adoremus”.
E celebrando la sua prima venuta siamo ormai tutti concentrati sulla seconda che attendiamo sempre più desiderosi, con crescente “coscienza escatologica”. «E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine».
don Alberto Strumia
Un vescovo modernista si confessa
[Il seguente dialogo è inventato, i due protagonisti sono personaggi di fantasia, pertanto eventuali riferimenti a persone realmente esistite sono puramente casuali].


Un vescovo era in fin di vita, ma prima di morire fece chiamare al suo capezzale un sacerdote legato alla Tradizione Cattolica, che in passato aveva ferocemente perseguitato...

- Eccellenza, mi ha fatto chiamare?

- Sì, avvicinati, devo parlarti.

- L'ascolto volentieri.

- Voglio chiederti perdono per tutto il male che ti ho fatto e per le enormi sofferenze che hai patito a causa mia. Adesso che mi trovo vicino alla morte, le vicende terrene mi appaiono in maniera diversa...

- Eccellenza, io l'ho già perdonata. Anzi, devo dirle che le tante sofferenze che ho patito mi hanno stretto di più al Signore. Ah, quante notti ho trascorso in lacrime dinanzi al tabernacolo! Ad Deum stillat oculus meus. Del resto, se Gesù Cristo ha permesso che io soffrissi, lo ha fatto in vista di un bene maggiore. Se non mi avesse inviato tante croci nella vita, chissà, forse mi sarei allontanato da Lui. È proprio vero che Dio castiga quelli che ama! Ma come mai ha cambiato idea su di me?

- Adesso te lo spiego. Da bambino ero molto devoto, avevo un parroco zelante che era un ottimo direttore spirituale tipo Padre Réginald Garrigou-Lagrange e Padre Adolphe Tanquerey, il quale mi diede una buona preparazione dottrinale e spirituale, ma dopo la sua morte arrivò un nuovo parroco che aveva una visione immanentista della vita, non parlava mai della questione della salvezza eterna dell'anima ma solo di “questione operaia” e di altri problemi sociali. Simpatizzava per il comunismo. Io allora ero ancora un ragazzo e mi lasciai un po' sviare da quel prete. Tuttavia avevo ancora una valida formazione spirituale. Mi sentii attratto al sacerdozio ed entrai in seminario, ma poco tempo dopo scoppiò la “rivoluzione culturale” nel clero della nostra diocesi: tutto ciò che nella Religione aveva un sapore “tradizionale” doveva essere abbattuto. Per me fu un trauma, avrei voluto resistere, ma non volevo essere etichettato come “tradizionalista” dai superiori del seminario, e quindi mi adeguai all'andazzo generale. Venni ordinato sacerdote, ma ormai avevo perso il fervore per la vita devota, non mi attraeva più, ero diventato modernista anche io, e conducevo una vita “poco edificante”. Inizialmente sentivo un po' di rimorso nella coscienza, ma cercavo di soffocarlo gettandomi nel sociale, cioè occupandomi dei problemi materiali dei poveri e degli oppressi dalla società liberal-capitalista in cui viviamo. Intanto mi ero fatto amico il Nunzio Apostolico del mio Paese, il quale era ultramodernista e mi inserì nella lista dei nominativi da segnalare a Roma per un'eventuale nomina episcopale. Nella nota informativa che spedì in Vaticano parlò in maniera molto positiva di me, quasi fossi un santo, e poco tempo dopo il Papa mi elevò a vescovo della diocesi di […]. Ero felice di aver fatto carriera, e cominciai a plasmare la diocesi in senso modernista, visto che il mio predecessore era stato uno della “vecchia guardia”, vestiva sempre in talare, amava il canto gregoriano e la "Somma Teologica", e parlava solo di cose devote. Per prima cosa misi le mani sul seminario, cacciando i professori tomisti e sostituendoli con teologi modernisti. Ma nel giro di pochi anni i seminaristi calarono del 90%. Poi passai a sistemare i conti in sospeso con i parroci filo-tradizionali, perseguitandoli in ogni modo e ostacolando il loro apostolato. Ero accecato dall'odio nei loro confronti. Il fatto è che col loro comportamento pio e zelante mi ricordavano il mio tradimento nei confronti della Tradizione Cattolica, erano una sorta di “grillo parlante” per la mia coscienza. Non mi confessavo più, celebravo sacrilegamente la Messa in stato di peccato mortale, non credevo più alla Risurrezione di Cristo e a tante altre verità di fede cattolica. Il mio scopo era di costruire un paradiso su questa terra, proprio come pretendono di fare i comunisti. E intanto odiavo e perseguitavo brutalmente tutti i pochi preti come te che non volevano piegarsi di fronte alla nuova religione sincretista che tanto piace ai modernisti. 

- Ma come mai adesso ha cambiato idea?

- In effetti mi ero ostinato nel male e in questo stato disgraziato mi accingevo a presentarmi dinanzi al tribunale di Gesù Cristo, ove tra poche ore dovrò rendere conto di tutta la mia vita. Ma questa mattina è venuta a trovarmi un'anziana suora infermiera per dirmi alcune parole buone, io però non avevo voglia di ascoltarla e le ho detto di andarsene perché ero stanco. La suora, prima di uscire dalla stanza, mi ha dato un santino del Sacro Cuore di Gesù, quasi identico a quello che quando ero bambino mi regalò il mio zelante parroco e direttore spirituale. E così mi sono ricordato che da fanciullo feci con grande fervore la pia pratica dei “Primi nove venerdì del mese” in onore del Sacro Cuore di Gesù e quella dei “Primi cinque sabati” per riparare i peccati commessi contro il Cuore Immacolato di Maria... [piange].

- Eccellenza, capisco la sua commozione. Ancora una volta, Gesù buono, nell'eccesso della sua infinita misericordia ha mantenuto la promessa... ma non capisco per quale motivo ha chiamato proprio me al suo capezzale, visto che qui in arcivescovado ci sono tanti altri preti.

- Volevo chiederti perdono per tutto il male che ti ho fatto, ma soprattutto vorrei che tu mi confessassi. Degli altri preti non mi fido, li conosco bene, li ho formati io: sono modernisti, mi ingannerebbero, mi direbbero che le cose che ho fatto non sono peccati da confessare. Di te invece mi fido, sei come il parroco che avevo da bambino, so che non mi inganneresti. Voglio fare una confessione generale. Subito.

- Va bene Eccellenza, cominciamo... In nómine Patris + et Filii et Spíritus Sancti.