Con tutto il rispetto per Keplero e tutti gli altri, scienzati e non, messisi dietro a lui, non ho mai creduto a comete e congiunzioni di pianeti per spiegare la stella dei magi in occasione della nascita del Signore.
Per quanto si sia fatta, e si tentino ancora, ogni spiegazione naturalistica, o per un verso o per un altro è stata insoddisfacente. Per me si trattava di una luce mistica, visibile solo ai magi. Infatti essa era invisibile a Erode, agli scribi, alla gente di Gerusalemme, scrive San Luca.
E’ necessario porre una premessa. Smettiamola di considerare i Vangeli una biografia di Gesù e pretendere da essi un resoconto secondo il nostro modo moderno di pensare. Gli evangelisti non hanno preteso di informarci di tutto al modo di una moderna ricerca erudita e assecondare la nostra curiosità come di inviati delle televisioni e dei giornali. E’ sbagliato perciò scrivere che questo nei Vangeli non è riferito. Oppure, lo scrive San Luca ma non si trova in San Marco. Il che nasconde ignoranza in intellettuali, dotti ed eruditi che si pretendono tali.
In tutti si nota una pregiudiziale di impercettibile diffidenza verso quei sacri testi evangelici perché sono testimonianza di fede e quindi sarebbero di parte.
Ma non si potrebbe testimoniare la fede se non fosse anche un fatto storico. Se così non fosse bisognerebbe scartare una mole non indifferente di testimonianze storiche di qualsiasi genere, in ogni ambito.
Sì, i Vangeli sono testimonianze di fede, ma fanno seguito a “ciò che i nostri occhi hanno visto e i nostri sensi hanno toccato del Verbo della Vita che si è manifestata a noi” (Prima Lettera di San Giovanni 1,1-4).
Si tratta quindi di una fede che scaturisce da un incontro-scontro, incontro-scontro vissuto, non occasionale, di un’infinità di persone con Cristo e il mistero liberatore di Lui. Liberatore in quanto Gesù essendo Verbo di Dio, Luce, libera la coscienza come di Lazzaro ritolta dal sepolcro e sconosciuta a se stessa.
Ma il nascosto perseverante pregiudizio che si riscontra in chi si pone in modo laicistico di fronte ai Vangeli, e a ogni libro delle Sacre Scritture, non esiste stranamente quando gli stessi hanno a che fare con testi o reperti di varia cultura.
Qui appare il lapsus freudiano del disagio che prova l’uomo peccatore quando incontra il mistero di Dio e non può eluderlo.
“Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: Adamo, dove sei? – Rispose: ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto” (Libro della Genesi 3).
Non così le scritture di altre religioni, quelle antiche, si veda, indù, dei misteri esoterici, il Corano.
Essi non chiamano in causa responsabilità e libertà e l’uomo non rischia se stesso, non rischia nulla.
L’uomo narcisisticamente infatuato di sé e della sua libertà, teme la libertà, teme il rischio, fugge dalla responsabilità e si costruisce una comoda uscita di sicurezza. La libertà che l’uomo vuole è essere libero dal peso della libertà. E copre questa sua fuga dalla libertà con una libertà vagamente intesa come di gioco da bambini che svuota così di senso l’esistenza.
Le Sacre Scritture, e così i Vangeli, possono soddisfare il gusto estetico, come in D’Annunzio, ma fanno paura all’anima che va per vie tutte sue. Il grillo parlante suscitava stizzita inquietudine in Pinocchio.
I Vangeli non sono una narrazione epica come degli aedi antichi e la poesia che si trova in essi prorompe dall’immediatezza dei fatti, dalla semplicità della sorprendente esperienza diretta della Persona divina di Gesù.
Altrimenti, mutatis mutandis, potremmo rivolgere questo modo di giudicare a qualsiasi autore, specialmente di quelli antichi. Di questi le notizie e i codici delle opere sono copie di gran lunga posteriori agli autori stessi, non di rado piuttosto scarsi e in alcuni casi appena esistenti.
Gli evangelisti dunque non intendono rispondere a un’esigenza erudita, presentarci un resoconto secondo un inviato della televisione e dei giornali. Gli evangelisti rispondono alla sete dell’anima.
Intendono preparare l’incontro del nostro cuore con il Mistero salvifico di Cristo. Perciò offrono l’essenziale e trascurano volutamente tutto ciò che potrebbe interessare la cronaca o un’accademica ricerca erudita.
Scartano di proposito ciò che potrebbe offuscare il mistero e il rispetto che solo l’essenzialità lo rivela.
Essi ci consegnano gli appunti del Kerigma degli apostoli da lasciare come ricordo e meditazione ai fedeli e ai nuovi convertiti come lievito della fede e far fermentare di vita divina la loro l’anima.
Tornando al tema da cui siamo partiti, la stella dei magi sorge, scompare, riappare con grande gioia dei magi stessi, li precede, si ferma sulla casa di Betlemme dove trovano il Bambino e sua Madre e “aperti i loro scrigni si prostrarono e lo adorarono”. Poi, avvertiti dal Signore, prudentemente “senza passare da Erode, per un’altra strada tornarono al loro paese” (Vangelo di San Matteo 2,1-12).
Questa conclusiva annotazione lascerebbe intendere che a nessun altro è stata dato di veder la stella.
Nessuno l’ha vista muoversi e fermarsi sulla casa, neppure alla gente di Betlemme, neppure ai pastori, che ricevettero l’annuncio della nascita di Gesù dall’angelo nella notte della loro veglia.
Sarà forse lo stesso angelo la luce luminosa nel cielo che chiamò i magi e li guidò sino all’incontro con “la Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo”? (Vangelo di san Giovanni 1,9).
Il Signore, che vuole tutti salvi, parla a ogni anima e secondo il linguaggio a ciascun’anima proprio.
Sapienti custodi come di sacerdoti dell’antica conoscenza dei misteri e corrispondentemente della scienza delle stelle, i magi erano abituati a scrutare il cielo secondo un’attività che era tra l’esoterismo e la scienza vera e propria.
Del resto l’astronomia, anche se non ancora propriamente scienza come sarà con i Greci, ebbe inizio nella fertile mezzaluna dei babilonesi e dei popoli della Mesopotamia.
Detto per inciso, non meraviglia dunque che anche dopo la conquista araba non fu difficile la pratica di un’attività scientifica e si passò a dare alle stelle nomi nell’ormai dominante nuova lingua araba.
Nulla di nuovo sotto il sole, basta solo saper cogliere i nessi e il legame sotterranei delle cose.
Erode aspettava di sapere dai magi dove si trovava il neonato Re dei Giudei. Altra dimostrazione che l’eccezionale apparizione della stella in cielo era invisibile a tutti tranne che ai magi.
Altra osservazione.
L’astronomia ci dice che le congiunzioni tra pianeti sono un fatto normale, non eccezionale, e certamente non si muovono nel cielo come un luminoso satellite artificiale, non precedono mai nessuno, tanto meno si fermano su qualche luogo o qualche casa.
Nell’esperienza delle apparizioni della Madonna e di altre manifestazioni soprannaturali, vedono e sentono l’una persona o pochi, ma le altre non vedono e non sentono nulla.
Si pensi a Santa Bernadette a Lourdes, ai fanciulli a Fatima o a San Paolo nel suo incontro sulla via di Damasco con Cristo Risorto e glorificato.
Dunque lasciamo da parte la cabala delle nostre sottigliezza e accogliamo con naturale semplicità la verità che porge a noi con naturalezza il segno di un mistero molto semplice e molto grande. La realtà è il punto di partenza di ogni conoscenza scientifica. Si assuma la realtà senza alterarla con i sofismi di nascoste umane inquietudini.
Sarebbe come se ci mettessimo ad esaminare uno spartito musicale con perizia scientifica e perdessimo l’emozione che dà il godimento della musica.
Invece di cogliere il messaggio divino-umano delle Sacre Scritture ci perdiamo a fare calcoli impossibili sul 666, i 144.000 segnati, i tempi della fine del mondo o del castigo della guerra mondiale….
Senza pensare, in quest’ultimo caso, che la storia degli uomini e degli stati è già un’interminabile guerra e la terza guerra mondiale, se si vuole, è già in corso, le sue distruzioni morali e spirituali sono enormi. E’ un disastro immane e non ne facciamo caso perché siamo dediti alle parole crociate.
Tesi a scartabellare sui vari Nostradamus, antichi e recenti falsi veggenti, perdiamo i sussulti di terrificanti terremoti in corso.
di padre Giuliano Di Renzo
Carico di elementi provvidenziali e simbolici, l’arrivo dei Magi a Betlemme per adorare Gesù Bambino è un fatto storico che annuncia la chiamata alla salvezza di tutte le genti, ma anche la stretta correlazione tra quella salvezza e la Croce.
C’è un uomo, al Tempio di Gerusalemme, che da lunghi anni attende il Messia, l’Inviato di Dio. Si chiama Simeone e, 40 giorni dopo la sua nascita, riconosce il Messia nel Bambino Gesù che gli viene presentato da due umili sposi, Maria e Giuseppe. Gli dice in faccia chi è: il Salvatore atteso, la Luce per le genti (i pagani), la Gloria del suo popolo Israele (cf. Lc 2,29-33) ma non dimentica di dirgli – di dire a sua Madre – che sarà “la rovina e la risurrezione di molti in Israele, e segno di contraddizione... E a te una spada trafiggerà l’anima” (cf. Lc 2,34-35).
Manifestato alle genti
“Gesù, Luce per le genti”. Le genti erano già in cammino. Alla sua nascita – scrive l’evangelista Matteo – al suo nascere, videro una misteriosa stella: la videro alcuni Magi, studiosi di stelle, come sovente si trovava nell’Oriente della Mesopotamia e della Persia, e si misero in cammino, illuminati da presagi – o vaticini – che essi conoscevano, quali uomini di cultura.
Alla nascita di Gesù arrivano i Magi, ossia i dotti dell’Oriente. Alla sua morte-risurrezione, Gesù si manifesta ai Greci, ossia i “filosofi dell’Occidente”. Prima che a loro, si è manifestato ai pastori – gli ultimi del suo popolo – ma il Salmista aveva predetto che i signori dell’Oriente sarebbero venuti a rendere omaggio all’Emmanuele: il Dio-con-noi.
Seguendo la stella, i Magi si recano a Gerusalemme per chiedere al re della Giudea, Erode il Grande (grande per le sue malefatte!), dove fosse nato il Re che deve venire. «Alcuni Magi, venuti dall’Oriente, giunsero a Gerusalemme e domandarono: “Dov’è il nato Re dei giudei? Perché noi abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo”» (Mt 2,1-2). Erode è esterrefatto e trema a sentire parlare di un nuovo Re, lui che ha fatto uccidere i suoi figli per la paura di perdere il trono.
Era stata una stella a guidarli: ai pagani Dio aveva parlato per mezzo della natura e degli studiosi; agli Ebrei attraverso i profeti da Lui inviati. Ora il tempo era maturo per la venuta del Messia (si compiva la profezia delle 70 settimane di anni, di Daniele 9,20-27) e il mondo intero lo sapeva. Anche Atene e Roma, nella loro migliore élite, lo sapevano: si vedano gli scritti di Cicerone, di Virgilio, di Tacito.
Ebbene, proprio perché astrologi, la sottile traccia di Verità presente nella scienza delle loro stelle fece partire i Magi alla ricerca dell’unica vera Stella, l’Inviato di Dio, l’Atteso. Sebbene provenienti da una terra dedita al culto delle stelle, saputo da Erode e dai dotti di Gerusalemme che il Re-Messia doveva nascere a Betlemme, si rimettono in cammino, alla luce della misteriosa stella che ora era riapparsa, e adorano Colui che aveva creato le stelle, l’universo, e l’uomo, con un unico fine: tutto è stato creato per Lui, Gesù, il Cristo, l’uomo-Dio.
Matteo, il primo evangelista, che scrive per quegli ebrei che sono diventati cristiani, continua a narrare: «Vedendo la stella, i Magi provarono una grande gioia, ed entrati nella casa, trovarono il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Aperti i loro scrigni, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Mt 2,10-11). Il più grande profeta, Isaia, circa 700 anni prima, quando Roma stava per nascere (753 a.C.) aveva vaticinato: «Un’onda di cammelli ti coprirà (o Gerusalemme), i dromedari di Madian e di Efa, verranno tutti quelli di Saba, recando oro e incenso e annunziando le lodi del Signore» (Is 60,6).
Ora tutto era avvenuto: l’Epifania (la manifestazione) dell’uomo-Dio si era compiuta, anche per i pagani. Ma già aleggia l’ombra – forse è meglio dire la luce – della Croce.
Tre doni offrono al piccolo Re neonato: l’oro per onorare la sua regalità, l’incenso per onorare la sua divinità, la mirra per onorare la sua umanità destinata al sacrificio, al dolore, alla morte, perché Lui era chiamato ad essere “signum contraddicetur”, segno di contraddizione, causa di rovina e di risurrezione a seconda di chi lo rifiuta o lo accoglie. Per la sua sepoltura, di lì a 33 anni, si userà la mirra: anche nell’Epifania come nel Natale, la culla e la Croce sono congiunte tra di loro, e già tutto invita all’offerta, al sacrificio con Gesù.
Profumo di martirio
Già abbiamo scritto che Erode, alla domanda dei Magi: «Dov’è il Nato-Re dei Giudei?», fu preso da furia mal celata, anzi presto divampante. Erode si spaventa e, come gli uomini soltanto carnali, manca della luce dello spirito e pensa subito che quel Re, appena nato, sia un re politico, venuto a soppiantarlo. Saputo dai dotti del Tempio che doveva nascere a Betlemme, trasmette la notizia ai Magi, illudendoli che anche lui sarebbe andato ad adorarlo. Ma dentro Erode è l’omicida che è sempre stato.
«Erode, vedendo che i Magi si erano presi gioco di lui [non erano più passati a informarlo sul Re-Bambino], andò su tutte le furie e ordinò che in Betlemme e nei dintorni fossero uccisi tutti i bambini maschi, dai due anni in giù, corrispondenti al tempo in cui era stato informato dai Magi» (Mt 2,16).
Così Erode sarà nel tempo il tipo di chi indaga sull’uomo-Dio, ma non agisce in coerenza e in base alla conoscenza che ne riceve. Così i despoti si compiacciono nell’affermare che il Cristianesimo è nemico dello Stato: un modo di dire che a loro stessi è nemico. Erode è il primo dei despoti a pensarla così: a vedere in Gesù un nemico prima ancora che compia i due anni. Ma può un bambino, nato poverissimo in una grotta, scrollare il potere e i regni? Perché Erode ordina ai suoi soldati di impugnare la spada contro il piccolo Gesù?
Dev’essere per questo: che coloro i quali sono oppressi dallo spirito del mondo – un mondo che si vuole senza Dio – hanno un odio istintivo per quel Dio che si è fatto uomo per regnare sulle anime e legarle a sé con la sua regalità divina, che poi, dalle anime, dilaga sui popoli e sulle nazioni, per renderli pieni della Sua dignità e liberi della libertà dei figli di Dio. L’odio e la beffa che il secondo Erode avrebbe dimostrato per Lui aveva avuto il suo inizio nell’odio che il padre suo, Erode il Grande, aveva già sfogato per il Bambino Gesù.
Erode teme che Colui che era venuto a portare una corona celeste, possa rapirgli il regno terreno; falso come Giuda, promette ai Magi di portare i suoi doni al Re neonato, ma il suo unico dono è l’omicidio, anzi l’infanticidio, la morte cruenta degli Innocenti. Così prima che Gesù compia due anni, a causa sua si sparge sangue innocente. Il primo attentato alla sua vita; al Maestro e Uomo adulto, i Giudei, colmi di rabbia, daranno, cercheranno di dare, sassi (cf. Gv 8,59) e infine la morte più infame sulla Croce. Così il suo popolo l’avrebbe accolto: la sua prima manifestazione (epifania) è l’alba del Calvario.
Si applica a Lui, subito, la “legge del sacrificio”, la stessa legge che toccherà i suoi Apostoli e tanti suoi amici, nei secoli a venire, anche oggi, quando i cristiani sono ancora, nonostante tutti i proclamati diritti della persona, i più numerosi a essere martirizzati. Sono state così colpite giovanissime vite, che abbiamo commemorate nella festa degli Innocenti (28 dicembre). Quindi una croce per Pietro, il primo degli Apostoli, uno spintone dal pinnacolo del Tempio per Giacomo, l’altro apostolo, un pugnale per Bartolomeo, una spada per Paolo, l’Apostolo delle Genti. Già molte spade si erano calate sugli infanti di Betlemme.
A proposito scrive il beato Fulton J. Sheen, nella sua Vita di Cristo: «“Il mondo vi odierà”, promise Gesù a tutti quelli che recano il segno del suo sigillo. Quegli Innocenti morirono per il Re che non avevano ancora conosciuto. Come agnellini morirono per l’Agnello immacolato, esemplari di una lunga processione di martiri nei secoli. Come la circoncisione era il segno dell’Antica Legge, così la persecuzione a Cristo e ai suoi amici sarebbe stata il segno della Nuova Legge, della Nuova Alleanza sancita nel suo sangue sulla Croce».
“In mio nome – Egli disse agli Apostoli – sarete perseguitati”. Tutto attorno a Lui già parlava della sua morte, perché essa era il fine della sua venuta tra noi. In vista di Lui, come sua figura in occasione della Pasqua, avevano sanguinato gli agnelli portati al Tempio per il sacrificio; dalla sua venuta, dalla sua prima manifestazione al mondo, sanguinano i martiri per Lui».
All’Epifania, l’uomo-Dio si è manifestato al mondo, ma c’è già il presagio della Croce. La Croce con il suo Sacrificio, perpetuato sull’altare, nella Messa, è la sua più alta manifestazione al mondo. Sacrificio, amore, offerta a livello supremo. Gesù, manifestati a noi, oggi, e rendici partecipi del tuo Sacrificio.
dal Numero 1 del 5 gennaio 2020
di Paolo Risso
http://www.settimanaleppio.it/dinamico.asp?idsez=6&id=2177
"Smettiamo di considerare i vangeli una biografia di Gesù"..Oppure smettiamo di considerare degni di attenzione certi personaggi. Basta la colletta del giorno a smentirli
RispondiEliminaO Dio, che in questo giorno, con la guida della stella,
hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio,
conduci benigno anche noi,
che già ti abbiamo conosciuto per la fede,
a contemplare la grandezza della tua gloria.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...