Non è affatto «prematurata la supercazzola», ai giorni nostri è maturata completamente attraverso la cospirazione degli arroganti
[…] i territori del regno del supercazzolaro sono Facebook, Instagram, Twitter, insomma tutti i social network, dove l’astuto regnante pretende di pontificare anche di teologia e di scienze sacre senza per questo doversi confrontare con nessuno esperto in materia. La situazione si fa ampiamente grave quando, il supercazzolaro, pretende di estendere i territori del suo regno oltre la realtà virtuale. Cioè quando, una volta spento il computer ed aver apostrofato amici e familiari con “encicliche” sulle scie chimiche, sulla pericolosità dei vaccini, sulla evidenza della terra piatta, e altre scemenze simili, decide di andare in parrocchia e mettersi a diffondere il proprio verbo.
Nel film degli anni Novanta, Dogma, uno dei personaggi, il Metatron, l’Angelo che svolge funzione di voce di Dio, risponde a uno dei personaggi: «Basta che voi vediate una sera il film su I Dieci comandamenti, ed il giorno dopo siete tutti teologi». Un incipit che, in sé, dice già tutto.
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La vita domenicana mi ha insegnato ad ascoltare tutti, a fare discernimento e ringraziare Dio anche per quel poco di buono che ho riscontrato in articoli e libri controversi. Bisogna infatti fare molta attenzione a condannare con leggerezza certi autori, eretici inclusi, perché spesso, i loro peggiori errori e le loro più pericolose eresie, partono da dei dati di fatto veri e reali. Da questo deriva il loro successo e la loro pericolosità: essere partiti da dei dati di fatto veri, per poi stravolgerli per cadere e poi guidare le anime nei più gravi errori. Un esempio esauriente potrebbe essere Martin Lutero, che partì criticando a giusta ragione la grave decadenza in cui versava la Chiesa nel periodo precedente il Concilio di Trento. Lutero si basò su tristi e reali dati di fatto, salvo però cadere in gravi eresie e produrre un insanabile scisma.
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Dicevo che non mi piace affrontare certe tematiche con una vis polemica. Però, quando si porta all’esasperazione un atteggiamento rigido o un modo di fare arrogante, intellettualmente e cattolicamente chiuso, intriso di supponenza, protervia e, climax finale di tutto: riconoscere a questo atteggiamento superbo persino un grado di santità, solo allora non riesco a tacere e ad evitare un contrasto. Per questo non voglio più tacere nel descrivere la fenomenologia di una arroganza che emerge qua e là all’interno della Chiesa, oggi molto presente e radicata a partire dagli ultimi anni, per l’esattezza dal 2010 a seguire, in modo particolare.
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Il primo motivo che mi preme a scrivere di questa che chiamerò cospirazione degli arroganti [1], è però innanzitutto di tipo pastorale e rivolto alla salvezza delle anime. I primi ad essere colpiti dalle arroganze di cui parlerò in seguito sono proprio i fedeli desiderosi di approfondire la loro fede. Certo, non posso fingere che questo argomento mi dia fastidio sul piano umano, perché certa arroganza mi manca a dir poco di rispetto anche come sacerdote e teologo. Proverò quindi a scrivere, per Suo dono, con sano amore sapienziale e con la santa pazienza che Gesù ha chiesto ai suoi ministri [2]. Tutto l’articolo sarà per ciò condito di una sana e socratica ironia, uno spirito divertito di fronte a tanta arroganza che, se da un lato genera rabbia, dall’altro va santamente presa con quella ironia sempre in grado di disarmare i vari facinorosi che via via ho incontrato. Detto questo qualcuno si potrebbe adesso domandare: che cosa intendo quando parlo di Cospirazione degli arroganti? Un passo per volta: cominciamo per ciò da quel lontano 1975 …
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FRA AMICI MIEI E UNICORNI
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Correva l’anno 1975 e Mario Monicelli, su progetto di Pietro Germi, lanciava al cinema un film che fece storia. Amici miei, interpretato fra gli altri da Gastone Moschin, Ugo Tognazzi e Philippe Noiret. Riassumendo, diremmo che il film narra la storia di cinque amici toscani, cresciuti in età, mai però definitivamente maturati, che per questo si divertono a fare mille scherzi. In particolare, in questo film si introduce al grande pubblico la parola «supercazzola», che entrerà prima nel lessico più popolare, successivamente nel vocabolario Zingarelli della lingua italiana con la seguente definizione lessicografica: «Parola o frase senza senso, pronunciata con serietà per sbalordire e confondere l’interlocutore». Ecco dunque che abbiamo una definizione chiara. E in effetti, nel film, i vari amici si divertono a dire parole senza senso, per tramortire il povero interlocutore di turno [3].
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Questo termine è entrato anche nel gergo filosofico. Per quanto possa sembrare assurdo, però è così. Ciò è dovuto al recente libro del filosofo Maurizio Ferraris, Intorno agli Unicorni – Supercazzole, ornitorinchi e ircocervi, del 2018. Provando un po’ a dire qualcosa circa la supercazzola filosofica, riconosceremo insieme a Ferraris il legame fra la supercazzola e la post verità. L’origine cioè della post verità, secondo Ferraris, risiede proprio in questo nonsense generato dalla prospettiva della supercazzola descritta dallo Zingarelli [4].
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La post verità, nell’analisi di Ferraris, in sintesi è la creazione di una verità, di un ragionamento, basato sul nulla, su nessuna prova, ma postato sui social network e per questo ritenuto vero da chi lo propone [5]. Questo ragionamento può estendersi a qualsiasi campo, dalla nanotecnologia, la medicina, la fisica, e appunto anche alla teologia.
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Mai, mettere in discussione le supercazzole mediante una confutazione scientifica, o anche mediante la chiamata in discussione di un esperto. Il propugnatore di supercazzole non accetterà mai di abbozzare neanche una tipica reazione di ascolto. Il tutto con la seguente evoluzione: oggi nel 2020, si è passati dalla supercazzola comica e divertente, al propugnatore di supercazzole arrogante e violento. Da questo in poi, per comodità lo definiremo, supercazzolaro, non per giudicare la persona in modo negativo, ma semplicemente per identificarla.
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Come già anticipato precedentemente, evidentemente i territori del regno del supercazzolaro sono Facebook, Instagram, Twitter, insomma tutti i social network, dove l’astuto regnante pretende di pontificare anche di teologia e di scienze sacre senza per questo doversi confrontare con nessuno esperto in materia. La situazione si fa ampiamente grave quando, il supercazzolaro, pretende di estendere i territori del suo regno oltre la realtà virtuale. Cioè quando, una volta spento il computer ed aver apostrofato amici e familiari con “encicliche” sulle scie chimiche, sulla pericolosità dei vaccini, sulla evidenza della terra piatta, e altre scemenze simili, decide di andare in parrocchia e mettersi a diffondere il proprio verbo.
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Fermiamoci allora un attimo su questi tipi. Perché facilmente, i supercazzolari, formano una piccola comunità di congiurati, i quali, sono gli unici detentori della verità cattolica. Proprio come il soggetto poc’anzi menzionato …
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LA COSPIRAZIONE: DAL SOCIAL AL REALITY
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Qualche tempo fa il padre Ariel, in uno dei suoi ultimi libri, testimonia di quando entrò in contatto con uno di questi supercazzolari criptocattolici, il quale dall’alto della sua formazione catechetica, pretendeva di insegnare, al nostro padre de L’Isola di Patmos, la corretta analisi della ecclesiologia del Concilio Vaticano II [6]. Fu a seguito di varie vicende vissute di questo genere che una volta pubblicò un articolo molto ironico su queste nostre colonne intitolato: «… non pigliateli sul serio, pigliateli per il culo». Qualcuno storse il naso, ma chi lesse bene l’articolo, comprese perfettamente – come l’Autore spiegò a livello strettamente teologico nel suo testo –, che la “presa di culo” applicata a certe situazioni e persone era una autentica espressione della più perfetta carità cristiana, tutta improntata sulla pedagogia, non sullo scherzo né sull’ironia. Alcuni, pochi in verità, fermandosi al solo titolo non compresero la stretta connessione tra “presa di culo” e “carità”, perché a molti il tutto parve incomprensibile. Alcuni gridarono alla volgarità, ma furono coloro che si fermarono al solo titolo, perché questa è un’altra delle micidiali prerogative del supercazzolaro: se tutto va bene commenta, perché spesso capita invece che critichi in modo aggressivo e feroce quello che non ha proprio letto. E noi tutti Padri de L’Isola di Patmos ne sappiamo qualche cosa, perché a ciascuno di noi è capitato di ricevere in giro per i social delle critiche, a volte anche furibonde, non solo su ciò che non abbiamo scritto, ma su quello che non abbiamo proprio mai pensato.
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In generale, il supercazzolaro teologo e biblista “in erba”, difficilmente riconosce quando esprime la sua supercazzola, a differenza del film di Tognazzi. Anche nella mia piccolissima esperienza di vita religiosa ne ho conosciuti diversi. Nel popolo di Dio, oserei dire, ce ne sono alcuni. Dentro invece la categoria comica dei credenti non praticanti, molti di più. Ci sono delle costanti che mi pare tornino nella fisionomia di questi personaggi. Ma prima di descrivere queste costanti, mi preme chiarire una cosa.
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Non entro qui nel giudicare le persone nel loro vissuto, nella loro formazione, nella loro vita cattolica, e men che mai nella loro fede: ogni credente, guidato dal proprio direttore spirituale e confessore, fa un cammino di fede, accoglie in coscienza un insieme di dati biblici, spirituali e teologici. Vive questi dati nella vita morale, secondo la legge di gradualità. Queste considerazioni riguardano la coscienza e il cuore, di cui solo Dio è giudice unico e vero. E non oserei mai entrare in essa. Qui in discussione è invece un insieme di costanti comportamentali e filosofiche che si possono denotare ad osservazione induttiva del supercazzolaro. In secondo luogo, si accerta e si discute sul contenuto e la validità delle loro supercazzole, non certo se queste persone abbiano il diritto di esprimere il loro pensiero: certo che possono esprimere il loro pensiero; anzi, è doveroso che esprimano dubbi e persino criticità che hanno, rivolgendosi ai loro pastori, in materia dogmatica e morale, perché in tal modo possono crescere nel loro cammino di fede.
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Entriamo nelle costanti fenomeniche del supercazzolaro teologico, anche a partire dalle mie esperienze di vita religiosa quasi decennale: nel passaggio dal social al reality possiamo osservare alcune costanti riconoscerlo, nella stragrande maggioranza dei casi:
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1) Il supercazzolaro teologico non ha un minimo di formazione accademica a livello filosofico, teologico, biblico, patristico e canonico.
2) Il supercazzolaro teologico ritiene che proprio la mancanza di formazione accademica sia il suo punto di forza. Infatti, spesso ha approfondito alcune idee teologiche e magisteriali su Cathopedia o magari ha anche seguito corsi di teologia per laici, dove in 20 comode lezioni ritiene di essere in possesso di un saldo di tutte le principali verità cattoliche [7]. E, a partire da questo “possesso saldo”, comincia a costruire la sua supercazzola. In particolare, l’effetto comico più divertente sorge quando il supercazzolaro si improvvisa biblista, senza neanche essere in grado di leggere una sillaba in greco o in ebraico (figurarsi poi tradurre e fare il lavoro di ricerca diacronica sul testo) malmenando qua e là citazioni della Sacra Scrittura parafrasate, se non addirittura sbagliate. Stesso discorso dicasi per il pensiero dei Padri della Chiesa e di San Tommaso D’Aquino, citati male e a volte senza riferimenti.
3) Il supercazzolaro deficita di una capacità speculativo argomentativa sulle idee proposte. Proprio per questo ho usato il termine “pontificare” poco più sopra: spara i suoi ragionamenti nonsense e quando viene confutato, recalcitra insulti e, come vedremo fra poco, urla arrogantemente al grido di “Voi fate parte di una cospirazione anticattolica!”, o frasi simili.
4) Il supercazzolaro, grida appunto continuamente alla cospirazione. I supercazzolari che risiedono nelle frange di cattocomunisti e sedevacantisti, su questo punto sono sullo stesso livello: chi urla che c’è una cospirazione prima del Concilio, chi urla che ce n’è una dopo il Concilio per annientare la Chiesa. C’è poi un terzo caso, il più frequente: la cospirazione è ipotizzata anche dal famoso credente non praticante, per il quale la Chiesa e il Papa nascondono verità che le sarebbero scomode. In questo caso è la Chiesa che vuole annientare. Non si sa cosa, ma vuole annientare. Ecco come la cospirazione è bella e servita.
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Questi personaggi si arrabattano anche in discorsi pseudo-culturali, dove si barcamenano in modo strampalato e metalinguistico. In questi loro discorsi potrebbero citare, pensando di essere persone colte, animali leggendari quali il lonfo «che non vaterga o non gluisce», il milollo o il sarchiapone. Per non andare oltre e pensare di citare il Nazgul di J.R.R. Tolkien e la Strega Bianca Jadis di C.S. Lewis quali simboli della Massoneria anti cattolici, pensando che con il suo argomentare supercazzolistico sconfiggerà il demonio e le forze del male descritte da lui più o meno come il Ciciarampa di Alice in Wonderland, da sconfiggere con la spada Bigralace che solo lui possiede.
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Il supercazzolaro teologico laico, ma qualche volta purtroppo anche prete, è a tutti gli effetti un troll, oseremo dire con rispetto, un bastian contrario violento ed arrogante, che pretende di insegnare e di dare degli ignoranti a sacerdoti e teologi preparati, di insultarli e di pretendere di insegnargli l’alfabeto della fede: ciò in genere costituisce il nucleo in cui costruisce l’insieme delle sue supercazzole.
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Queste tipologie di personaggi, in realtà non sono nuovi nell’orizzonte cattolico. Leggiamo cosa scrive Girolamo:
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«I contadini, i muratori, i fabbri, i lavoranti in metallo e in legno, i tessitori e i gualchierai, e in genere quelli che forniscono articoli varî e lavoretti da poco, senza un insegnante non possono riuscire ad essere quel che desiderano … la sola arte della Scrittura è quella che tutti dappertutto rivendicano a se stessi. “Scribimus indocti doctique poemata passim”. Essa è ciò che la nonnetta chiacchierona, il vecchio rimbambito, il cavillatore parolaio, e in genere tutti quanti, si arrogano, lacerano, insegnano, prima di averla imparata. Gli uni, con ciglia corrugate, scandendo paroloni sonori, filosofeggiano in mezzo a donnette sulle sacre pagine; altri imparano ahimè! dalle femmine, quel che insegneranno agli uomini: e, come se fosse poco, con una certa facilità di parola e anche con audacia, spiegano agli altri quel ch’essi non capiscono… ( Girolamo, Ad Paulin., epist. 53)» [8]
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Quindi… c’è un modo per distinguere dalle supercazzole cospiratrici alla vera teologia? Certo che c’è. Sinteticamente vorrei dire in cosa consiste la teologia e il suo metodo …
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LA TEOLOGIA QUALE SERVIZIO. LINEE GUIDA PER USCIRE DAL LOOP DELLE COSPIRAZIONI
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Il teologo supercazzolaro, totalmente impreparato a sostenere e a proporre i ragionamenti teologici cade in una dinamica di autoreferenzialità senza uscita: tende cioè a rinchiudersi nei suoi ragionamenti, a cercare cioè conferma di ciò che pensa nei testi biblici o di Magistero (che ribadiamo, non sa analizzare), estrapola in modo a dir poco barbaro frasi dalla letteratura dei Padri della Chiesa o cita a sproposito San Tommaso d’Aquino, il tutto per distruggere il complotto anti-cattolico, o il complotto della Chiesa. Si chiude in un loop ripetitivo, cerca consensi fra altri supercazzolari. Così alla lunga, anche se animato da buoni sentimenti, il credente supercazzolaro, tenderà a perdere esercizio attivo di virtù della fede, di speranza teologale e carità nella verità, col rischio di perdere sia la fede, sia la speranza che la carità. Un aiuto per uscire, o meglio non entrare in questo loop ci è offerto da un bellissimo documento della Chiesa. L’istruzione Donum Veritatis, sulla vocazione ecclesiale del teologo [9]. In questo documento, si mostra innanzitutto che la vocazione del teologo è quella di per sé ecclesiale. Leggiamo ad esempio al numero 6:
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«Fra le vocazioni suscitate dallo Spirito nella Chiesa si distingue quella del teologo, che in modo particolare ha la funzione di acquisire, in comunione con il Magistero, un’intelligenza sempre più profonda della Parola di Dio contenuta nella Scrittura ispirata e trasmessa dalla Tradizione viva della Chiesa».
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Ecco dunque un primo criterio che distingue il teologo, il sacerdote ben preparato dal supercazzolista. Il teologo è colui che offre una intelligenza dei misteri della fede cattolica, ponendosi al servizio del Magistero, della Sacra Scrittura e della Tradizione. Senza cioè sovrastare gli elementi formativi della fede cattolica. In particolare, per porsi al servizio di questi elementi è necessario che il teologo li abbia studiati durante la sua lunga formazione: il sacerdote, o chiunque voglia studiare questa bellissima materia, secondo il cursus richiesto dalla Chiesa Cattolica deve studiare 3 anni di filosofia e 3 di teologia. In seguito può prendere una licenza di due o più anni in cui si specializza ad esempio nelle varie sezioni della dogmatica o della morale, oppure approfondisce l’esegesi, il diritto canonico o altre materie sacre, ciò comporta altri 2 o 3 anni di studi. Infine, se qualcuno vuole dedicarsi all’insegnamento e alla ricerca della teologia, si può prende anche il grado di Dottore, scrivendo e facendo ricerca su un tema teologico per circa 3 o 4 anni, conseguendo infine il dottorato di ricerca. È presto detto che per formare un teologo sino al massimo grado accademico, in totale occorrono di media dai dieci ai dodici anni, talora anche di più. Ciò non vuol dire però, come di recente ha spiegato il nostro Padre Ariel in una sua video-conferenza, che questa sia l’unica strada, perché si tratta della via ordinaria. Esistono poi anche vie straordinarie, basate su particolari doni di intelletto, sapienza e scienza infusi dallo Spirito Santo, in virtù dei quali alcuni dei nostri grandi teologi e mistici sono giunti ai più alti livelli della teologia senza avere mai percorso l’iter ordinario. A tal proposito porta l’esempio del nostro contemporaneo Padre Divo Barsotti, io potrei andare indietro di secoli e aggiungere Santa Caterina da Siena, che come sappiamo fu proclamata dottore della Chiesa, pur essendo stata, com’è noto e risaputo, totalmente analfabeta.
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Da questo si nota come il supercazzolaro, seppure portato da buona fede e in un certo senso anche una certa curiosità, non studia e approfondisce con un esercizio lungo nel tempo, come richiesto da qualsiasi altra materia e professione specialistica. Anche perché la teologia ha un metodo, che ciascun sacerdote o teologo conosce, e questo è ciò che lo distingue dall’improvvisato e sprovveduto supercazzolaro. Ce ne parla sempre il documento:
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«Il compito proprio alla teologia di comprendere il senso della Rivelazione esige pertanto l’utilizzo di acquisizioni filosofiche che forniscano “una solida ed armonica conoscenza dell’uomo, del mondo e di Dio”, e possano essere assunte nella riflessione sulla dottrina rivelata. Le scienze storiche sono egualmente necessarie agli studi del teologo, a motivo innanzitutto del carattere storico della Rivelazione stessa, che ci è stata comunicata in una “storia di salvezza”. Si deve infine fare ricorso anche alle «scienze umane», per meglio comprendere la verità rivelata sull’uomo e sulle norme morali del suo agire, mettendo in rapporto con essa i risultati validi di queste scienze. […] In questa prospettiva è compito del teologo assumere dalla cultura del suo ambiente elementi che gli permettano di mettere meglio in luce l’uno o l’altro aspetto dei misteri della fede».
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Ecco allora il metodo teologico: la espressione della comprensione della fede, che pure rimane fede rivelata, avviene sempre e comunque mediante le conoscenze filosofiche, le scienze storiche e le altre scienze umane: in questa terza categoria, personalmente inserisco in particolare lo studio delle lingue bibliche e di un metodo scientifico per l’analisi scientifica della Bibbia, oggi davvero messo sempre più in crisi proprio dalla cultura della supercazzola. Anche il teologo dogmatico, che non è esperto di ebraico e greco biblico, chiede aiuto agli esegeti e biblisti per analizzare i versetti della Sacra Scrittura. Ricevendo da questi esperti una analisi biblica, a sua volta ne propone una a livello dogmatico o morale. Come si nota, lo stesso esperto di teologia dei dogmi non si improvvisa biblista, ma chiede aiuto a chi è esperto in materia e viceversa [10].
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A differenza dei nostri cari e amati supercazzolari, il metodo risolve definitivamente la questione della serietà teologica e dei contenuti da prendere in seria considerazione. In poche parole, cari Lettori, tutti quanti possiamo parlare ed esprimere liberamente quello che pensiamo su tutte le materie. Ma poi, quando abbiamo bisogno di notizie importanti, ci rivolgiamo all’esperto: certo non domandiamo al nostro dottore commercialista come curare un’epatite virale. La parola definitiva su un dato tema sta all’esperto, che usa scienza e metodo al servizio dell’uomo, per il suo sviluppo integrale come persona e non semplicemente per dirci cosa pensa di un argomento di cui ha a malapena letto qualcosa.
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Il teologo, e ancora più in particolare il sacerdote e il vescovo teologo chiamati a questo per vocazione, offrono il servizio teologico di far comprendere i misteri della fede al popolo di Dio, al fine di far vivere meglio l’incontro con Dio nella vita di fede e di assaporare il Suo amore nei Sacramenti e nella vita all’interno della chiesa. In tal senso anch’essi offrono un servizio all’uomo, persona credente perché giunga allo sviluppo del Bene Massimo: la Carità nella Verità, con l’esercizio della quale ogni credente vive una vita di Santità e può sperare di ottenere la vita Eterna.
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Ecco allora la grande responsabilità del teologo: se trasmette non le verità divine, ma sue idee personali e le sue le sue ipotesi, corre il rischio di far deviare il credente semplice dal cammino di fede, e di allontanarsi da una intimità con Dio. E con quest’ultima espressione spero sia chiaro il fine apostolico e pastorale del mio articolo di difesa di una sana e solida teologia, come servizio a Gesù Cristo, Unico Maestro, Via, Verità e Vita. Quindi vi invito, cari Lettori, a tornare ad un legame sempre più stretto ad una teologia ben fondata, ascoltando i maestri e non i supercazzolari, affinché tutti possano avere un nutrimento reale e fecondo.
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Concludo chiarendo che, al di là delle critiche radicali al metodo e ai contenuti delle supercazzole, prego e offro il mio ministero anche per la conversione dei supercazzolari teologici, contro le quali non ho nulla di personale. Io stesso chiedo al Signore che queste persone si possano convertire e vivere una vita sempre più sotto il segno della Sua Unica Verità. E questo passa anche tramite il loro desiderio teologico: ma appunto che sia purificato dall’arroganza e dalla cecità autorefenziale.
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Gesù dolce, Gesù amore [Santa Caterina da Siena]
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Roma, 13 gennaio 2020
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Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.
NOTE
[1] Il lettore colto noterà una certa somiglianza col titolo del libro di Roberto Burioni, La congiura dei somari. In effetti, mi sono ispirato a quel titolo per scrivere questo articolo.
[2] Luca 21, 17 “sarete odiati da tutti per causa del mio nome. 18 Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 19 Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”.
[3] Si veda la celeberrima scena del film Amici Miei di una supercazzola nei confronti di un vigile
[4] M. Ferraris, Intorno agli Unicorni – Supercazzole, ornitorinchi e ircocervi, Il Mulino, Bologna, 2018. Per un approfondimento aperto ai non addetti ai lavori della filosofia consiglio la lettura
[5] M. Ferraris, Post verità ed altri enigmi, Il Mulino, Bologna, 2017.
[6] Ariel S. Levi di Gualdo: La setta neocatecumenale. L’eresia si fece Kiko e venne ad abitare in mezzo a noi. Edizioni L’Isola di Patmos, Roma 2019. Cit. pag. 186.
[7] Con questo non vogliamo denigrare la piattaforma citata o i corsi di teologia per laici; semplicemente mostrare come essi non sostituiscano il primo, secondo ciclo e terzo ciclo di studi teologici a cui si deve accedere per la ricerca e l’insegnamento della teologia cattolica.
[8] Citato in:
ringrazio Riccardo Zenobi per avermi fornito i riferimenti.
[9] Il testo è reperibile online qui:
[10] Inoltre preciso che nelle università pontificie ordinariamente anche chi non è destinato allo studio della Sacra Scrittura, è tenuto a sostenere degli esami di ebraico e greco biblico. Dunque anche il teologo non biblista, che ha una seria infarinatura di lingue sacre, non si azzarda ad analizzare il testo senza l’aiuto di periti esegeti.
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