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lunedì 13 gennaio 2020

Il crepuscolo degli idoli

Elezioni, i vescovi emiliani prendono posizione contro i sovranismi

I vescovi dell'Emilia Romagna, a poco più di dieci giorni dalle elezioni regionali, tuonano contro i sovranisti ed i populisti


vescovi dell'Emilia Romagna scendono in campo con un documento a poche giorni dalle elezione valide per il rinnovo del consiglio regionale.
I presuli emiliani dicono di non poter "tollerare" l'avanzata di "sovranismi e populismi". Un passaggio abbastanza chiaro, che ha il sapore di un'indicazione elettorale palese. La Conferenza episcopale della Regione interessata dall'appuntamento elettorale, che vede contrapposti soprattutto Lucia Borgonzoni, candidata del centrodestra, e l'uscente Stefano Bonaccini, che è invece sostenuto dal Pd e dal centrosinistra, ha voluto condire il documento con una serie di ulteriori argomentazioni tematiche, ma il messaggio principale sembra essere chiaro.
La "democrazia" - fanno presente i consacrati, come riportato dalla Sir, non può essere "umiliata" e "disattesa". Tra i vari punti sollevati dai vescovi, che hanno da poco festeggiato la nomina cardinalizia di mons. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna che ha preso possesso in questi giorni della sua sede romana, c'è anche la tutela dell'europeismo: l'Europa, all'interno della dissertazione vescovile, viene definita "casa nostra". Nessuna critica all'Unione europea, quindi. Ma c'è anche dell'altro. Lo stile politico, il linguaggio, da utilizzare in queste ultime fasi della campagna elettorale, dovrebbe possedere delle caratteristiche ben precise: "Libero da offese e falsità, concreto nelle proposte, rispettoso delle persone e delle diverse idee politiche". Caratteristiche che i cosiddetti "populisti" non sarebbero soliti rispettare o quasi. C'è spazio anche per la tematica ecologica, su cui la Chiesa cattolica, mediante la pastorale di Papa Francesco e tanti appelli di contorno, sta incidendo con costanza. Pure le tematiche bioetiche sono state chiamate in causa. Dai problemi legati all'inquinamento alla tutela della vita sin dal suo concempimento: le speranze che i vescovi ripongono nei candidati, prescindendo dal partito di riferimento, sono molte e variegate. "Sono necessarie anche una legislazione e una regolamentazione che non penalizzino alcune categorie di persone nell’accesso alla casa, alla scuola, al lavoro, alla salute", hanno continuato i vescovi. La considerazione principale, però, come notato anche da Repubblica, rimane quella relativa alla necessità di sbarrare la strada al sovranismo-populista.
Il virgolettato mediante cui i vescovi dell'Emilia Romagna tuonano è il seguente: "In una società bensì giusta, ma non fraterna, la democrazia prima o poi cede il passo alle tante forme, oggi ritornate di moda, di sovranismi e populismi. Non possiamo tollerare che ciò abbia a realizzarsi nella nostra Emilia-Romagna". Una nota che è non è difficile da interpretare, perché si inserisce all'interno della linea adottata dalla Chiesa cattolica da quando il "sovranismo-populista" è comparso sulla scena politica. Gli ecclesiastici hanno detto la loro. Ma lo hanno fatto davvero molto a ridosso del voto, che si svolgerà il prossimo 26 gennaio. La tempistica e il contenuto del documento potrebbero essere aspramente criticati nel corso delle prossime ore.
ATTENTI AI FALSI IDOLI SOVRANISTI
Riporto  :
La morte del generale Soleimani ha scatenato le peggiori reazioni che ci si potesse aspettare da esponenti di punta della galassia sovranista.
di Giancarlo Cutrona – 9 Gennaio 2020   
Pare che con il 2020 si sia già inaugurata una nuova stagione politica caratterizzata dal crepuscolo degli idoli. La morte del generale iraniano Soleimani, infatti, non ha creato scompiglio solo sul piano geopolitico ma anche e soprattutto all’interno della galassia dei sovranisti, che ora appare tardivamente delusa e inorridita dalla posizione e dal linguaggio assunto dai volti noti di quell’area.
L’auspicio, tuttavia, è che questa parte di elettorato, scoraggiata e momentaneamente orfana di punti di riferimento, non si stupisca e non si adiri più di tanto se d’ora in poi, ipso facto, sentirà qualcuno affermare – con la dovuta leggerezza del caso – che Salvini e le sardine (e tutta la fragorosa schiera di proseliti a loro seguito) sono in fin dei conti componenti della stessa matrice, note musicali diverse appartenenti a un solo e unico (s)partito. Esattamente come lo sono sempre stati il Pd e il Movimento 5 Stelle, Macron e la Le Pen in Francia, oppure Trump-Clinton-Soros-Bannon e le Ocasio di turno negli Stati Uniti.
Non si tratta di una blanda provocazione fine a se stessa, né di una divagazione dai contorni iperbolici: è solo un dato di fatto oggettivo, mero pragmatismo analitico. Gli uni dicono agli altri “sovranità”, ma con essa hanno inteso e intendono tuttora la sovranità dell’Occidente sul mondo, perché per loro non può esistere altro mondo all’infuori di questo (leggasi “mondializzazione”). Gli altri che “il mondo è di tutti” e che “tutti hanno il diritto di essere accolti in questo mondo”, ma per “mondo” essi intendono l’Occidente, o per meglio dire, solo l’Occidente – sia pure esso multietnico – che diventa il mondo di tutti e per tutti, rendendo subalterna o addirittura obsoleta ogni altra forma di esperienza umana, culturale e identitaria all’infuori di questa (di nuovo, leggasi “mondializzazione”).
Chiese differenti, stesso sermone, stessa filosofia di fondo. Spiace dunque per i delusi, per chi non ha più totem da idolatrare, ma tra costoro non vi è alcun alfiere coraggioso. Tutte pedine. Sono tutte pedine finite – in alto consapevolmente e in basso inconsapevolmente – dentro un gioco più grande di loro: la mondializzazione monopolare o, se preferite, la monopolizzazione mondiale. L’unico, vero obiettivo portato avanti dall’aristocrazia occidentale, il cui cuore strategico-militare risiede nel Pentagono.
Grande è l’inganno (semantico, politico, culturale, strategico). Molte le idee confuse. Come confuso è chi chiama terrorista chi i terroristi li ha combattuti davvero, facendone una missione di vita. Come confuso è chi, definendosi “intellettuale”, inneggia alla guerra e gioisce dinanzi al sangue, alla morte e al dipanarsi della barbarie al grido di “uno in meno”: dando così la spiacevolissima dimostrazione di come il proprio spirito non si sia elevato di un centimetro al di sopra di quello della scimmia.
Ma li chiamavano intellettuali, questi. Coloro che immaginano quel mondo lontano, quando invece esso è vicino, troppo vicino. Talmente vicino che le prime ricadute di questo war game – se oltre l’Iran consideriamo ciò che accadrà nelle prossime ore in Libia, con la presenza turca – le pagheremo noi come mediterranei, italiani, europei, quasi certamente in materia di flussi migratori – vedi il costante ricatto che Erdogan impone all’Europa – al netto delle recenti iniziative della Farnesina in politica estera.
Tutto questo culturame mondialista-italico-sovranista, che ciancia teorie su teorie ignorandone le conseguenze più elementari, vede questo, ancora, come il tempo della lancia e dalla spada, e crede di combattere contro una manciata di beduini tecnologicamente arretrati. Questo invece è il tempo della grande guerra asimmetrica, degli hacker e delle atomiche. Basta un pulsante, o quella che banalmente potrà sembrare un’innocua stringa di codice, per mettere in ginocchio un’intera nazione o per cambiare per sempre i destini del mondo (a tal proposito, il caso Stuxnet ci dice che non solo l’Iran sa come difendersi, ma anche come contrattaccare).
Quindi, in cosa credere dopo questo tramonto? In niente di diverso dalla salvaguardia della pluralità del mondo in tutte le sue forme, siano esse nazioni, popoli, culture o modi differenti di vivere la vita. Perché in mezzo ci siamo noi. C’è l’uomo obsoleto di Gunther Anders con la sua vergogna prometeica, la sua matrice, i suoi fantasmi e la sua esperienza di vita uniformata. E il mondialismo questo è: una visione folle della storia, che non prevede relazione ma coercizione che uniforma, e nella quale è banalmente nascosto il totalitarismo liberale planetario.
(MB –  Non conosco personalmente l’autore.  Ma posto questo suo articolo  perché, nonostante qualche esagerazione, segnala in  Salvini (e amici suoi) l’adesione  ai  miti e dogmi  del mondialismo.  Una adesione irriflessa  e incolta alla cosa più delittuosa del Sistema: “Celebriamo un altro assassinio di successo!”. “Viva Israele!”)
Ora, un leader  che prende i  voti (e tanti)  in nome del  sovranismo (o quel che ne resta) dovrebbe essere cosciente delle poste in gioco.  Sull’insufficienza mentale di Salvini a servire una causa ideologica cui parecchi  di noi tengono e temono, ho già parlato.
Ovviamente lui può  infischiarsi del voto  di noi quattro gatti “intellettuali”, ritenendo gli bastino le “masse dei papete”  e dei selfie della sua perenne propaganda di piazza,  ormai troppo ripetitiva, le sue reboanti vanterie da baùscia milanese.
Inutile ricordargli l’autolesionismo con cui provoca la magistratura: “Non processeranno solo Matteo Salvini, ma processeranno la stragrande maggioranza degli italiani. … Mi processinomi condannino e poi vediamo con chi sta il Paese”.
La “stragrande maggioranza” che si  farà processare con lui? Le masse del papete e dei selfie?  Vediamo quanti saranno, a  “lottare”,   quando i giudici lo tritureranno.
E come spiegargli che la frase  “Voglio  i pieni poteri!” andrebbe pronunciata come minimo dalla torretta di un carro armato, non da un video mentre mangia  una pizza  con  peperoni e salame.
I furbissimi marpioni  in ogni stanza dei bottoni istituzionali, l’hanno già soppesato  e valutato scarso  di  peso;  ovviamente cercheranno di distruggere non tanto  lui  come  persona, ma le  speranze che la sua figura ha bene o male incarnato: e sono quelle che  io, personalmente,   non voglio veder distruggere.
Vedo che  lo stesso dubbio o esasperazione,  aleggia in Luca Mussati…nemmeno questo lo conosco personalmente:   mi basta sapere che è il curatore di “Scenari Economici”,  la più lucida, intelligente e determinata  tribuna “sovran-populista”
Orbene: sulla questione importantissima della rimettere  le Autostrade nella  disponibilità dello Stato, segnala la posizione del governatore  del Veneto:
Che Zaia fosse un liberista fanatico, era più o meno noto. Ma ora manifesta  un programma   di privatizzazioni e smobilitazione generale  di tutti i  beni comuni storici della sua regione, che dovrebbe allarmare soprattutto i veneti.

Zaia: “Venderemo anche valli da pesca e immobili in tutto il Veneto”

“Votateveli voi, questi”, conclude Mussati. Utile avvertenza:  a coloro che, credendo  di votare Lega, possono credere di votare le idee di Bagnai e Borghi, di Rinaldi, Zanni e Garavaglia sull’economia nazionale.
Non solo non è  semplicemente così.  Zaia non solo  è un esponente di  primo piano di quella “Lega Nord”  che non ha mai avallato  né mostrato  di  approvare mai l’avventura “nazionale” di Salvini, tanto che  – è cosa  nota –   non hanno aderito alla “Lega per Salvini Premier”, restando nella “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”.
Non solo:  Zaia e Fontana son molto più potenti politicamente di Salvini, se non altro perché governano le due regioni  più  importanti del Nord, e lui  solo le folle delle  sue illusioni; e sull’economia, saranno del “loro” scelte ad essere decisive: si resta nell’euro  e  nella UE,  si lasciano le autostrade ai Benetton,  si vendono a  privati le Valli di Comacchio.  E non aspettano che  il primo insuccesso del Capitone per liberarsene. E’ una frattura interna che non aspetta altro di manifestarsi: come quella che sta facendo implodere il 5 Stelle, i  in fondo per la stessa ragione: l’ambiguità del messaggio.
Da segnalare la eurodeputata leghista Gianna  Gancia:
“Il #debitopubblico sfonda quota 135%, il livello più elevato della storia repubblicana. Nell’arco di 15 anni si arriverà con ogni probabilità al 160%. Questo significa, letteralmente, rubare il futuro ai nostri figli. La politica italiana? Non pervenuta.
“……Unica vera soluzione: un massiccio e costante taglio della spesa pubblica improduttiva, partendo, ad esempio, dai sussidi erogati a pioggia a fondo perduto e razionalizzare le spese della pubblica amministrazione”.
La  signora ripete i  luoghi  comuni più vieti che sente a Bruxelles, senza nemmeno sapere che  il “massiccio e costante taglio della spesa pubblica” è  in atto da 30 anni, tant’è vero che lo Stato è in avanzo primario, ed è proprio  questo il motivo per cui il debito pubblico è aumentato.
Ché se poi uno si orientasse a  dare il suo voto a “Fratelli  d’Italia”, sia almeno avvertito che Giorgia Meloni che in ogni occasione pubblica si  è pronunciata per il “pareggio di bilancio”, anzi l’ha  fatto scrivere in  Costituzione (a cui non è mancato nemmeno i voto leghista, convinto così di tagliare i fondi al  Meridione corrotto…)
Ma il guru di  Giorgia Meloni è Giovambattista  Fazzolari, che si  autodefinisce  “senatore   e responsabile di Fratelli  d’Italia”   che fa proclami di questo genere:
Su questione deficit. La posizione di
è nota: zero deficit per spesa corrente e deficit entro il 3% ma solo per investimenti, infrastrutture, messa in sicurezze del territorio.
“Precisazione ai sovranisti della domenica: la ricetta più Stato, più spesa pubblica, più deficit è la ricetta della sinistra da diversi decenni. Noi vogliamo meno Stato, meno tasse, meno sprechi e deficit per fare investimenti, non il reddito di cittadinanza ai furbi”.

Penso sia un fenomeno di insufficienza culturale: questi non sanno nulla nemmeno  della gestione dell’economia fascista, de deficit del 12 per cento annuo durante gli anni ’30,  nulla dell’IRI. Palesemente  fanno che ripetere a pappagallo i  dogmi economici dettati dalla UE, a cui doppiamo la nostra  rovina economica.

Negli anni ’30 l’Italia  fascista  fece deficit pubblici fino al 12% del PIL – ma ormai il neoliberismo del mercato finanziario globale è entrato nel cervello a tutti…(G. Zibordi)

Votare per tale senatore, come per la leghista Anna Gancia, è esattamente come votare  per Monti, per Cottarelli, per Mario Draghi.  Anzi è probabile  che siano già il blocco “di  centro destra europeista per fare il nido a  Draghi.  Non  è un caso se Giorgia Meloni è  stata incoronata dal Times  tra le  20 persone che possono cambiare il mondo.
Insomma l’etichetta di “sovranismo” e “populismo”  può stare, oggi, su bevande dal gusto molto diverso.

Vedo che il Capitone ha allestito un convegno  su “Le nuove forme di antisemitismo” a  cui  ha invistato la senatrice Segre. La quale ha rifiutato  – negando a Salvini il facile successo che sperava – dicendo: “Ritengo che non si debba mai distinguere la lotta all’antisemitismo dalla più generale ripulsa del razzismo e del pregiudizio che cataloga le persone in base alle origini, alle caratteristiche fisiche, sessuali, culturali o religiose”.  In pratica, insultandolo…  Prova che Salvini capisce pochissimo: i “nostri valori” vengono a pacchetto completo. Forse può recuperare il favore della dea se partecipa ad un  Gay Pride….?


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