Card. Robert Sarah 
Sì, una “situazione sconcertante e avvilente” quella nella Chiesa odierna, causata da uomini del clero e da laici. Erano queste le parole che turbinavano nella mia mente ieri mattina, appena ho aperto gli occhi, dopo i “fuochi d’artificio” del giorno precedente, scoppiati subito dopo la notizia che anticipava la pubblicazione del libro scritto a quattro mani dal Papa Emerito Benedetto XVI e dal Card. Sarah, Des Profondeurs de nos cœurs (Dal profondo del nostro cuore), sul celibato sacerdotale.

I fatti sono noti, anche se non del tutto chiari, e non è qui necessario ripercorrerli. Si aggiungono però nuovi tasselli, ed il quadro che ne viene fuori non è edificante. Anzi. Per un aggiornamento, leggete qui.
È bastata la pubblicazione di un libro a firma di due importanti personalità della Chiesa per scatenare il putiferio, con immediati critiche e attacchi di bassa lega, tesi ad infangare uno degli attori, il card. Sarah, che, a parere dei fuochisti, avrebbe strumentalizzato e “usato” l’altro attore, il Papa Emerito, ridotto, sempre secondo questi personaggi, ad un anziano signore oramai incapace di ragionare per più di 15 minuti. 
Gerard O’Connell su America, la rivista americana dei gesuiti, scrive che fonti di sua conoscenza che hanno fatto visita al Papa Emerito gli hanno detto che “sebbene la mente di Benedetto sia lucida: è comunque difficile per lui impegnarsi in una conversazione che duri più di 15 minuti. Queste fonti si sono chieste come sia stato scritto questo libro”. In altre parole, si chiedono come Benedetto XVI abbia potuto dare il suo contributo alla stesura del libro, viste le sue condizioni.
Insomma, il card. Sarah, uomo buono, di fede profonda, che ha sempre evitato divisioni, che ha sempre dimostrato, e a richiesto a chi gli si è avvicinato con critiche, obbedienza a Papa Francesco, è stato infamato e dipinto come approfittatore di un uomo anziano, un tipo che avrebbe fatto “carte false”, spacciando come opera di Benedetto XVI quello che in realtà era solo farina del suo sacco. Si è infatti messa addirittura in dubbio la paternità del saggio a firma singola di Benedetto. Una infamia che è stata respinta con sdegno dal card. Sarah, e che lo ha indotto a rendere pubblica una parte della corrispondenza privata (vedi qui) tra lui ed il Papa Emerito. Corrispondenza che dimostra come Benedetto XVI abbia partecipato attivamente alla redazione del libro. Conferma è poi venuta anche da mons. Gaenswein
Quello che da questa triste e penosa vicenda balza subito agli occhi è una lettura della Chiesa che è ridotta a puro gioco politico. Una lettura che vede la Chiesa solo dal punto di vista mondano, come agitata da forze politiche che combattono e si scontrano per il puro potere, conquistato il quale, la forza vincente sarà in grado di realizzare le agognate riforme o la desiderata restaurazione. Secondo questa visione, nella Chiesa non possono che esserci da una parte riformatori, anzi rivoluzionari, e dall’altra conservatori, ossessionati dallo status quo. Da una parte progressisti, attenti ai tempi, anzi, ai “segni dei tempi”, pronti a scrutarli per adeguarvisi, e dall’altra gli ottusi tradizionalisti, rinchiusi nei loro cliché, nei loro riti tradizionalisti, nei loro pizzi, nei loro fumi d’incenso. Una visione che vede da una parte Papa Francesco, considerato come un rivoluzionario che, dopo un periodo di papi che hanno ostacolato e bloccato il vento impetuoso di rinnovamento del Concilio Vaticano II, porterà alla Chiesa quelle riforme “rivoluzionarie” che faranno di Essa, finalmente, una entità vicina alla gente comune, e dall’altra, alcuni vescovi, cardinali e lobby di potere che sono al soldo delle multinazionali americane e del capitalismo statunitense, asserragliati nel fortino di una Chiesa ossificata e stantia, chiusa in se stessa. Da una parte una Chiesa accogliente, aperta “a tutti i venti di dottrina” e indifferente alla verità ed alla ragione, purché inclusiva, misericordiosa a prescindere, e rispettosa dei diritti di tutti, e dall’altra una Chiesa esclusiva, una sorta di club per iniziati, per falsi puri e puritani, per persone dal volto farisaico. 
È chiaro che in una tale caricatura della Chiesa, frutto di una falsa lettura ideologica, non può esserci posto per un card. Sarah e un Papa Emerito che scrivono un libro sul celibato sacerdotale alla vigilia della pubblicazione dell’esortazione post sinodale. In questo scenario, è chiaro che il card. Sarah non può esprimere un parere, per quanto autorevole, sulla questione del celibato. Egli può solo palesare la sua figura di oppositore a Papa Francesco, di “capobanda” che deve essere zittito con ogni mezzo. In questa incresciosa storia cui stiamo assistendo non si discute di celibato sacerdotale, non si discute di storia della Chiesa, non si discute di teologia, non si entra nel merito della questione, ma si attacca immediatamente, e senza andare per il sottile. L’unica cosa che interessa i “guardiani della rivoluzione”, teologi, giornalisti e operatori dei media, è che Papa Francesco abbia strada libera per quello che oramai molti danno per certo, ovvero una sostanziale apertura sui preti sposati, come eccezione per determinate circostanze e luoghi. Una eccezione che inevitabilmente, e logicamente, diventerà “Urbi et orbi”, cioè applicabile in qualsiasi regione del globo ove la necessità dovesse sorgere, come la maggioranza dei vescovi tedeschi ben sa e ardentemente attende e desidera.
Se il Card. Sarah è un “oppositore”, Benedetto XVI è uno che deve stare zitto, anche dinanzi ad un potenziale cambiamento epocale, come quello rappresentato dall’apertura ai preti sposati, una scelta influenzata da motivazioni sociologiche e che rompe una tradizione autentica e apostolica che la Chiesa da secoli ha mantenuto, pur nelle traversie storiche come quella del Concilio in Trullo, o Quinisesto, del 692, convocato all’insaputa della Chiesa occidentale e dove vi parteciparono 215 vescovi orientali, durante il quale furono eliminate le norme a favore del celibato dei preti. Un Concilio che però non è mai stato riconosciuto dalla Chiesa di Roma. 
Curioso quindi che a Benedetto XVI, ogni volta che parla o rilascia uno scritto, gli si ricorda o gli si rimprovera la mancata fedeltà alla sua promessa di silenzio e preghiera. Un mancato silenzio che a qualcuno ha dato così tanto fastidio da averlo spinto ad immaginare delle misure disciplinari canoniche pur di impedire al Papa Emerito di esprimersi pubblicamente. 
Come detto, per questi signori, Papa Francesco non è il 266º successore di Pietro, colui che deve confermare i fratelli nella fede, colui che deve preservare il depositum fidei, ma l’artefice della “rivoluzione”, colui che attuerà il “cambio di paradigma”, anche morale, colui che chiuderà definitivamente una parentesi di buio durata 50 anni. All’opposto, sempre per gli stessi signori, Benedetto XVI è il degno rappresentante, uno dei rappresentanti, di quella parentesi che si vuole definitivamente chiusa, serrata, come serrata deve essere la bocca del Papa Emerito.
È un film che abbiamo già visto, come quello andato in onda lunedì sera su Rai 3, durante la trasmissione Presa diretta, con un copione a tutti noto e scontato. Un “film” buffo anche nel tono di voce che doppiava in italiano gli intervistati di lingua inglese o tedesca. Dura e ridicola quella dei “tradizionalisti”, calda e rassicurante quella degli innovatori come il card. Marx, presidente dei vescovi tedeschi, che in quel documentario ha detto che l’espressione della sessualità, qualunque espressione della sessualità, anche quella degli omosessuali, è un dono di Dio che bisogna accogliere. Ad ascoltare un cardinale come Marx, o del suo vice, mons. Bode, che apertamente propone la benedizione delle coppie omosessuali, si ha la netta percezione della odierna deriva della Chiesa Cattolica, della china pericolosa che alcuni settori vogliono farLe prendere. 
Ma la Chiesa non è nostra, è di Cristo. La Chiesa non è essenzialmente umana. Per questo non può essere letta con gli occhiali della politica, delle fazioni, della contrapposizione tra progressisti e conservatori, tra innovatori-rivoluzionari da una parte e conservatori dall’altra. Con gli occhiali della politica si producono solo danni.
A chi pensasse che Papa Francesco possa e debba vestire i panni del “rivoluzionario”, occorrerà ricordare quanto ha scritto Stefano Fontana nella introduzione al Dizionario antologico dottrinale di Benedetto XVI:
“Il ruolo del Romano Pontefice è soprattutto quello di confermare nella fede i fratelli e di insegnare la verità che Cristo ha consegnato agli Apostoli. Cristo stesso è la Verità e la Chiesa vive di questa Vita presente in essa. Cristo è però anche il Logos di Dio e la verità che la Chiesa conserva e tramanda intatta nel suo nucleo dogmatico è vita e anche dottrina. Non c’è opposizione, nella Chiesa, tra la sua dottrina e la sua vita: ambedue attingono a Cristo Risorto. Cristo è il Redentore, ma è anche Colui per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte.”

di Sabino Paciolla


Gesù non era celibe ma vergine, perché era tutto consacrato alle cose del Padre suo. “Perché mi cercavate? Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (lc 2,49)
“Non sono venuto per fare la mia volontà, ma la volontà del Padre che mi ha mandato” (Gv 6,38).
“La sua (del Padre) volontà è che io non perda nessuno di quelli che egli mi ha dati, ma che li risusciti nell’ultimo giorno” (Gv 6,39).
“E ne scelse dodici perché stessero sempre con Lui, per mandarli a predicare, con la potestà di scacciare i demoni” (Mc 3,14).
Dal suo esempio e dedizione a Lui è sorta la verginità cristiana. Prima di Gesù era socialmente inconcepibile non sposarsi.
Tra l’altro anche per questo infatti la Madonna e San Giuseppe dovettero risultare uniti in matrimonio.
Per di più, specialmente nella società antica, una donna non sposata rimaneva indifesa ed esposta a grandissime difficoltà.
La Chiesa con la sua testimonianza del soprannaturale Regno di Dio, ha dato statuto e dignità anche sociale alla scelta di verginità consacrata e alla condizione di vedova.
Essere celibi e nubili significa che non si è sposati e magari lo si è per impedimenti vari e controvoglia. La verginità invece è una scelta di chi volontariamente si fa “eunuco per il Regno dei cieli” (Mt 19,12).
Il matrimonio è cosa buona, infatti è sacramento, cioè porta nel mondo il mistero dell’unione sponsale di Cristo con la Chiesa, ma la verginità è la parte migliore e a chi la sceglie non sarà mai tolta. San Paolo scrive: “Chi si sposa bene, ma chi non si sposa fa meglio. Vorrei che tutti fossero come me, ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo chi in un altro… Tuttavia costoro (coloro che si sposano) avranno tribolazioni nella carne e io vorrei risparmiarveli…Però è meglio sposarsi che ardere” (1Cor 7,7 ss).
Si chiama verginità consacrata perché è scelta esclusiva di Cristo e come Lui si diventa testimoni nel mondo degli uomini di superiore diverso Regno dei Cieli.
Infatti “i figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della resurrezione dai morti non prendono moglie né marito e nemmeno possono più morire perché sono uguali agli angeli ed essendo figli della resurrezione sono figli di Dio” (Lc 20,34-36).
“Gli chiesero: E’ lecito ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo? Ed Egli rispose: Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così non sono più due ma una carne sola. Quello che Dio dunque ha congiunto l’uomo non lo separi.
Gli obiettarono: Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via? Rispose loro Gesù: Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio” (Mt 19,3-12).
Da questa citazione del Vangelo rileviamo due cose di grande attualità. Gesù dice che “il Creatore da principio li creò maschio e femmina…Per questo l’uomo si unirà alla sua donna e i due saranno una carne sola”.
Qui si condanna il gravissimo accecamento del mondo moderno che tende a cancellare – inutilmente ! – la distinzione dei sessi, quindi l’essere proprio delle persone, se non per ragioni inventate apposta a causa della volontaria cecità dei loro cuori che li rende malvagi.
Si tenta persino di cancellare la natura intorno a noi. Non certo per rispettarla, come ipocritamente si dice, ma per sottometterla ai capricci della nostra egoistica volontà di (onni)potenza, di decidere noi di volta in volta a proprio capriccio, che cosa è bene e che cosa è male e chiamiamo impropriamente libertà. La quale libertà non è se non ha contenuti morali.
Sono qui Schopenhauer, Nietzsche e la pletora dei loro epigoni. Essi hanno avvelenato di sotterranei orridi fantasmi la psiche di ognuno, dell’uomo e del mondo moderno.
Inoltre, la sessualità non è un valore a sé, avulsa dal generale ordine della natura, ma è orientata entro quest’ordine cosmico al matrimonio, ad essere feconda accendendolo di amore e perpetuando e moltiplicando il miracolo della vita.
Altra considerazione è che il matrimonio è condizione che appartiene all’ordine temporale delle persone in cammino, allo stesso modo che il tempo è qualcosa di noi che scorre e non appartiene all’eternità, allorché lo scorrere del tempo non esisterà più e la maturazione di ciascuno come libera persona sarà completa e non potrà andare più oltre.
O se non sarà stata fatta completa, la maturazione rimarrà così, si troverà in quel momento e anche essa non andrà oltre. Il tempo dei tempi compiuti!
San Pietro era sposato, certo. Infatti Gesù gli guarì la suocera allora gravemente inferma (cfr Mc 1,29-31).
Ma il fatto che Pietro abbia accettato l’invito di Gesù a seguirLo e insieme con gli altri apostoli dedicarsi al ministero che conferiva ad essi il Signore potrebbe significare o che San Pietro non avesse più la moglie o che avessero rinunciato ambedue all’uso del matrimonio per il Regno dei Cieli.
Comunque, dato che nelle società di allora era inconcepibile non essere sposati è ovvio che nelle incipienti comunità cristiane si avessero vescovi, sacerdoti e diaconi già con famiglia. Ma da subito la gemma della verginità consacrata emerse e ci si avviò ad avere vescovi e sacerdoti non sposati.
E’ un errore purtroppo comune pensare ai Vangeli come a biografie di Gesù. Essi sono invece appunti dell’annuncio fatto dagli apostoli di Gesù quale mistero universale di salvezza.
Gli apostoli e gli scrittori sacri non hanno inteso essere come odierni corrispondenti di televisioni e giornali. Non intendevano informare ma annunciare, convertire e formare le coscienze di un popolo nuovo, un’umanità redenta e tutta di Dio.
La rinuncia al matrimonio per dedicare tutto se stesso al Signore e al servizio del Vangelo è un carisma che lo Spirito di Dio ha immesso e fatto crescere nella sua Chiesa per renderla davanti a sé perfetta e splendente e senza ruga né macchia.
La verginità consacrata del sacerdote e la verginità delle consacrate sono un dono fatto a tutta la Chiesa, cioè anche ai fedeli, come annuncio, “profezia”, del venturo Regno dei cieli, e anticipazione già da quaggiù. E’ un fiore della fede a Cristo Risorto e nella gloria del Padre suo.
Il matrimonio cristiano è reso sacro con l’essere sacramento, “signum” dell’unione sponsale di Cristo con la Chiesa, in modo che la creatura umana potesse offrire il sacrificio di sé stessa e divenire luogo sacro di amore disposto ad accendere la vita di nuovi figli di Dio, tutti chiamati al dono di felicità dell’infinita felicità di Dio.

Tanto il matrimonio cristiano che la verginità consacrata non si pongono in opposizione tra di loro, ma sono ugualmente necessari per illuminare di sacralità e speranza la materiale triste realtà di questo mondo. La quale sarebbe altrimenti una noiosa ripetitiva cadenza di non senso lungo l’asse del tempo della vita senza scopo.
di Giuliano Di Renzo