La crisi all’interno della Chiesa è anche crisi nei media cattolici. I media tradizionalmente legati alla struttura gerarchica vengono visti come fonti di informazione oggettiva e corretta su quanto accade nel mondo Cattolico. Negli ultimi anni però alcuni media “non ufficiali” legati a gruppi più o meno conservatori soprattutto negli Stati Uniti, hanno ottenuto molta visibilità per aver dato il via ad inchieste su abusi sessuali o su scandali amministrativi in diversi ambiti ecclesiali. Naturalmente, spesso, data la gravità di quanto denunciavano, hanno usato modalità e toni “sopra le righe” e questo ha scandalizzato molti benpensanti.
A ridosso della pubblicazione del “dossier Viganò” e delle polemiche scaturitene, si era parlato di una sorta di “certificazione di cattolicità” per i siti on-line e di stampa cattolici. Nel paragrafo 146 del documento finale del Sinodo dei Giovani pubblicato a fine 2018, quindi, era stata inserita una frase sulla necessità della creazione di “sistemi di certificazione dei siti cattolici, per contrastare la diffusione di fake news riguardanti la Chiesa”.
Padre Thomas Rosica, ex- Consultore del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, si era premurato in quattro e quattr’otto di preparare una lista di siti che secondo lui erano affidabili rispetto a questi aspetti: pochi mesi dopo, nel febbraio 2019, aveva dovuto dimettersi perché alcuni siti web “non istituzionali” ne avevano smascherato i numerosi plagi.
Per la fine del 2019, a pochi giorni dalla notizia che Benedetto XVI lanciava una iniziativa di sostegno alle “voci cattoliche” non ufficiali in Germania, il noto scrittore George Weigel, ha pubblicato un articolo in cui, per il nuovo anno, sconsigliava ai “cattolici preoccupati” di seguire i siti di news cattolici “non ufficiali” e seguire solo quelli più “istituzionali”.
Il sito LifeSiteNews ha raccolto il parere di una nota teologa che su FB ha espresso il suo dissenso.
Ecco l’articolo scritto da Dorothy Cummings McLean nella mia traduzione.
Annarosa Rossetto
La dottoressa Janet E. Smith, studiosa cattolica, rinomata in tutto il mondo come esperta di Humanae Vitae, ha replicato con forza al consiglio di non leggere i media cattolici online dato ai cattolici da George Weigel.
La Smith ha usato i social media ieri per criticare un articolo dell’autore e biografo pontificio Weigel apparso sul National Catholic Register il 31 dicembre e su First Things il 1 gennaio. Nella sua rubrica, Weigel aveva suggerito ai lettori che per il 2020 “di decidersi a limitare [la loro] esposizione alla blogosfera cattolica”.
Nelle sue ” Risoluzioni di Capodanno per i Cattolici Preoccupati: alcuni suggerimenti“, Weigel ha scritto:
Nel 2019, molti siti web cattolici sono impazziti. Non è necessario fare clic su siti specializzati in continua isteria e continua propaganda. Se desiderate notizie cattoliche affidabili, visitate i siti web di Catholic News Agency e il National Catholic Register. Se volete un commento sano sul turbolento scenario cattolico, andate sui siti web di Catholic World Report, First Things e The Catholic Thing. È più che sufficiente per chiunque. Limitare la vostra blogosfera a visitare questi siti, ignorando i mercanti di isteria e i propagandisti, abbasserà la vostra pressione sanguigna e vi terrà informati.
La Smith, tuttavia, ha affermato che questo consiglio contiene “miopia e persino insensatezza”.
“Weigel raccomanda un numero limitato di siti di informazione che i Cattolici dovrebbero consultare e mette in guardia le persone nei confronti degli altri”, ha scritto la ex-professoressa di seminario sulla sua pagina Facebook . “Sebbene a molti non piaccia il tono di alcune fonti, molti di questi siti sono responsabili di gran parte di ciò che sappiamo sulla corruzione nella Chiesa e la loro tenacia è stata preziosa per raggiungere i pochi successi che ci sono stati”.
La Smith ha concordato che coloro che sono “eccessivamente turbati” dalle cattive notizie sulla Chiesa dovrebbero leggere solo fonti “sicure”, ma ha sostenuto che coloro che diffondono le brutte notizie non dovrebbero essere ostracizzati.
“‘Amabasciator non porta pena’…non prendetevela con i siti di informazione che indagano e raccontano eventi che alla fine poi vengono raccontati anche dagli altri, in modo un po’ meno sensazionalistico”, ha suggerito.
“Ricordate che le notizie riportate sono di per sé sensazionali e che alcuni giornalisti hanno un talento per evidenziare quanto siano scandalose le “ultime nuove” quando non sono più tanto nuove”.
La filosofa ha lamentato il fatto che alcuni Cattolici “si sono assuefatti agli scandali nella Chiesa” e lodano i vescovi “per aver svolto il minimo sindacale del loro compito”, mentre sono più riluttanti a “rimproverare quelli che continuano a impegnarsi nella copertura e nella tolleranza della corruzione” nelle loro diocesi. Secondo la professoressa i siti di informazione particolarmente incisivi sono necessari per ripulire la Chiesa.
“La Chiesa ha davvero disperatamente bisogno di agenzie di informazione che si rendano conto che ‘l’ordinaria amministrazione’ non è un’opzione quando la corruzione è così pervasiva”, ha scritto.
“Sono assolutamente favorevole a riportare buone notizie, ad avere speranza e a fornire un trattamento giusto ed equilibrato verso ogni persona e problema, ma penso che sia sconsiderato e ingiusto cercare di emarginare coloro che sono stati e sono in prima linea nel denunciare il marciume”, ha continuato .
“[Quando] verrà scritta la storia di questo periodo, alcuni di quelli che ora sono considerati gruppi estremisti e marginali saranno lodati come eroi.”
La Smith ha quindi usato il termine “muckraker” (letteralmente “spalaletame” n.d.t.), usato per la prima volta per descrivere i giornalisti americani che, tra la fine del 19° e l’inizio del 20° secolo, avevano denunciato le terribili condizioni di lavoro e di vita dei poveri delle città americane. Coniata dal presidente Theodore Roosevelt, la parola “muckraker” o “muck-raker” era un distintivo indossato con orgoglio da giornalisti come Upton Sinclair.
“I muckraker sono raramente ‘equilibrati’, ma spesso svelano la corruzione che altri giornalisti e analisti ‘più rispettabili’ non farebbero per timore di sembrare sensazionalisti o allarmisti”, ha scritto la Smith. “È difficile pulire lo sporco senza sporcarsi un po’.”
Church Militant, riportando per primi le osservazioni della Dr.ssa Smith, hanno elogiato la studiosa per la sua difesa.
“Se fosse stato per le fonti di notizie ‘affidabili’ di Weigel”, hanno scritto ieri gli editori, “è probabile che saremmo rimasti in gran parte all’oscuro rispetto agli abusi sessuali della Chiesa e agli scandali finanziari. Queste agenzie sono legate ai vescovi. Se ora si occupano degli scandali, in buona parte è perché sono stati costretti a farlo dai nuovi media cattolici”.
Christine Niles di Church Militant ha dichiarato a LifeSiteNews che le osservazioni di Weigel erano “un vero e proprio insulto”. “La caratterizzazione sprezzante fatta da Weigel di autentici giornalisti dipinti come ‘propagandisti’ – persone che si sono esposte, a volte a costo della loro carriera e a volte persino della loro sicurezza, per denunciare la corruzione nella gerarchia, mentre i media dell’establishment sono rimasti in un sicuro e comodo silenzio – è un grave insulto e rende i suoi commenti non meritevoli di essere presi sul serio”, ha detto la Niles.
Steve Skojec, fondatore ed editore della rivista online OnePeterFive, ha dichiarato a LifeSiteNews che il consiglio di Weigel è di uno che “non ha orecchio” (il termine “tone-deaf” è stato spesso usato nei confronti dei vescovi per indicare che non percepiscono l’indignazione dei laici rispetto alla questione degli abusi, n.d.t.).
“L’ammonimento di George Weigel che nel 2020 le persone dovrebbero evitare i siti web cattolici “specializzati in continua isteria e continua propaganda” mentre si aggrappa alla sicurezza delle pubblicazioni cattoliche dell’establishment è incredibilmente ‘senza orecchio’ “, ha detto Skojec, “in particolare per un uomo che ha ammesso durante un’intervista con Raymond Arroyo che [l’arcivescovo Carlo Maria] Viganò gli aveva personalmente raccontato le accuse secondo cui [il disonorato ex cardinale Theodor] McCarrick era stato sottoposto a sanzioni vaticane anni fa, ma non ne aveva evidentemente mai parlato fino a quando Viganò ha dovuto nascondersi per la sua testimonianza sulle coperture di McCarrick. ”
“La gente si è rivolta ai media cattolici alternativi proprio perché le agenzie di stampa dell’establishment – e gli autori cattolici dell’establishment come Weigel – non riuscivano a denunciare o a parlare adeguatamente delle ‘inquietanti’ rivelazioni sulla Chiesa di cui, come lo stesso Weigel ammette, sentiremo parlare ancor di più il prossimo anno”, ha continuato Skojec.
Skojec ha osservato che sono stati i media cattolici alternativi a “superare la barriera del silenzio che era diventata lo status quo” e ad aver reso l’indagine della corruzione nel Vaticano e nell’episcopato “parte della conversazione cattolica quotidiana”.
“Sono stati i media cattolici alternativi che hanno costretto le agenzie di stampa dell’establishment a permettere la pubblicazione di queste storie perché tutti ne parlavano già”, ha aggiunto.
“È proprio perché i media cattolici alternativi non sono legati ai vescovi o alle conferenze episcopali o a altre influenze interne alla Chiesa che hanno la libertà di affrontare storie che tradizionalmente sarebbero state considerate inaffrontabili”.
Mentre le osservazioni fatte dai lettori nei commenti sul sito First Things indicavano la volontà di seguire il consiglio di Weigel, la maggior parte dei commentatori del National Catholic Register era indignata all’idea di limitare la propria lettura all’elenco di Weigel.
Di Annarosa Rossetto
https://www.sabinopaciolla.com/il-merito-dei-nuovi-media-cattolici-nella-denuncia-della-crisi-nella-chiesa-secondo-una-nota-teologa/
di Sabino Paciolla
E’ degno di nota che un teologo di levatura e “aperto” come padre Ghislain Lafont, monaco benedettino, ora novantenne, in un suo intervento pubblicato su Cittadella Editrice, pur dichiarandosi a favore di preti sposati (ma con motivazioni che alcuni ritengono deboli), “alla fine” si è accorto che qualcosa non funziona con uno dei punti più criticati del documento finale del Sinodo dell’Amazzonia, quello dei sacerdoti sposati. Il teologo, al termine del suo intervento, dichiara, in sostanza, che, almeno su quel punto, il documento finale del sinodo amazzonico è da respingere.
Ecco qui lo stralcio finale del suo testo
Detto questo, bisogna ammettere che, in proposito, le disposizioni auspicate al n° 96 di questo stesso documento finale del Sinodo per l’Amazzonia sono strane. Questo testo infatti prevede che, « il Vescovo può affidare, con un mandato a tempo determinato, in assenza di sacerdoti, l’esercizio della cura pastorale delle comunità a una persona non investita del carattere sacerdotale, che sia membro della comunità stessa»; e aggiunge che questo «mandato ufficiale» può essere istituito «attraverso un atto rituale». Mentre il n° 21 di Lumen Gentium dice espressamente che l’incarico pastorale è dato dal sacramento dell’Ordine, qui esso viene ridotto al livello di un «mandato ufficiale» (espressione canonica il cui contenuti aveva costituito l’oggetto di lunghe discussioni ai tempi dell’Azione cattolica sotto papa Pio XI), e si prevede un «atto rituale». Ma quale? L’atto rituale che esprime il ministero episcopale su una comunità è il sacramento dell’Ordine. Se il lettore vorrà rileggere qui sopra il testo di Pio XII, vedrà che la disposizione auspicata dal Sinodo corrisponde a questo testo, come se questo non fosse stato annullato dal Concilio. Bisogna dunque sperare che questo n° 99 sarà diventato obsoleto prima ancora di essere stato applicato!
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.