ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 27 febbraio 2020

"Fuori della loro testa”

Il coronavirus, la Chiesa e le distopie realizzate


Piazza San Pietro vuota per l’udienza settimanale del papa; Sante Messe senza fedeli e trasmesse in televisione; vescovi che benedicono gli uomini di scienza ma si guardano bene dall’implorare Dio onnipotente; un teologo cattolico che dice che la quaresima non è tempo di mortificazioni e di penitenza.

Fino a poco tempo fa un quadro del genere lo avremmo definito distopico, applicabile a un mondo futuribile nel quale la Chiesa esiste solo come facciata ma è internamente morta e i suoi stessi rappresentanti hanno adottato il linguaggio e le logiche del mondo.
Oggi vediamo che questa, invece, è semplicemente la realtà. E la vicenda del coronavirus, sviluppatasi proprio in concomitanza con l’inizio della quaresima, è servita a portarla alla superficie in modo ancora più evidente.
“I sacrifici e le penitenze centrano l’uomo su sé stesso, sulla propria perfezione spirituale, e nulla può essere più pericoloso e letale di questo ingannevole atteggiamento, che illude la persona di avvicinarsi a Dio quando in realtà serve solo ad allontanarla dagli uomini”. Scrive così il teologo secondo il quale la quaresima non è tempo di penitenza. Il male è allontanarsi dagli uomini. Buffo però che questa Neochiesa umanitaria, di fronte a un virus che decide di fare di testa sua, per prima cosa allontani i fedeli.
In varie città del Nord Italia in questi giorni i fedeli e i preti che non accettano di assoggettarsi all’imposizione di non celebrare Sante Messe pubbliche si ritrovano per Messe clandestine, e pare che siano alquanto frequentate. Anche questa una situazione che fino a poco tempo fa avremmo definito distopica: invece è sotto i nostri occhi. Chi vuole restare cattolico e continuare a ricevere l’Eucaristia deve farlo di nascosto.
Un lettore che è andato a una di queste Messe clandestine mi ha detto di non poter riferire qual è la chiesa: “Sa, il parroco potrebbe subire ritorsioni”. Capite? Un uomo di Dio potrebbe subire ritorsioni per aver fatto il suo dovere, per aver risposto alla chiamata del Signore e non a quella del prefetto.
A Milano la Santa Messa dell’arcivescovo per l’inizio della quaresima ambrosiana sarà trasmessa in diretta televisiva, senza la presenza dei fedeli, e tutti si congratulano per la bella scelta. Milano, la città di san Carlo, il pastore che lottò indomito contro la peste mettendosi totalmente nelle mani di Dio. Siamo alla Messa virtuale. Il prossimo passo sarà sostituire il celebrante con un ologramma.
Nelle Lettere di Berlicche il diavolo esperto dice: “È buffo che i mortali ci rappresentino sempre come esseri che mettono loro in testa questa o quella cosa: in realtà il nostro lavoro migliore consiste nel tenere le cose fuori della loro testa”. In questi giorni segnati dalla faccenda del coronavirus i pastori, tranne rare eccezioni, fanno a gara nel tenere ben fuori dalla nostra testa l’idea che Dio possa guarirci e salvarci. L’importante è applicare rigorosamente le indicazioni della prefettura. La “Chiesa in uscita” ha chiuso fuori i fedeli. La “Chiesa ospedale da campo” al momento buono ha scelto la sanificazione, non la santificazione. Amen.
Aldo Maria Valli

I cattolici al tempo del coronavirus / 3

Cari amici di Duc in altum, prosegue la serie di testimonianze che ho intitolato I cattolici al tempo del coronavirus. Inviate le vostre storie alla mia pagina Facebook.
A.M.V.
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Qui Genova
Caro dottor Valli, mi associo alle testimonianze lette sul suo blog Duc in altum. Io sono di Genova e anche qui viene applicata la sospensione delle celebrazioni religiose giornaliere, con grande solerzia, senza colpo ferire. In linea, peraltro, con la chiusura delle chiese nel mese di agosto. Le chiese sono ormai diventate come gli uffici postali.
Sono riuscita a trovare una chiesa dove ieri sono andata. La Messa è stata celebrata, l’Eucarestia distribuita, le ceneri imposte. Poiché esiste un divieto di celebrare le Messe in pubblico, non scrivo il nome della chiesa perché non voglio dare problemi a nessuno. Ho come la brutta sensazione che anche la libertà religiosa stia venendo meno. Grazie per l’ascolto.
Clara Mel
Genova
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Qui Cremona
Caro Valli, aderisco alla sua proposta di condividere le nostre esperienze di cattolici durante il coronavirus. Vorrei, da semplice parroco campagnolo, per di più al limite delle zone focolaio, sottolineare come molti sacerdoti non si sono certamente ritirati in casa dopo l’annuncio della soppressione delle Messe pubbliche. Io stesso, e come me tantissimi altri confratelli, mi sono subito attivato per lasciare aperta la chiesa per la preghiera personale. D’altra parte, celebrare la Messa privatamente non significa del tutto senza popolo.  Abbiamo fatto ricorso a tutti gli strumenti telematici possibili e diamo benedizioni eucaristiche al suono delle campane, e mi sembra che ci sia più partecipazione ora che in tempo di normalità. Si tratta di aguzzare un po’ l’ingegno e pensare a tutto quello che il patrimonio della tradizione della chiesa, unitamente alle tecnologie moderne, ci mette a disposizione.
Per fare qualche esempio, oltre a quello ben noto del parroco di Castiglione d’Adda, io personalmente a mezzogiorno impartisco la benedizione eucaristica sulla porta della chiesa e ci sono parecchie persone che vengono in piazza appositamente (cosa che in precedenza mai si sarebbero sognate di fare: lasciare un piatto di pastasciutta per il Santissimo Sacramento!).  Ieri mattina in chiesa ho celebrato “privatamente” alla presenza di alcune persone e ho messo un contenitore con le ceneri, avvisando i parrocchiani (con Whatsapp e Facebook, oltre che con il passaparola) che potevano prenderle e portarle a casa per una celebrazione familiare (per la quale il vescovo ha predisposto un sussidio in tempi record).
Ieri sera, sulla porta della chiesa, in modo semplice, ho imposto le ceneri a chi si è presentato. Tutto questo per dire che usando la retta fantasia pastorale qualcosa si ottiene.
Un parroco
Provincia di Cremona
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Qui Tokyo
Caro Valli, ai tempi del coronavirus i cattolici di Tokyo si sono sentiti annunciare, alla Messa del Mercoledì delle ceneri, che la diocesi sospende Messe e confessioni fino al 16 marzo almeno. Questo senza che ci sia un obbligo: il governo si è infatti limitato a sconsigliare grandi assembramenti di persone, come eventi sportivi e concerti. Sulla via del ritorno, sono passato dalla cattedrale russo-ortodossa di San Nicola, dove con stupore, quasi non capissero la mia domanda, mi hanno assicurato che la loro funzione domenicale si terrà. Lascio a lei le considerazioni del caso. Io so già che cosa farò domenica. Un saluto dal Giappone.
Fulvio Guía
Tokyo
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Qui Milano
Carissimo dottor Valli, rispondo al suo invito di condividere qualche spunto di riflessione su come stiamo vivendo questo momento.
Il decreto della regione Lombardia dice: “Per quanto specificamente concerne le riunioni con presenza fisica di più partecipanti si devono adottare i seguenti accorgimenti organizzativi: limitarne lo svolgimento esclusivamente a quelle necessarie ad assicurare la regolare funzionalità dell’ente e comunque non differibili”.
Quindi, dato che le Messe con la presenza di pubblico sono state cancellate, significa che le Messe non sono considerate né necessarie né “non differibili”. E se invece per qualcuno fossero necessarie? Potremmo legittimamente andare?
Inoltre, faccio notare che a Milano viaggiano regolarmente i mezzi pubblici. È vero che sono piuttosto vuoti e che – dice il sito dell’Atm – sono sanificati (che ironia: il correttore automatico del telefonino modifica “sanificati” in “santificati”… magari!), ma il fatto che siano vuoti è a causa dei timori dei cittadini, non per ordinanze varie. E comunque a Milano è molto più affollato un autobus che una chiesa!
Vedere questa grave mancanza di fede certamente non mi sorprende, ma mi addolora.
Un cordiale saluto e il mio grazie per quanto fa.
Silvia D’Amico
Milano
Coronavirus: chiese chiuse, bar e centri commerciali aperti
(Mauro Faverzani) Nessun Comune della provincia di Cremona rientra nella «zona rossa», che ha viceversa bloccato ingressi e uscite in e dai Comuni delle province di Codogno e Lodi. Cremona non è isolata. Nella piazza principale, pur con alcune limitazioni orarie, i bar sono aperti, molti si fermano a bere un caffè tra amici, seduti serenamente ai tavolini, fanno capannello nei pressi dell’edicola, passeggiano spensierati, pochi sono muniti di mascherina, unico indizio di una città in allerta per la degenza presso il locale ospedale di due casi accertati di coronavirus «Covid-19» e di altri tre provenienti dal Lodigiano.
In funzione preventiva, come nelle altre realtà lombarde, il Sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, con un’ordinanza ha chiuso tutte le scuole per un paio di settimane, sospeso il mercato pubblico, le manifestazioni sportive e gli eventi pubblici. Chiuse anche le università e i cinema. In Prefettura si riunisce periodicamente il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, per monitorare costantemente la situazione. I centri commerciali però, pur essendo luoghi di aggregazione per eccellenza, senz’altro tra i più frequentati, sono affollati, i negozi pieni e le farmacie stracolme, soprattutto di gente a caccia di mascherine e disinfettanti, peraltro già esauriti ovunque: e tutto questo in quanto la stessa Prefettura non ha ravvisato, al momento, «elementi tali» da determinare la «chiusura di imprese o di esercizi commerciali», che dovranno tenere le serrande abbassate solo di sabato e domenica, trovandosi ora Cremona in «zona gialla». Eppure, con sorprendente tempestività, già sabato scorso il Vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, ha disposto in tutta la Diocesi l’immediata sospensione di qualsiasi celebrazione della Santa Messa a qualsiasi ora di qualsiasi giorno, festivo o feriale che sia, dispensando «i fedeli dall’obbligo del precetto festivo». Ma non solo: allo stesso modo ha cancellato catechesi, incontri di preghiera o eventi culturali e chiuso gli oratori, blindatissimi «fino a nuova disposizione». La stessa celebrazione dei funerali «è consentita invitando i familiari a circoscrivere la partecipazione ai soli parenti stretti».
Il giorno dopo un’ordinanza, firmata dal ministro della Salute, Speranza, e dal presidente di Regione Lombardia, Fontana, ha disposto sì la sospensione di tutte le manifestazioni pubbliche, «comprese le cerimonie religiose», ma solo nei Comuni della “zona rossa”, quelli cioè isolati ovvero Codogno, Castiglione d’Adda, Casalpusterlengo, Fombio, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e San Fiorano. Non Cremona, dove paradossalmente si può fare l’aperitivo con gli amici, trovarsi in pizzeria e recarsi al centro commerciale, ma non ricevere l’Eucaristia, né riunirsi in chiesa in preghiera, per chiedere protezione contro il coronavirus. Incredibile, eppure paradigmatico: l’esempio di mons. Napolioni ha fatto “scuola” ed è stato, infatti, seguito a ruota anche dal Vescovo di Piacenza, mons. Gianni Ambrosio, e dall’arcivescovo metropolita di Milano, mons. Mario Delpini, che pure hanno chiuso al culto edifici sacri ed oratori, sospendendo di conseguenza anche le funzioni quaresimali. Prevedibilmente altri seguiranno.
Al confronto più lungimirante appare persino la diocesi di Hong Kong, dove, pur a fronte di ben altra emergenza rispetto a quella italiana, quanto meno parrocchie e cappelle sono rimaste aperte e sono state organizzate adorazioni quotidiane del Santissimo Sacramento, per invocare la fine del pestilenziale morbo. Inoltre viene assicurata la celebrazione di matrimoni e funerali.
San Gregorio Magno, nel 590, a fronte della grave epidemia di peste, che colpì Roma, decimando la popolazione, per implorare l’aiuto divino promosse una solenne processione per tre giorni consecutivi presso la basilica di Santa Maria Maggiore. Ed il morbo scomparve, come annunciatogli dall’Arcangelo Michele, che, in cima alla Mole Adriana, gli apparve nell’atto di rinfoderare la spada.
Fu addirittura l’autorità civile ovvero il Senato palermitano, invece, a sostenere, il 9 giugno 1625, contro la peste dilagante, la processione pubblica promossa dal cardinale arcivescovo Giannettino Doria con l’arca contenente le ossa di Santa Rosalia, come disposto dalla stessa Santa apparsa a Vincenzo Bonelli. Processione, che valse a debellare il morbo. Gli esempi potrebbero continuare… C’è anche chi va controcorrente, come informa il blog Messainlatino: il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, mons. Massimo Camisasca, anziché chiudere le chiese, ha invitato tutti i fedeli ad unirsi a lui nella recita, lunedì scorso, del Santo Rosario nella Basilica della Ghiara, invocando la protezione della Beata Vergine Maria per il popolo cinese colpito dal coronavirus, per gli ammalati ed affinché l’epidemia venga tenuta lontana dall’Italia.
Se San Gregorio Magno ed il card. Doria avessero ragionato come i Vescovi di Cremona, Piacenza e Milano, mai sarebbero state fatte le processioni e la peste, anziché essere fermata, avrebbe proseguito indisturbata nella propria azione devastatrice. Oggi, però, anziché riunire i fedeli nelle chiese per pregare Dio d’esser risparmiati dall’epidemia, magari anche con l’adorazione al Santissimo Sacramento, c’è chi preferisce darsi alla fuga, urlando «si salvi chi può». Ma non v’è fuga che tenga per chi si dimentichi di Dio. 

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