ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 7 marzo 2020

La vittoria che ci attende

QUIA RESPEXIT HUMILITATEM - UNA MEDITAZIONE SULL’IMPORTANZA DELLA NOSTRA TRASCURABILITÀ




I don’t consider myself the savior of the Church:
I’m trying to do my part.


Nei momenti di crisi - tanto civile quanto ecclesiastica - si cerca istintivamente l’uomo forte, una figura carismatica che sappia scuotere le coscienze e le guidi. Ci immaginiamo un guerriero in armatura, col volto fiero e la spada sguainata, o un Prelato in mitria e piviale sul quale plana la mistica Colomba, come vediamo raffigurati i nostri Santi sulle vetrate delle chiese o nelle pale d’altare. Pensiamo ad un pio sovrano alla testa di un esercito che schiaccia il Turco, o un Papa in tiara e manto che, su un carro trionfale, travolge sotto le sue ruote eretici, maomettani e diavoli, mentre dal cielo la Vergine in trono regge il divin Figlio benedicente. 

Analogamente, rappresentiamo anche il nostro nemico come terribile, capace di sedurre le masse per l’eloquio con cui incanta e il fascino che trasmette; lo vediamo rivestito delle insegne del potere, circondato dai suoi consiglieri, mentre un demone gli sussurra all’orecchio. Un Anticristo seduttore che le masse osannano come proprio re, mentre i pochi fedeli di Cristo, col dito puntato, lo indicano come nemico di Dio e meritano per questo la morte. 

La nostra rappresentazione non è falsa: essa ci viene da secoli di iconografia in cui non sempre è mostrato quel che avviene nella realtà tangibile, ma il suo significato spirituale, non meno reale. Eppure, in quei Santi trionfanti sull’idolatria o sull’eresia, in quei Principi schierati in battaglia per difendere la Fede, avviene che perdiamo di vista qualcosa di importante e - specialmente in questo momento storico - estremamente istruttivo. Noi dimentichiamo che il Signore non cerca grandi personaggi per compiere i propri prodigi, ma al contrario si avvale di persone sconosciute, umili, piene di difetti e infermità. Ed è proprio in virtù di questo apparente sovvertimento della mentalità comune che possiamo scorgere, possente, l’intervento di Dio nella Storia. La quale ci propone esempi di figure umanamente piccole e deboli, grazie alle quali le vicende umane non hanno seguito il proprio corso verso l’abisso. 

Anche il mondo contagiato dall’ogoglio di Satana cerca come proprio capo una figura potente, che incarni tutte quelle qualità ch’esso considera come segno distintivo dell’affermazione sociale: denaro, bellezza, giovinezza, prestigio politico, forza militare, consenso delle masse. Tutte cose che, sub specie aeternitatis, non hanno alcun valore, perché transeunti ed effimere.

Abbiamo sotto gli occhi la sconfessione plateale di questa rappresentazione: gli operatori di iniquità hanno sì un potere, ma non lo ostentano come avrebbe fatto un sovrano persiano; parlano alle folle, ma le loro parole sono scritte da ghostwriters esperti in comunicazione; la loro età è dissimulata e la loro bellezza è opera del bisturi; il loro carisma è nullo, perché esso non riesce a nascondere la morte che hanno nello sguardo. Ci aspettiamo un Anticristo come si deve e ci ritroviamo geronti rugosi asserragliati nei loro palazzi circondati da alte mura, personaggi squallidi che però hanno nelle loro mani le sorti delle Nazioni. Anche la setta conciliare, grande alleato del Nemico, ci presenta figure assolutamente mediocri, immediatamente antipatiche, ignoranti, presuntuose, incapaci di sedurre se non interessati cortigiani e subalterni senza nome. Persone orgogliose, iraconde ma pavide, che screditano il potere e il prestigio del ruolo che ricoprono. E che quanto più cercano di primeggiare, di innalzarsi, di distinguersi dalla massa che disprezzano, tanto più mostrano la propria ordinarietà. 

Dal campo avversario, dove istintivamente ci collochiamo, vorremmo fargliela vedere, ci piacerebbe dar loro una lezione schierando appunto Vescovi intrepidi, monaci col crocifisso levato, Domenicani in saio che sbaragliano le falsità dei modernisti, suore con l’ostensorio che scacciano il Maomettano, guerrieri con il vessillo cristiano. 

E qui, caro Lettore, devo disilluderti. No: non saranno grandi personaggi a salvare né la Chiesa né il mondo, perché la vittoria che ci attende è un trionfo divino, che opera nel silenzio, dove lo sguardo curioso e scostante del mondo non giunge. 

Sarà un oscuro Vescovo ausiliario con il volto sereno, l’anziano Cardinale che crediamo troppo moderato, il Nunzio braccato dai burocrati della Terza Loggia, il sacerdote che celebra la Santa Messa in un garage, la monaca che offre la propria vita per la salvezza delle anime, il Prelato scacciato dalla Conferenza Episcopale e che fino ad allora celebrava il Novus Ordo, il fedele che continua a inginocchiarsi quando riceve la Comunione. A costoro - ultimi, ciascuno a suo modo - verrà data la Grazia di esser protagonisti delle magnalia Dei, le meraviglie, le grandezze di Dio. E nessuno attribuirà agli uomini quei miracoli che solo la Grazia sa operare; nessuno guarderà allo strumento, ma alla Mano che lo impugna, nessuno penserà che quei servi inutili siano autori della vittoria. E sarà proprio il segno inconfondibile dell’opera di quel Dio che, per redimere l’umanità, ha scelto di nascere in una mangiatoia, che per trent’anni è vissuto nell’ascondimento e che ci ha riscattati sulla Croce, il supplizio riservato agli schiavi. 

E nel novero degli umili strumenti, dei servi inutili, delle pietre scartate dai costruttori chiediamo di poter esser contati anche noi, con le nostre debolezze e la quotidiana lotta con il mondo, la carne e il diavolo. Questo non significa che ci dobbiamo rassegnare agli eventi, o che quel che facciamo non abbia importanza, o che non dobbiamo coltivare i nostri talenti perché tanto pensa a tutto la Provvidenza: dobbiamo anzi tenerci pronti e disponibili, come la penna temperata, la spada affilata, la tela liscia e pulita. Poiché anche lo strumento è creatura di Dio, nella quale sono irradiate le perfezioni dell’Artefice. 

Impariamo ad accettare quello che per il mondo è scandalo: la nostra apparente inutilità, il nostro esser docile penna nelle mani dello Scrivano, l’importanza della nostra trascurabilità. Quia respexit humilitatem. 

Copyright MMXX - Cesare Baronio


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