ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 4 marzo 2020

“Misericordia”, “moderna” e “creativa”

Quaresima, quella reiterata pretesa d’abolire la penitenza…



(Mauro Faverzani) Che cos’è la Santa Quaresima? Il Catechismo Maggiore di san Pio X è molto chiaro: «È un tempo di digiuno e di penitenza istituito dalla Chiesa per tradizione apostolica» (n. 35). Con quale finalità? «Per farci conoscere l’obbligo che abbiamo di far penitenza in tutto il tempo della nostra vita; per imitare in qualche maniera il rigoroso digiuno di quaranta giorni, che Gesù Cristo fece nel deserto; per prepararci col mezzo della penitenza a celebrare santamente la Pasqua» (n. 36). 

Appare tutto molto chiaro e ragionevole. Eppure nella Chiesa “della misericordia”, “moderna” e “creativa”, anche queste semplici disposizioni vengono messe in discussione. Anzi, criticate. Di più, negate e contrastate. Nella Chiesa “della misericordia” «sacrifici e penitenze» sono divenuti “temibili nemici”: «Nulla può essere più pericoloso e letale di questo ingannevole atteggiamento, che illude la persona di avvicinarsi a Dio quando in realtà serve solo ad allontanarla dagli uomini», è giunto a scrivere su Il Sismografo il teologo e biblista padre Alberto Maggi. Capito? Le parole rivolte da Dio all’uomo, «Polvere tu sei ed in polvere tornerai» (Gen 3, 19), secondo lui sarebbero «lugubri», un «funereo monito» in cui sarebbe «completamente assente la novità dell’annuncio evangelico» (sic!), quasi non fossero più Sacra Scrittura oppure come se il Nuovo Testamento abolisse l’Antico, incredibile! Ma padre Maggi, ormai rapito in un crescendo emotivo, fissa la sostanza della Quaresima in una generica conversione, come se questa giungesse all’improvviso e gratis, in risposta ad un generico «invito al cambiamento» in un «continuo processo di rinnovamento», quasi hegeliano, processo che – attenzione – non punta più alla propria personale santificazione, bensì ad «orientare la propria esistenza al bene dell’altro», spostando il baricentro dalla sequela di Cristo ad un altruismo squisitamente terreno, dalla santità ad un filantropismo – se va bene – da Croce Rossa.
Non pago, padre Maggi stabilisce anche un fittizio ed arbitrario spartiacque tra la liturgia pre e post-conciliare: la prima, secondo lui, sarebbe quella “cattiva”, che parla di penitenza e mortificazione, la seconda invece quella “buona”, che «vivifica» e che libera «nell’uomo le energie d’amore sopite» all’insegna del perdono. Come se la Chiesa iniziasse con la cosiddetta «riforma liturgica» e come se questa segnasse il limite, il confine tra la superstizione e la fede, tra l’ombra e la luce, tra l’inganno e la verità. Definire tutto questo un “azzardo” significa essere ancora magnanimi verso chi propali simili assurdità.
C’è un passaggio che non convince, tuttavia, in questi “innovatori”: non spiegano come concretamente giungere alla conversione. Che non è qualcosa che capita e basta o che arriva per caso o che cade dal Cielo. Tutt’altro. Alla conversione si arriva proprio e solo tramite quel tanto ingiustamente vituperato cammino di mortificazione e di penitenza, caratterizzante non a caso, in modo speciale, il Tempo di Quaresima. Come ribadito anche dal recentissimo Catechismo della Chiesa Cattolica, che al n. 1438 recita espressamente: «I tempi e i giorni di penitenza nel corso dell’anno liturgico (il tempo della Quaresima, ogni venerdì in memoria della morte del Signore) sono momenti forti della pratica penitenziale della Chiesa. Questi tempi sono particolarmente adatti per gli esercizi spirituali, le liturgie penitenziali, i pellegrinaggi in segno di penitenza, le privazioni volontarie come il digiuno e l’elemosina, la condivisione fraterna (opere caritative e missionarie)». Vale a dire tutto ciò che padre Maggi vorrebbe cancellare. E che invece viene ribadito e puntualizzato anche dal Concilio Vaticano II nella Costituzione Sacrosanctum Concilium, n. 109-110, nonché dal Codice di Diritto Canonico, Libro IV, can. 1249-1253, dove tra l’altro viene precisato: «Per legge divina [piaccia o non piaccia a padre Maggi-NdR] tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza». Tutti…Ma perché? C’è un motivo, c’è una ragione… Solo attraverso la penitenza si può giungere alla conversione. Per questo la penitenza è stata praticata ininterrottamente per secoli dai santi come santa Giovanna di Chantal e santa Veronica Giuliana. San Leonardo da Porto Maurizio nel 1759, nel corso di una missione tenuta in piazza Navona, a Roma, gridava «O penitenza o inferno».
Il mondo moderno relativista ed edonista rifiuta certo il concetto di penitenza. Padre Maggi non ha “inventato” nulla di nuovo, né di particolarmente originale. Si pensi come già nel 1952 l’allora generale della Compagnia di Gesù, padre Giovanni Battista Jannsens, con una lettera dovette richiamare i propri Confratelli allo spirito del fondatore sant’Ignazio ed al concetto di «continua mortificazione», contrapponendosi alla nouvelle théologie ed alla sua pretesa di cancellare la penitenza riparatrice e quella impetratoria. Proprio prevedendo l’apostasia spirituale del XX secolo, la Madonna in persona, a Fatima, richiamò la necessità della penitenza. I pastorelli videro, come ricordato da suor Lucia, «al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui; l’Angelo, indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza!». Un monito, che riguarda tutti. Anche i vari Padre Maggi operanti nel mondo…

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