Border Nights
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Coronavirus: perché in Italia si muore di più? Un’ipotesi
E’ con dolore, e anche un po’ di umiliazione, che l’Italia si trova a guidare la classifica mondiale per il numero di decessi per coronavirus. Perché? Si chiede la popolazione. Perché? Si chiedono la politica, i sanitari, la stampa.
Il sistema sanitario, messo a durissima prova, sta reggendo e sta dimostrando di meritare il suo posto in classifica tra i migliori del mondo. Eppure si muore più che in Cina o in Iran, con numeri di epidemia da Terzo Mondo. Come è possibile?
Il sistema sanitario, messo a durissima prova, sta reggendo e sta dimostrando di meritare il suo posto in classifica tra i migliori del mondo. Eppure si muore più che in Cina o in Iran, con numeri di epidemia da Terzo Mondo. Come è possibile?
Forse invece è possibile, e lo è proprio a causa della qualità ottima della nostra assistenza sanitaria. Tutte le statistiche mondiali sulla speranza di vita vedono l’Italia sul podio, chi al secondo posto (ONU), chi al terzo (CIA Factbook), chi al quinto (OMS), e con record di aspettativa intorno agli 84/85 anni. Questo significa una sola cosa: che a molte, moltissime persone nel nostro Paese viene garantita una lunga vita anche quando affette da patologie gravi. D’altronde tutti ne abbiamo esempi in famiglia: persone con malattie oncologiche o cardiologiche a cui il sistema sanitario nazionale offre cure al top anche in età avanzatissima e con salute acciaccatissima. In Italia, malgrado i difetti del SSN, non si lascia mai nulla di intentato.
Questa lodevole mentalità, nel Paese in cui “la salute innanzitutto” è il motto nazionale, ci ha portato a record invidiabili. Ma ci ha portato anche ad avere una consistente parte della popolazione che contemporaneamente è anziana *E* affetta da gravi patologie. L’annuario Istat riporta: “Gli uomini di 75 anni e più sono più colpiti da malattie del cuore (21,0%) rispetto alle loro coetanee (13,7%) e da bronchite cronica (19,6% contro 15,1%)”.
E scopriamo che vittime del coronavirus corrispondono quasi perfettamente: in maggioranza uomini, e affetti in primis da malattie cardiache e respiratorie (oltre che diabete e tumori).
E scopriamo che vittime del coronavirus corrispondono quasi perfettamente: in maggioranza uomini, e affetti in primis da malattie cardiache e respiratorie (oltre che diabete e tumori).
Per riassumere il concetto, se tutte queste persone fossero vissute altrove anziché in Italia sarebbero probabilmente decedute in un’età meno avanzata. Invece sono vissute qui, e curate il più a lungo possibile perché noi siamo italiani e ci piace così. Non lasciamo indietro nessuno.
Ora stiamo pagando questo e seppellendo i nostri nonni malati, che abbiamo orgogliosamente tenuto in vita. Non dobbiamo sentirci umiliati dalle drammatiche statistiche del covid19: non significano che siamo meno bravi degli altri… ma che lo siamo DI PIU’. Non ci è di nessuna consolazione, sia chiaro, ma almeno può essere una spiegazione.
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NB: Spagna e Svizzera, che vantano i nostri stessi record di speranza di vita, sono purtroppo sulla stessa strada riguardo alla letalità del covid19.
NB: Spagna e Svizzera, che vantano i nostri stessi record di speranza di vita, sono purtroppo sulla stessa strada riguardo alla letalità del covid19.
Debora Billi
Fonte: www.facebook.com
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COVID-19: LA STORIA INSEGNA?
Coronavirus. Una riflessione in prospettiva
Traduzione di Roberto Pecchioli
Proponiamo un testo, preceduto da un’ampia prefazione ermeneutica, sulle prospettive aperte dalla crisi globale in cui ci ha precipitato il virus Covid 19. I due interventi sono tratti da un sito francofono, <dedefensa.org>, impegnato nell’interpretazione della crisi sociale, culturale, antropologica dell’Occidente. Ne consigliamo la navigazione ai lettori in grado di padroneggiare a un buon livello di conoscenza la lingua francese. Ci è parso utile portare a conoscenza dei lettori alcune riflessioni di notevole pregnanza per la comprensione del presente, il vero e proprio “tornante della storia” della crisi sistemica innescata dall’emergenza sanitaria in corso. L’introduzione di Dedefensa.org è stata rimaneggiata per consentirne una più immediata comprensione, non tanto linguistica, quanto culturale in senso lato.
Covid 19, in prospettiva.
Ecco un testo che ha le virtù della nitidezza e della concisione. L'autore è al di sopra di ogni sospetto, soprattutto con riferimento alle nostre agitazioni anti-sistema un po’ disordinate. Il professor Stephen Davies è un uomo del potere, un accademico e uno scienziato ricoperto di onori e lodi, insospettabile di inclinazioni rivoluzionarie o complottiste. E’ responsabile educativo presso l’Institute for Economic Affairs di Londra, Senior Fellow all’American Institute for Economic Research, docente di storia e storia dell’economia a Manchester, città in cui vive. Studioso, tra l’altro, dell’impatto economico delle migrazioni, è autore di libri di notevole importanza, in particolare di The nature and origins of the Modernity, nel quale mette in stretta relazione la modernità e l’esplosione della disuguaglianza economica: i super ricchi e iperpotenti e tutti gli altri.
Il professor Davies, con ammirevole concisione, colloca la pandemia di Covid-19 nel flusso di pandemie avvenute nel corso della storia, il suo contributo, alla luce di quest’approccio e di ciò che avviene in queste settimane, indica ciò che possiamo attenderci dai fatti nel loro significato storico, in rapporto agli altri accadimenti che viviamo. Non si tratta di valutazioni sanitarie o statistiche, ma di un giudizio storico, psicologico e culturale. Una pandemia (il termine è usato nel senso di epidemia che esce, deborda dalla sua zona di sviluppo) è un fatto che si verifica regolarmente nella storia, ma non è dovuto al caso, a un incidente biologico o un rilevante capriccio di questa o quella specie animale. A leggere il professor Davies, comprendiamo che la pandemia è un elemento ricorrente delle civiltà umane, da analizzare sul lungo periodo con il doppio strumento della storia in quanto tale e della storia economica.
In breve, Davies ci informa che un'epidemia è generalmente legata in modo molto preciso a ciò che l'autore designa come “ecumene”, una compagine così definita: “una parte di mondo che ha un'economia integrata e una divisione del lavoro, tenute insieme e determinate dal commercio e dallo scambio” La nostra ecumene è divenuta globale, la pandemia di Covid-19 è quindi essa stessa globale, dal punto di vista della salute e da molti altri punti di vista. Ci dice altresì che una pandemia tende a verificarsi alla fine della storia dell'ecumene da cui ha avuto origine, poiché l’esperienza “mostra che le pandemie fermano, ritardano, o addirittura invertono, il processo di integrazione economica”.
È quindi molto probabile che sia questo ciò che ci attende, in un ambiente in cui i segnali di questa fine si stanno moltiplicando: ripiegamento sulla propria nazione, contrazione degli scambi dal livello globale a quello regionale, rinascita dei confini, sentimento generale di insoddisfazione o di latente rivolta, eccetera. L’effetto delle pandemie è un'accelerazione delle divergenze e delle specificità, con ripercussioni psicologiche e culturali molto grandi. Il Corona Virus “avrà effetti e conseguenze sul comportamento futuro delle persone; effetti e conseguenze che potrebbero essere maggiori e avere ripercussioni più durature di quelle della stessa pandemia “.
Queste osservazioni di ordine storico rafforzano notevolmente l’ipotesi di uno stretto legame tra Covid-19 e il Sistema, nel senso di un’accelerazione della crisi del Sistema. Il linguaggio del professor Davies è quello di un accademico e di uno scienziato, attento e misurato. Le sue conclusioni sono quindi ancora più impressionanti. Riteniamo che le sue considerazioni debbano essere valutate anche alla luce della circostanza che la percezione comune della pandemia è di potenza imparagonabile rispetto a tutte quelle del passato, a causa di un sistema di comunicazione di pervasività colossale, controllato in maniera schiacciante da oligarchie che non solo dominano il Sistema, ma “sono il Sistema”. La forza quantitativa di ciò che accade – il racconto della pandemia e il suo concreto impatto sulla vita dei contagiati e del resto della società- è più potente, nella percezione comune e sotto il profilo della psicologia di massa, della situazione sanitaria stessa, sintomo certo che si sta determinando una mutazione, un salto qualitativo.
Ovvero, la pandemia di Covid-19, con tutte le conseguenze collaterali di crisi che la accompagnano, deve essere collocata direttamente nello scenario di crollo generalizzato sistemico, con i suoi effetti distruttivi 1 sulla globalizzazione e, di conseguenza, su tutte le concezioni morali e filosofiche che l’accompagnano. La tecnica militare “shock and awe”, colpisci e terrorizza, può effettivamente suscitare il passaggio da una società materialista imprigionata nella perversione illusoria e isterica di un simulacro iper-protetto, festivo, adoratore della ricchezza e della sfrenata espansione progressista, a un modello che si confronta apertamente, per necessità, ad un sentimento tragico, se non eroico, della vita. In questo senso, si può ipotizzare che il colossale dispiegamento quantitativo della comunicazione attorno al Covid 19 susciti una retroazione qualitativa altrettanto colossale.
In questo senso, è ragionevole immaginare che il colossale potere quantitativo della comunicazione attorno a Covid-19 possa causare una trasmutazione qualitativa, in linea con l’osservazione di Davies secondo cui le ripercussioni – indirette per definizione – dei cambiamenti culturali e psicologici dovuti agli effetti del Coronavirus, oltrepasseranno largamente le conseguenze dirette.
Il testo del professor Davies è stato pubblicato con il titolo originale “What history teaches us about coronavirus pandemic” sul sito <alarabyiya.net> dell’omonima catena televisiva. (www.dedefensa.org.)
Tradotto e rielaborato da Roberto Pecchioli
CHE COSA CI INSEGNA LA STORIA SULLA PANDEMIA DA CORONAVIRUS
di Stephen Davies
Attualmente, c'è un grande dibattito sul tipo di politica più appropriato per affrontare l'epidemia di coronavirus. Ci confrontiamo con una vera pandemia, da quando, all'inizio di febbraio, è stato confermato che il virus si è diffuso in tutti i continenti. La pandemia non avrà termine prima dell’estate e proseguirà con sequenze di episodi per circa diciotto mesi. Il visus presenta una combinazione distruttiva di caratteri, nella misura in cui è altamente infettivo con effetti gravi e ha un tasso di mortalità non trascurabile in una parte significativa di casi, mentre una gran parte delle persone colpite non presenta alcun sintomo. E’ opportuno riflettere sulle probabili risultanze a lungo termine e, al riguardo, la storia è la migliore guida.
Le pandemie e le grandi epidemie sono una caratteristica ricorrente della storia dell’umanità. Una vera pandemia è mondiale, ma il termine è utilizzato anche per ogni epidemia che si propaga oltre il suo punto d’origine geografico. In questo caso, la diffusione dipende dall’uomo, per il tramite dei suoi spostamenti e di quelli degli animali che ci sono associati, come ratti e pidocchi. Le pandemie sono epidemie che si diffondono in quella che possiamo chiamare ecumene, una parte di mondo dall’economia integrata, con una divisione del lavoro (e della produzione N.d.T.) determinata e tenuta insieme dal commercio e lo scambio. Noi viviamo oggi in una vera e propria ecumene mondiale.
Se esaminiamo la storia delle pandemie, ci accorgiamo che hanno la tendenza a prodursi alla fine di un periodo crescente di integrazione commerciale ed economica su una parte rilevante della superficie del pianeta. Infatti questi processi hanno tra gli effetti la crescita dei movimenti umani e l’urbanizzazione massiva, che rendono più probabili le grandi epidemie. Storicamente le pandemie si sono propagate lungo le vie commerciali e di scambio. Molte caratteristiche del nostro attuale modo di vivere rendono più probabile una grave pandemia, in particolare i livelli più elevati di globalizzazione e l’allevamento intensivo moderno, che porta alla nascita di nuovi agenti patogeni tra gli animali, e in seguito l’apparizione di nuove specie di virus assai volatili. Gli scienziati, dopo un certo tempo, se ne sono preoccupati e hanno elaborato piani d’urgenza, quelli che sono attualmente sperimentati.
Quali saranno gli esiti di questa pandemia? La storia mostra che le pandemie fermano o ritardano, talvolta rovesciano, il processo di integrazione economica. Questo è ciò che probabilmente constateremo da oggi. Le catene di approvvigionamento a lunga distanza saranno poste in grave difficoltà, il che porterà molti a rivolgersi di più ai fornitori locali e, di conseguenza, a integrare meno le economie a lunga distanza. Questo processo era iniziato già prima dell'epidemia. Stiamo anche assistendo a un rafforzamento dei controlli sui movimenti, non solo ai confini nazionali, ma anche al loro interno. È improbabile che questa tendenza si inverta completamente, quindi vedremo un inasprimento delle frontiere e un minor numero di viaggi internazionali, specie di lunga distanza.
La pandemia può anche avere importanti ripercussioni politiche. Storicamente, le epidemie indeboliscono la legittimità di Stati e leader e spesso coincidono con disordini popolari. Inoltre debilitano le élite, che hanno proporzionalmente maggiori probabilità di contrarre malattie infettive, poiché viaggiano di più e vivono in grandi metropoli, snodi dei sistemi commerciali. Inoltre, nel mondo di oggi, queste classi sociali sono generalmente più vecchie della media. Un’ ulteriore, più diffusa epidemia originata in Cina potrebbe avere gravi conseguenze, soprattutto se la popolazione dovesse pensare che il Partito Comunista ha perduto per questi fatti il “mandato del cielo”.
Inoltre, la pandemia che viviamo potrebbe aggiungere altre pressioni su un sistema finanziario e monetario globale fragile, e innescare un forte calo dei valori patrimoniali che spazzerà via gran parte della ricchezza degli ultra ricchi. Come afferma Walter Scheidel 2 in The great leveler, generalmente le catastrofi importanti come guerre e pandemie portano a una forte riduzione della disuguaglianza.
Infine, dal punto di vista generale, le pandemie hanno spesso significativi effetti psicologici e culturali. Spesso sono associati a una ripresa di religioni millenariste, all'idea che la fine del mondo è imminente se non cambiamo radicalmente il nostro pessimo comportamento. Questo tipo di credenza para religiosa ha già trovato espressione in movimenti come Extintion Rebellion 3, e la tendenza è suscettibile di rafforzarsi, con esiti politici e culturali imprevedibili. Per converso, molte persone reagiscono pensando che se la vita è precaria, tanto vale vivere alla giornata e non trattenere alcun desiderio. Alcuni vedono ripristinata o rafforzata la loro fiducia negli esperti, ma molti perdono la poca fiducia che avevano e si rivolgono a idee emarginate, un processo che era già in corso.
La pandemia che il mondo sta attraversando passerà ma non sarà l'ultima. Inoltre, qualunque sarà la sua gravità, la storia dimostra che avrà effetti e conseguenze sul comportamento delle persone in futuro, e questi effetti e conseguenze potrebbero essere più significativi e avere ripercussioni più durature di quelle della pandemia stessa.
Note
1 Per definire la travolgente portata, ampiezza e rapidità dei cambiamenti tecnologici, economici, comportamentali di scoperte, innovazioni o fatti, compresa l’attuale pandemia, forse l’aggettivo qualificativo corretto è “disruttivo”, assai utilizzato in inglese, ma di ascendenza latina, disruptus, ciò che rompe, spezza, termine preso dall’elettrologia.
2. The great leveler, La grande livellatrice, non ancora tradotto in italiano, è un saggio del 2017 del docente di Princeton Walter Scheidel, una storia della violenza e dell’ineguaglianza dall’età della pietra al XXI secolo.
3. Ribellione Estinzione, per intero Ribellione contro l’estinzione, abbreviato XR, è un movimento ecologista internazionale sostenitore dell’uso della disobbedienza civile per costringere il potere ad agire contro cambio climatico, perdita di biodiversità, collasso ecologico e sociale.
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