ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 24 aprile 2020

Nuovi Savonarola all’opera

Nuovi profeti
Virologi, moralisti e fancazzisti: i Savonarola della decrescita infelice



Nuovi Savonarola all’opera. Quale migliore occasione di una pandemia, di un virus, di una pestilenza! Non hanno letto Albert Camus, ma dovrebbero farlo, almeno si darebbero un tono culturale, da veri radical.
Eccoli col ditino alzato, da tutti i mainstream media, a pontificare banalità, ma talvolta anche propositi raggelanti. Pensano, alla fine, che il virus è una giusta punizione per il male che abbiamo fatto, perché “noi siamo colpevoli”.
Uno normale crede che bisognerebbe far di tutto per ritornare a vivere, commerciare, produrre, divertirsi, incontrarsi, proprio come si faceva prima.
E invece no. Ascoltateli: il virus è un messaggio della natura “che si ribella”, è un’occasione per “cambiare il nostro stile di vita”, dobbiamo renderci conto che “nulla sarà come prima”, ma non è uno svantaggio, anzi, è “un bene”.
Adepti della decrescita felice, millenaristi di ritorno, fancazzisti d’ogni tipo, moralisti da strapazzo. Tutti questi hanno vinto alla lotteria. Quando gli ricapita? Potranno far danni e delirare impuniti, esser mantenuti senza lavorare, facendo pure la morale agli altri…
Ci sono quelli che “il capitalismo è da ripensare” (si, magari prendendo spunto dalla Cina…), quelli che, sotto sotto, pensano che a Milano e in Lombardia se la sono proprio meritata: “troppo benessere”, troppo lavoro, troppe attività commerciali professionali industriali finanziarie immobiliari edilizie. E basta! “Impoveritevi un po’ anche voi!”.
C’è, immancabile, Saviano, dal suo attico di New York, c’è Serra che se la prende con i bergamaschi (e questo, permettete, è proprio inaccettabile: parliamo di gente che è morta da sola e in silenzio, senza una lamentela. Verrà il giorno di restituire a tutti costoro la straordinaria dignità che meritano).
Ci sono quelli che “finalmente l’aria è pulita”, e nei boschi “tornano cervi lupi cinghiali”.  Quelli che “aveva ragione Greta Thunberg”, il pianeta è proprio malato e ci ha mandato “un pesante avvertimento” (dove, semmai, si conferma che la suddetta ragazzina porta proprio sfiga….).
E ci sono poi loro, i nuovi guru del “distanziamento sociale”: virologi, infettivologi, epidemiologi, batteriologi (esistono anche questi?). Ma li sentite? Loro sì, hanno fatto il colpo grosso e raccolgono l’occasione della vita. La stragrande maggioranza di loro (tranne qualcuno) non ha capito un bel nulla del virus, quando era essenziale farlo. Ci hanno detto tutto e il contrario di tutto. Eppure sono su ogni canale televisivo, si collegano da ogni dove. Uno pensa che dovrebbero stare a spremersi le meningi per inventare rimedi che ci consentano di riprendere a vivere normalmente: farmaci, vaccini, tamponi, analisi sierologiche. In fondo, li pagano per questo. Invece stanno sempre in tv, come le star, a dirci come dovremo vivere e lavorare. Ci si chiede quando lo trovino, loro, il tempo per lavorare in laboratorio o in ospedale, cioè negli unici luoghi in cui dovrebbero legittimamente decidere qualcosa.
L’altro giorno, uno di questi “scienziati” affermava perentorio che “non si transige”: per contenere il contagio bisogna “tracciare le persone”, con le APP o con qualunque altro mezzo, “e chissenefrega della privacy”.
Ecco, io vorrei che qualche politico con le palle dicesse chiaro a questi “signori del distanziamento sociale” che andassero a occuparsi dei loro laboratori. Che spiegasse loro che, invece, si deve proprio “transigere”. Perché la salute (fisica e mentale) di noi tutti si protegge in tanti modi. Perché i beni e i valori che contano sono tanti, e tutti vanno tenuti in conto.  Perché la vita delle persone non può essere quella che ci prefigurano. E perché verrà pure il momento in cui potremo praticare non già il “distanziamento sociale”, ma quello mentale da tutte queste follie.

PANDEMIA DI CORONAVIRUS O DI PAURA?

Messaggio di Mons. Pascal Roland, Vescovo di Belley-Ars.

Vescovo di Belley-ArsSua Ecc. Mons. Pascal Roland

Da carnevale in poi, dalle televisioni e, molto spesso, anche dai giornali, sembra essere scomparsa ogni notizia e problematica che non sia il Coronavirus Covid 19.
Se, i primi giorni, l’allarme poteva quasi giustificare questa super attenzione mediatica all’inatteso problema,- inatteso per noi, ma non per i

virologi ricercatori (quelli veri, non gli specialisti in virologia, epidemiologia, infettivologia, che, in genere, hanno più il compito di curare che di ricercare)- successivamente mi sono posto delle domande. Infatti, il tamburo battente, ossessionante e ansiogeno, non si limitava ai TG, ma si allargava ad ogni tavola rotonda e trasmissione quotidiana. Perfino LA7, che vanta la distanza dalle notizie trasformate in telenovelas, si uniformava generalmente all’aria che tira, tranne almeno una sera, quando Lilli Gruber, la nota giornalista televisiva che conduce la trasmissione Otto e mezzo, finalmente, avanzò perplessità su codesta insistenza.

Domande

Mi chiedevo: come mai, per affrontare la lotta al virus, ci si affida solo a specialisti del distanziamento a tutti i costi? Come mai si esaltano i medici, definiti come eroi, quando sappiamo che, poveri loro, sono costretti ad operare in condizioni estreme, rese tali dal taglio decennale dei posti letto negli ospedali (tutti gli ospedali sia statali che convenzionati)? Come mai nessuno controbatte il politico di turno, che accusa lo Stato di aver favorito la sanità privata e che questa sarebbe stata la causa di carenza di posti, cosa non vera, perché i posti sono conteggiati sul presunto fabbisogno complessivo?
Perché non si era in grado di dire che, indipendentemente dai posti statali o convenzionati, le terapie intensive e le rianimazioni devono essere complessivamente proporzionate ad una popolazione di sessanta milioni di abitanti e non di venti?
Ma, uscendo dalla questione pandemia, come mai sono scomparsi dalla nostra attenzione, e quasi sempre, anche dalle Agenzie stampa, laiche o cattoliche, temi come la guerra in Libia, la guerra Turchia-Siria, la tensione Stati Uniti-Russia, la tensione Europa-Turchia e relativi profughi, le più grandi manovre NATO, da dopo la Guerra in Irak e, comunque, tra le più grandi della storia, ecc., ecc., ecc.?

Un Vescovo ci aiuta

Benché, in qualche passaggio, la lettera del Vescovo di Belley-Ars , Sua Ecc. Mons. Pascal Roland, possa sembrare eccessiva (vedi l’irrinunciabilità alla stretta di mano come segno di pace – vi possono essere altri segni di pace, che non richiedano il contatto, come l’abbraccio simbolico ritualizzato a distanza-) o non i sembri appropriato confrontare il numero dei porti causati da alcool e fumo a quello di morti causati da una epidemia, tuttavia, codesta riflessione offre criteri e visioni che, sul piano antropologico e religioso, andrebbero prese in considerazione e dibattute, quali premesse per ulteriori approfondimenti che ci riproponiamo di offrire.
Ecco il testo integrale.

La traduzione italiana della Lettera del Vescovo di Belley-Ars in Francia ripresa dal sito korazim.org dell’ 8 Marzo 2020 a firma di Vik van Brantegem.

Cina: una chiesa viene abbattuta
Più che l’epidemia di coronavirus, dobbiamo temere l’epidemia di paura. Da parte mia, mi rifiuto di cedere al panico collettivo e di sottomettermi al principio di precauzione che sembra muovere le istituzioni civili. Quindi non intendo impartire istruzioni specifiche per la mia diocesi: i cristiani smetteranno di incontrarsi per pregare? rinunceranno a relazionarsi e ad aiutare i loro fratelli? A parte le elementari precauzioni che tutti prendono spontaneamente per non contagiare gli altri quando sono malati, non intendo aggiungere altro.
Dovremmo ricordare che in situazioni molto più gravi, quelle delle grandi piaghe, e quando i mezzi sanitari non erano quelli di oggi, i popoli cristiani si distinsero per le loro preghiere collettive, per l’aiuto ai malati, assistendo i moribondi e seppellendo i morti. In breve, i discepoli di Cristo non si allontanarono da Dio o si nascosero dai loro simili, ma piuttosto il contrario.
Il panico collettivo a cui stiamo assistendo oggi non rivela la nostra relazione distorta con la realtà della morte? Non manifesta l’ansia che causa la perdita di Dio? Vogliamo nascondere che siamo mortali e, essendo chiusi alla dimensione spirituale del nostro essere, perdiamo terreno. Avendo tecniche sempre più sofisticate ed efficienti, intendiamo dominare tutto e nascondere che non siamo i signori della vita.
A proposito, teniamo presente che la coincidenza di questa epidemia con i dibattiti sulle leggi sulla bioetica ci ricorda la nostra fragilità umana. Questa crisi globale ha almeno il vantaggio di ricordarci che viviamo in una casa comune, che siamo tutti vulnerabili e interdipendenti e che la cooperazione è più urgente della chiusura dei nostri confini. Sembra che tutti abbiamo perso la testa.
In ogni caso, viviamo nella menzogna. Perché improvvisamente focalizziamo la nostra attenzione solo sul coronavirus? Perché nascondere che ogni anno in Francia la banale influenza stagionale colpisce tra 2 e 6 milioni di persone e provoca circa 8.000 decessi? Sembra anche che abbiamo eliminato dalla nostra memoria collettiva il fatto che l’alcol è responsabile di 41.000 decessi all’anno e che si stima che 73.000 siano causati dal tabacco.
Lungi da me, quindi, l’idea di prescrivere la chiusura delle chiese, la soppressione delle messe, l’abbandono del segno di pace durante l’Eucaristia, l’imposizione di questa o quella modalità per ricevere la Comunione, considerata più igienica, perché una chiesa non è un luogo di rischio, ma un luogo di salvezza. È uno spazio in cui accogliamo Colui che è la Vita, Gesù Cristo, e dove, attraverso Lui, con Lui e in Lui, impariamo a vivere insieme. Una chiesa deve rimanere quello che è: un luogo di speranza.
Dovremmo sigillare le nostre case? Dovremmo saccheggiare il supermercato del quartiere e accumulare riserve per prepararci ad un assedio? No! Perché un cristiano non teme la morte. È consapevole di essere mortale, ma sa a chi si è affidato. Crede in Gesù, che lo afferma: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno” (Gv 11, 25- 26) Sa di essere abitato e animato dallo “Spirito di colui che risuscitò Gesù dai morti” (Rm 8,11).
Inoltre, un cristiano non appartiene a se stesso, la sua vita deve essere offerta, perché segue Gesù, che insegna: “Chi vuole salvare la propria vita la perderà; ma chi perde la sua vita per me e il Vangelo la salverà” (Mc 8,35). Certamente non si espone indebitamente, ma nemmeno cerca di preservarsi. Seguendo il suo Maestro e Signore crocifisso, il cristiano impara a donarsi generosamente al servizio dei suoi fratelli più fragili, in vista della vita eterna.
Quindi, non cediamo all’epidemia di paura. Non siamo morti viventi. Come direbbe Papa Francesco: non lasciatevi rubare la speranza!
+ Pascal Roland
Vescovo di Belley-Ars
Francia
 | 
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2020/04/lepidemia-perniciosa/#more-152329
Coronavirus: misure di contenimento incostituzionali, inadeguate e controproducenti

Pubblichiamo questo articolo su segnalazione di un nostro assiduo lettore, nonché collaboratore e caro amico. Il contenuto si discosta un po' dalla nostra linea editoriale, ma abbiamo considerato che il momento che stiamo attraversando necessità di tutti gli elementi atti a farci comprendere con che cosa, e con chi, abbiamo a che fare.

I nostri lettori noteranno facilmente che le considerazioni svolte dall'Avv. Giordano attengono a tutti gli ambiti del nostro vivere, compreso quello religioso, soprattutto se si considera che da parte della gerarchia ecclesiastica c'è stato chiaramente un appiattimento sulle posizioni dell'autorità civile, che ha comportato dei danni notevoli per i fedeli, senza che questo sia stato contrastato se non da tanti laici, che hanno denunciato il comportamento irresponsabile dei vescovi e perfino del Papa.

A complemento dell'articolo, segnaliamo, sempre grazie all'interessamento del nostro amico, una formale denuncia contro l'autorità civile presentata alla Procura di Roma dagli avvocati Prof. Augusto Sinagra, di Roma, e Alfredo Lonoce, di Lecce.
Non è il caso di riportare sul nostro sito l'intero esposto denuncia, per cui ci limitiamo a rinviare i lettori al sito dell'Avv. Lonoce.
https://www.studiolonoce.it/articoli/1753/





Libertà contro diritto alla salute (pubblica). Come ci hanno privati della dignità trasformandoci in “malati” con la scusa dell’emergenza sanitaria.

La dichiarazione dello “stato di emergenza” nel gennaio di quest’anno in seguito all’epidemia da “coronavirus” ha portato a partire dal 12 marzo all’adozione da parte del Governo di misure estremamente restrittive delle libertà personali nei confronti dei cittadini su tutto il territorio nazionale. Misure suggerite dal cosiddetto “Comitato tecnico scientifico” sul modello cinese che inizialmente sarebbero dovute durare 2 settimane, prorogate poi di volta in volta fino al 4 maggio 2020.
La campagna mediatica “unidirezionale” che ha preparato e accompagnato queste misure ha di fatto avuto l’effetto di scatenare il panico tra i cittadini, convincendoli sostanzialmente della necessità di tali misure per tutelare la salute di tutti - in particolare degli anziani - inducendoli ad accettare senza alcuna resistenza una limitazione delle proprie libertà personali che non ha precedenti nella storia repubblicana.

Il silenzio assordante degli intellettuali e dei giuristi

La cosa che personalmente più meraviglia è che la versione veicolata dai media volta a suscitare il terrore del virus abbia praticamente convinto tutti, senza distinzione di istruzione o ceto sociale, senza che da nessuna parte si sollevassero dubbi o obiezioni.
Nessuna voce si è levata nemmeno da parte di giuristi, magistrati o avvocati - anche loro completamente soggiogati dalla paura e pronti a rinunciare a qualunque diritto pur di avere salva la pelle - se non per appoggiare la linea governativa.
Pochissime le voci critiche come quella del costituzionalista Michele Ainis o del noto giurista nonché professore di diritto internazione Ugo Mattei, che hanno messo in guardia dal pericolo che l’accentramento dei poteri nelle mani del Presidente del Consiglio, pur in una situazione di emergenza, stante la latitanza del Parlamento e delle forze politiche, potesse rappresentare un pericoloso precedente per la democrazia.

La maggioranza dei giuristi comunque si è allineata con la posizione governativa. Anche eminenti costituzionalisti quali ad esempio Gustavo e Vladimiro Zagrebelsky hanno sostanzialmente avvallato il sacrificio della libertà personale in nome di un diritto posto a loro giudizio ad un livello superiore quale quello alla salute, proprio in forza di un principio di “solidarietà effettiva” sancito dall’art. 3 della Costituzione.

Quello che qui si vuole analizzare è se tale sacrificio sia davvero legittimo in una società democratica ed in ogni caso se l’epidemia che stiamo affrontando possa effettivamente costituire una emergenza tale da giustificarlo - anche da un punto di vista costituzionale - valutando in tal caso se le misure di contenimento “del virus” possano considerarsi adeguate e proporzionate al risultato che si vuole ottenere.

Emergenza sanitaria: riserva di legge e violazione dell’art. 3 della Costituzione

Nel nostro ordinamento costituzionale non è previsto espressamente lo “stato di emergenza”. La dichiarazione di uno stato di emergenza è prevista unicamente da una fonte legislativa (Decr. Lgs n. 1/2018 - Codice della Protezione Civile) la quale attribuisce poteri straordinari al Presidente del Consiglio che può procedere anche in deroga alle disposizioni di legge ma nei limiti e secondo i criteri indicati nella dichiarazione e nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico e solo per un tempo massimo di 12 mesi.

Se è vero che il Presidente del Consiglio può derogare alle disposizioni di legge, è pur vero che per restringere diritti costituzionalmente garantiti occorre procedere con atti aventi forza di legge.
Senza prendere ora in considerazione i singoli diritti sospesi, si prenda a modo di esempio quelli che forse in questa situazione vengono più in rilievo come la libertà personale (art. 13 Costituzione) e la libertà di circolazione (art. 16 Costituzione). Sono questi stessi articoli a prevedere la possibilità di stabilire dei limiti al loro esercizio per motivi di sanità o sicurezza, ponendo però una espressa “riserva legge”.
Molti giuristi si sono infatti posti il problema se fosse possibile incidere sui diritti dei cittadini mediante semplici Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (i famosi DPCM). Ed infatti, dopo queste critiche, Conte ha saggiamente corretto il tiro adottando la forma del Decreto Legge, il quale è almeno sottoposto ad un controllo successivo del Parlamento. Ad ogni modo, anche se attraverso un atto avente forza di legge, occorre che la limitazione delle libertà personali sia sorretta da un’effettiva situazione di emergenza (sanitaria o di sicurezza pubblica).

C’è poi da chiedersi se le norme di contenimento non violino l’articolo 3 della Costituzione. Infatti, “rimanere a casa” non è evidentemente uguale per tutti e pone le famiglie italiane in una posizione di palese ingiustizia sociale. Non tutti infatti possono godere di appartamenti spaziosi, con balconi ampi, giardini condominiali ed una situazione economico/familiare idilliaca. La realtà italiana è costituita per lo più di famiglie numerose, con figli a carico, costrette a vivere in un monolocale in affitto senza balcone o cortile, con problemi economici, che vivono situazioni problematiche (di salute o di violenza, ad esempio) al loro interno. Oppure di persone anziane che vivono da sole, impossibilitate a muoversi neanche per fare la spesa perché inabili o malate, che non possono godere dell’assistenza dei parenti a causa proprio di queste norme.

Emergenza sanitaria politica ... non emergenza da Coronavirus

Il fatto che in questi mesi l’Italia, e molti altri paesi del mondo, abbia dovuto affrontare una situazione di emergenza è innegabile. Nessuno può mettere in dubbio il sovraccarico degli ospedali e l’aumento dei morti soprattutto in alcune regioni soprattutto del nord che sono state l’epicentro dell’epidemia. Il problema è stabilire la natura di questa emergenza.
Questa situazione è dovuta al virus o alle scelte politiche passate che hanno smantellato la sanità e all’inadeguatezza del sistema sanitario - basato soprattutto su un sistema accentrato sugli ospedali piuttosto che su unìattività sul territorio oltre che ridotto in una condizione di totale mancanza di mezzi e risorse - ad affrontare una pandemia?
La risposta a questa domanda è fondamentale perché ci può mostrare se la soluzione politica adottata sia adeguata e soprattutto proporzionata al risultato che voleva ottenere ovvero il contenimento della diffusione della pandemia.

Ragioniamo sui numeri

Al 15 aprile 2020 il numero dei morti per coronavirus comunicato dalla Protezione civile è di circa 21.000 persone. Si premette già che questo numero non corrisponde al numero reale dei morti per coronavirus. Infatti comprende tutti i morti (cui è stato riscontrato il virus, ma che avevano anche altre patologie e che sono morti per altre cause).
Infatti dai dati dell'Istituto Superiore della Sanità alla data del 13 aprile i morti solo per coronavirus senza altre patologie erano solo 53. E’ evidente che in genere una persona di solito non muore “sana”, perciò anche tra i morti che avevano più patologie vi sono certamente tanti ove il coronavirus è stato la causa “determinante” della morte. In ogni caso bisogna certamente ridimensionare il “numero totale dei morti” fornito dalla Protezione Civile.
Ora, bisogna osservare come tale numero sia viziato non solo per eccesso ma anche per difetto. Infatti in Italia fino ad oggi sono stati fatti solo pochissimi tamponi e molte persone sono morte senza che gli sia mai stato diagnosticato il virus. Molti comuni hanno infatti cominciato a fare un'analisi delle risultanze anagrafiche, e nelle zone più colpite (come Brescia e Bergamo ad esempio) è risultato che il tasso di mortalità del mese di marzo era del 300 % superiore a quello del marzo dell’anno scorso. [1]

Ad ogni modo, ammettiamo pure che i numeri totali di morti siano quelli comunicati o siano addirittura superiori. Vediamo allora quali sono i numeri della mortalità relativi agli anni precedenti.
Il presidente dell’ISTAT, dott. Blangiardo, ha comunicato qualche settimana fa i numeri della mortalità dell’anno scorso: 647.000 morti (in linea con gli anni precedenti). Andiamo ad analizzare le cause nel dettaglio. Gli ultimi dati aggiornati disponibili sono relativi al 2017: 230.000 morti per malattie cardiocircolatorie, 180.000 morti di tumore, 53.000 morti per malattie respiratorie (663 morti per complicazioni dovute ad influenza e 13.516 per polmonite). [2]

Certamente 21.000 morti per coronavirus sono sempre un numero enorme.

Ma se lo confrontiamo con i dati rilasciati dall’Istat non arriva nemmeno al numero che ogni anno abbiamo per morti di malattie respiratorie (53.000). E non è nemmeno lontanamente paragonabile al numero di morti per malattie cardiocircolatorie e per tumore! Se poi lo paragoniamo al numero di decessi giornalieri (650.000/365 pari a 1.772 decessi al giorno) il confronto diventa decisamente impari.
La cosa davvero sorprendente è che il numero di decessi che si verificano ogni anno per infezione presa in ospedale è pari a 49.000 decessi, quasi uguale al numero di decessi per malattie respiratorie. E’ una strage sottovalutata, osserva il Dott. Walter Ricciardi dell’Istituto Superiore di Sanità, visto che l’Italia conta il 30 % di tutte le morti per infezione ospedaliera nei 28 Paesi UE e che in 13 anni (dal 2003 al 2016) il tasso di mortalità è raddoppiato, riguardando prevalentemente individui anziani dai 75 anni in su (Ansa - 15.05.2019).
Alla luce di questi dati, possiamo davvero definire questo virus un’emergenza? O c’è forse qualcosa che non funziona nel sistema sanitario, considerando anche che il fenomeno delle morti per infezione ospedaliera è facilmente sovrapponibile a quello delle morti per coronavirus - sia perché riguarda prevalentemente le persone anziane sia per la modalità di trasmissione in ospedale ? [7]

Risulta evidente pertanto come l’obiezione di chi sostiene che i sacrifici che stiamo facendo li facciamo soprattutto per gli anziani “che rappresentano un valore per il nostro Paese dal momento che questo virus colpisce prevalentemente loro” sia un’affermazione puramente pretestuosa.
Occorre piuttosto chiedersi se la strategia adottata dal Governo sia davvero riuscita ad evitare il decesso degli anziani che voleva evitare o non sia invece semplicemente una risposta propagandistica dettata da panico ed inadeguatezza. Quanti anziani sono morti nelle case di riposo per infezioni ivi contratte perché le regioni hanno disposto presso di esse lo spostamento dei pazienti covid e perché i sanitari ivi operanti non adottavano le opportune precauzioni? (ed è di questi giorni la notizia dell’apertura di un’inchiesta penale della magistratura a carico delle Istituzioni della Regione Lombardia originata proprio da questa situazione - ma la stessa cosa è avvenuta anche nelle altre Regioni). Quanti anziani sono morti da soli in casa, abbandonati perché i parenti non potevano andare a trovarli, o perché malati senza essere assistiti dalle strutture sanitarie o solo perché avevano paura di andare in ospedale ove temevano di contrarre il virus? Quante persone, tra cui molti anziani, hanno contratto il virus proprio in ospedale, dove il virus ha in effetti cominciato a diffondersi nelle regioni del nord? Quante persone sono morte perché a causa del terrore mediatico hanno sovraffollato gli ospedali invece di essere curati a casa dove ancora adesso si continua a non fare tamponi? Quante persone sono morte per altre patologie perché tutti gli interventi e le terapie non urgenti sono state sospese per il coronavirus? QUANTE PERSONE SONO MORTE E MORIRANNO ANCORA A CAUSA DELLA CURA?

Quando la cura uccide il paziente e la politica schizofrenica

Ci si trova ora in una situazione che ha dell’assurdo. Se si accende la televisione, in qualunque programma si potrà vedere qualche giornalista o politico che parla di aiuti europei, di Mes o di euro bond, prefigurando che ove l’Europa non aiutasse l’Italia le conseguenze economiche per gli italiani potrebbero essere drammatiche. Ma chi è il responsabile di questa situazione? Gli italiani o il Governo, che ha costretto gli italiani a sospendere ogni attività lavorativa (tranne quelle essenziali) e a rinchiudersi a casa “pur in assenza di una reale emergenza alla luce dei dati appena menzionati”?
Ora politici, giornalisti ed intellettuali cominciano a rendersi conto di dover fare i conti con le conseguenze delle scelte effettuate. Ma chi ha sostenuto questa scelta a testa bassa alimentando una campagna mediatica a senso unico dove ogni voce che cantava fuori dal coro veniva censurata? Di certo non gli italiani che sono stati di fatto obbligati ad accettare una cura che si è loro imposto con il terrore virus e la retorica del “lo facciamo per il bene di tutti”. Ma adesso chi paga? Naturalmente questa sciagurata scelta - da loro subita e non liberamente decisa - la pagheranno gli italiani. E non solo dal punto di vista economico. Perché la crisi economica che è alle porte porterà non solo tante persone a ritrovarsi disoccupate e a chiudere l’attività, ma le porterà anche verso la depressione, la malattia e la morte. Proprio quello che si voleva evitare con la cura.
Confindustria prevede un calo del Pil del 10% nei primi 2 trimestri rispetto all’anno scorso e del 6 % su base annuale. Cifre da brivido. Se un Paese decide di intraprendere una strada del genere deve averne anche le risorse e non usare solo la retorica dell’altruismo. Anche perché in primo luogo non è detto che la cura sia stata veramente utile, se è vero che i morti sono dovuti più all’inefficienza del sistema sanitario che al virus.

In questo caso tutti i miliardi che si sono persi fermando il Paese sarebbero potuti essere meglio utilizzati proprio per migliorare la sanità. Prima non lo si è mai fatto perché il Paese ha sempre avuto un gigantesco debito pubblico e anzi ogni anno i vari Governi che si sono succeduti hanno continuamente drenato soldi dalla sanità, e proprio questo ha condotto alla situazione attuale. Ora sarà ancora più difficile investire nella sanità perché ci si trova con meno soldi di prima e perché tutti i soldi che si sarebbero potuti meglio utilizzare per risolvere l’emergenza sono stati dissipati inutilmente bloccando il paese.
Una soluzione come il Lock-down la può attuare un paese come la Cina che è una potenza mondiale (oltre che una dittatura) o come la Germania che è il paese con l’economia più forte a livello europeo. Ma un paese “con le pezze al culo” come l’Italia non se lo può permettere, senza essere poi costretta ad andare a mendicare inascoltata in Europa e senza avere poi sulla coscienza la vita di milioni di italiani.
In secondo luogo, questa scelta effettuata dal Governo otterrà certamente l’effetto contrario. Non solo non eviterà la perdita di vite umane, ma causerà nei mesi a venire molti più morti di quelli che avrebbe dovuto evitare proprio per i problemi economici e sociali derivanti dalla cura.

Principio di proporzionalità: bilanciamento tra libertà e salute

Il principio di proporzionalità rappresenta un principio costituzionale generale che costituisce un limite all’esercizio del potere pubblico, in particolare in tema di limitazione di diritti costituzionalmente garantiti, sotto il triplice profilo dell’idoneità, della necessità e dell’urgenza. La limitazione di un diritto costituzionalmente tutelato sarebbe illegittima ove fosse carente sotto uno di questi tre profili.
Ora, qual è lo scopo delle misure di restrizione delle libertà personali se non appunto evitare la diffusione del virus in modo da tutelare la salute di tutti i cittadini? Bisogna pertanto operare un bilanciamento tra libertà personali e diritto alla salute alla luce del principio di proporzionalità.

Appare pertanto evidente come - seppure la restrizione delle libertà personali ed il blocco economico possa ritenersi necessario ed urgente nel brevissimo termine per evitare di collasso del sistema sanitario attribuibile ad errori organizzativi, di gestione dell’epidemia e politici di cui già si è detto - tale soluzione non può affatto ritenersi percorribile nel lungo termine in quanto inadeguata ad ottenere il risultato prefissato che è evitare la diffusione del virus e preservare la salute delle persone.
E’ stato ampiamente dimostrato infatti che i contagi avvengono soprattutto negli ambienti chiusi, nell’ambito familiare e negli ospedali. Impedire alle persone di uscire di casa non sembrerebbe dunque la soluzione più intelligente. Come neanche fermare il paese per le inevitabili conseguenze economiche e sociali che determinerebbe.
La lotta contro l virus non può essere demandata alla quarantena forzata o al lock-down. Occorre accompagnare le misure di contenimento prese sull’onda dell’emergenza con un piano di controllo effettivo ed isolamento dei contagiati sul territorio e con la predisposizione di misure atte a consentire per il resto il normale svolgimento della vita lavorativa e sociale. Invece ancora adesso, dopo mesi di emergenza e di arresti domiciliari, le persone continuano ad essere lasciate a se stesse in casa senza assistenza né controlli, senza che venga effettuato alcun tampone per verificare la presenza del virus ed accertarne successivamente la guarigione.

Quindi a cosa è servito fermare il Paese e gli italiani? Questo è il comportamento di uno Stato serio? Questo atteggiamento vanifica di per sé tutte le misure adottate e tutto il sacrificio fatto dagli italiani. Non per l’irresponsabilità di alcuni, ma per l’inadeguatezza dello Stato, centrale e regionale. Perché in tal modo le misure di contenimento non contribuiranno affatto a fermare la diffusione del virus, che si arresterà per conto proprio dal momento che secondo alcune stime ha ormai già infettato più di 1/3 della popolazione.
Eh, ma non ci sono le risorse per fare tamponi a tutti e per controllare le persone sul territorio, di solito si risponde a questa obiezione. Ma se non ci sono le risorse non ci si avventura per questa via. Non si può chiedere alle persone di rimanere a casa limitando la loro libertà personale per tutelare la salute pubblica se poi non si effettuano tamponi e non le si assiste. Perché è solo in questo modo che si può tutelare effettivamente la salute pubblica, e non a parole.
Solo le persone positive al test devono essere messe in quarantena fino alla guarigione. Non si può lasciare le persone in balia di se stesse. Sia perché possono anche morire in casa senza che mai sia loro diagnosticato il virus oppure potrebbero infettare i familiari i quali andando in giro diffonderebbero ulteriormente il virus rendendo inutili le misure di contenimento oppure potrebbero andare in giro loro stesse essendo ancora infette dopo essere guarite (o essendo infette senza saperlo) mettendo a rischio la salute pubblica.

A questo punto c’è sempre il sapientone che osserva: facile criticare, ma cosa avresti fatto tu, quale soluzione avresti proposto? Come se quella della clausura e del lock-down fosse l’unica soluzione possibile.
Uno stato serio fa tamponi a tappeto su tutta la popolazione o comunque sulle persone che risultano infette tenendo traccia dei contatti, isolandoli ed assistendoli in strutture apposite o a casa loro. Esattamente come hanno fatto in Corea del Sud ed in Germania. Invece qui da noi ancora adesso, fatte le debite eccezioni, la situazione è rimasta praticamente invariata: si continuano a fare pochi tamponi, senza isolare ed assistere adeguatamente le persone infette, lasciando tutta la responsabilità della loro salute e delle eventuali conseguenze sulla salute pubblica sulle loro spalle. E questo nonostante sia passato più di un mese da quando i cittadini sono stati posti in quarantena forzata e questa situazione sia già stata denunciata da molti medici.
La restrizione delle libertà personali può ritenersi legittima solo per un tempo determinato e solo ove sia strettamente necessaria per la salvaguardia della salute dei cittadini. Ma una soluzione di ripiego non può diventare una soluzione “permanente” al solo scopo di deresponsabilizzazione della classe politica (che in tal modo può giustificarsi dicendo di aver fatto tutto il possibile, addossando la colpa ai cittadini che irresponsabilmente non hanno seguito le disposizioni e non sono stati a casa), in mancanza di una seria strategia politica volta a contenere la diffusione del virus, la cui palese mancanza di fatto rende inutili le misure adottate per i motivi appena ricordati.
Una misura temporanea dettata da un momento iniziale di panico (stare a casa) non può diventare “la strategia” di lotta contro l’emergenza sanitaria, perché “non si sa cosa fare” o non si hanno le risorse. Allo stesso modo, non si può obbligare tutti i cittadini a sospendere le loro attività lavorative se poi non si è in grado di mettere in campo misure effettive ed immediate (e non solo a parole) per sostenere le imprese ed i lavoratori dal punto economico e fiscale. [3] [4]

E se gli esperti avessero sbagliato?

C’è poi un altro punto da considerare. E se il collasso del sistema sanitario fosse dovuto non solo ad errori politici e gestionali, ma anche ad errori di diagnosi di medici e virologi? E’ vero che, come ripetono i virologi ad ogni domanda che gli si pone, di questo virus conosciamo poco. E forse per questo fin dall’inizio hanno detto tutto e il contrario di tutto, contraddicendosi persino con se stessi. A quanto pare però, dalle autopsie che sono state fatte di recente in Italia (oltre 50 autopsie, più di qualunque altro paese nel mondo), emergerebbe una realtà diversa da quella che i virologi pensavano. I morti di covid sarebbero morti per insufficienza respiratoria dovuta non a polmonite virale interstiziale, quanto piuttosto a “trombo-embolia” innescata sempre dalla risposta infiammatoria eccessiva del sistema immunitario. Si sta infatti adesso sperimentando la cura con l’eparina, noto fluidificante del sangue, in combinazione con il cortisone (anti-infiammatorio) che sta avendo ottimi risultati in molti ospedali anche nelle situazioni più compromesse. In questo caso però, osservano i medici che hanno fatto questa scoperta, la terapia intensiva, l’intubazione ed i respiratori non solo sarebbero stati inutili, ma addirittura letali contribuendo significativamente al decesso dei pazienti (9 morti su 10 ricoverati in terapia intensiva). Avremmo risparmiato molte morti e si sarebbe evitato di sovraccaricare inutilmente il sistema sanitario e le terapie intensive dei vari ospedali. E quindi ci avrebbero tenuti a casa per cosa? [5]

Considerazioni finali

E’ evidente che alla luce di quanto detto le misure di contenimento adottate dal Governo appaiono non solo incostituzionali ma anche inadeguate, irrazionali e addirittura controproducenti ottenendo proprio l’opposto del risultato che si proponevano. Perché è vero che in questo momento, come dicono gli esperti, la curva dei contagi si sta appiattendo. Ma ciò è dovuto solo in minima parte alla quarantena forzata e al lock-down, anche per tutte le inefficienze che si sono rilevate.
Come rilevano alcune stime infatti il contagio riguarderebbe ormai da 1/3 ai 2/3 della popolazione italiana, dunque è ragionevole pensare che prima o poi si sarebbe comunque arrestato. Le misure adottate invece genereranno povertà, crisi sociale e psicologica, esasperazione della gente e certamente più morti in prospettiva di quelli che si volevano evitare. Il fatto è che è l’approccio fondamentale ad essere sbagliato. Non si può certo pensare di sconfiggere un virus rimanendo chiusi in casa come topi.
Quando verrà un altro virus (e verrà certamente) o un’altra crisi planetaria cosa faremo? Continueremo a stare chiusi in casa e fermeremo di nuovo tutto?
La reazione iniziale di comprensibile panico non può diventare la strategia per affrontare l’epidemia. Invece sembra che tutti improvvisamente abbiano perso il buon senso ed il senso delle proporzioni. Come se la paura generata dai media per far accettare ai cittadini la linea politica adottata dal Governo, abbia cominciato ad un certo punto ad auto-alimentarsi contagiando anche coloro, giornalisti e politici, che l’avevano generata.
Ciò è successo per varie ragioni, non solo economiche ma anche psicologiche. Dal punto di vista economico c’è chi ha visto in questa situazione di emergenza l’occasione di un guadagno personale (come Urbano Cairo - proprietario di LA7 e del Corriere della Sera - che in un video ai suoi dipendenti esultava perché con il fatto che gli italiani erano obbligati a stare a casa gli affari stavano andando a gonfie vele come non accadeva dal 1996, con un + 30 % di introiti pubblicitari televisivi e di vendita dei giornali di cui è proprietario) o una prospettiva di guadagno futuro (si pensi solo al business gigantesco della vendita delle mascherine che verranno acquistate dall’estero o prodotte in Italia, dei medicinali contro il virus e dei vaccini che si cercheranno di rendere obbligatori).
Dal punto di vista psicologico, si è creata una situazione che la psicologia cognitiva chiama di “decisione in stato di incertezza” che produce sempre una serie di bias (errori) decisionali e comportamentali.

Inizialmente, sono entrati in gioco due principi psicologici fondamentali, quello della “riprova sociale” e dell’“autorità”. Non sapendo come comportarsi, la politica ha semplicemente “imitato” la soluzione adottata da chi stava affrontando il medesimo problema, ritenendo più praticabile, in assenza di risorse finanziarie e sanitarie, la soluzione cinese. Nel farlo si è completamente affidata all’autorità di un team di esperti.
Tale soluzione però poteva difficilmente adattarsi ad un contesto democratico. Pertanto è iniziato un bombardamento mediatico atto a instillare nei cittadini il terrore per il virus, con quotidiani bollettini di guerra, in modo da convincerli della gravità della situazione e che stare a casa fermando tutto il Paese fosse l’unica soluzione per salvarsi, facendo loro accettare senza alcuna protesta una restrizione delle proprie libertà mai vista nella storia repubblicana.
Ciò ha fatto leva su uno dei maggiori bias che governa la mente umana che fa sì che le persone siano più motivate dalla paura di perdere qualcosa che dall’idea di guadagnare qualcosa. E cosa si ha più paura di perdere della salute? Inoltre si è utilizzata la retorica della “guerra contro il virus” utilizzando il principio cardine della manipolazione di massa che è la “difesa contro un nemico” reale o immaginario, che in questo caso era il virus.
Da questo punto in poi la situazione ha cominciato ad alimentarsi da sola in virtù del “consistency bias” in base al quale chi prende una decisione o mette in atto un comportamento, anche se successivamente si rende conto di sbagliare, in genere continua a perseverare nell’errore, perché il costo anche emotivo di cambiare la propria decisione sarebbe troppo alto e vorrebbe dire ammettere di avere torto. Perciò gli stessi giornalisti e politici si sono auto-convinti che le scelte effettuate erano giuste e necessarie.

Tutto questo impone una riflessione fondamentale.
Siamo sicuri che il diritto alla salute sia un diritto superiore agli altri diritti costituzionalmente garantiti, di fronte al quale questi ultimi possono venire sacrificati, come affermano taluni illustri costituzionalisti? La Costituzione Italiana si fonda sui principi della resistenza e dell’antifascismo. Milioni di persone durante la seconda guerra mondiale ha dato la loro vita per la libertà. Siamo sicuri che una vita senza libertà sia anche una vita “dignitosa” degna di essere vissuta?
La democrazia è un fenomeno giovane ed estremamente delicato, perché sensibile alla manipolazione e alla propaganda di coloro che detengono il potere ed il controllo dei media. La storia insegna che è molto facile perdere le libertà faticosamente conquistate, rinunciandovi a poco a poco senza accorgersene. Come la rana bollita che non si accorge di essere in pentola se si aumenta gradualmente il calore.
Due dei concetti più pericolosi in democrazia sono quello di “emergenza” e “bene comune”. Perché chi decide cosa è emergenza e cosa è bene comune? Molto spesso dietro queste parole si nasconde una tipica manovra di manipolazione che fa leva al tempo stesso sulla paura, sul senso morale, sull’altruismo, sul senso di colpa. Mentre in genere l’emergenza ed il bene comune coincidono con gli interessi personali di chi sta cercando di manipolarci.
“Devi farlo per gli altri... per gli anziani... per i bambini. Devi rimanere a casa per il bene di tutti. Se esci sei un criminale... sei un irresponsabile... metti a rischio la salute delle persone. Ci dobbiamo sacrificare per il bene di tutti”.
Solo se non ci facciamo paralizzare dalla paura, attraverso un’analisi critica dei fatti - che non si ferma ad un passivo assorbimento della narrazione che viene proposta dai media - possiamo renderci conto del tentativo altrui di manipolarci e di convincerci che le cose siano diverse da quanto ci viene raccontato per indurci a prendere decisioni e mettere in atto comportamenti contrari ai nostri stessi interessi. Ed una delle strategie più efficaci per convincere le persone è proprio quella di far loro credere che quello che stanno facendo “è nel loro interesse”.

In conclusione, lo scrivente non crede che rinunciare alle nostre libertà anche temporaneamente in nome della salute sia una soluzione auspicabile, anche perché in un Paese come il nostro - dove l’emergenza è la regola - ciò costituirebbe un pericoloso precedente per la democrazia.
I giuristi dovrebbero essere i primi difensori delle libertà democratiche, la coscienza critica del Paese, e non vittime anche loro come gli altri cittadini della paura, della propaganda e della manipolazione mediatica.
Alcune sere fa, nella trasmissione di Fabio Fazio, il virologo Burioni ha detto che in futuro quando usciremo da casa dovremo tutti abituarci a considerarci dei “malati”. Credo purtroppo che non stesse scherzando, perché è questa la direzione verso cui stiamo andando, se non correggiamo al più presto la rotta.
Abbiamo rinunciato alla nostra libertà e dignità in cambio della mera sopravvivenza. Abbiamo abdicato alla democrazia piegandoci alla dittatura della cosiddetta “scienza” affidando a quest’ultima il potere di decidere delle nostre vite. E questo nonostante la medicina non sia una scienza, ma un’arte, e non possa fornire alcuna certezza.
Cosa che dovrebbe essere abbastanza evidente a tutti in questo periodo, dal momento che nessuno dei virologi, ormai diventati star del piccolo schermo, è mai riuscito a fare alcuna previsione che si sia rivelata esatta sul virus, dicendo tutto e il contrario di tutto a seconda dell’evolversi della situazione (esattamente come fanno i mentalisti e i ciarlatani). Nemmeno Burioni ha fatto eccezione, dal momento che a febbraio diceva che non c’era da preoccuparsi e che il virus non sarebbe mai arrivato in Italia, contraddicendosi continuamente su tutto.
Solo su una cosa sono tutti d’accordo: che dobbiamo lavarci le mani e dobbiamo restare a casa.
Possibile che non ci sai un giurista, salvo le poche eccezioni già ricordate, che abbia il coraggio di far sentire la sua voce contro questa continua erosione della libertà delle persone e “medicalizzazione” della società? Perché è proprio compito dei giuristi, degli avvocati e dei magistrati tutelare non solo la legalità ma anche i principi posti alla base del nostro ordinamento, con particolare riguardo alla libertà individuale dei cittadini che ne costituisce il cardine, opponendosi contro ogni tentativo di limitazione di tale diritto. Non è solo una questione di principio, ma di sostanza.
Una società democratica poggia le sue fondamenta sulla libertà e non vi può essere diritto superiore ad esso. Cosa deve ancora succedere prima che ci svegliamo? Hanno già sospeso la liberta di circolazione, evitando così il pericolo di manifestazioni di protesta. Stanno cercando di limitare il diritto di espressione, istituendo il “Comitato della Verità” di Orwelliana memoria presso il Governo che con la scusa del controllo delle fake-news effettuerà una censura nei confronti di tutte le notizie e le opinioni divergenti da quelle ufficiali.
Stiamo per arrivare al controllo della libertà di espressione attraverso un processo di sottomissione psicologica. In Lombardia è già obbligatorio infatti l’uso delle mascherine e il Presidente della Regione Piemonte Cirio ha già annunciato che da maggio saranno obbligatorie anche in Piemonte. Di qui immaginare l'estensione dell’obbligo a tutta l'Italia è cosa facile.
Utilizzare la mascherina ha una doppia valenza psicologica: da un lato significa considerarsi “malati” dall’altro è il simbolo di un “bavaglio” imposto al cittadino, esattamente come in Cina. Questo vuol dire che per uscire saremo tutti obbligati a indossare una mascherina, un bavaglio, un guinzaglio.
Siamo davvero tutti così spaventati da accettare tutto questo tranquillamente come se nulla fosse? Quello che non sono riusciti a fare gli Ottomani in secoli di storia, cioè l’islamizzazione del mondo occidentale, è riuscito a farlo l’ignoranza, la visione miope e l’avidità di una classe politica corrotta. Perché solo qualche mese fa tutti, compresi gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità, dicevano che le mascherine erano del tutto inutili, se non certe mascherine particolari e solo per gli operatori sanitari. Ora stiamo acquistando tonnellate di mascherine, quindi a qualcuno dovremo pur venderle, e dunque sono diventate obbligatorie.
Questo è il mondo in cui vogliamo vivere? Un modo in cui per uscire di casa o per avere contatti sociali dovremo indossare una mascherina? Nessuno a nulla da dire in proposito? Stiamo riportando le lancette dell’orologio della civiltà e della psicologia indietro di secoli. Dobbiamo immediatamente renderci tutti conto che dobbiamo cambiare registro, perché continuando in questo modo stiamo distruggendo non solo il tessuto economico, ma anche quello sociale e psicologico del Paese.
Dobbiamo abituarci tutti all’idea che con questo virus - così come con tanti altri virus ed emergenze - ci dovremo convivere, adottando certo tutte le misure necessarie, ma non sicuramente cercando di evitarlo sigillando la nostra vita in una bolla ermetica impermeabile a ogni contatto o chiudendoci in casa e fermando l’attività del Paese. E non sicuramente rinunciando alla nostra libertà per vivere una vita in salute ma senza dignità come vorrebbero i virologi [6].


Riferimenti:1) Dati ISS 13 aprile 2020;
2) Rapporto mortalità ISTAT;
3) Salizzoni: Regione Piemonte per la gestione confusa;
4) Ricolfi: ci tengono chiusi in casa perché incapaci di gestire l’epidemia;
5) Adnkronos: tante morti per trombo embolia;
6) video Urbano Cairo (https://youtu.be/102aZb5tEC8)
7) Ansa: morti per infezioni ospedaliere.

Avv. Maurizio Giordano
diritto civile e di famiglia
via Cavour 6 - 10024 Moncalieri (TO)
avv.mauriziogiordano@yahoo.it
tel: 320-625.26.34

http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV3513_Giordano_Misure_incostituzionali.html

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