Ecco cosa c'è davvero dietro la cacciata del priore di Bose
Con l'allontanamento di Enzo Bianchi da Bose viene messo in discussione pure un modello progressista di cattolicesimo: i radical chic delusi da Bergoglio
Con l'allontanamento di Enzo Bianchi da Bose viene messo in discussione pure un modello progressista di cattolicesimo: i radical chic delusi da Bergoglio
Come un fulmine sul campo progressista: Enzo Bianchi deve lasciare la comunità che ha creato. La sorpresa è grossa. A deciderlo è stato lo stesso Papa che - dicono - avrebbe voluto fare di fratel Enzo un porporato.
Pare sia stato il segretario di Stato Pietro Parolin a sconsigliare Bergoglio prima che il Papa insediasse Bianchi nell'assise cardinalizia. Così come pare che sempre Parolin abbia individuato in questi giorni la soluzione dell'allontanamento di Bianchi da Bose. La fonte che ha ventilato questo quadro - che per noi rimane ipotetico - , ha preferito rimanere anonima ma, se lo scenario raccontato si rivelasse vero, allora il Papa, sul destino di Bianchi, si sarebbe affidato alla ferma opinione del "ministro degli Esteri". "È il più intelligente", ha fatto presente la fonte, riferendosi al cardinale Parolin. "Probabilmente vuole evitare ulteriori scandali", ha aggiunto.
Quali scandali? Ad oggi nessuno. Forse si tratta di lasciare che il nuovo priore, il letterato Luciano Manicardi, possa dirigere la comunità monastica senza che il passato incomba. Chi vuole gettare acqua sul fuoco, tende a credere a questa versione. "Presenza ingombrante": di norma si usa dire così. È un'espressione che i progressisti sfoderano spesso per Joseph Ratzinger e la sua scelta di dimorare tra le mura leonine dopo la "rinuncia". "Presenza ingombrante" sembra destinata a sfiorare quasi tutti i grandi "emeriti".
Cosa sappiamo dei perché? Qualche informazione sparsa: Bianchi ha lasciato la comunità monastica di Bose dopo le ispezioni ordinate dalla Santa Sede; da quando Manicardi si è insediato sono già passati tre anni; tre stretti collaboratori di fratel Enzo salutano a loro volta. Magari l'ultimo è un indizio di come la gestione dell'ex priore, almeno sino a questo momento, abbia avuto una scia piuttosto lunga rispetto ai tempi naturali di un turn over. E il Vaticano sarebbe intervenuto come a voler dire che, quando si lascia il testimone, bisogna lasciarlo per davvero. Difficile che una giovane novità dia il meglio di sé, quando in panchina è seduta una certezza e la squadra lo sa. Il mistero, se c'è, è comunque irrisolto.
Prescindendo dagli aspetti procedurali e dalla disamina dei pesi e dei contrappesi presenti in Vaticano ed a Bose, la questione centrale è un'altra: Enzo Bianchi è stato ed è ancora un simbolo, un mito, di quello che il cattolicesimo sarebbe dovuto diventare per quelli che negli States chiamano liberal e che in Italia definiamo "catto-dem". Una forma di cattolicesimo aperturista - la comunità di Bose è ecumenica ed inclusiva per definizione - e disponibile a dibattere sul piano pubblico su punti ritenuti essenziali. Anche se non soprattutto quelli utili a rendere la confessione religiosa europea meno conservatrice e più progressista. L'elenco può fermarsi a tre posizioni: fratel Enzo Bianchi è favorevole al testamento biologioco, alle unioni civili ed è contrario alle tesi di chi sostiene che il cristianesimo sia vittima di un attacco. Se i primi due punti sono di natura catechetica e dottrinale, il terzo è culturale. E anche d'ausilio al campo progressista ed al politicamente corretto.
La bioetica è il vero campo dialettico di prossimità tra fratel Enzo ed i radical chic: "Se Cristo nel Vangelo parla del matrimonio come unione indissolubile, nulla dice in merito all'omosessualità. L'onestà, quindi, ci obbliga ad ammettere l'enigma, a lasciare il quesito senza una risposta. Su questo, io vorrei una Chiesa che, non potendo pronunciarsi, preferisca tacere". Non è una frase di Emma Bonino. Ai tempi di Veltroni, Pannella disse: "Che aspetta Walter a candidare Riccardi di Sant`Egidio, o Enzo Bianchi, o monsignor Paglia? Ho un lungo elenco di veri credenti, da invitare nel Pd". I non violenti, ma anche i gauche caviar, hanno guardato spesso all'esperienza comunitaria piemontese come ad un paradigma in grado di debellare le tracce di "oscurantismo". Con Ratzinger, fratel Enzo ha fatto liberamente da controcanto. Con Bergoglio, fratel Enzo lascia la sua comunità. Un paradosso che ha notato la fonte di cui sopra e che ci limitiamo a riportare.
I tradizionalisti, quasi per paradosso, sembrano impegnati a segnalare come le scelte del Papa, che per il fronte conservatore hanno portato all'ingiusto commissariamento di alcune comunità centrate sul "rigidimo", così come lo chiama Francesco - si pensi ai francescani dell'Immacolata - , stiano ormai interessando pure il campo progressista. Nell'aria c'è una certa solidarietà tra opposti.
La comunità monastica di Bose ed Enzo Bianchi sono stati accusati in passato di fuoriuscire dai confini della dottrina cristiano-cattolica. L'ex priore, prima che il Vaticano, almeno con l'avvallo del Papa, procedesse con il comunicare la necessità di un trasferimento, era impegnato sul fronte della partecipazione politica: vuole che i cattolici tornino protagonisti.
La situazione attuale lo preoccupa: "Sono profondamente turbato: come è possibile che un politico oggi, in un comizio elettorale, baci il rosario, invochi i santi patroni d’Europa e affidi l’Italia al Cuore immacolato di Maria per la vittoria del suo partito? Cattolici, se amate il cristianesimo non tacete, protestate!". Qualcuno, forse, ha invece protestato da Bose. Ieri fratel Bianchi ha domandato alla Santa Sede un aiuto per chiarire i motivi del provvedimento che lo riguarda.
Qualche altro capitolo ci attende. Intanto, il "Papa progressista" - a sinistra ne sono sicuri - ha deluso chi pensava che Enzo Bianchi, in quanto portatore del cattolicesimo del futuro, in quanto paradigma del dialogo a tutti i costi, non potesse essere messo in discussione.
Comunità di Bose, era già tutto scritto
Finalmente Bose è servito! L’ultimo chiodo sulla bara del Concilio Vaticano II con sigillatura a piombo rinforzato, fatta con sapienza, furbizia e, satanicamente ascritta direttamente al Papa non amato, il quale così finisce per svolgere il ruolo di killer, manovrato da mani oscure, ma visibili. Il mondo antibergogliano, la destra ecclesiastica, economica, politica e sociale, in questi giorni gongola in silenzio semiserio, si frega le mani con gel antivirus e resta sulla riva ad attendere non il cadaverino di un semplice fondatore, ma quello ben più ambito del Papa usurpatore, “venuto dalla fine del mondo”, ma mai sentito come “prossimo”. Si scrive Bose, ma si legge Francesco.
Circa due anni fa, nel 2018, durante un’omelia in San Torpete, espressi il mio pensiero sul fatto che ormai l’Ecumenismo era vissuto solo dalla parte di popolo consapevole, mentre a livello di gerarchia era una medaglia d’occasione, un processo stagnante. L’ossessione del “protestantesimo che ha invaso la Chiesa” è ancora viva e vegeta. In quell’occasione portai Bose come esempio. Dissi che Bose è stato un frutto del concilio Vaticano II e l’iniziatore di una riforma che avrebbe potuto essere paragonata alle grandi riforme monastiche, ma finirà. Aggiunsi che in Vaticano non si aspettava altro che la morte o la fuoriuscita del fondatore, Enzo Bianchi, per affondare la scure sull’esperienza, tollerata fin troppo.
Nella mia lettura, i passaggi sarebbero stati: morte o dimissioni di Enzo Bianchi, tolleranza di qualche anno senza problemi. Poi si sarebbe imposta la chiusura della convivenza “mista” di monaci e monache cattolici/non cattolici e quindi ripristino di un monachesimo esclusivamente confessionale. Periodo di decantazione e poi scomposizione del monastero in due, rigorosamente separati: quello maschile e quello femminile, in nome di antica tradizione, ecc. ecc. Oggi, invece, senza bisogno nemmeno di decapitare o chiudere tutto, è bastato svuotarlo della sua essenza per ridurlo al nulla, all’irrilevanza, al decadimento e nel lungo periodo alla chiusura. Bose, il bubbone cresciuto con la benedizione dei Papi, sarebbe finito per mano di un Papa meno adatto, il più fragile, quello che più di ogni altro avrebbe avuto bisogno di un monastero vero, ecumenico, universale, senza diversità di genere.
Quando ho letto il comunicato asettico della Comunità di Bose sul sito del Monastero, non mi sono scomposto per nulla, perché era tutto scritto e previsto e tutto si stava realizzando secondo le regole di quel clericalismo che Francesco denuncia come il primo dei peccati gravi, ma che, come un virus, viaggia nascosto e invisibile, pronto a ghermire quando si pensa che sia fuori gioco. Una volta digerito e ruminato il concilio Vaticano II, riportato nei ranghi della tradizione anteriore al 1962 (v. i due documenti della Congregazione della fede che sancisce la normalità, ormai acquisita, dei riti tridentini) e, in tempo di Covid-19, il ritorno alle messe preconciliari del prete solo, senza popolo, ritenuto superfluo, non si poteva più tollerare l’esistenza di Bose.
C’è da dire che la sceneggiata è stata magistrale, degna di un’opera teatrale dal titolo: “Il Priore e il maggiordomo Francesco”. Nei gialli rispettabili, noir, il colpevole deve essere sempre il maggiordomo, mentre il Priore annaspa nel buio delle accuse che non ha nemmeno ricevuto. Si può difendere, ma in silenzio e meglio se in esilio a Chevetogne in Belgio, altro luogo simbolo di antichi delitti. La curia e i suoi cultori esterni che sono una “legione”, come il demonio, non si converte mai, ma manovra, trama, colpisce e uccide, salvo pregare per i morti.
Non so cosa sia successo – se qualcosa è successo – in Monastero e tra i fratelli e le sorelle, ma so quello che accadeva fuori dove, alla vigilia di una Pentecoste di fuoco e terrore, invece che le fiammelle dello Spirito Santo, si aggirano spiritosi avvoltoi di carogne, sempre in servizio permanente e non si daranno pace finché non uscirà di scena Papa Francesco. Il quale Papa è stato troppo accondiscendente, da vero uomo di Dio, non attaccato al potere, verso cardinali e curiali ed ex papi che gli hanno creato le condizioni del suo immobilismo, costringendolo a difendersi e quindi a depotenziare ogni sua ipotetica riforma.
Durante il penultimo sinodo sulla famiglia (4-28 ottobre 2015), i suoi detrattori misero in giro la voce che fosse malato Francesco per passare il messaggio che le sue scelte erano frutto di una mente insana. Nel 2016, appena pubblicata l’enciclica Amoris Laetitia, i cardinali Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Carlo Caffarra e Joachim Meisner pubblicarono “Dubia”, una lettera aperta al papa che in modo ecclesiastico, fingendo rispetto e ossequio, liquidarono l’enciclica, accusandola di fatto di eresia. Nel 2017 un certo Marcantonio Colonna, addentro ai mefistofelici effluvi curiali, scrisse il libro Il papa dittatore.
Sarebbe stato meglio se il Papa, avesse convocato in San Giovanni al Laterano, sua cattedra episcopale, un concistoro straordinario dell’intero collegio dei cardinali e avesse detto all’incirca: “Ho sempre pensato che i cardinali fossero i consiglieri del Papa e che fossero liberi di manifestare il loro pensiero senza sotterfugi, senza lettere aperte, senza pugnalare alle spalle come fanno i vigliacchi. Per ovviare, poiché voi tutti non siete utili, ma siete di ostacolo, venendo meno al vostro giuramento, con la potestà apostolica, io Francesco Papa della Chiesa cattolica, sciolgo il collegio dei Cardinali e dispongo nuove norme per l’elezione del Vescovo di Roma. Uscendo, deponete vesti, anelli, berretti e simboli: nudi siete entrati e nudi ritornate nel mondo da cui provenite. Amen. Signori, buonasera”.
Il Papa, però, è Francesco, gesuita divenuto Papa non per manovra, ma per obbedienza e, conoscendolo, lascerà che siano le azioni degli interessati a manifestare la verità e l’ipocrisia. Poiché egli crede in Dio, non si difende perché scadrebbe allo stesso livello degli sciacalli. Resta il segno sanguinante di Bose che da gioiello della “Novella Pentecoste”, è stato deturpato in veleno immondo, strumento di morte. Che Dio, se può, non li perdoni perché costoro sanno perfettamente quello che fanno.
Sacerdote
Non vorrei fare il solito "guastafeste" ma inviterei ad andare con i piedi di piombo tutti coloro che esultano per la defenestrazione del signor Bianchi della comunità di Bose da parte del cardinal Bergoglio, per due validi motivi:
RispondiElimina1) "Va via un cornuto(in senso luciferino)e ne arriva subito un altro!"E' impensabile che il sostituto che per anni ha frequentato,ma soprattutto aderito a teorie eterodosse,eretiche e apostate,possa essere"migliore"del suo maestro!
Se fosse stato così nei secoli,tutti i movimenti protestanti nati all'interno della Chiesa Cattolica,sarebbero morti con la morte del" primo ribelle"(vedi Lutero,Calvino ecc ecc)!
2)Il suo allontanamento dalla comunità è stato decretato dal Bergoglio,ma voluto da personaggi ben più in alto nella famiglia con il gonnellino,gli stessi che sono riusciti ad obbligare il Santo Padre a dare delle false dimissioni e nominare un "falso papa"che portasse avanti il progetto mondialista!
Con tutta probabilità il "priore"è stato "l'utile idiota"per diffondere l'errore teologico all'interno dei seminari,creando quindi dei ministri di Dio già eretici fin dalla prima ordinazione,di cui oggi si possono "gustare"i frutti di tale semina!
Tuttavia la sua presenza "laica"all'interno della gerarchia ecclesiastica massonica era diventata,oltre che ingombrante,anche fastidiosa,nelle varie lotte di potere che caratterizzano la chiesa in uscita e misericordiosa del cardinale argentino!Troppa fama,quindi troppo potere in un uomo non controllabile in quanto non inserito in un sistema che terrorizza e ricatta tutti coloro che sono in disaccordo con la linea della neochiesa!Ogni ministro di Dio,dal semplice sacerdote,fino agli alti livelli gerarchici,sono facilmente ricattabili,sia dal punto di vista economico(vedi 8 per mille)sia dal punto di vista canonico(sospensione a divinis,scomuniche,riduzione allo stato laicale,tutti strumenti "misericordiosi"usati dal "costruttore di ponti");il Bianchi è troppo un cavallo pazzo indipendente in tutti i sensi,i suoi libri,le sue introduzioni,i suoi commenti,ma soprattutto le sue idee,ormai hanno consensi a tutti i livelli:la sua eventuale nomina al collegio cardinalizio da parte di colui che lo stima probabilmente più di tutti coloro di cui si circonda,porterebbe un elemento di disturbo non "sopportabile"nel famoso "gioco di squadra"(chi ha orecchi intenda)! Troppo pericoloso nel politburo vatican-mondialista!
Tutto condivisibile. Non dimenticherei di aggiungere che la comunità di Bose nei decenni si è fatta PINGUE, finanziariamente e immobiliarmente parlando. E papa Bergoglio in questo senso è sempre stato molto 'falconiano': "Segui la traccia dei soldi" e troverai la trama... (Giovanni Falcone).
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