ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 8 giugno 2020

I nuovi eretici al rogo mediatico

Questo virus non è come ce lo hanno raccontato 


Intervista al Prof. Pasquale Mario Bacco
Medico Specialista in medicina legale, Operatore presso la procura della Repubblica, manager per lo sviluppo di Meleam società per azioni. Docente di igiene del lavoro presso la facoltà di economia e commercio. Intervista insieme al magistrato dott. Angelo Giorgianni Presidente commissione valutazione dirigenti, senatore della Repubblica, ex sottosegretario agli interni, si è occupato delle commissioni antimafia nella città di Messina. In questo momento di crisi è passata una comunicazione univoca che attacca la libertà e i diritti costituzionali. L'informazione che è stata creata è venuta fuori da un gruppo ristretto di persone solo con una versione dei fatti utilizzando una strategia di controllo della popolazione basata sul terrore. Noi siamo certi che poteva essere evitata la strage di migliaia di innocenti che potevano essere salvati. Siamo tutti alla ricerca della verità! Intervista a cura di Leonardo Leone

https://www.youtube.com/watch?v=jhMHa921tvg

Il mito del vaccino

Intorno al vaccino si è ormai costruita un'attesa messianica. Si attende la fiala miracolosa che non solo ci metterà al sicuro dal virus, ma ci libererà anche dalle catene del lockdown e farà rinascere le nostre vite. Così però si evitano le domande vere sul senso della vita e della sofferenza, sul mistero della morte. Per essere liberi, invece, non serve attendere il vaccino.... C’è qualcosa che stona in questa attesa spasmodica del vaccino contro il coronavirus. Non entro qui nell’ambito prettamente sanitario. Abbiamo già affrontato più volte da questo punto di vista il tema del vaccino, mettendo anche in guardia dai facili ottimismi e dalle false speranze (clicca quiqui e qui).
No, in questa sede vogliamo discutere l’atteggiamento, la posizione che stiamo assumendo davanti all’eventualità di un vaccino. Ovvero, il fatto che si sia passati lentamente dalla speranza di trovare un farmaco in grado almeno di ridurre al minimo i rischi mortali di una infezione da coronavirus, all’attesa messianica di una fiala in grado di liberarci dal male. In questi mesi la sofferenza da Covid è stata soltanto l’origine e l’epicentro di un fenomeno di sofferenza molto più ampio: l’incertezza, la paura, l’isolamento, la depressione, i suicidi, la preoccupazione per il lavoro, le altre malattie dimenticate (anche quelle più letali del Covid); senza dimenticare il dolore e la rabbia per le messe prima negate al popolo e ora fortemente limitate. E comunque, in misura maggiore o minore, tutti abbiamo sofferto e continuiamo a soffrire per il lockdown, per le limitazioni imposte spesso sfidando il buon senso e la ragione. Non manca neanche un profondo senso di ingiustizia: gli assembramenti se si tratta di manifestazioni di sinistra (vedi il 25 aprile e quella di ieri, clamorosa, contro il razzismo) non contano, sono ammessi, anzi pare facciano bene alla salute. Mentre invece si continua ad andare in chiesa (chi ci va ancora) come se si entrasse nel reparto infettivi dell’ospedale. Ecco, pare che da tutto questo ci libererà il vaccino. Un rimedio miracoloso, che promette non solo di fermare il virus, ma anche di liberarci dalle catene del lockdown, di far rinascere l’economia, di farci togliere le mascherine, di farci tornare ad abbracciare, di farci perfino sentire immortali (dato che da un po’ di tempo pare che il Covid-19 sia l’unica causa di mortalità). Basta leggere i giornali, sentire le dichiarazioni dei politici, i diktat del comitato tecnico-scientifico: tutti in attesa del vaccino, è lui il vitello d’oro che ci salverà. E l'uomo della strada non fa altro che ripetere: «Speriamo che arrivi presto questo vaccino». Nessuno deve distrarci da questa attesa. Vietato farsi domande sul perché le terapie intensive si sono già svuotate e nessuno si presenta più al pronto soccorso con sintomi gravi da Covid-19 (anche senza vaccino); vietato dare pubblicità alle conoscenze nel frattempo acquisite sul virus e alle terapie che già hanno dimostrato di funzionare (anzi, queste vanno screditate e minimizzato il loro impatto). Il popolo deve attendere con trepidazione: forse è pronto per l’autunno; no, bisognerà aspettare la primavera prossima; no, non prima dell’estate 2021; aspetta, i test sono già in corso e i tempi potrebbero essere abbreviati. Non importa, tra tre mesi o fra due anni, in ogni caso solo quando ci sarà il vaccino potremmo toglierci le mascherine, avvicinarci anche a meno di un metro, togliere ogni barriera, far risalire l'occupazione, sentirci sicuri. Ecco, l’illusione di sentirci sicuri, di azzerare i rischi. È la vera debolezza della nostra società, che porta a costruirsi false certezze. E, come in questo caso, a confondere due piani ben distinti: la medicina, la scienza, offre delle risposte a tanti bisogni umani; combatte le malattie, permette una vita più lunga e più sana. Ma non ha una risposta al senso della vita e della sofferenza. Quando si ha a che fare con una malattia grave, certo che si spera di guarire, magari grazie a una nuova terapia, a un innovativo intervento chirurgico. Ma non sarà questo, comunque, a decidere della nostra letizia o della nostra disperazione. L’attuale attesa per il vaccino sta assumendo invece un aspetto messianico: facciamo i sacrifici oggi in attesa dell’evento che ci libererà definitivamente. L’aspetto più drammatico è che anche l’autorità ecclesiale contribuisce a questa confusione tra i piani, al crescere di questa pericolosa illusione: si prega quasi esclusivamente perché si possa trovare presto il vaccino, quasi come ad anticipare la venuta del messia. Non solo la salute, anche la salvezza sta nel vaccino. Mai un accenno alle domande vere che affiorano naturali quando ci troviamo a dover fare i conti con la morte, a guardarla come una possibilità concreta, attuale. Mai un richiamo a tornare a Dio per allontanare le sventure che si abbattono sull’umanità. Tutte le speranze sono sulla scienza, e le nostre vite affidate nel frattempo alle indicazioni del comitato tecnico-scientifico. È possibile invece essere liberi già oggi, pur nel rispetto delle limitazioni imposte, e senza vaccino, proprio prendendo sul serio le domande sulla vita, sul senso della sofferenza, sul mistero della morte e sul significato delle calamità, che le attuali circostanze inevitabilmente ci pongono. E scoprendo, seguendo queste domande, come la nostra vita dipenda concretamente da un Altro, da Chi ci ha voluto fin dall’eternità e che è il vero compimento della nostra attesa. Fino a poter dire con sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te». Riccardo Cascioli
https://lanuovabq.it/it/il-mito-del-vaccino

IL CONTRORDINE SCIENTIFICO La rivincita della clorochina
La clamorosa marcia indietro sulla clorochina. Un errore troppo marchiano per non lasciare il dubbio che le prese di posizione dell’OMS, che dovrebbero essere caratterizzate da un assoluto rigore scientifico, possano essere invece inficiate da posizioni ideologiche e da interessi che esulano dal bene della salute pubblica. Contrordine compagni: l'idrossiclorochina non è pericolosa. L’Oms ha comunicato che il farmaco che tanta speranza aveva suscitato nella lotta al Covid può ancora essere utilizzato e testato. Lo ha annunciato il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus, in conferenza stampa a Ginevra. Le sperimentazioni sul farmaco erano state interrotte dopo la pubblicazione di uno studio apparso lo scorso 22 maggio sul Lancet, una delle più prestigiose riviste mediche al mondo, in cui uno studio retrospettivo condotto da una società di analisi di dati arrivava alla conclusione che la Clorochina non serve contro il Covid e che anzi i suoi effetti collaterali sono gravi e pericolosi. L’OMS aveva immediatamente colto l’occasione al balzo e aveva diramato un comunicato con cui si invitava a sospendere l’utilizzo di questo vecchio farmaco, che dopo 86 anni di onesto lavoro nella cura dell’artrite reumatoide, dell’artrite idiopatica giovanile, del Lupus sistemico eritematoso e di varie parassitosi, aveva rivelato nel corso dell’epidemia di SARS del 2002-2003 anche una notevole efficacia contro il Coronavirus, come già documentato dalla Nuova BQ. Niente di strano dunque che anche nei confronti dell’attuale Covid-19 molti clinici, dalla Francia all’Inghilterra, passando dall’Italia, si fossero rivolti fiduciosi a questo vecchio ma ancora valido farmaco. La Clorochina tuttavia ha da subito trovato dei nemici: in Italia l’Aifa, in Francia il governo Macron, e negli Stati uniti il virologo Fauci, diventato sulla stampa un vero e proprio simbolo della lotta a Donald Trump. Il quale invece ha scelto come proprio consulente David Boulware, lo scienziato che è principal investigator di una sperimentazione clinica randomizzata ed in doppio cieco sull’idrossiclorochina come farmaco preventivo a seguito di esposizione a persone infettate, ed è diventato una sorta di testimonial del farmaco. La decisione repentina dell’OMS di stoppare la Clorochina nei giorni scorsi aveva suscitato le proteste di gran parte della comunità scientifica internazionale. Ricercatori australiani sulle malattie infettive così come scienziati della Columbia University hanno immediatamente sollevato dubbi in merito alla correttezza procedurale dello studio pubblicato su Lancet. L’editore della rivista ha iniziato a preoccuparsi seriamente: Lancet non può permettersi di vedere incrinata la propria credibilità e autorevolezza. La scelta di pubblicare uno studio, senza aver fatto le opportune verifiche rappresenterebbe una grave macchia. Così ha pubblicato una nota, definita “Expression of Concern”, in cui garantiva un immediato “controllo indipendente sulla provenienza e la validità dei dati”. E subito dopo la nota, è arrivata la clamorosa ritrattazione di tre dei quattro autori dello studio. Hanno ritrattato in toto il loro lavoro, ammettendo che presentava errori e carenze, e hanno dichiarato di “non poter garantire la veridicità delle fonti di dati primari”. Come dire: scusate, abbiamo dato credito a una bufala. I dati presentati nello studio erano smentiti da quelli in possesso della Johns Hopkins University che dall’inizio dell’epidemia tiene monitorato l’andamento epidemiologico. Il quarto autore, il dottor Mandeep Mehra, ha dichiarato di aver avuto i dati da una società americana di analisi dei dati sanitari e di educazione medica, Surgisphere. Su di essa ha subito indagato il quotidiano britannico Guardian, scoprendo che nel suo minuscolo staff figurano anche «uno scrittore di fantascienza e una modella di riviste per adulti». Questa società che afferma di essere specializzata in big data e intelligenza artificiale, a giudicare dal suo sito Web dà l'impressione che non esista o che non abbia attività da marzo 2020 e che non ci sia tra il 2013 e il 2020. Un'attività inattiva, per così dire. Poi il 14 maggio, pochi giorni prima di fornire i propri dati agli autori dell’articolo pubblicato da Lancet, ecco apparire un aggiornamento dei nomi di dominio a lei appartenenti. Analizzando i contenuti dello studio, sono stati rilevati quindi dati “taroccati”, errori grossolani di statistica, imprecisioni metodologiche. Un lavoro da dilettanti allo sbaraglio. Sicuramente la direzione del Lancet prenderà seri provvedimenti nei confronti di chi ha autorizzato senza le doverose verifiche questo studio. Ma rimangono degli interrogativi: perché l’OMS, sulla base di questo articolo, ha deciso di intervenire fermando questo farmaco bollandolo come “inutile e pericoloso”? Il tutto a dispetto della letteratura esistente, delle sperimentazioni in atto come quella dell’Università di Oxford che sta testando la clorochina su 40mila tra medici e infermieri in tre continenti per valutare l’effetto non solo terapeutico, ma anche profilattico della Clorochina. Un errore troppo marchiano per non lasciare il dubbio, che le prese di posizione dell’OMS, che dovrebbero essere caratterizzate da un assoluto rigore scientifico, possano essere invece inficiate da posizioni ideologiche e da interessi che esulano dal bene della salute pubblica. Paolo Gulisano
https://lanuovabq.it/it/la-rivincita-della-clorochina

RIFLESSIONI Il fattore morale della crisi Covid
In tutta la vicenda coronavirus c'è un fenomeno morale, ampiamente sottovalutato, anche dai vertici ecclesiastici. Eppure, nell'enciclica Caritas in Veritate, Benedetto XVI aveva chiaramente indicato che per risolvere una crisi non si devono cambiare gli strumenti, ma il cuore degli uomini. Il fenomeno pandemia da Covid 19 viene comunemente presentato e percepito secondo questa sequenza logica: primo, non abbiamo rispettato la natura; secondo, abbiamo creato le condizioni perchè nascesse e si espandesse il Covid; terzo, la pandemia ha creato paura fisica; quarto, la paura ha imposto il lockdown; infine, il lockdown ha creato anche la paura economica. Grazie a queste due principali paure, soprattutto a quella economica, oggi siamo pronti a tutto pur di salvarci. Ecco, questa sarà probabilmente la logica di spiegazione che passerà alla storia. Ma non credo che sia la story-line più corretta perché non spiega le cause, cioè le origini della sequenza. Propongo perciò di riflettere su un tentativo di spiegazione che considera un fattore normalmente ignorato o confuso, anche dai vertici ecclesiastici, cioè la spiegazione morale. Questa spiegazione morale (che ritroviamo in due Encicliche di due grandi papi) ci racconta che sono state negate leggi naturali e l’uomo, nell’intento di compensarle “tecnicamente“, ha elaborato strumenti economico-tecnico-scientifici che gli sono sfuggiti di mano, confermando che l’uomo è troppo immaturo e privo di sapienza per riuscire a gestirli (vedi Sollicitudo Rei Socialis di san Giovanni Paolo II); cosicché questi strumenti hanno acquisito autonomia morale e si sono ritorti contro l’uomo stesso (vedi Caritas in Veritate di Benedetto XVI). Ora a questa spiegazione nessuno crede, neppure chi è alla guida della Chiesa. Eppure si può spiegare con i fatti, grazie alla famosa e tanto apprezzata “realtà”. La “realtà” sta nell’aver negato in Occidente, da decenni, vita e nascite (le “leggi naturali“ sopra evocate), creando i presupposti delle quattro crisi: economica (pre e post Covid); ambientale (per quanto sia vera); sanitaria; morale. Cerco di spiegarmi sinteticamente. La negazione della vita e delle nascite ha prodotto prima l’interruzione e poi il crollo della crescita economica in Occidente. Ciò ha imposto tre fenomeni-soluzioni necessari a compensarle: consumismo in Occidente; delocalizzazione produttiva in Asia, soprattutto Cina; de-industrializzazione dell’Occidente e industrializzazione accelerata e a basso costo della Cina. A questi si deve aggiungere un fenomeno-conseguenza: l’invecchiamento della popolazione in Occidente. A loro volta questi quattro fenomeni hanno generato conseguenze che ci permettono di capire finalmente i problemi che stiamo vivendo. Il consumismo, sempre più esasperato, in Occidente ha generato crescita di emissioni di CO2 (secondo le fonti ecologiste). La delocalizzazione in Asia-Cina, con l’obiettivo di avere produzioni a bassissimo costo (da reimportare in Occidente per soddisfare il consumismo), ha determinato bassissima attenzione alle emissioni di CO2 e bassissima attenzione al problema igienico e sanitario, in pratica creando le condizioni di generazione del virus. I viaggi imposti dalla globalizzazione e delocalizzazione, tra Occidente ed Asia-Cina, poi hanno permesso la trasmissione rapidissima del virus creando la pandemia. Inoltre la deindustrializzazione dell’Occidente ha creato una maggiore vulnerabilità in una situazione di già grande debolezza economica e disoccupazione; creando i presupposti per una scarsa capacità reattiva a crisi potenziali, quali quella prodotta dal lockdown: ciò, soprattutto in Italia, grazie alle manovre di austerity adottate nel 2011. E ancora: l’invecchiamento della popolazione ha generato la crescita proporzionata dei costi della anzianità (pensioni e sanità) a livelli insostenibili; da qui forti tagli alla sanità, che han reso più vulnerabile ed impotente il paese di fronte a una pandemia come quella Covid. Mi sembra ci siano diversi argomenti di riflessione per comprendere tre dei quattro fenomeni che stiamo vivendo: economico, sanitario, ambientale. Le conseguenze più facilmente immaginabili, oltre alla soluzione di emissioni di debito per contrastare l’effetto economico (Recovery bonds), possono esser previste in progetti di sviluppo di “economia green” e decrescita economica. Resta il quarto fenomeno, quello morale, che meriterebbe una trattazione a parte. Mi limito ad accennarlo: Benedetto XVI conclude la Caritas in Veritate spiegando che quando si deve risolvere una crisi non si devono cambiare gli strumenti, ma il cuore degli uomini, grazie alla conversione. Nella parte da lui scritta nell’enciclica Lumen Fidei, il Papa emerito spiega che è compito della Chiesa cambiare il cuore degli uomini, grazie a preghiera, sacramenti e magistero. “Curiosamente“ (si fa per dire...) si direbbe che esponenti di riferimento dell’atttuale Chiesa, stiano invece pensando proprio al contrario, cioè a cambiare gli strumenti e per nulla a convertire. Si sta pensando infatti di proporre soluzioni strutturali della società (secondo il pensiero di J.J. Rousseau) per renderla più egualitaria; e organizzare i sistemi economici affinché possa realizzarsi una forma di pre-distribuzione della ricchezza (anziché creazione e successiva distribuzione), nonché cancellare la meritocrazia e imporre la meritorietà, che presuppone essere lo Stato a stabilire i criteri del merito (affinché il merito non generi potere). Detto Stato penserà poi a “più giuste” imposizioni fiscali contro le rendite e, finalmente, alla attuazione dei criteri di tutela dell’ambiente, natura, madre terra. Dovrebbe far riflettere il fatto che, pur dovendo essere esperta essenzialmente di anime, l’Autorità morale si fa affascinare da utopie socio economiche (che non essendo scienze, tendono a rischiare di esser utopistiche), rischiando di incorporarle nel magistero della Chiesa. Vuol dire che non solo rischiamo la salute e la “fame“, ma anche di confondere la Verità. Ettore Gotti Tedeschi
https://lanuovabq.it/it/il-fattore-morale-della-crisi-covid

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