ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 7 giugno 2020

Una lotta senza quartiere

PERCHE' L'IDENTITA' VA DIFESA


Perché l’identità è un valore, e perché va difesa. L’essenza delle cose è ciò che definisce "Il loro fine" che nell’uomo è riconoscere Dio. La Chiesa perciò deve tornare a tendere al proprio fine, che è "L’annuncio del Vangelo" 
di Francesco Lamendola  
  
 http://www.accademianuovaitalia.it/images/gif/cinema/0-duvalthx1138/0-102-cristo-duval.gif
  
Oggi si parla spesso di identità: sia con riferimento allo stato, alla nazione, alla patria, sia in riferimento alla chiesa, alla religione, alla fede. Per alcuni non se ne parla abbastanza, per altri se ne parla anche troppo. Gli uni ne fanno un valore, gli altri la considerano, se non proprio un disvalore, almeno potenzialmente una trappola che rinchiude individui e comunità nel loro bozzolo, li rende egoisti, refrattari alla solidarietà e all’inclusione. Prima di partire, a lancia in resta, per collocarsi in uno di due schieramenti - perché di due eserciti si tratta, l’un contro l’altro armati, piaccia o non piaccia – bisogna avere ben chiaro cosa significa identità. 


Ne abbiamo già parlato in un precedente lavoro (cfr. l’articolo Che cos’è l’identità?, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 07/10/17) e in primo luogo abbiamo operato una distinzione tra il concetto di identità in filosofia e il medesimo concetto in sociologia, psicologia, antropologia. Un terzo concetto di identità, quello della matematica, lo lasciamo da parte, perché non ha attinenza col ragionamento che ci accingiamo a fare, e che riguarda la sfera pratica della vita, non la dimensione teorica. Dunque, avevamo visto che, in filosofia, l’identità (da identitas, che a sua volta deriva da idem, cioè “la stessa cosa”, dal greco tautotes) è la prerogativa di un oggetto di essere uguale a se stesso, e pertanto riconoscibile rispetto ad altri oggetti; mentre in sociologia l’identità è la coscienza e l’idea che un individuo ha di se stesso e che lo rende distinguibile dagli altri; coscienza ed idea che non rimangono fissi, ma evolvono, sia rispetto alla crescita dell’individuo, dall’infanzia alla vecchiaia, sia per effetto dei cambiamenti che si verificano a livello sociale, dato che ciascun individuo è inserito in una società e ne risente l’influsso. In questa sede vogliamo condurre un approfondimento del primo significato, senza però perdere di vista neppure il secondo, in quanto, nella sfera della vita pratica, è cosa impossibile, e comunque sbagliata, volerli separarli in maniera drastica, mentre si può prescindere dal significato matematico dell’identità.

 http://www.accademianuovaitalia.it/images/0-0-TRIS2020/0000-DISTANZIATI_CRIGIO.jpg
Dotato di uno statuto ontologico complesso, privilegiato, di non facile identificazione, l’uomo ha un fine e perciò una essenza, ma sotto il segno della libertà e non della necessità, quindi è la sola creatura che può non solo mancare il proprio fine, ma anche tradire la propria essenza. Da parte nostra, ribadiamo che il fine dell’uomo è riconoscere il suo Creatore!

Dire che le cose sono caratterizzate dalla loro identità, ossia dal fatto di essere se stesse e non altro, potrebbe sembrare una ovvietà addirittura lapalissiana, ma di fatto è la chiave di volta di tutta la logica, o almeno della logica occidentale, figlia della filosofia greca. Su tale concetto si fonda il principio di non contraddizione, perché è chiaro che A non è uguale a B solo a condizione che A sia uguale ad A, vale a dire a se stesso. E tuttavia c’è il pericolo di forzare il significato di quel concetto fino a stravolgerlo, portandolo all’assurdo. Infatti, dire che una cosa è proprio quella se è uguale a se stessa, non può voler dire che quella cosa deve rimanere eternamente immobile, intangibile e immodificabile. Tutte le cose – non solo gli organismi viventi, ma proprio tutte – sono soggette al mutamento, perché tutte sono soggette al movimento. La prima prova dell’esistenza di Dio elaborata da san Tommaso d’Aquino, che si rifà al concetto della Causa Prima di Aristotele, si rifà proprio a questo dato di fatto: le cose si muovono, e più precisamente sono mosse da altro da sé (la sola che non subisce il moto, ma ne è la causa, è il Motore Immobile, che in termini cristiani è Dio). Ora, se tutte le cose sono soggette al moto, allora tutte le cose subiscono un processo di trasformazione più o meno rapido. Per notare il cambiamento di una montagna sono necessari milioni di anni, mentre per notare il cambiamento di un essere umano sono sufficienti alcuni anni; per quello di una farfalla, dei giorni; per quello dell’insetto chiamato Ephémera, bastano alcune ore (poiché vive un giorno in tutto). Perfino la morte è soggetta a cambiamento: se infatti non viene congelato, oppure mummificato, qualsiasi corpo si decompone più o meno velocemente e alla fine scompare, distrutto dai batteri o microrganismi decompositori. Noi tutti siamo coscienti di quanto l’identità delle cose e delle persone sia labile: scattiamo fotografie e realizziamo filmati per catturare la testimonianza di ciò che, un domani, ci aiuterà a non smarrirne l’identità, in una specie di lotta perenne contro l’impermanenza.

http://www.accademianuovaitalia.it/images/0-0-TRIS2020/0000-muse.jpg
L’essenza di una cosa è ciò che la fa essere quel che è. L’essenza di un organismo è vivere, l‘essenza della filosofia è il pensiero, e l’essenza del pensare è comprendere; l’essenza dell’arte è esprimere il bello e l’essenza della religione è stabilire una relazione sufficientemente chiara fra l’uomo e Dio!

Guardando le nostre foto di quando eravamo bambini, possiamo misurare quanto la nostra identità si è modificata, al punto che chi ci ha conosciuto solo da adulti, a cominciare dai nostri stessi figli, probabilmente non riconoscerebbe in quelle immagini la nostra identità, la quale diventa così un segno di contraddizione: da un lato attesta che le cose permangono uguali a se stesse, dall’altro reca la testimonianza inoppugnabile che cambiano, e più trascorre il tempo, più si allontanano, almeno esteriormente, da ciò che sono state in passato. Strano, vero? Una vecchia fotografia ci dice che quella persona è proprio lei e sempre lei, però, nello stesso tempo, ci dice che è cambiata così tanto da essere divenuta irriconoscibile, se non per chi le è stato accanto ogni giorno nel corso degli anni. E una ricognizione geologica ci dice che in Antartide, ove ora non ci sono che neve e ghiaccio, in un tempo remoto le palme e le felci arborescenti stormivano alle dolci brezze tropicali. Questi fatti ci ricordano che essere uguali a se stessi non significa esserlo in senso assoluto, ma relativo. In un certo senso, tutto viaggia col tempo e avere coscienza di sé equivale ad avere coscienza di come il mondo, e noi con esso, subiamo perennemente il movimento e quindi siamo trasformati dalla sua azione. Dire tempo è come dire moto: il tempo esiste perché le cose si muovono, e il tempo è la misura degli effetti di quel movimento. Niente moto, niente trasformazione e quindi niente tempo, ma solo un eterno presente, un tempo fuori dal tempo. Anche il nostro pensare, anche il nostro ricordare, anche il nostro prevedere (il futuro), si muovono all’interno del tempo; noi siamo figli del tempo e quindi del cambiamento. E tuttavia in noi vi è una parte che anela a uscire dai lacci del tempo, che ha sete di eternità e che talvolta riesce a intravedere nel suo slancio mistico – che non è qualcosa d’irrazionale, ma di sovra-razionale – la realtà assoluta al di fuori del tempo. Proprio come un uccello fatto per le altezze, un grande albatro, riesce a oltrepassare la cortina delle nuvole e a vedere il sole che brilla al di sopra di esse; mentre tutti gli altri, che restano sulla terra, vedono solo grigiore e assenza di luce.

 http://www.accademianuovaitalia.it/images/0-0-BIS2020/00-CLASSIKO_COMPUTER.jpg
Se l’essenza delle cose è ciò che definisce il loro fine, già questa definizione ci pone in conflitto con la cultura moderna, perché la cultura moderna rifiuta il finalismo, lo considera una specie di superstizione e afferma che le cose esistono "Senza alcun fine": infatti l'uomo moderno europeo è di fatto solo un alienato, senza alcun fine!

Abbiamo dunque acquisito un primo punto importante: l’identità è la coscienza del permanere delle cose in se stesse, pur nel loro incessante mutare. Difendere l’identità, riconoscere un essa un valore, non può essere quindi una difesa statica dell’esistente, così come esso appare oggi: anche perché, dal punto di vista delle generazioni passate, anche solo della generazione appena passata, il presente è già molto cambiato rispetto a ciò che esisteva prima. La difesa dell’identità e il riconoscimento del suo valore consistono allora nella coscienza che le cose mutano, restando tuttavia se stesse. Se una cosa dovesse mutare al punto da divenire altro da sé – cosa impossibile nel regno della pura logica, per il principio di non contraddizione, ma possibile, almeno in apparenza, nel mondo della vita empirica – allora non sarebbe che un inganno, perché trascinerebbe in errore chi la volesse assumere e difendere per ciò che era, ma ora non è più. Si pone perciò la domanda: è possibile che il mutamento, quando è radicale, o molto veloce, induca nelle cose una trasformazione che non è più soltanto quantitativa – come il bambino che diviene adulto, ma resta sempre un preciso individuo – bensì anche qualitativo, tale cioè da snaturare completamente l’identità? Facciamo un esempio: se una città, in un certo lasso di tempo, diventa cento volte più grande, e cambia totalmente aspetto, davvero è ancora la città di prima, sia pure accresciuta e modificata?

http://www.accademianuovaitalia.it/images/0-0-TRIS2020/00000-VIGANO_1.jpg
Oggi, come dice monsignor Viganò, la situazione si è fatta quanto mai chiara: è in corso una lotta senza quartiere tra i figli delle luce e i figli delle tenebre, e il falso clero bergogliano ha fatto la sua scelta, schierandosi coi secondi e contro i primi!

Perché l’identità è un valore, e perché va difesa 
di Francesco Lamendola
 continua su:
 http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/filosofia/9168-perche-l-identita-va-difesa



Dal canale di fra Pietro: Una luce nelle tenebre: le dichiarazioni del vescovo Carlo M.Viganò


Enzina Pasquali



UNA STRANA LETTERA A  TRUMP

NOI CONTIAMO SU DI TE
conta su di noi  


     

Carlo Maria Viganò, ex nunzio apostolico della Santa Sede che di recente ha fatto parlare di sé per via di un memorandum in cui, tra i vari punti sollevati, suggeriva a papa Francesco di dimettersi dal soglio di Pietro per via del caso McCarrick, ha scritto una lettera a Donald Trump, disegnando un contesto escatologico, in cui i “figli della luce” sono costretti a combattere con i “i figli delle tenebre”. Quella in corso nel mondo contemporaneo sarebbe insomma un sorta di battaglia finale.
Viganò, come il presidente Trump, è un anti progressista convinto. Il consacrato ha scelto per il suo testo argomentazioni che non possono non essere condivise dal fronte tradizionale e conservatore: dalle politiche pro life del tycoon al contrasto al mondialismo, passando per le influenze che il cosiddetto “Stato profondo” eserciterebbe nei confronti dei media, impedendo al dibattito pubblico di potersi confrontare sul piano della realtà dei fatti.
Il passaggio più incisivo è forse quello in cui Viganò, come riportato dal blog di Aldo Maria Valli, ha scritto: “Scopriremo anche che i moti di questi giorni sono stati provocati da quanti, vedendo sfumare inesorabilmente il virus e diminuire l’allarme sociale della pandemia, hanno dovuto necessariamente provocare disordini perché ad essi seguisse quella repressione che, pur legittima, sarà condannata come un’ingiustificata aggressione della popolazione”.
L’ex nunzio apostolico pensa che il fenomeno di piazza di questi giorni, quello innescatosi dopo la morte di George Floyd, vada interpretato, partendo dalla volontà di manovrare l’opinione pubblica dall’alto. Anche in questo caso, come per la pandemia del resto, viene citato il Deep State. Viganò la pensa dunque come i politologi che leggono la presidenza Trump alla stregua di un’eterna contrapposizione tra l’alto ed il basso dell’espressioni del potere. Ma non è tutto.
Il sostegno al presidente degli States è totale: Viganò pensa pure che le iniziative di questi giorni, quelle cui partecipa il Black Lives Matter, siano legittime ma strumentali perché finalizzate creare un clima favorevole per un esponente di diretta emanazione dello “Stato profondo”. Il pensiero corre dritto dalle parti di Joe Biden, che è l’avversario dei Repubblicani per le presidenziali di novembre e che ha ricoperto per due mandati l’incarico di vicepresidente degli Stati Uniti. “È di tutta evidenza che il ricorso alle proteste di piazza è strumentale agli scopi di chi vorrebbe veder eletto, alle prossime presidenziali, una persona che incarni gli scopi del deep state e che di esso sia espressione fedele e convinta. Non stupirà apprendere, tra qualche mese, che dietro gli atti vandalici e le violenze si nascondono ancora una volta coloro che, nella dissoluzione dell’ordine sociale, sperano di costruire un mondo senza libertà: Solve et coagula, insegna l’adagio massonico”, scrive monsignor Viganò.
Le prossime elezioni divengono così il teatro di un scontro definitivo tra due visioni del mondo opposte, che guardano in direzioni diverse: verso la luce, appunto, o verso le tenebre. La Chiesa cattolica americana, un po’ come accade nel resto del globo, è divisa. La parte conservatrice, capitanata da esponenti come Carlo Maria Viganò ed il cardinal Raymond Leo Burke, sembra più disposta ad assecondare la riconferma di The Donald, se non altro per via dei pericoli che si nasconderebbero dietro una vittoria degli ultra-progressisti e dei liberal.
Cardinali e vescovi progressisti, invece, preferirebbero una vittoria di Joe Biden. Il vincitore delle primarie dem è cattolico: una novità per gli asinelli, che di solito non possono vantare una piena appartenenza al cattolicesimo della loro punta di diamante. Trump, in questi anni, si è assicurato il sostegno della base dei fedeli. Ma i vertici ecclesiastici sono parte attiva dell’opposizione. Si pensi, per citare il caso più eclatante, alle critiche rivolte alla presidenza per via di un punto programmatico preciso: il muro al confine con il Messico. I consacrati progressisti sono per l’accoglienza erga omnes anche nel Nuovo mondo: “Ed è sconcertante che vi siano vescovi – come quelli che ho recentemente denunciato – che, con le loro parole, danno prova di essere schierati sul fronte opposto. Essi sono asserviti al deep state, al mondialismo, al pensiero unico, al Nuovo Ordine Mondiale che sempre più spesso invocano in nome di una fratellanza universale che non ha nulla di cristiano, ma che evoca altresì gli ideali massonici di chi vorrebbe dominare il mondo scacciando Dio dai tribunali, dalle scuole, dalle famiglie e forse anche dalle chiese”.
Viganò annota al termine della missiva: “Signor Presidente, la mia preghiera è costantemente rivolta all’amata Nazione americana presso la quale ho avuto il privilegio e l’onore di essere stato inviato da papa Benedetto XVI come Nunzio apostolico. In quest’ora drammatica e decisiva per l’intera umanità, Ella è nella mia preghiera, e con Lei anche quanti La affiancano nel governo degli Stati Uniti”. Pare che la lettera sia arrivata direttamente nelle mani del Commander in Chief, che può dire di aver trovato un alleato in questa epica contesa.
Francesco Boezi

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.