ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 30 luglio 2020

Chi è il responsabile di questo dispotismo fondato sulla paura?

La lezione di Trump all’Italia


Il 12 marzo 2020, l’ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana annuncia la sospensione in via preventiva delle cerimonie religiose, incluse le celebrazioni esequiali, pur non disponendo la chiusura fisica dei luoghi di culto. La Chiesa e lo Stato italiano uniscono così le forze contro il Covid-19, invitando tutti Ii cittadini e i credenti a rispettare con rigore e senso di responsabilità le misure adottate per far fronte alla crisi epidemiologica.

La sospensione delle celebrazioni liturgiche e l’interdizione alla partecipazione fisica dei fedeli alle Sante Messe subordina il diritto a esercitare il proprio credo al diritto alla salute, due interessi garantiti dalla Costituzione a cui in piena pandemia non viene però riconosciuta pari dignità, ritenendo il primo derogabile in un momento di emergenza nazionale.
La decisione di relegare il fenomeno religioso alla sfera meramente intimistica equiparandolo a uno dei tanti servizi pubblici statali, e come tale quindi sospendibile in via eccezionale per far fronte a stati emergenziali, viene accolta con sdegno da migliaia di cittadini cattolici che si sentono lesi nel diritto a esercitare liberamente il proprio credo e a cercare rassicurazione nella fede in un momento di smarrimento spirituale. Anche ai defunti vengono negate pubbliche esequie e concessa solo la benedizione privata in presenza di un numero ristretto di cari.
La decisione della CEI crea un vuoto spirituale senza precedenti, subordinando la cura dell’anima alla salvezza del corpo ritenuta un bene di primaria necessità e riconoscendo in una contingenza sanitaria una deroga al diritto di praticare liberamente il proprio credo.
Negli Stati Uniti invece è stata adottata una strategia diversa. In una nazione in cui il virus non sembra arrestare la propria corsa e continuano giorno dopo giorno ad aumentare il numero dei contagi e dei decessi, in netto contrasto con quanto verificatosi in Italia, il 21 luglio 2020 l’agenzia di stampa dell’Ufficio per il Diritti Civili del Department of Health and Human Services ha accolto due ricorsi a salvaguardia dell’esercizio della libertà di religione e di culto pur nel mezzo di una pandemia.
Nel primo caso è stata accolta la denuncia di discriminazione religiosa presentata nel Giugno 2020 alla Divisione per la Libertà Religiosa e di Coscienza dell’Ufficio per i Diritti Civili da Susanna Marcus che, insieme al marito Sidney, era stata trasportata a seguito di un grave incidente automobilistico al centro ospedaliero Prince George dell’Università del Maryland.
Susanna Marcus, date le gravi condizioni in cui versava il marito, aveva richiesto che l’uomo ricevesse la benedizione di un prete presso il reparto di terapia intensiva in cui era ricoverato, ma tale diritto le era stato negato a causa del divieto di accesso ai visitatori introdotto dall’ospedale per prevenire ulteriori contagi.
In seguito all’accoglimento della denuncia, il Medical System dell’Università del Maryland ha aggiornato le linee guida per le visite di tutti e 13 i suoi ospedali per permettere ai degenti, compresi quelli ricoverati nei reparti di cura COVID-19, di ricevere visite da membri del clero, a condizione che indossino i dispositivi di protezione personale, si sottopongano ai test della temperatura e che la visita non interrompa le cure cliniche.
Nel secondo caso invece l’Ufficio per i Diritti Civili ha accolto il reclamo presentato da uno studente di medicina contro lo Staten Island University Hospital di New York City che aveva imposto al giovane l’obbligo di radersi la barba per garantire un adeguato utilizzo dei sistemi di protezione individuale durante il servizio prestato presso la struttura sanitaria. Lo studente aveva informato l’ospedale della sua impossibilità a tagliarsi la barba, pena una violazione delle sue credenze religiose, comunicando peraltro che se non gli fosse stato permesso di tornare in corsia gli sarebbe stato negato il diritto a completare gli studi per diventare medico.
In applicazione delle leggi federali che vietano qualsiasi forma di discriminazione in base al sesso, alla razza, al colore, alla nazionalità, all’età, alla disabilità, alla religione e all’esercizio di coscienza, la richiesta avanzata dall’ospedale allo studente di radersi per poter tornare a lavorare in corsia è stata dichiarata illegittima, affermando che nessuno debba mai essere posto davanti alla scelta tra esercitare la propria professione e seguire il proprio credo.
Sebbene le strutture sanitarie siano maggiormente esposte ai rischi di contagio da infezione Covid, l’amministrazione Trump ha riconosciuto la priorità assoluta di difendere il diritto degli americani a praticare la propria fede in un momento delicato come quello attuale. Come riportato dal Daily Signal, Roger Severino, direttore dell’Ufficio per i Diritti Civili del Dipartimento di salute e servizi umani, ha infatti affermato che si possa proteggere la salute fisica delle persone contestualmente al loro benessere spirituale anche in un momento di criticità come quello che il mondo intero sta attraversando, non dovendosi rinunciare a un diritto sacro e inviolabile come quello all’esercizio della libertà di culto.
L’insegnamento che possiamo trarre dagli Stati Uniti è che la libertà religiosa non cessa di essere un diritto umano fondamentale durante una pandemia ma, al contrario, deve essere rivendicato come uno dei valori fondanti della civiltà occidentale e di una società democratica degna di chiamarsi tale.
Camilla Bellini
Nasce la dittatura dell’emergenza

A che punto siamo con la dittatura sanitaria? Stiamo vivendo l’estate come l’intervallo tra due emergenze, tempo sospeso in attesa della nuova chiamata alle armi a cui la crisi economico-sociale e il virus ci chiameranno alle soglie dell’autunno. Dobbiamo dunque considerare l’emergenza come una categoria permanente della politica, magari non fissa ma ricorrente, ora incombente, ora vigente? Emergenza vuol dire sospensione della libertà, dei diritti elementari, a cominciare dalla libertà di movimento e dalla vita sociale, fino al voto. E polizza per il potere in carica, dal governo ai suoi ausiliari. Una dittatura su basi sanitarie, la biopolitica si fa biosicurezza.
Di dittatura sanitaria ne parlammo, credo per primi, il 15 marzo scorso. Molti condivisero quella denuncia, taluni la svilupparono, pochi la espressero apertamente. Tra i pochissimi che in altro modo denunciarono la trasformazione della democrazia in dispotismo ci fu un filosofo assai noto soprattutto fuori d’Italia, di tutt’altro indirizzo culturale, che cominciò a scriverne sul manifesto: è Giorgio Agamben, più volte citato su queste pagine. Ora ha raccolto in un libretto “A che punto siamo? L’epidemia come politica” (ed. Quodilibet), la sua lucida e radicale critica dello stato d’eccezione imposto con la pandemia.
A suo dire, i tre sistemi di credenze su cui si fonda l’occidente – vale a dire il cristianesimo, il capitalismo e la scienza – si sono piegati a uno: il sistema scientifico-medico, che ha sviluppato una propria teologia, la paura del male e il timor di Dio, la sua liturgia e il culto obbligato. È la religione del nostro tempo e ai filosofi, dice Giorgio Agamben, tocca come in passato avversarla.
Come è potuto avvenire, si chiede, che un intero paese, senza accorgersene eticamente e politicamente sia crollato di fronte alla malattia? È accaduto perché gli uomini non credono più a nulla, tranne che alla nuda esistenza biologica, la nuda vita, da salvare a qualunque costo. Ma sulla paura di perdere la vita, nota Agamben, si può fondare solo una tirannia. Montaigne diceva che chi ha imparato a morire ha disimparato a servire: viceversa si è pronti a ogni schiavitù pur di salvare la pelle. Ma c’è un sottinteso che non è mai esplicitato: la vita non è solo biologia, nuda vita corporale, ma c’è altro, di essenziale. In altri tempi si sarebbe detto l’anima. Agamben, autore di un’opera monumentale sull’homo sacer, si spinge fuori dalle mura del pensiero imperante e pronuncia la parola giusta, finora rimossa: vita spirituale. Parola a lungo vietata, che ora Agamben (e Cacciari) riprendono a pronunciare. “Abbiamo scisso l’unità della nostra esperienza vitale, che è sempre inseparabilmente insieme corporea e spirituale”, in senso affettivo, culturale e non solo.
Ma chi è il responsabile di questo dispotismo fondato sulla paura? A parte le responsabilità della casta scientifico-sanitaria, è lampante e diretta la responsabilità della politica: il potere esecutivo, nota l’autore, si è sostituito al potere legislativo, il governo al parlamento e a ogni altro potere, sconfinando. E qui sarebbe facile ma ripetitivo ricordare le colpe di chi fonda il suo governo, il suo consenso e la sua durata, sull’emergenza per il virus. Il potere politico è l’utilizzatore finale dell’emergenza.
Una responsabilità parallela ce l’hanno i giuristi che non hanno eccepito nulla contro “l’uso sconsiderato dei decreti d’urgenza”. Vero, ma dire giuristi è un po’ generico: la responsabilità primaria tocca a quei giuristi che avevano potere di intervenire, dal Capo dello Stato alla Corte costituzionale.
Ma una responsabilità grande Agamben l’attribuisce alla prima “agenzia spirituale”, la Chiesa di Bergoglio: si è fatta ancella della scienza, ha rinnegato i suoi principi essenziali. La Chiesa, scrive, “sotto un Papa che si chiama Francesco, ha dimenticato che Francesco abbracciava i lebbrosi”; ha dimenticato che tra le opere di misericordia c’è visitare gli ammalati, celebrare i sacramenti, seppellire i morti, sapendo dai martiri che si deve essere disposti a sacrificare la vita piuttosto che la fede. La salvezza conta più della salute.
Una responsabilità non secondaria è pure dei media e della loro omertà. Qui Agamben rivela che “i grandi giornali in Italia si rifiutano di pubblicare le mie opinioni” e riporta un articolo richiestogli e poi rifiutato dal Corriere della sera. Sfonda una porta aperta, dalle nostre parti…
L’Italia per lui è un laboratorio politico in cui si sperimentano le nuove tecnologie di governo; sull’orlo di un dispotismo che Agamben non trova di meglio che definire fascismo, ma le sue coordinate hanno ben altra fattura e ispirazione. A onor del vero, Agamben dice pure che “Se un fascista dice che 2+2=4, questa non è un’obiezione contro la matematica”. Ossia una verità resta tale anche se la dice qualcuno inviso. E il fatto che l’estrema destra abbia sposato tesi vicine alle sue, riconosce, non ne inficia la validità e in ogni caso “hanno tutto il diritto di esprimere la loro opinione”.
Non ha torto Agamben a ritenere che la riduzione biologica della vita abbia qualcosa a che vedere coi lager nazisti; ma se vuol dare rigore filosofico al suo ragionamento non può ignorare né l’esperienza parallela e precedente dei gulag e tantomeno che il totalitarismo più vicino nel tempo della pandemia è oggi quello cinese, dispotismo asiatico e comunista.
Quel che non è affrontato nel pamphlet è il conflitto davvero epocale che è sotto l’epidemia e passa per il commercio, l’Oms e il 5G: la guerra fredda mondiale tra Usa e Cina, di cui non sappiamo le dimensioni, la radicalità e i misfatti sotterranei. Con un establishment occidentale che pur di punire Trump, sta facendo il gioco della Cina totalitaria.
A differenza di Agamben pensiamo il dispotismo come una minaccia, una possibilità e non un sistema ormai instaurato; confidiamo negli anticorpi della realtà e nel Katechon, per usare un linguaggio a lui caro, in grado di frenarne l’avvento. Gli dei ci salveranno, forse.
MV, La Verità 28 luglio 2020
http://www.marcelloveneziani.com/articoli/nasce-la-dittatura-dellemergenza/
PAURA E TERRORE COME STRUMENTI DEL POTERE


GIORGIO AGAMBEN, dopo una lunga assenza dalla sua rubrica, evidentemente dopo i banali, rozzi assalti da parte di "intellettuali", di giornali e riviste "progressiste" che si sono pronunciate contro le pregevoli note presenti in "UNA VOCE" quali "Biosicurezza"; " La medicina come religione; "Riflessioni sulla peste"; "Contagio" ; "Distanziamento sociale... si è finalmente riproposto con due pezzi di alto livello teorico:"Che cos'é la paura"e "Due vocaboli infami"

Qualche parziale riflessione sul primo.


Della ANGOSCIA come tonalità emotiva che costituisce la nostra originaria apertura al mondo ne aveva parlato Heidegger. Giorgio Agamben, in effetti, ritiene che sia la paura il tratto fondamentale della nostra tonalità emotiva. L'angoscia viene infatti ridefinita come paura privata del suo oggetto ma è davanti alla cosalità, all'oggetto che si costituisce la paura come tonalità costitutiva dell'apertura al mondo. Agamben riprende il tema trattato in "ESSERE E IL TEMPO" e lo sviluppa, approfondendo termini come "spavento", "terrore", "angoscia" Ricorda come HOBBES, l'autore del "Leviatano", teorizzi che il Potere abbia cercato il suo fondamento e la sua giustificazione facendo leva sulla tonalità emotiva in cui l'essere umano rischia continuamente di cadere, ossia la paura.

"La paura è la dimensione in cui cade l’umanità quando si trova consegnata, come avviene nella modernità, a una cosalità senza scampo appunto nei desiderata dell'Unione Europea governata dal blocco germanico a guida Merkel, Von der Loyen, Lagarde.. L’essere spaventoso, la «cosa» che nei film del terrore assale e minaccia gli uomini, non è in questo senso che una incarnazione di questa inaggirabile causalità".
Conseguenza della paralisi provocata dalla paura che può sfociare in terrore, rovesciando il termine nietzschiano "volontà di potenza"(che è tutta altra cosa dalle banalizzazioni di cui il termine ha sofferto), si può definire la paura come "in volontà di potenza", una sorta di volontà di impotenza di fronte alla cosa che minaccia... che abbandona alla paralisi di razionalità contro la quale il Potere ha gioco facile-

L'uso spregiudicato della paura da parte di chi governa, di chi egemonizza è cosa dei tempi antichi e non è stata certo trascurata nei cosiddetti tempi moderni.

Si veda il panico gestito in prima persona dai maggiordomi del potere riguardo la "pandemia" del Covid 19, panico che, oltre le squallide vicende relative al denaro (favorire le aziende farmaceutiche per inutili vaccini e gli Istituti di cura privati, data la paralisi della sanità pubblica), squallide vicende che hanno determinato un notevole aumento di malattie e di decessi per patologie gravissime come il cancro, la cardiopatia, l'epatite... ha creato un gregge di esseri impauriti, resi incapaci di ragionare criticamente sul virus e sulla sua pericolosità, distratti appositamente dal "colpo di stato" del blocco germanico egemonizzato da Berlino compiuto nell'ultimo vertice di Bruxelles che ha ulteriormente impoverito quei residui marginali di sovranità che restavano al Bel Paese, accentuandone il suo stato di colonia.

"Certo, l’albero può spezzarsi e cadermi addosso, il torrente straripare e allagare il paese e quest’uomo improvvisamente colpirmi: se questa possibilità diventa improvvisamente reale, un giusto timore suggerisce le opportune cautele senza cadere nel panico e senza perdere la testa, lasciando che altri fondi il suo potere sulla mia paura e, trasformando l’emergenza in una stabile norma, decida a suo arbitrio quello che io posso o non posso fare e cancelli le regole che garantivano la mia libertà."
Con il panico, con la paura, con il terrore e conseguente timore dell'altro e allontanamento dal sociale non si può costruire un popolo, una nazione ma solo una plebe, una moltitudine di schiavi... come è appunto nei desiderata dell'Unione Europea governata dal blocco germanico a guida Merkel, Von der Loyen, Lagarde.


*****

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.