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giovedì 30 luglio 2020

La radice da cui è scaturito e si è sviluppato tutto il relativismo

Schneider: “Per me il problema più profondo del Vaticano II è rappresentato da una relativizzazione dell’atto di adorazione di Dio”

La giornalista Dorothy Cummings McLean, in questo suo articolo pubblicato su Lifesitenews, fa una sintesi dell’intervista che il vescovo di Astana, Mons. Athanasius Schneider, ha concesso a Taylor Marshall sul dibattito accesosi sul Concilio Vaticano II. Eccolo nella mia traduzione. 
Athanasius Schneider, vescovo
Athanasius Schneider, vescovo

Il vescovo ausiliare di Astana ha chiesto la correzione dei testi promulgati dal Concilio Vaticano II che hanno portato al “relativismo”. 
“Penso che un giorno la Chiesa dovrebbe formalmente correggere (espressioni in) Lumen Gentium 16, in Nostra Aetate e anche (una) nel Decreto ecumenico sui non cristiani che (dice) che lo Spirito Santo li sta usando come strumenti”, ha detto il vescovo Athanasius Schneider al dottor Taylor Marshall in un’intervista online postata domenica.
Schneider, 59 anni, ha discusso anche di frasi problematiche in Dignitatis Humanae e in Sacramentum Concilium, il documento del Concilio Vaticano II sulla liturgia. 
Marshall ha introdotto il tema del Concilio Vaticano II dicendo che sia i sacerdoti che i laici si stanno rendendo conto che la crisi attuale della Chiesa riguarda “passaggi problematici” nei documenti del Concilio. Marshall ha elencato questioni come il sincretismo, il falso ecumenismo e le descrizioni adulatorie dell’Islam, del buddismo e dell’induismo. 
Schneider ha detto che la maggior parte dei testi del Concilio Vaticano II sono buoni, e quelli che sono ambigui possono essere interpretati all’interno della tradizione della Chiesa “in modo benevolo”. Tuttavia, il vescovo ha anche individuato nei documenti alcune espressioni che hanno avuto “conseguenze molto negative”. 
Schneider, 59 anni, ha discusso anche di frasi problematiche in Dignitatis Humanae e in Sacramentum Concilium, il documento del Concilio Vaticano II sulla liturgia. 
Marshall ha introdotto il tema del Concilio Vaticano II dicendo che sia i sacerdoti che i laici si stanno rendendo conto che la crisi attuale della Chiesa riguarda “passaggi problematici” nei documenti del Concilio. Marshall ha elencato questioni come il sincretismo, il falso ecumenismo e le descrizioni adulatorie dell’Islam, del buddismo e dell’induismo. 
Schneider ha detto che la maggior parte dei testi del Concilio Vaticano II sono buoni, e quelli che sono ambigui possono essere interpretati all’interno della tradizione della Chiesa “in modo benevolo”. Tuttavia, il vescovo ha anche individuato nei documenti alcune espressioni che hanno avuto “conseguenze molto negative”. 
“Il problema più grande di questi testi (problematici) può essere ridotto a un solo argomento: il relativismo”, ha detto Schneider. 
Il vescovo ha detto che queste poche “espressioni” relativizzano il Signore Gesù Cristo, il Vangelo, l’incarnazione, l’opera della redenzione e la Chiesa cattolica. 
“Tutte queste espressioni che lei ha menzionato, in ultima analisi, hanno le loro radici nel relativismo”, ha detto a Marshall. 
(se il video non si carica fare il refresh della pagina o cliccare qui)
 

Il problema nella Lumen Gentium 16  

Schneider ha indicato per prima cosa una frase della Lumen Gentium che cancella erroneamente una distinzione importante tra il culto di Dio cristiano e quello musulmano. Nella frase, “[Ma il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi] in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale.”, il vescovo si è opposto con forza alla frase “con noi”, “nobiscum” in latino. 
“Questo è sbagliato”, ha detto con fermezza Schneider. 
Ha spiegato che la Lumen Gentium 16 sbaglia nel suggerire che cristiani e musulmani partecipino insieme allo stesso atto di adorazione. Sbaglia perché i musulmani adorano a livello naturale, allo stesso livello di chiunque adori Dio con il “lume naturale della ragione”, mentre i cristiani adorano Dio a livello soprannaturale come suoi figli adottivi “nella verità di Cristo e nello Spirito Santo”. 
“Questa è una differenza sostanziale”, ha osservato Schneider. Ha spiegato che l’uso della frase “con noi” rappresenta una relativizzazione dell’atto di adorazione di Dio e anche della “figliolanza” dei cristiani. 

Il problema nella Dignitatis Humanae

Il vescovo ha poi citato un problema in una dichiarazione sulla libertà religiosa nella Dignitatis Humanae del Vaticano II. Schneider ha elogiato il documento per aver osservato che nessuno può essere costretto a credere, ma poi ne ha criticato l’affermazione secondo cui gli esseri umani non dovrebbero essere costretti ad adorare secondo la loro coscienza. 
Schneider ha detto che ciò equivale ad equiparare il diritto di adorare gli idoli a un diritto che deriva dalla natura umana, cioè credere o non credere.   
“Quando una cosa è un diritto della natura umana, è voluta positivamente da Dio”, ha spiegato. 
“Se dici che è un diritto della tua natura, stai dicendo che Dio vuole che nessuno sia ostacolato a praticare e a diffondere, diciamo, l’idolatria”.  
Schneider ha osservato che molte persone sono “convinte nella loro coscienza” di dover praticare l’idolatria e che ciò si oppone alla rivelazione divina. Ha fatto notare anche che la frase problematica è “sostanzialmente la stessa del documento di Abu Dhabi che dice che la pluralità o la diversità delle religioni (…) è la saggia volontà di Dio”. 
“Dobbiamo essere sinceri e intellettualmente onesti: questo non è accettabile” ha detto il vescovo.
“E anche queste due frasi, nella Lumen Gentium e nella Dignitatis Humanae, sono la radice da cui è scaturito e si è sviluppato tutto il relativismo che abbiamo vissuto negli ultimi cinque decenni nella vita della Chiesa”.
Schneider ha ricordato la controversa Giornata mondiale di preghiera convocata da San Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986 e la venerazione dell'”idolo della Pachamama” nella Basilica di San Pietro durante il Sinodo sull’Amazzonia dello scorso ottobre. Egli ha sottolineato che la logica di non ostacolare il culto coscienzioso degli idoli vale per il culto della Pachamama – persino all’interno della stessa Città del Vaticano. 
“Se è la volontà positiva di Dio che un gruppo di indiani amazzonici – intendo dire pagani – che venerano la Pachamama non sia ostacolato nel diffondere il loro culto, allora il papa (deve dire) “Non posso ostacolarli perché è un diritto della natura umana, e quando è un diritto della natura umana, è la volontà positiva di Dio. E quando Dio vuole positivamente che gli indiani amazzonici venerino il loro idolo Pachamama, non posso proibirli perché questo è il loro diritto che Dio ha dato loro. Posso ammetterli anche a San Pietro”, ha spiegato Schneider. 
Schneider ha criticato i testi che suggeriscono che i buddisti e gli indù possono raggiungere l’illuminazione da soli, senza “la grazia di Cristo”, come un’eresia. 
“È il pelagianesimo e il relativismo (quando si dice) che Cristo non è l’unica fonte”, ha detto. 
“Quindi vedete che questi testi non possono essere accettati così come sono”. 
Per quanto riguarda la Sacrosanctum Concilium, Schneider l’ha elogiata per la sua difesa della liturgia tradizionale, alla quale il Novus Ordo e la celebrazione “ad populum” della Messa sono una “semplice contrazione”, ha detto. Egli ritiene che essa, anche, abbia sezioni problematiche, e dice che ha indebolito la teologia di specifici sacramenti quando chiede che i loro riti siano rivisti. Ma il vescovo ritiene anche che l’attuale “Forma ordinaria” della messa debba essere riformata secondo i principi della Sacrosanctum Concilium.
Di Sabino Paciolla

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