ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 23 agosto 2020

La prova che attende la Chiesa

Nella tempesta, guarda la Stella
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Stabat iuxta crucem Iesu mater eius (cf. Gv 19, 25).
Anche se non è certo un dogma, non si può escludere che, prima della venuta gloriosa del Signore, il Suo Corpo Mistico debba sperimentare una passione analoga a quella del Capo, la quale la prepari all’esaltazione finale e al tempo stesso gli dia modo di meritarla. Se è vero che, per raggiungere la perfezione della vita spirituale, ogni anima deve rivivere i diversi stati assunti dal Salvatore durante l’esistenza terrena, è presumibile che ciò si debba realizzare anche a livello collettivo. Qui non ci troviamo, ovviamente, nell’ambito di quelle verità di fede l’adesione alle quali è indispensabile per la salvezza eterna, bensì nel campo delle conclusioni teologiche, che obbligano la coscienza nella misura in cui sono recepite dal Magistero. L’unico esempio di ricezione di cui io abbia notizia, in questo caso, è costituito da tre paragrafi del Catechismo della Chiesa Cattolica (675-677) molto citati in quest’ultimo periodo, ma poco convincenti quanto all’uso delle fonti a sostegno, il quale risulta quanto meno tendenzioso.

Benché io stesso sia da anni persuaso della legittimità di questa tesi, per onestà intellettuale sono obbligato a riconoscere che, a meno di un’ispirazione soprannaturale, non ci sono elementi cogenti per considerarla senz’altro certa. Mi capita sempre più spesso, tuttavia, di discuterne con ferventi cattolici che se ne mostrano incrollabilmente sicuri, pur mancando, appunto, inconfutabili argomenti  a favore. Le affermazioni del nuovo catechismo, pur nella loro perentorietà, vengono giustificate con passi biblici non pertinenti o interpretati con evidenti forzature. Sorge addirittura il sospetto che in quel punto, come spesso avvenuto in documenti del recente Magistero, la mano di un redattore intenzionato in un certo senso abbia potuto interpolare il testo con affermazioni di forte impatto performativo. A nessuno sfugge fino a che punto l’attesa di determinati eventi, decisivi per la storia sacra e profana, possa indurre nella gente stati d’animo programmati e comportamenti conseguenti; l’esperienza di quest’anno è paradigmatica.
Una verità parziale o una previsione solo probabile, presentata in modo apodittico, può dunque essere utilizzata per influenzare e manovrare le masse, soprattutto in epoche in cui l’angoscia collettiva suscita spasmodiche attese escatologiche con vividi tratti apocalittici. Voglio sperare che i nemici di Dio non siano giunti fino a manipolare un testo magisteriale per esporre il loro programma facendolo passare per ineluttabile piano divino, ma non riesco nemmeno a levarmi questa pulce dall’orecchio. Il metodo è quello tipico della letteratura distopica, scritta per lo più da grandi illuminati che hanno illustrato, sotto l’apparenza dell’invenzione fantastica, l’evoluzione che intendevano innescare nella storia. Il pubblico comune la legge per il piacere delle storie avvincenti; gli iniziati vi decifrano invece una mappa da seguire. La società, intanto, si assuefà a poco a poco all’idea di un mondo nuovo, soprattutto grazie a quella pseudocultura progressista che si crede così fine da interpretare il cambiamento, di cui in realtà è succube.
Ora, riguardo alla prova che attende la Chiesa, occorre anzitutto ribadire con forza che il futuro è noto solo a Dio. Le profezie scritturistiche o quelle trasmesse dai mistici necessitano comunque di un’interpretazione, che spetta alla gerarchia ecclesiastica. Il fatto che, nel nostro tempo, essa risulti spesso, in questo ambito, carente e omissiva non ci abilita certo a fare da soli, emettendo giudizi di autenticità ed erogando indicazioni pratiche in conseguenza. Oltre a mancare di fede e di speranza, peccando contro il primo comandamento, si corre il rischio di cadere in atteggiamenti paranoici e di buttarsi in azioni sconsiderate, trascurando i propri doveri e perdendo di vista le necessità reali. Ben diversa è la sana previdenza di chi, prospettandosi una minaccia probabile, predispone risorse e vie d’uscita in modo ragionevole, senza ipotecare il futuro né rendersi invivibile il presente. La fiducia nella Provvidenza ci assicura che il pane dell’anima e del corpo è sempre assicurato a chi collabora con Essa facendo il possibile per premunirsi da pericoli prevedibili.
La reazione opposta che può verificarsi in chi si illude di sapere con esattezza cosa succederà è lo sconforto, l’apatia, il fatalismo di chi getta la spugna e si rintana nel suo buco in attesa degli eventi. Questo tipo di risposta si appoggia spesso a forme di spiritualismo che pretendono di ispirarsi alla storia sacra. C’è chi osserva, per esempio, che la Madonna, durante la Passione di Gesù, non tentò in alcun modo di impedirla e accettò passivamente la volontà di Dio. Anche in questo caso, un dato parziale, seppur vero per un verso, è assolutizzato e piegato a sostegno di una tesi prestabilita. A parte l’unicità assoluta di quell’evento, che è irripetibile e non riproducibile se non per analogia, è certo che la Madre non abbia istigato gli Apostoli a far la rivoluzione per liberare il Maestro, visto che il Padre stesso aveva stabilito che così si compisse la Redenzione del mondo e il Figlio aveva aderito a tale piano in piena libertà; tuttavia l’obbedienza non è passività totale, bensì richiede una collaborazione che sul Calvario non poté essere più intensa.
Come riconosce la Tradizione cattolica, stando ritta sotto il patibolo Maria compì un duplice atto di natura sacrificale mirante alla riconciliazione dell’umanità peccatrice con Dio: quello con cui offrì il Figlio al Padre per la nostra salvezza e quello con cui offrì se stessa secondo la stessa intenzione, unita in modo strettissimo a Lui in un unico olocausto d’amore. Così facendo, Ella cooperò in modo materno alla nostra rigenerazione spirituale, diventando realmente, così, nostra madre nell’ordine della grazia. La Vergine, inoltre, inaugurò in tal modo l’attività con cui la Sposa di Cristo, sino alla fine dei tempi, rinnova in modo incruento, per mezzo dei sacri ministri, il Sacrificio redentore, offrendolo al Padre e associandosi ad esso per la propagazione e il definitivo compimento della salvezza acquistata sulla Croce. Non ultimo, in virtù della parola del Salvatore moribondo che la costituiva Madre della Chiesa, Ella ricevette il compito di accudire tutti i Suoi figli, rappresentati da Giovanni. Noi siamo quindi oggetto delle Sue cure materne, ma siamo pure chiamati, a nostra volta, a proteggere i beni che il Signore ci ha affidato, nella famiglia, nella società e nella Chiesa.
Risulta difficile, dunque, parlare di passività, ma appare del tutto fuori luogo anche uno scomposto attivismo fondato su discutibili certezze. Certuni hanno già decretato un’imminente apocalisse: la Messa sarà sospesa, ci imporranno il marchio della bestia, chi ne sarà sprovvisto morirà di fame, i cristiani saran tutti massacrati dagli islamici, i sopravvissuti verranno riprogrammati coi vaccini… Pur senza sottovalutare affatto le minacce del tutto inedite che incombono sul prossimo avvenire, desidero ricordare che nessuno conosce il futuro, il quale è interamente nelle mani di Dio, che con infinita sapienza governa la storia e dirige ogni avvenimento. Per questo l’impegno più urgente è quello della preghiera e dell’offerta, dato che Dio, da tutta l’eternità, ha stabilito di concedere certi benefici come effetto di esse. Al tempo stesso, niente vieta di esercitare la virtù della prudenza e il dono del consiglio per predisporre – ripeto – sussidi utili a fronteggiare pericoli probabili. La fede autentica è equidistante dal fideismo quietistico e dalla compulsione visionaria.
Che il Cuore Immacolato di Maria ci istruisca sul da farsi per mezzo del Rosario e della meditazione. Per esser Suoi figli docili e obbedienti, che non si sottraggano alle Sue cure materne, occorre però accettare di rimanere con Lei ai piedi della croce soffrendo in modo sereno e fruttuoso. Sia l’accidia rinunciataria che l’agitazione irragionevole sono figlie del rifiuto di stare là dove il Signore ci ha posto, offrendoci giorno per giorno, consumandoci istante per istante con amore e per amore, con la certezza che anche questo rientra nei piani divini e contribuisce al trionfo del bene. A chi vuole inculcarci l’idea che esso non avverrà mai, se non in cielo, rispondiamo mantenendo anche qui il giusto equilibrio: è certamente impossibile che l’uomo, segnato com’è dal peccato originale, sia totalmente trasformato sulla terra, ma non si può nemmeno escludere una temporanea epoca felice, frutto di una grave prova, che mostri agli uomini come si vive quando regna la volontà del Creatore, preparandoli così al salto qualitativo in una condizione troppo elevata per accedervi di colpo, senza che la Provvidenza li prepari gradualmente ad essa. Non per nulla la grazia, elevando la natura, la predispone alla gloria.

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